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Lunedì, 22 Febbraio 2010

La mia magica Islanda - Parte prima

Il tempo in Islanda non è certo un alleato dei campeggiatori. Non abbiamo preso tutta la pioggia che ci avevano previsto, ma abbiamo dovuto fare i conti con il forte vento e le basse temperature...

ARTICOLO DI

Vagabondo0






Prima Parte - Seconda Parte - Terza Parte

Viaggio attraverso l’Islanda. Km. 3832

Testo di Anna Marchisio

Foto di Marco Giovo – Anna Marchisio


Mentre io mi appresto a completare le pagine del mio diario di viaggio, il paese di cui scrivo si trova a dover attraversare una grave crisi economica, non che al resto del mondo vada molto meglio, ma per un paese che non è solito occupare le prime pagine della cronaca mondiale questo non è certamente quello che la gente del posto si sarebbe augurata per far parlare un po’ di se e del proprio paese.

Come tutti i paesi che ho visitato anche l’Islanda ha trovato il suo piccolo posto nel mio cuore e forse perché ci sono stata, perché ho viaggiato per le sue strade, camminato sui suoi sentieri, incontrato la sua gente, o perché sono stata per qualche tempo parte di questo mondo una volta rientrata non posso fare a meno di interessarmi di quello che gli succede.

E visto che siamo in tema di economia affrontiamo subito questo argomento... Sarà che i prezzi in Italia sono saliti a dismisura ma a me sembra che fare la spesa in Islanda non costi di più che in Italia, e nemmeno la benzina... Certo se parliamo di alberghi e ristoranti i prezzi sono un po’ salati ma sono così anche in Italia, non illudiamoci che da noi costi poi molto meno, ormai tutti i prezzi sono lievitati come la pasta per la pizza: raddoppiando in poco il loro valore!

L’Islanda non fa ancora parte dell’Unione Europea e la sua valuta corrente è la corona islandese. Con la crisi di quest’anno e per effetto dell’inflazioni e svalutazioni varie, non ci capisco molto di alta finanza quindi mi attengo ai fatti, dicevo si è svalutata parecchio soprattutto nei confronti dell’euro negli ultimi due anni ed è proprio per questo che i prezzi a noi non sono sembrati così esagerati come invece lo erano anni fa. Attualmente il governo sta pensando seriamente di unirsi all’Unione Europea per passare così all’Euro.

Sicuramente qualcuno potrà obiettare che per noi l’Islanda non è stata cara perché abbiamo soggiornato in campeggio e ci siamo portati il fornellino da casa. Obiezione più che lecita... ma posso rispondere che niente come la nostra tenda ci ha concesso la libertà di decidere ogni giorno dove andare, cosa fare e soprattutto ci ha permesso di stare a stretto contatto con questa straordinaria natura. Oddio.. Quando le pernici bianche iniziavano il loro concertino verso le quattro del mattino le avremmo volentieri zittite ma era comunque così bello sentirle cantare a pochi passi da noi.

Il tempo in Islanda non è certo un alleato dei campeggiatori. A dispetto di tutte le previsioni più pessimistiche di amici e parenti non abbiamo preso tutta la pioggia che ci avevano previsto. Pioveva quando siamo arrivati e pioveva quando ce ne siamo andati ma durante la nostra permanenza non abbiamo dovuto fare i conti con la pioggia. Abbiamo però dovuto fare i conti con il forte vento e le basse temperature. La nostra tenda ha comunque assolto al meglio il suo compito e anche se certe volte il montaggio e lo smontaggio è stato reso molto difficile dalle forti raffiche di vento tutto sommato ce la siamo cavata egregiamente e ci sentiamo di consigliare questa soluzione a tutti quelli che non hanno problemi ad adattarsi al clima e ad affrontare qualche piccola difficoltà. Eh si.. non è proprio come fare campeggio in Riviera!

Il clima Islandese è comunque temperato, fa freddo certo siamo a nord, ma la corrente del Golfo contribuisce a mantenere questo clima temperato. La corrente del Golfo, per chi non lo sapesse, è una corrente calda che contribuisce a contrastare, a queste latitudini, le correnti fredde che arrivano dalla Groenlandia e dall’Artico.

Tornando al campeggio... il fornellino è stata un’altra scelta azzeccata! Anche perché i campeggi tante volte sono nel nulla più assoluto quindi senza un ‘servizio cucina’ al seguito si rischia di rimanere senza cene e senza colazione! Per le bombole del gas, in commercio ci sono i tipi e le marche più conosciute compresa quella che serviva a noi. Si possono acquistare dai distributori di benzina della Oz. Se siete fortunati nel campeggio di Keflavìk o di Garður o magari quello di Reykjavìk trovate quelle avanzate dai viaggiatori in partenza che vengono lasciate in appositi spazi per essere utilizzate da chi ne ha bisogno. Insomma nulla va sprecato!



