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Giovedì, 19 Marzo 2009

Alyeska: veramente una Grande Terra

Viaggio attraverso l'Alaska con una ‘scappatina' nello Yukon Canadese

ARTICOLO DI

Vagabondo0




"The Last Frontier", si legge sulle targhe delle macchine. E in un certo senso è così! L’Alaska è una terra affascinante, dove il gusto del selvaggio, gli splendidi paesaggi montani, artici e marini con interminabili ghiacciai la fanno da padrone. L’Alaska è molto di più di quello che si può immaginare e soprattutto è il luogo dove il mondo con il suo traffico e la sua confusione sembra appartenere ad un’altra galassia!

Come ha scritto Peter Jenkins "L’Alaska è un luogo pieno di sorprese. Molte cose che pensavo prima di andarci si rivelarono il contrario di quello che mi aspettavo!" [P. Jenkins – Alaska. Il paese dell’oro e dei ghiacci – 2003 Sperling & Kupfer Editori]

La letteratura abbonda di libri, romanzi e non solo, che parlano dell’estremo nord, di questo angolo di mondo che affascina ed incanta già dalle pagine di un libro prima ancora di metterci piede, figuriamoci una volta sul posto!


Molti dei nostri amici hanno definito la scelta di questa meta ‘fredda’. Allo stesso modo la decisione di effettuare questo viaggio con la tenda è stata oggetto di molte obiezioni: "Ma in Alaska piove sempre" "Fa freddo" "Non potete andare in tenda, piove" sono solo alcune delle perplessità che ci sono state sollevate. Ma intanto noi siamo rimasti fermi sulla nostra posizione: in Alaska in tenda! E che sarà mai... nemmeno fosse la prima volta che usiamo la tenda in luoghi piovosi.

Piovere piove.. non c’è che dire, ma l’esperienza in campeggio è stata parte di questo viaggio, di questo modo di vivere questo paese. Diversamente non sarebbe stata la stessa cosa!

I campeggi, per così dire statali, posso tranquillamente affermare che sono quasi auto gestiti. Quando si arriva si sceglie la propria piazzola tra quelle libere, si compila il fogliettino e la busta, presa all’ingresso, si include l’esatto importo da pagare, si sigilla per benino la busta e la si imbuca in un’apposita cassetta di ferro posta all’ingresso. Et voilà.. la registrazione è fatta, ed il pagamento pure! Non resta che montare la tenda! Dal punto di vista dei servizi si va campeggi con i soli bagni (wc) e la pompa dell’acqua a quelli con tanto di docce calde (funzionano con monete da 25Cent). Molti campeggi si trovano in aree di particolare bellezza ed immersi nel verde e nella natura più assoluta. Ogni piazzola poi ha la sua tavola con le panche e l’immancabile spazio per fare il fuoco serale. Raramente lo usano per fare il barbecue, lo utilizzano la sera per riscaldarsi, quasi più un rito che una necessità.

In ogni campeggio si possono leggere le norme di comportamento per evitare di svegliarsi la mattina con un orso al posto del marito nel sacco a pela di fianco. In alcuni ci sono, posti qua e la, dei contenitori in metallo dov’è possibile lasciare cibo e quant’altro potrebbe attirare l’attenzione di un orsetto. Proprio per evitare che anche l’orso apra questi contenitori le aperture sono sempre ingegnose. Sfido io che poi si mangia i turisti!! Se gli nascondono i biscotti!!!


In estate ci sono circa 19 ore di luce. Ci abbiamo messo poco ad abituarci a questo lusso, all’idea di passeggiare tranquillamente alle 22 come se fossero le 19 o di non dover utilizzare le nostre pile per leggere la sera in tenda.


Ancora una volta siamo stati accolti dalla gente comune con estrema gentilezza e disponibilità a dimostrazione che non è giusto giudicare un popolo dai suoi politici o da quello che i media ci propinano.


E per chi si aspetta un’America fatta di McDonald’s e compagnia bella.. beh.. l’Alaska non è niente di tutto questo.

Anchorage

Atterriamo ad Anchorage una domenica pomeriggio con il cielo coperto di nuvole. Abbiamo scelto Anchorage come luogo di inizio del nostro viaggio perché proprio come si dice di Roma, che ‘tutte le strade portano a Roma’, in Alaska si dice che ‘all roads lead to Anchorage’.

