RACCONTO
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Giovedì, 17 Marzo 2016

Pra ver a banda passar. Sogno brasiliano a occhi aperti.

Una fantasticheria sul Brasile, ispirata dalla canzone A banda di Chico Buarque de Hollanda.

ARTICOLO DI

Callitrix

Quello con il Brasile è stato per me un appuntamento più volte mancato, che pareva ogni volta destinato a spostarsi più in là. Passava il tempo e crescevano le aspettative e le fantasticherie, nate dai reportage giornalistici e dai racconti di chi c’era stato ma forse ancora di più dalle suggestioni letterarie e musicali. Teresa Batista e il Capitano di Lungo Corso Vasco Moscoso de Aragao uscivano dalle pagine di Amado e camminavano per le strade della mia cidade sonhada, dove il tropicalismo e la bossanova si mischiavano a comporre la colonna sonora. E ogni tanto per le strade di quella città passava la banda. Tutti si fermavano per vederla passare. Mettevano da parte quello che stavano facendo, dicevano addio al dolore e ballavano. Ballavano sul dolore, come se la danza potesse consumarlo.

Un quadro forse troppo melenso, da cui rimanevano fuori le ingiustizie e le favelas, le memorie dello schiavismo e della dittatura, Sebastiao Salgado e Chico Mendes. Tutto questo c’era ma rimaneva sullo sfondo. E’ il bello dell’immaginazione.

Ogni tanto passava la banda, dicevo. E la banda, con il grande circo che le si muoveva intorno, per me era la metafora di questo grande paese e delle sue contraddizioni. La banda era il mio Brasile immaginato e anche quando finalmente mi sono presentato all’appuntamento le cose non mi sono apparse troppo diverse.

I brasiliani sono magnificamente informali e vanno ovunque in ciabatte indossando magliette improbabili.

Sono terribilmente confusionari e capaci di ingarbugliare ad arte le cose semplici. Ma anche di rimettere tutto a posto con un sorriso.

Sono capaci più di chiunque altro di mescolare gioia e malinconia mantenendo sempre un certo distacco.

I brasiliani sono un popolo capace di vivere come se. Come se ci fosse un senso alla vita, come se il meglio dovesse ancora arrivare, come se ci fosse sempre un’altra vita possibile, nella vita. E sanno che a ottant’anni non è troppo tardi per imparare a ballare.

Quando la musica finisce, tutti riprendono il proprio posto e recitano la propria parte nella giungla d’asfalto. Aspettando che arrivi la notte. Aspettando che la banda ripassi. E che suoni per loro.

 

“Il vecchio dimenticò la stanchezza e pensò
che ancora era giovane per salire sul terrazzo e ballò
la ragazza brutta
 si affacciò alla finestra
pensando che la banda suonasse per lei”

(Chico Buarque de Hollanda, A banda, 1966)

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