In quanto a servizi si passa dai campeggi essenziali con bagni e lavandini a quelli più riforniti con docce, lavatrici e alcuni anche con la cucina. In genere, a parte qualche eccezione, hanno tutti anche l’acqua calda ed il riscaldamento acceso! In alcuni casi la doccia è compresa nel costo del campeggio, in altri funziona a monetine, in altri ancora si paga al custode.

Il più delle volte non c’è il custode a presidiare, uno arriva si sceglie un bel pezzo di prato e si sistema. Bisogna dirlo i prati sono perfetti per piantare una tenda, sono tutti bellissimi parti all’inglese. Di solito verso sera il custode fa il suo giro e viene a reclamare il pagamento della tariffa e benché possa sembrare strano o fuori luogo se ne arriva con un bel pos con un collegamento wireless che accetta la carta di credito. E dire che io vivo in un paese di settemila abitanti e la carta di credito riesco ad usarla solo al supermercato!

Le strade, non le piste, sono molto belle, sia quelle asfaltate che non asfaltate. Si possono tranquillamente percorrere con un’auto normale senza nessun tipo di difficoltà. Le piste sono leggermente più dissestate e non ci sono i ponti per attraversare i fiumi per cui è necessario un mezzo molto robusto e alto da terra. Per questa volta abbiamo noleggiato un’auto, era nostra intenzione cominciare a conoscere questo paese dall’inizio, per le piste interne ci sarà tempo la prossima volta, anche se.... qualcosa abbiamo già assaporato questa volta!

Che dire degli islandesi? Mmmmhhhhhh.... Non li ho trovati particolarmente socievoli, sarà l’isolamento, la diversa cultura, chissà... ma in compenso li ho trovati alquanto rumorosi. In campeggio basta mettere insieme qualche famigliola e il baccano è garantito!

Va comunque detto che parlano quasi tutti un buon inglese per cui comunicare non è difficile, ma questo credo che rispecchi esattamente quello che ho letto che in Islanda vi è un alto livello culturale e non esiste l’analfabetismo.




28 luglio 2008

Ma perché in Italia spostarsi con i mezzi pubblici è sempre una tragedia? Non avevamo voglia di lasciare l’auto all’aeroporto per tutto questo tempo e non volevamo nemmeno che mio papà ci accompagnasse visto che Malpensa, rispetto a casa nostra, non è proprio quello che si dice ‘dietro l’angolo’. Controllando bene tutti gli orari degli autobus vedo che con una combinazioni di bus riusciamo ad arrivare a Malpensa con un largo, anzi larghissimo anticipo sulla partenza del volo, così decidiamo di provare. Abbiamo un amico che è particolarmente fissato con l’utilizzo dei mezzi pubblici per una volta aderiremo ai suoi principi. Devo anche ammettere che per me che faccio il pendolare tutto l’anno passare il primo giorno di vacanza ad aspettare bus, timbrare biglietti, controllare orari non è proprio un bel modo di staccare dal tran tran quotidiano! Comunque a parte l’ironia ce l’abbiamo fatta ad arrivare all’aeroporto! E’ stato lungo ma ce l’abbiamo fatta!

Ironia della sorte il volo per Reykjavìk previsto per le 23.30 e stato tardato!



29 luglio 2008

Atterriamo a Reykjavìk piuttosto assonnati, c’era qualcuno che sull’aereo ha pensato bene di fare conversazione per tutto il tempo, e stare un po’ zitti vista l’ora????

Ritirati i nostri bagagli ci rechiamo a ritirare la nostra auto che avevamo prenotato dall’Italia. Beh... la nostra esperienza con i mezzi di trasporto pubblico si limitava all’Italia! Qui vogliamo essere indipendenti e soprattutto girare come ci pare e piace senza vincoli di tempo e orario!

Comunque va detto che in Islanda non esiste una rete ferroviaria quindi gli unici trasporti pubblici sono i bus che collegano le principiali località del paese.

Usciamo dall’aeroporto che sono le quattro del mattino (ora locale), è buio e piove, che facciamo? Andare a cercare un campeggio e montare la tenda è fuori discussione, andare a cercare un albergo? Ma chi ha voglia a quest’ora di mettersi a cercare oltre tutto per dormire un paio di ore! Sistemiamo i nostri bagagli in macchina, ci sistemiamo per benino sui sedili e buona notte.. ci rivediamo quando farà giorno. Verso le sette veniamo svegliati dalla ripresa dell’attività dell’aeroporto, un aereo è decollato! Il tempo è piuttosto incerto e subito mi dico... "miiii bello sto cielo d’Islanda con tutte queste nuvole, chissà se sarà così per tutto il viaggio!"