Le procedure di ingresso non sono le più veloci. Tra impronte digitali, fotografie, domande varie e controllo minuzioso di ciascuna pagina e ciascun timbro sul passaporto il tempo scorre e la gente è sempre in coda. Ma alla fine ci troviamo per le strade di Anchorage con la nostra auto.

Anchorage non è la capitale dell’Alaska, come molti pensano. La capitale è infatti, Juneau, situata più a sud, nella parte di Alaska ad ovest del British Columbia canadese.

Anchorage è però, la città più grande dello stato, sia in termini di estensione che di popolazione. Nasce solo nel 1915 quando l’Alaska Railroad fonda la sua sede in questa zona e grazie alla sua posizione strategica rispetto alle vie di comunicazione: la ferrovia, le strade ed il mare, è infatti posta all’inizio del Turnagain Arm e del Knik Arm, conosce una rapida e veloce crescita.

La città di per se non è nulla di particolare; il suo centro che sa di far-west, con un sistema tutto di sensi unici, è piuttosto simpatico ma nulla di che. La sua posizione affacciata sulle acque dell’oceano, ai piedi delle Chugach Mountains contribuisce invece, ad aumentare il fascino di questo posto.


I nativi o i diretti discendenti dei nativi Americani sono solo il 20% dell’attuale popolazione dell’Alaska. Ad Anchorage si trova uno dei più importanti centri culturali dei nativi Americani l’Alaska Native Heritage Centre.

I nativi appartengono principalmente a tre gruppi etnici: gli indiani, gli eschimesi e gli aleutini. Spesso con il termine di nativi si indicano gli indiani e con il termine di Inuit gli eschimesi, ma questo non è così scontato e corretto in Alaska. L’Alaska Native Heritage Center fornisce uno spaccato di quello che sono questi cinque popoli, con le loro culture, tradizioni, lingue e soprattutto con la loro storia.


Quando si parla di Alaska non si può far a meno di pensare alle slitte trainate dai cani, ovviamente d’inverno! La Iditarod Trail Sled Dog Race è una delle corse più conosciute al mondo. Si svolge ogni anno in marzo da Anchorage a None coprendo un percorso di circa 1750 km con un tempo medio di percorrenza di due settimane. Per tutto questo tempo i musher se la devono cavare da soli con i loro cani. Circa un terzo dei concorrenti non arriva alla fine della gara. Non è che tutti i ritirati se li sono mangiati i lupi strada facendo (gli orsi dovrebbero essere rintanati da qualche parte, in letargo, a fare sogni tranquilli) ma le difficoltà della gara e le estreme condizioni climatiche fanno si che questa gara non si possa definire una tranquilla passeggiatina nell’affascinante immenso nord.

Nel 1985 per la prima volta la gara è stata vinta da una donna: Libby Riddles [Libby Riddles & Tim Jones – Ho vinto l’Alaska – 2003 Edizioni Piemme].


Sull’origine del nome sono state fatte più interpretazioni attribuendolo ai diversi significati che assume la parola Iditarod, o la parola da cui si presume derivi, in diversi idiomi indiani: distante, poco distante.

Per quanto riguarda invece le origini della gara, la prima fu disputata nel 1973 sul medesimo percorso dell’Iditarod Trail. Nel 1925 una terribile epidemia di difterite colpì gli abitanti di Nome. Era inverno, le condizioni meteorologiche erano tali per cui ne gli aerei ne le navi potevano trasportare il medicinale che era disponibile ad Anchorage. Che fare? Si utilizzarono i cani e le slitte, riuscendo così a portare a termine la spedizione e a contenere l’epidemia.

Questo episodio ha anche ispirato il cartone animato di Balto, che tutti gli anni sistematicamente, la televisione propina a Natale. La leggenda vuole che sia Baldo il cane leader della spedizione, guidata da Leonhard Seppiala mentre nella realtà pare che così non fosse.

Per chi non è un musher c’è sempre la Iditarod Invitational Trail, una tranquilla passeggiatina riservata ogni anno, a 50 persone che, a piedi, in bici (!?!?!?!) o sugli sci percorrono lo stesso percorso della Iditarod Trail Sled Dog Race. Che coraggio!


