NOVITÀ
Giovedì, 8 Giugno 2023

Il Marocco del Sud, tra medine, kasbah e gole nel deserto

Un incontro magico tra deserto e montagna 

ARTICOLO DI

Franviolet

Un vecchio proverbio marocchino recita “il Marocco è un Paese freddo dove il sole brilla”. Non possiamo esserne certi, ma possiamo intuire che questo detto provenga dal Marocco del Sud, dove il deserto si arrampica sulle ben più fresche montagne della catena dell’Atlante, che raggiungono altezze notevoli in tutto il Nord Africa centro-occidentale. 

 

L’itinerario di Vagabondo ci porta proprio lì, su quello che i marocchini chiamano Anti Atlante, tra medine incantate, kasbah che sembrano uscire direttamente dalla roccia delle deserto, falesie e gole. 

 

 

La medina di Marrakech

 

Proprio da una medina parte questo breve racconto: quella di Marrakech, patrimonio dell’UNESCO, circondata da 19 km di bastioni, fatta di vicoli intricati in cui perdersi. Da Jemaa el-Fna, piazza da cui la medina prende vita, brulicante di commercianti, incantatori di serpenti, astrologi, chiromanti e altri personaggi curiosi, è possibile vedere il minareto della Koutoubia. La moschea, la più importante della città, fu costruita su impulso del califfo almohade Adb al Mu-min, che posò la prima pietra nel 1141. Detta anche “la moschea dei librai” per le bancarelle di libri che occupano l’area circostante, è stata a lungo uno degli edifici di culto più rilevanti del mondo musulmano, ed è ancora oggi il tetto della città: il minareto è alto ben 69 metri! Dovremo limitarci a vederla da fuori - i luoghi di culto musulmani sono purtroppo preclusi ai non musulmani - ma il complesso architettonico e sociale della medina è così affascinante da farci accettare di buon grado questa mancanza. 

 

 

Le kasbah del deserto

 

Lasciando Marrakech ci inoltriamo nel Marocco delle kasbah e dei berberi, seconda tappa di questo spaccato dell’itinerario di Vagabondo. Per farlo, affrontiamo la montagna, il passo del Tizi n’Tichka, che si snoda tra boschi di querce e noci. La strada ci conduce alla kasbah di mattoni rossi crudi di Aït Benhaddou, che offre un colpo d’occhio cinematografico: anch’essa patrimonio dell’UNESCO, sarà riconosciuta al volo proprio dai cinefili, che l’hanno vista, tra gli altri, in Lawrence d’Arabia e nel Gladiatore

 

 

Aït Benhaddou è un ottimo modo per prepararci a Ouallywood, ovvero Ouarzazate, sviluppatasi negli anni ‘20 del Novecento durante il protettorato francese e sede degli Atlas Studios. Nell’antichità, la città aveva il suo centro vitale nella meravigliosa  Kasbah di Taourirt, oggi non più abitata e divenuta un villaggio-museo. 

 

 

 

Le Gole del Dades e quelle del Todra 

 

Proprio da Ouarzazate comincia la nostra terza e ultima tappa di oggi (l’itinerario del viaggio ne ha molte altre!): è dedicata alla natura marocchina, che conquista grazie alla sua varietà. Le valli che circondano le gole del fiume Dades, scavate dalle acque di questo affluente del Drâa nei secoli, ricordano un tortuoso paesaggio marziano contaminato da elementi fiabeschi: oasi, decine di palazzi di mattoni crudi, che le hanno fatto guadagnare il soprannome di Valle delle Mille Kasbah, e l’incredibile Valle delle Rose, in cui le donne berbere raccolgono le rose centifolia per produrre profumi e unguenti. 

 

 

Il Todra si è inaridito ed è ormai molto meno impetuoso di quando ha scavato i canyon in cui ci inoltriamo, che svettano per oltre 150 metri ma possono essere larghi anche solo 10. Un dedalo scolpito dalle forze della natura, che oggi si esprimono in modo meno intenso ma hanno saputo imprimere la loro potenza nella roccia. 

 

 

Terminiamo il nostro viaggio con un invito: quello all’incontro con gli amazigh. Questa parola significa “uomini liberi e nobili”, ed è così che amano essere chiamati i berberi, il fiero popolo del deserto.

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