L’aeroporto si trova a Keflavìk, nella penisola di Reykjanes da dove decidiamo di iniziare la nostra visita.

Una volta riforniti di un po’ di cibo, praticamente ovunque si trovano dei supermercati, e della preziosa bombola del gas ci dirigiamo subito verso Garðskagi. Si tratta di un bel promontorio battuto da forti venti considerato un paradiso per il birdwatching. Ci sono due fari ed un campeggio gratuito. E’ un posto tranquillo, silenzioso, ricco di fascino paesaggistico. Il vento forte che scompiglia i capelli, il freddo che ti entra nelle ossa, il profumo del mare avvolgono questo posto di un fascino particolare di una poesia unica ed indescrivibile, non ha caso ho deciso di venire a trascorrere qui la nostra ultima notte in Islanda.

Riprendiamo il nostro viaggio lungo questa penisola abituandoci lentamente a questi paesaggi desolati e solitari. Anche il traffico è pressoché inesistente. Ci fermiamo in più punti, ad osservare qualche uccello posato su qualche roccia, a scrutare l’orizzonte infinito di questi campi di lava che risalgono al XIII secolo chiedendoci com’è possibile una desolazione così sconfinata, così infinita.

Ci fermiamo nella zona di Valahnùkur, dove ci sono le rovine del faro più antico d’Islanda e sulle vicine scogliere si possono osservare tanti uccelli. Passeggiamo sul ponte fra i due continenti, e si è il punto in cui la placca tettonica del continente Americano si incontra con quella del continente Europeo, esiste anche un luogo dove le due placche invece si stanno allontanando, ma questo è un altro posto, un’altra storia.

Passiamo anche nella zona della laguna blu ma ci fermiamo solo ad osservare li contrasto dell’acqua azzurra che scorre in mezzo ai campi di lava neri. Un contrasto particolare, unico. La laguna blu è una delle maggiori attrazioni del paese, un luogo dove tutti vengono a trascorrervi qualche ora; è una sorgente termale alimentata da sorgenti di acqua calda che fuoriescono a 38°. L’effetto di un bagno in queste acque sulla pelle è come quello di un scrub mentre per i capelli non è proprio una gran cosa!

Nonostante il pessimo inizio di giornata il tempo si è ripreso. I cielo grigio ha lasciato spazio ad un bel cielo azzurro. Impareremo che il Islanda il tempo è molto variabile e in niente di passa dal bel tempo al brutto tempo e viceversa. Il vento è invece una costante quasi sempre presente. Un detto Islandese dice che se non ti piace il tempo basta aspettare un attimo e il tempo sarà ancora peggiore. Insomma una ventata di ottimismo meteorologico!

Nel pomeriggio visitiamo le sorgenti termali di Seltùn, ci sono una serie di passerelle che permettono di passeggiare in mezzo a fumarole per niente profumate, a pozze di fango ribollente e a solfatare. Sono impressionanti i colori di questi terreni, le sfumature che gli strati di minerali regalano ai nostro occhi. Lo stesso piacere non lo proviamo con l’olfatto! Che puzza di uova marce!

Per la notte ci fermiamo nel campeggio di Hveragerði, una tranquilla cittadina. Ma devo dire che in Islanda sono tutte tranquille le cittadine ed i villaggi talvolta mi sono parsi deserti, immobili, solitari. Sarà per le avverse condizioni meteorologiche ma le strade dei villaggi le ho sempre trovate prive di vita o per lo meno quello che per noi è vita, non una persona per strada, non un bambino che giocava per strada, un coppia di anziani che chiacchiera seduta davanti all’uscio di una casa. Niente.. nemmeno cani e gatti che riposano in giardino. Porte e finestre sempre chiuse e la sensazione che gli abitanti di questi luoghi vivano la loro vita prevalentemente all’interno. Come dargli torto? Se questo è il clima d’estate figuriamoci d’inverno!

La zona intorno a Hveragerði è ricca di sorgenti e pozze termali, perfino il vicino campo da golf qua e la gode di qualche uscita di vapore dal terreno. Devo ammettere che dopo le piscine i campi da golf sono la seconda attività preferita degli Islandesi. Non ne ho mai visti così tanti, certamente i prati verdi di cui dispongono non hanno reso difficile la costruzione ed il mantenimento di questi luoghi. Sulle piscine, posso aprire una bella parentesi. Beati loro!! Eh già.. noi qui abbiamo una piscina ogni, non oso nemmeno pensarlo, abitanti mentre loro ne hanno una ogni paese e il più delle volte hanno la piscina coperta e quella scoperta per l’estate e che piscine!!!