Lasciamo Anchorage in direzione di Bird Creek, dove passeremo la prima notte. Per la nostra prima notte in Alaska abbiamo prenotato una camera in un motel, dopo un viaggio così lungo in aereo, circa 11 ore e remori dal viaggio precedente, dove il bagaglio è arrivato tre giorni dopo, abbiamo pensato che era meglio avere un giorno di margine, si sa mai... anche solo per scaramanzia!

Il motel scelto si trova a Bird Creek, ad est di Anchorage, sulla Steward Highway, una delle strade più panoramiche dell’Alaska.


Turnagain Arm

La Steward Highway non è solo panoramica, offrendo splendide viste sul Turnagain Arm, sulle montagne del Chugach State Park, sui ghiacciai della Chugach National Forest e sulla Kenai Peninsula ma presenta particolari punti di interesse, quali il Potter Marsh: dove un percorso su passerelle consente di osservare uccelli e salmoni. Questi ultimi, in questa stagione iniziano a risalire i fiumi per andare a deporre le uova. Oppure ci si può fermare al Beluga Point e lasciare che il proprio sguardo sconfini nell’immensità delle acque del Turnagain Arm in cerca di questi cetacei, oppure fermarsi a Windy Point, dove tira un bel vento proprio come dice il nome, ad osservare le capre di Dall, o Dall Sheep che leccano il sale presente sulle pareti rocciose delle montagne che scendono fino alla strada.

Girwood

Girwood, situata 40 miglia a sud di Anchorage, è una delle più importanti stazioni sciistiche della zona, ci sono molti impianti di risalita e grossi alberghi a pochi passi dalle piste e da questi impianti. Il paese di per se è piccolo, lo attraversiamo una mattina presto e, forse per l’ora, forse per il tempo leggermente piovoso, in giro non si vede nessuno. Ad un certo punto, da un gruppo di case spunta, alla nostra sinistra, un orso nero. Tranquillamente attraversa la strada e lo vediamo passare davanti alla nostra auto per infilarsi nuovamente tra le case e proseguire il suo cammino. Bellissimo! Fantastico! In Alaska c’è la più alta concentrazione di orsi: orsi neri, bruni e grizzly e siamo venuti qui con la speranza di vederne qualcuno anche noi! Ci sono anche gli orsi polari, ma per questi occorre andare molto più a nord, ma non in questa stagione.


Alaska Wildlife Conservation Center

Siamo diretti a Seward, nella Kenai Peninsula. Lungo la strada incontriamo l’Alaska Wildlife Conservation Centre, un’ente che si dedica alla conservazione della fauna selvatica dell’Alaska. Ci sono bisonti, buoi muschiati, alci con il palco in velluto, cervi, caribù, wapiti, coyoti, orsi neri e grizzly. Un orso nero dorme su un albero mentre tre cuccioli di grizzly giocano in un pozza d’acqua.


Avevamo deciso di iniziare il nostro itinerario dalla Kenai Peninsula, ma le disastrose previsioni del tempo, che annunciano pioggia per buona parte della settimana, ci fanno cambiare i nostri programmi decidendo di avviarci verso nord, dove le previsioni sono un tantino meno pessimistiche. Il brutto tempo in Alaska, in particolare sulla costa, non è un fatto anomalo od eccezionale, per cui bisogna abituarsi e prenderla con filosofia. Noi intanto andiamo verso nord, lui, il tempo, faccia un po’ quel che vuole!

Palmer

Palmer situata una sessantina di chilometri a nord di Anchorage è una cittadina rurale posta in una delle poche aree dell’Alaska dedite all’agricoltura.

Nasce durante la presidenza di Roosvelt per far fronte alla Depressione che aveva colpito il resto della nazione. Circa 200 famiglie di agricoltori si trasferirono in questa zona dell’Alaska dando così origine ad una fiorente comunità di agricoltori che, ancora oggi, coltiva queste terre coprendo parte del fabbisogno di prodotti agricoli del paese. I paesaggi con campi coltivati, serre e fattorie sono caratteristiche di questa zona.

Ci fermiamo per la notte in un campeggio tranquillo poco fuori dal centro abitato. Trovarlo non è per niente facile, in città sono in corso molti lavori stradali con relative strade chiuse per cui trovare un percorso alternativo non è facile. Ci da una mano, uno sceriffo, ormai vicino alla pensione, che gentilmente ci accompagna fino al campeggio, poiché la spiegazione non sarebbe stata semplice.