Poco fuori da Hveragerði c’è una bella valle geotermale con un fiume caldo in cui è possibile fare il bagno.

Montiamo la tenda in un angolo del campeggio, ci sono tanti altri campeggiatori ma nonostante questo è un posto abbastanza tranquillo. Il cielo è sereno e il sole splende in cielo fino a tardi, tramonta poco dopo le 22 e le temperature sono piacevoli tant’è che gustiamo la nostra prima cena seduti sul prato davanti alla nostra tenda! Voi direte e che sarà mai.. Sarà che di cene all’aperto ne abbiamo fatte proprio poche!

Il canto degli uccelli accompagna la nostra prima serata in questo incantevole paese e la luce che sembra non volersene andare più ci offre la sensazione di avere a disposizione dei giorni lunghissimi!



30 luglio 2008

Ci svegliamo molto presto, non ci siamo ancora abituati alle molte ore di luce a nostra disposizione.

Oggi percorreremo un pezzo di quello che è definito il Circolo d’Oro: Gullfoss, Geyser e þingvellir. Sono tre tra i luoghi che attirano il maggior numero di turisti, si tratta di una strepitosa cascata, del Geyser per antonomasia e del sito storico più importante del paese nonché luogo dove particolari spaccature testimoniano l’allontanamento delle placche dei due continenti, quello Europeo e quello Americano, che qui si incontrano. Noi visiteremo i primi due lasciando la storia da parte, ma solo per il momento.

Ci dirigiamo subito verso Geyser e Gullfoss senza prima però fermarsi sulle rive del lago Laugarvatn, pare si traduca ‘lago dalle sorgenti calde’. Non è difficile immaginare perché questo lago porti questo nome! Le sue acque sono alimentate non solo dai ruscelli che scendono dalla montagna ma anche dalla sorgente di acqua calda di Vigðalaug conosciuta fin dal Medioevo. Inutile dire che il profumo che l’aria trasporta dalle acque del lago non è per niente piacevole!

Arriviamo a Geyser prima delle orde di turisti, questo è uno dei vantaggi ad essere mattinieri. Con tutta calma passeggiamo in mezzo a diverse piccole sergenti colorate e a varie pozze ribollenti. In mezzo a tutto questo il geyser Strokkur, che erutta ogni 6 minuti emettendo uno zampillo alto dai 15 ai 30 metri, e il Geyser che per antonomasia ha dato il nome al fenomeno. Geyser purtroppo erutta una volta sola al giorno e non si sa quando. In passato i turisti per stuzzicarlo avevano la pessima abitudine di gettarci dentro dei sassi con il risultato che butta un sasso oggi e buttane un alto domani e Geyser si è otturato. Tutto questo è avvenuto all’incirca intorno agli anni cinquanta, prima di allora emetteva degli spruzzi d’acqua che arrivavano fino a 80 metri. Nel 2000 un terremoto ha, per così dire, smosso un po’ le cose e oggi si dice che Geyser erutti qualche volta al giorno. Noi non siamo stati fortunati e Geysir lo abbiamo sempre visto con il suo tipico atteggiamento dormiente, mentre Strokkur ci ha regalato dei bellissimi ricordi.

Lasciata Geysir, dove vi è, oltre ad un negozio di souvenir, ad un piccolo museo, un hotel, un ristorante, anche un distributore (l’ultimo se vi dirigete verso nord per la pista F35) e un negozio di souvenir. Beh.. c’è anche il campeggio in cui non mancheremo di soggiornarvi, ma questa è un’altra storia.

Lasciato Geysir ci dirigiamo a Gullfoss. Foss è la parola che in islandese significa cascata, non abbiamo imparato molto di questa lingua ma qualcosa alla fine lo abbiamo assimilato anche noi. E’ veramente una lingua ostica, sentirla parlare è incomprensibile e anche le scritte, tante volte sono impronunciabili. Nel loro alfabeto sono presenti molte lettere particolari che derivano dall’alfabeto runico, che non si trovano sulla tastiera del mio PC e per inserirle ogni volta ho dovuto usare le funzioni di word! Che lavoraccio!





Gli Islandesi comunque vanno fieri della loro lingua che, a differenza di altre lingue di origine germanica appartenenti al ceppo scandinavo, non è cambiata nel tempo, mantenendo suoni e lettere antiche consentendo così agli islandesi di oggi di leggere tranquillamente le saghe scritte secoli e secoli fa poiché la lingua è rimasta pressoché immutata.

Una cosa che mi ha incuriosito è stato leggere come nascono i cognomi. Non è come da noi che il cognome del padre che si tramanda dal genitore al figlio ma in Islanda il cognome di una persona è il nome del padre a cui viene aggiunto il suffisso son se il neonato è maschio o dòttir se la neonata è femmina. Insomma come a dire figlio di tizio, figlia di tizio... Questo modo di attribuire i cognomi appartiene alla cultura del paese e spiega anche perché i cognomi in Islanda hanno poca importanza e gli islandesi hanno l’abitudine chiamarsi direttamente per nome! Oh bene... io ho sempre detestato chiamare le persone con il cognome e farmi chiamare con esso, mi sembra così impersonale! Questo aspetto curioso della cultura islandese mi ha affascinato ed incuriosita e mi sono divertita a leggere nomi e cognomi su opuscoli e giornali stabilendo quindi il sesso della persona che portava il nome.

Ma torniamo al nostro viaggio...

Gullfoss è la cascata più alta d’Islanda e anche una delle più visitate dai turisti. È molto suggestiva perché l’impetuosità dell’acqua si getta con due doppi salti molto spettacolari di circa 32 metri, tutto questo all’interno di un canyon. Le sue acque sono scure, il colore delle acque che provengono dai ghiacciai e questo perde un po’ di poesia.

Studiamo attentamente la cartina perché la pista F35 ci stuzzica. Non disponiamo di un mezzo 4x4 ma a parte il fondo sterrato la strada non presenta particolari difficoltà. Non ci sono fiumi da guadare o cose del genere. Durante l’estate è perfino utilizzata dagli autobus che si recano verso nord, una sorta di scorciatoia.

Comunque dopo un po’ di ripensamenti decidiamo di mantenere l’itinerario che ci eravamo prefissati e quindi di proseguire verso est costeggiando la costa.

Gironzoliamo un po’ per le strade di questa zona del paese con il proposito di scovare un punto in cui si possa ammirare il vulcano Hekla in tutta la sua magnificenza. Intanto che giriamo ci imbattiamo in un’altra piccola cascata, incastrata in un salto di rocce. Molto suggestiva, non sappiamo se ha un nome o se è una delle tante cascate che arricchiscono questo paese.

I prati dell’Islanda sono per la maggior parte adibiti al pascolo delle pecore e dei cavalli. Il cavallo islandese è caratterizzato da una bassa statura, con un carattere molto docile e paziente ed è conosciuto proprio per la sua grande forza e resistenza fisica. D’altra parte non vive certo in una terra semplice. Venne introdotto in Islanda dai primi coloni nordici più di mille anni fa.

Per le rigide condizioni climatiche dell’isola l’agricoltura è fiorente solo in alcune aree dove il coltivato avviene in serre riscaldate. Il resto dei campi viene falciato per produrre fieno per foraggiare gli animali durante la stagione fredda. Immagini di sterminati campi verdi disseminati dal bianco candore delle pecore al pascolo o dalle enormi balle di fieno incellofanate nel nylon bianco, e magari un’isolata fattoria con la chiesa e un piccolo cimitero sparse in tutta questa immensità sono un’icona, una caratteristica di questo paesaggio che mi piace ricordare e che mi piaceva rimanere ad osservare.

A settembre gli allevatori raduneranno tutte le pecore sparse per il paese prima dell’arrivo dell’inverno. Questo particolare evento è arricchito con il folclore locale, canti e divertimenti che animeranno la raccolta delle bestie fino ai recinti dove verranno raggruppate. Un momento di aggregazione delle comunità che segna il passaggio dall’estate all’inverno.

Tornando al vulcano Hekla, è forse il più famoso d’Islanda ed è tutt’oggi attivo anche se la sua vetta spesso rimane coperta dalle nevi per tutto l’anno. E’ alto 1491 metri ed è possibile raggiungere la sommità a piedi. I sentieri che portano all’Hekla partono da una pista non adatta ai mezzi normali.

Anche se abbiamo iniziato a girovagare presto questa mattina il tempo è passato e la sera si avvicina. Decidiamo di fermarci in uno dei campeggi, lasciatemelo dire, più suggestivi d’Islanda: Hamragarðar. Il campeggio si trova proprio accanto a due spettacolari cascate, una addirittura è proprio alle spalle del campeggio. Montiamo la tenda in uno spiazzo dove alle nostre spalle possiamo vedere nascosta tra le pareti rocciose la Gljùfuràrfoss, una suggestiva cascata che precipita in un canyon nascosto. Per vederla in tutta la sua unicità bisogna togliersi le scarpe e attraversale il torrente che esce dalla gola in cui cade la cascata. Mentre poco lontano si più ammirare la Seljalandsofoss le cui acque cadono da una ripida scarpata rocciosa in un laghetto molto profondo. Un sentiero, ovviamente bagnato, consente di passare dietro alla cascata ed osservare così l’acqua cadere impetuosa. Tutto molto romantico!