Il Matanuska River Camp è un posto tranquillo. Ci sono pochi camper e poche tende. L’area ad uso delle tende è immersa nel bosco: si sentono gli uccellini cantare, lo squittio, se così si può definire, degli scoiattoli e tante zanzarine fastidiose.

Hatcher Pass

Il tempo non si è ancora assestato ma se non altro non piove e ogni tanto si intravede del celeste nel cielo. Lasciamo l’Highway principale per prendere la strada che attraversa le Talkeetna Mountains e ci porterà all’Hatcher Pass. Questo itinenerario è poco affollato e spesso ci fermiamo ad ammirare e fotografare questi splendidi paesaggi montani che si perdono a vista d’occhio.

Una delle principali attrazioni di questa zona è l’Indipendence Mine State Historical Park. Aperta nel 1930 fu per molti anni la seconda miniera di oro della zona. La miniera venne chiusa definitivamente nel 1955. Attualmente è possibile visitare la miniera e quel che resta degli edifici di quell’epoca.

Proseguendo verso Hatcher Pass, la strada diventa sterrata ed il transito è consigliato solo alle auto. Lungo la strada dai guardrail, spuntano i testini delle marmotte. Sembra quasi impossibile, con tutto lo spazio che hanno a disposizione questi simpatici mammiferi se ne stanno lungo la strada. Forse vogliono un po’ di compagnia!

Arrivati in cima al colle ci accoglie un vento fortissimo e freddissimo. Le nuvole in cielo corrono che è una meraviglia. Che fare? Ci prepariamo i nostri zaini e ci incamminiamo su un sentiero che parte poco distante dal colle e sembra portare in punta ad una montagna. Salendo si incontrano dei piccoli laghetti. Il paesaggio è molto bello e la camminata piacevole. Sulla cima alcuni scoiattoli di terra corrono tra le rocce.


Ritornati alla nostra auto proseguiamo in direzione di Willow. La strada è tutta sterrata ed in alcuni punti non è proprio perfetta. Lungo la strada ci fermiamo un attimo ad osservare un laghetto con alcune costruzioni che indicano la presenza del castoro. E mentre io scatto qualche foto un bel castoro fa la sua comparsa nel lago. E non era solo! I castori solitamente sono animali più notturni che diurni, ma si vede che la tana necessitava di una riparazione urgente, così i tre castori che abbiamo visto indaffarati nel loro lavoro di ricerca e spostamento di rami non si sono accorti della nostra presenza sulle rive del lago! Fantastico!



Talkeetna

Proseguiamo in direzione di Talkeetna, dove avevamo ipotizzato di passare la notte, ma poiché i campeggio non ci convincono ci fermiamo per cena e poi riprendiamo il nostro viaggio in direzione del Denali, tanto in Alaska è giorno fino a tardi, quindi...

Talkeetna, racconta la guida, è esattamente il tipo di paese che la gente si aspetta di vedere in Alaska. Ma qual è il tipo di paese che la gente si aspetta di vedere in Alaska?

La città, il paesino forse è meglio, non è nulla di che. Una via principale polverosa, poiché le strade sono tutte sterrate, un susseguirsi di negozi e ristoranti con un aspetto fermo all’epoca della corsa all’oro. Il negozio di alimentari ha un interno che ricorda un po’ l’emporio degli Oleson de ‘La casa nella prateria’! Per le strade un brulicare di turisti.

Talkeetna è la base per tutte le spedizioni sul monte McKinley, o in lingua Athabasca: Denali, che significa "il più alto", infatti è la più alta montagna del nord America (6744 m). Il Denali è una piramide di roccia, neve e ghiaccio molto difficile da scalare! Sempre a Talkeetna decolla la stragrande maggioranza dei velivoli turistici che ogni giorno accompagnano i turisti, che se lo possono permettere, alla scoperta del Denali National Park e ovviamente anche gli alpinisti poiché l’avvicinamento non è fatto a piedi, viste le immense distanze, ma in aereo direttamente al campo base.