Il campeggio è tranquillo, ci sono anche le docce che funzionano a monetine e una cucina. Il terreno è di proprietà della vicina fattoria e verso l’ora di cena il custode fa il suo giro di tenda in tenda a riscuotere il costo del pernottamento.

Se volgiamo lo sguardo alle nostre spalle vediamo e sentiamo l’impeto delle cascate scorrere, se volgiamo il nostro guardo avanti vediamo la vastità e l’immensità di questa terra solitaria, di queste lande quasi deserte. Non ci sono le luci di qualche città in lontananza, i rumori della civiltà in movimento, c’è solo il silenzio di questa vastità e di questa terra austera e selvaggia. In mezzo a tutto questo il fattore se ne arriva con il suo pos con un collegamento wireless per il pagamento anche con carta di credito! Quasi un contrasto, un estremo simbolo di modernizzazione in mezzo al nulla!



31 luglio 2008

Se fino ad ora, due giorni, il tempo è stato dalla nostra parte, concedendoci giornate serene e poco ventilate per un po’ di giorni ci farà conoscere l’altro volto dell’Islanda, quello dei venti forti ed incessanti, dall’aria fredda e pungente che ti entra nelle ossa e dai cieli grigi e cupi che ricordano le tristi giornate di pioggia autunnali. Insomma tiriamo fuori guanti e berretto perché serviranno!

Rimandiamo tutte le nostre velleità in termini di camminate e trekking quando il vento si sarà calmato. Le giornate nebulose e il vento freddo non ci aiutano di certo a mettere lo zaino in spalla e ad incamminarci verso mete sconosciute.

Ripresa la strada numero uno verso est ci fermiamo ad ammirare la cascata di Skògafoss. Si tratta di una bella cascata con un salto di circa 62 metri da un pendio roccioso. Parecchie pecore sparse qua e la sulle pendici della montagna da cui cade la cascata rendono il paesaggio molto particolare. Un breve sentiero si arrampica fin sopra alla cascata consentendo di ammirare il salto dell’acqua dall’alto. Si racconta che un certo þrasi abbia nascosto, proprio dietro la cascata, uno scrigno d’oro e qualcuno dice che ogni tanto si riesce a scorgere lo scintillio dell’oro dietro all’acqua che cade. Mah....

La nostra tappa successiva e nei pressi di uno dei ghiacciai più facilmente accessibili d’Islanda: il Sòlheimajökull che si espande dal Myrdalsjökull. Lasciata la strada principale per una pista di circa 5 km si raggiunge un piccolo parcheggio e con una microscopica passeggiatina si arriva davanti al ghiacciaio. La morena del ghiacciaio non ha nulla di spettacolare o idilliaco, mescola ghiaccio, terra e sabbia e bisogna fare attenzione a dove si cammina per non rischiare di scivolare. In ogni caso una bella passeggiatina sulla morena al fianco del ghiacciaio ce la concediamo pure noi.

La nostra prossima tappa è nei pressi di Dyrhòlaey, si tratta di un maestoso arco in pietra. L’area intorno all’arco è una riserva naturale e ci sono parecchie pulcinella di mare che vanno e vengono dal mare fino ai loro nidi. Questi adorabili volatili dallo sguardo un po’ triste nidificano infatti sulla terra ferma all’interno di buchi scavati nella terra. Arrivano volando, atterrano e poi con il becco pieno di pesci si guardano intorno prima di intrufolarsi nella loro tana.

Questa è comunque un’area di grande fascino, ci sono queste spiagge e queste scogliere nere con pareti verticali dove nidificano gli uccelli, questo strana pianura, che non è una pianura e poi i ghiacciai, tutto molto particolare e suggestivo.

Attraversiamo poi una vasta zona, praticamente deserta, Skeiðaràrasandur, tale terreno trae origine dai detriti dei ghiacciai che vengono trasportati fino a valle dai fiumi. In questa terra arida e desertica, creata solo da questi detriti sabbiosi ed argillosi vivono tantissimi uccelli. Caratteristiche sono le spiagge di sabbia nere. Questo particolare ambiente nella lingua islandese è chiamato Sandur, ma tale termine è ormai entrato a far parte del vocabolario internazionale per indicare queste particolari aree, questi particolari terreni.

Tra gli uccelli che abbiamo potuto ammirare c’è anche lo stercoraro maggiore. Descritto dalla guida come un uccello tutt’altro che simpatico e anche un tantino aggressivo. Mah.. noi ci siamo fermati lungo una pista per pranzare, abbiamo fatto due passi e abbiamo visto due esemplari di stercorari, e a parte il loro sguardo un po’ severo e aggressivo non sono stati per niente pericolosi o fastidiosi. C’è anche da dire che non ne avevano motivo!



La nostra prossima tappa è il parco nazionale di Skaftafell. Si tratta del parco nazionale più grosso, per estensione, dell’Europa. All’interno dei suoi confini ci sono spettacolari vette e ghiacciai tra cui una porzione della calotta glaciale più estesa al mondo: lo Vatnajökull. Da questo enorme ghiacciaio partono molte lingue di ghiacciati tra cui quello compreso nei confini del parco. Questo immenso ghiacciaio e questo straordinario parco hanno anche il primato di ospitare tra i propri confini, il monte più alto d’Islanda l’Hvannadalshnùkur, alta ben 2119 metri. È possibile accedere alla sua sommittà con un escursione organizzata dalle guide che oltre ad accompagnare i clienti sulla vetta forniscono anche tutta l’attrezzatura necessaria per l’ascesa alla vetta. L’Hvannadalshnùkur è comunque parte di un immenso cratere ampio circa 5 km. Si tratta dell’Oræfajökull, il più grande vulcano attivo dopo l’Etna., qualche primato ce l’abbiamo anche noi!

Come preannunciavano guide ed opuscoli questo parco è una meta molto visitata durante l’estate, il suo centro visitatori è gremito di gente e nel parcheggio antistante i turisti che vanno e vengono sono proprio tanti.

Il parco nasce nel 1967 ed originariamente il suoi confini erano molto più ristretti, attualmente è in corso di discussione la possibilità di allargare ulteriormente i suoi confini fino a formare un unico ed enorme parco nazionale, insieme al parco nazionale di Jökulsàrgljùfur. Se osservati su una cartina i due parchi non sono poi così vicini, e questo nuovo parco che si verrebbe a fondare coprirebbe il 40% del territorio dell’Islanda, insomma un enorme parco nazionale.

L’origine del nome invece è più curiosa, pare sia il nome di una vecchia fattoria situata ai piedi delle alture. Per effetto degli spostamenti delle sabbie del ghiacciaio i campi furono invasi di sabbie glaciali e la fattoria fu spostata al di sopra del sandur in un luogo più appropriato chiamato per l’appunto Hèrað Milli Sandur ossi terra fra le sabbie. Ma non era destino e con l’eruzione dl 1362 tutte le fattorie andarono distrutte e la zona fu ribattezzata Oræfi che significa ‘terra desolata’. La nostra fattoria, quella che diede per l’appunto il nome al parco, fu quindi nuovamente costruita nel suo sito originario.

Ci sono alcuni sentieri nel parco da percorrere che permettono di fare delle belle escursioni per conoscere il parco e il suo splendido ecosistema.

Sistemiamo la tenda in uno dei tanti prati del campeggio. Ci sono tantissime tende, singole, gruppi, grosse comitive, insomma c’è veramente tanta gente. Il campeggio non è male, forse un po’ troppo affollato. Di spazi per le tende ce ne sono molti e non c’è il rischio di rimanere tutti appiccicati o striminziti come sardine ma unica nota dolente è il numero insufficiente di servizi... non solo code chilometriche per fare la doccia, per fare i propri bisogni o lavarsi anche solo i denti ma anche per lavare i piatti. Insomma qualche servizio in più non guastava affatto.

In questo luogo affascinante ci prepariamo delle belle uova strapazzate con i pomodori. Insomma il nostro forellino si difende bene e possiamo tranquillamente sbizzarrirci senza fare indigestione di paste e risotti pronti. A titolo di cronaca devo ammettere che il mio maritino si è letteralmente innamorato di un tipo di spaghetti alla bolognese in busta che abbiamo trovato nei supermercati Islandesi. Secondo lui sono migliori di tutte le paste pronte che vendono da noi. Ha quasi dell’incredibile ma prima di partire ha fatto una bella provvista di questi spaghetti per i suoi futuri bivaccamenti in montagna!