La prima spedizione che ‘guadagnò’ la vetta nel 1913 fu quella guidata da Hudson Stuck un arcidiacono e grande esploratore dell’Alaska. Ogni anno, in tarda primavera, circa 1000-1300 alpinisti cercano di conquistare la vetta del Denali. Se le condizioni del tempo saranno favorevoli circa la metà di loro raggiungerà lo scopo mentre se le condizioni meteorologiche saranno negative la percentuale di coloro che raggiungeranno la vetta scende sotto il 40% e alcuni di loro moriranno. Che prospettiva!!




Nel cimitero, un memoriale elenca i nomi e le età di tutti gli scalatori che inseguendo un sogno sono morti tentando di scalare il monte McKinley o le vicine punte.

Poco fuori dal paese ci dovrebbe essere una vista strepitosa sul monte McKinley e l’Alaska Range. Si dovrebbe... perché anche oggi non la si può proprio definire un’incantevole giornata di cielo sereno, anzi la si potrebbe definire una triste giornata di quasi pioggia. Bisogna anche ammettere che spesso e volentieri la cima del McKinley è coperta da nuvole o nebbie, per cui non dobbiamo farci troppe aspettative in merito.


Lasciamo Talkeetna e la sua gente per riprendere la strada verso nord. Alla fine ci fermiamo a dormire in un campeggio, che non è un campeggio. A Trapper Creek c’è una stazione di servizio con il suo piccolo negozio, un prato con qualche tavolino da picnic. Mentre montiamo la tenda mi immagino la faccia dei nostri genitori al pensiero che dormiremo nel prato antistante alla stazione di servizio, ma in fondo cosa ci manca in questo posto? Niente... all’interno della stazione di servizio ci sono per fino le docce calde.. più di così...

Anche se vicino ad un Highway il traffico è pressoché inesistente e con l’arrivo del buio sembra fermarsi del tutto. Durante la notte sento un animale, muoversi fuori dalla tenda, lo sento mangiare l’erba, brucare e di tanto in tanto spostarsi. Non dovrebbe essere un orso, mi dico! Insomma, questa è la seconda notte che passo in tenda in Alaska e non mi sono ancora abituata all’idea che gli orsi scorazzino fuori come se niente fosse. Adesso però, mi trovo a ripensare a questi momenti con molta nostalgia.

Park Highway

Riprendiamo il nostro viaggio verso nord: verso il Denali National Park. Il cielo non è ancora completamente sereno le nuvole vanno e vengono e ci sono buone speranze di vedere le montagne dell’Alaska Range e soprattutto la vetta del monte McKinley. Lungo la strada ci sono molti punti panoramici, in particolare due di questi consentono di ammirare, anche se da lontano, l’immensità di questa montagna e della catena di cui fa parte. Ci fermiamo a lungo, nel primo di questi due punti, ma ne è valsa la pena, perché le nubi si sono alzate e il McKinley si ergeva in tutta la sua maestosità dinnanzi a noi! Bellissimo!

Riprendiamo così, appagati, la strada verso il Denali National Park.

Mentre l’auto corre veloce sulla strada, di fianco a noi passano paesaggi unici: distese di foreste, fiumi, laghi e montagne a perdita d’occhio; un mondo che non finisce di affascinare ed incantare.

Prima di arrivare al Denali Nationl Park si incontra il Denali State Park che offre innumerevoli possibilità di fare trekking, canoa, e di esplorare un po’ di questo mondo selvaggio godendo delle splendide viste sul McKinley. Ci fermiamo spesso e volentieri anche noi ma il tempo passa e la nostra meta di oggi ci attende.

Denali National Park

Il Denali National Park è un enorme distesa di terra subartica con al centro, come già detto, la più alta montagna del nord America: il monte McKinley. Ma non sono solo gli splendidi paesaggi selvaggi, e va detto che non ci sono villaggi all’interno del parco, a fare grande questo parco ma anche le innumerevoli specie di animali che vivono al suo interno: marmotte, alci, caribù, volpi, aquile di mare testa bianca (Bald Eagle), Dall Sheep, grizzly ed orsi neri.

Ogni anno più di 400.000 visitatori si addentrano in questo parco e pensare che nel 1922 si registrarono ben 7 visitatori! In quegli anni soltanto i turisti più temerari e avventurosi si potevano permettere l’ardire di visitare il Denali National Park and Preserve,

In tutta questa immensità esiste un'unica strada di 147 chilometri che attraversa il parco. Un po’ come dire: una goccia in mezzo al mare. La strada, costruita tra il 1922 ed il 1938, non è percorribile con auto private. Veramente esiste una sorta di lotteria per cui il fortunato vincitore di questa lotteria è autorizzato a percorre questa strada con la propria auto. Insomma una di queste soluzioni un po’ troppo americane. Per tutti quelli che non hanno partecipato alla lotteria o che vi hanno preso parte ma non sono stati estratti è possibile usufruire degli innumerevoli bus navetta che ogni giorno percorrono questa strada.


Arrivati all’ingresso del Denali National Park ci ritroviamo in mezzo a tanti turisti e tanta confusione. Quasi non ne siamo più abituati. Macchine che cercano parcheggio, turisti che vagano e attraversano senza guardare, gente che non sa bene dove andare, insomma gente per tutti i gusti. Ci preoccupiamo di andare subito al Wilderness Access Centre. Nonostante fosse ovunque consigliato di prenotare in anticipo, sia il pernottamento che la visita al parco, noi non abbiamo fatto ne uno ne l’altro. Riusciamo a prenotare l’escursione, in bus nel parco per la giornata seguente e per la tenda nessun problema, ci sono ancora un bel po’ di posti liberi nel Riley Camp.

Montata la nostra tenda in una piazzola che ci aggrada, in questo immenso campeggio, ce ne andiamo a piedi, fino al visitor centre del parco. Sembra una piccola città: c’è il campeggio, l’emporio, il centro visitatori, un ristorante (che però alla sera chiude piuttosto presto... mah..), la stazione ferroviaria, certo qui passa l’Alaska Railroad e perfino l’ufficio postale. Ma in Alaska ci sono uffici postali perfino nelle zone più remote, qualcuno in Italia dovrebbe prendere esempio invece di accentrare sempre in città!

Un sistema di sentieri collega i vari servizi del parco evitando così ai turisti di camminare lungo la strada asfaltata dove il traffico è piuttosto intenso.

Una volta cenato scegliamo di rientrare al campeggio passando per uno di questi sentieri, percorriamo prima il Meadow View Trail dove incontriamo qualche patito dello jogging serale, per poi finire sulla parte terminale del Roadside Trail e prendere il McKinley Station Trail per tornare al campeggio. Passeggiare con il silenzio e la pace della sera lungo questi sentieri è piuttosto piacevole, ogni tanto uno scoiattolino corre veloce da un albero all’altro. Ma le sorprese non sono finite...poco lontano dal campeggio incontriamo sul sentiero, mamma alce con i suoi due piccoli. Rimaniamo ad osservarci, quasi a voler decidere chi di noi dovrà cedere il passo... ma poi mamma alce decide di lasciare il sentiero per entrare nel bosco seguita dai suoi piccoli. Le gambe dei piccoli certe volte sembrano non sostenerli e ricordano quelle di un burattino o delle renne di Babbo Natale.


Il giorno seguente, con il dovuto anticipo, ci facciamo trovare alla fermata del bus alle 7.00. Abbiamo così modo di vedere le altre persone con cui divideremo questo viaggio. C’è un assortimento di gente e abbigliamenti da far sorridere. C’è per fino la signora che si porta il cuscino da casa e quella che per gran parte del viaggio ha lavorato ad una specie di uncinetto, o quella con il cappellino a visiera preso in prestito da un casinò di Las Vegas.

Il bus parte e l’autista, una donna, racconta un po’ del parco. In teoria questo sarebbe solo un trasporto passeggeri, una sorta di navetta. L’autobus fa una serie di fermate, volendo si può scendere e prendere i bus successivi, sia all’andata che al ritorno. Il problema è che i bus sono sempre pieni e il posto lo si ha riservato solo su quello che si è prenotato. Non è previsto il viaggio in piedi pertanto l’autobus ti fa salire solo se c’è posto a bordo.

In ogni caso il bus effettua delle soste più lunghe in alcuni punti e si ferma, durante la strada, per avvistare o fotografare gli animali. Avremmo preferito poter visitare il parco per conto nostro, ma non abbiamo partecipato alla lotteria.. quindi..