1 agosto 2008

Abbiamo pagato una sola notte in questo campeggio perché volevamo un po’ vedere come si evolveva il tempo e decidere di conseguenza se fermarci qualche giorno oppure proseguire il nostro viaggio. Questa mattina il cielo è coperto e c’è anche un bel vento forte. Ci imbacucchiamo per benino e zaino in spalla ci incamminiamo lungo uno dei tanti sentieri di questo parco. La nostra intenzione è di fare un bell’anello che passando tutto in cresta consente di vedere la valle del Morsàndalur e la lingua del ghiacciaio Skaftafellsjökull, con una piccola deviazione si può salire sulla vetta del monte Kristìnartindar (m. 1126). La prima parte del sentiero è la stessa che porta alla cascata Svartifoss una cascata incorniciata tra colonne di basalto nere, sono rocce vulcaniche che solidificandosi hanno assunto la forma di lunghe colonne esagonali. Svartifoss significa infatti cascata nera. E’ ancora presto e le orde di turisti devono ancora arrivare così possiamo godere di questa cascata in santa pace. Ha un aspetto un po’ cupo, particolare. Il sentiero dal campeggio per la cascata, tra andata e ritorno conta circa un’ora e mezza, ma noi proseguiamo, attraversiamo il fiumiciattolo che esce dalla cascata e risaliamo il sentiero in direzione di Sjònarsker, una piastra di orientamento che come sempre Marco studia attentamente. Il vento è forte, proviamo a proseguire ancora un po’ oltre la piastra lungo il sentiero che ci siamo prefissati di percorrere ma un po’ per il vento molto forte, per le nubi grigie e le nebbie basse ci chiediamo che senso ha proseguire oltre. Consultiamo la cartina e decidiamo di ripiegare su un altro sentiero che risale, apparentemente in una zona meno esposta ai venti, una lingua del ghiacciaio Skaftafellsjökull. Il vento non era poco anche su questo sentiero ma questa volta non abbandoniamo il proposito e compiamo tutto il nostro giro. La vista dall’alto del ghiacciaio è molto particolare, le nebbie basse gli conferiscono un aria un po’ cupa, tetra, peccato con il sole sarebbe stata tutta un’altra musica.

Oltre ai paesaggi merita una visita anche la fattoria dal tetto in torba di Sel.

Ritornati al campeggio riprendiamo il nostro viaggio in direzione est verso Höfn. I paesaggi che si possono ammirare lungo il viaggio sono molto belli e suggestivi e forse un po’ per la giornata cupa o per le nubi grigie ma questo clima fornisce un non so che di malinconico che rende molto suggestivi i paesaggi che i nostri occhi vedono scorrere intorno a noi.

Un altro luogo suggestivo dove si concentrano molti turisti è la laguna di Jökulsàrlòn dove azzurri iceberg galleggiano nelle acque della laguna fino a raggiungere il mare. Gli iceberg si staccano da una delle tante lingue del Vatnajökull e lentamente raggiungono il mare, alcuni iceberg impiegano anche degli anni ad uscire da questa laguna di circa 17 chilometri quadrati. Tra gli iceberg che galleggiano si possono osservare le foche che nuotano tranquille in queste acque e quando c’è il sole le si può osservare coricate sugli iceberg a godersi i raggi del sole. Questa seconda opzione a causa del cielo molto nuvoloso non è stata parte della nostra visita! Questa laguna, va detto, esiste soltanto da 75 anni e pare che stia crescendo in maniera vertiginosa.. ahi ahi ahi...

Per chi vuole addentrarsi nella laguna è possibile farlo aggregandosi ad una delle escursioni organizzate con mezzi anfibi, dedicarsi al nuoto, come fanno le foche, è un tantino sconsigliabile, l’acqua potrebbe essere giusto un tantino fresca!

Mentre passeggiamo lungo la laguna possiamo osservare moltissime sterne dalla coda bianca dette anche rondini di mare. Questi piccoli uccelli sono molto belli e molto eleganti, volteggiano nel cielo con un’innata grazia, ma allo stesso tempo sono molto scassa XXXX. Oltre agli adulti ci sono anche molti piccoli che si sono già involati (hanno lasciato il nido), gli adulti gli portano anche da mangiare e se avvertono del pericolo per i loro piccoli iniziano la propria guerra per allontanare il povero turista mal capitato. Iniziano a volarti intorno sulla testa facendo delle picchiate emettendo un verso stridulo. Non resta che andarsene perché tanto loro non mollano!

Abbiamo pensato di fermarci a Höfn per la notte. Si tratta di un tranquillo villaggio, direi una delle tante cittadine Islandesi assonnate che abbiamo visto. Ha una posizione splendida lungo la baia, noi passeggiamo un po’ per le sue strade fino a raggiungere un promontorio con una bella vista. Il campeggio è molto carino ma il vento è veramente forte così decidiamo di proseguire nella speranza di trovare un campeggio un po’ meno esposto ai freddi venti Islandesi.

Ci fermiamo così a Stafafell nel campeggio di una solitaria fattoria insieme a pochi altri viaggiatori. Questa è anche l’Islanda, il silenzio assoluto, il feroce sibilare del vento, il nulla tutto intorno ed il silenzio con cui la notte lentamente segue il giorno.

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