La giornata non è delle migliori, anzi... fa piuttosto freddo e il cielo è grigio.

147 chilometri sono tanti e il paesaggio cambia continuamente, foresta, tundra, prateria, ghiacciai. Il McKinley, non è visibile ovunque dal parco, ma solo da alcuni punti, a dover di cronaca l’entrata principale non è tra questi.

Il Wonderl Lake, il punto di arrivo del bus, è chiamato così perché nelle sue acque si specchia il McKinley, evento piuttosto raro, un po’ perché per le solite nebbie che celano la punta e un po’ perché il tempo non è mai molto collaborativo! Il bus si ferma giusto il tempo per fare due passi sulle rive del lago e per fare uno spuntino per pranzo, è un peccato il posto meriterebbe una visita più approfondita.

Se il tempo ha un po’ guastato lo splendore dei paesaggi che abbiamo visto, ha per così dire, contribuito a rendere, da un punto di vista faunistico, unico questo viaggio. Non solo volpi, caribù, aquile ma finalmente anche qualche grizzly!

Il Denali è uno dei parchi che conta il maggior numero di grizzly sul suo territorio. Fisicamente sono leggermente meno grossi dei loro parenti che vivono sulla costa, e questo sembra che sia dovuto alla diversa alimentazione. Quelli sulla costa si fanno delle vere e proprie mangiate di salmone e altro pesce, mentre questi in prevalenza mangiano piccoli mammiferi e vegetali.

Ma torniamo al nostro primo grizzly... lo abbiamo visto da lontano, il bus si è fermato, la gente ha tirato fuori macchine fotografiche e binocoli. Piano piano si è fatto meno lontano. Un cespuglio attira la sua attenzione, ci gira intorno, ci infila il muso dentro, rovista con la zampa e poi inizia a saltarci sopra. È un’enorme orso grizzly marrone, il cespuglio si schiaccia, un piccolo scoiattolo di terra terrorizzato, schizza letteralmente da quel cespuglio ad un altro. L’orso lo vede e lo insegue. Un altro cespuglio, lo stesso scoiattolino da stanare, la dura legge della natura. L’orso lo cerca, rovista ma lo scoiattolo è ancora un volta più veloce e senza essere visto come un missile scappa correndo lontano dal cespuglio. Il grizzly non se ne accorge, lo cerca ma non lo trova. Rovista nel cespuglio, si alza dritto su due zampe, ci gira intorno, ma la sua preda è scappata. Alla fine, sconsolato, riprende la sua strada. Le sue zampe, il suo muso, il suo muoversi, il suo essere cacciatore, il suo mondo! Solamente per questi istanti per questi momenti è valso il viaggio fin qui.

Incontreremo altri grizzly, due cuccioli che si rincorrono e un orso solitario che passeggia.

Tutto il viaggio, A/R dura circa 11 ore, per la maggior parte passate su questo bus che non si può proprio definire confortevole considerato poi che la strada è tutta sterrata.

Oltre a Wonder Lake e a qualche sosta ‘tecnica’, sono previste soste al Polychrome Overlook, da dove si gode di una bella vista sulla valle e sulle montagne e se si ha un po’ di fortuna si possono vedere le capre delle montagne rocciose pascolare sulle pendici delle montagne aldilà della valle; e nei pressi del Tiklat River dove c’è anche un piccolo visitor centre con un po’ di trofei e pelli esposte.

E così un altro giorno si è concluso.


Oggi avremmo voluto percorrere il Mt Healy Overlook Trail, ma purtroppo, all’ufficio informazioni del parco ci hanno detto che il sentiero è chiuso a causa di alcuni problemi con un orso che staziona da quelle parti. Alla nostra domanda se esistesse un altro sentiero simile il ranger ci ha risposto che non ce n’erano altri, ma che avremmo potuto scegliere un’altra vetta e farci un percorso da soli. Sono rimasta un tantino perplessa... se non posso percorrere un sentiero segnato perché ci sono problemi con un orso, cosa gli fa pensare che il percorso che mi invento non passi proprio sui piedi di un altro orso? Per il momento decidiamo di abbandonare il proposito di fare i piccoli esploratori e di riprendere così il nostro viaggio verso lo Yukon canadese.


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Foto di Marco Giovo – Anna Marchisio


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