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Lunedì, 11 Giugno 2007

Bolivia a tutta birra - prima parte

Diario di viaggio attraverso la provincia di Tarija in Bolivia, Marzo 2004

ARTICOLO DI

Vagabondo0

Diario di viaggio attraverso la provincia di Tarija in Bolivia, Marzo 2004

Diario di viaggio attraverso la provincia di Tarija in Bolivia

Marzo 2004

Premessa


Non esistono più di tre o quattro valichi di frontiera tra l'Argentina e la Bolivia. Uno di questi é San José de Pocitos, chiamato semplicemente Pocitos, villaggio metà argentino e metà boliviano. La pur esauriente guida Lonely Planet in mio possesso spende poco più di qualche riga nel dipingere questo posto bizzarro. Adesso procurerò io di pennellarlo, anzi, lo sto già facendo poiché i fatti che seguono li sto scrivendo, se non in diretta, per lo meno in differita di poche ore e abbastanza in barba alla grammatica e all'ortografia. Sono o non sono in vacanza? Quindi, come direbbe il Berlusca, mi si consenta.

Mi conoscete: d'accordo che sono di bocca buona, ma forse sono pure un tantino masochista ad aver scelto di attraversare la frontiera proprio qui. Consiglio vivamente di non viaggiare per questi paraggi in compagnia di una persona petulante, poiché é assai probabile che un simile individuo vi faccia saltare i nervi in frangenti in cui si dovrebbero mantenere dritte tutte le antenne a vostra disposizione.

é quindi consigliabile mantenere la vostra concentrazione, sia per gustare l'esotico del sito, sia per difendervi da tutti gli hincha pelotas(1) perché questi, riconoscendo la vostra cara pálida(2) tipicamente occidentale, cercheranno di rifilarvi qualche bidone. Niente di grave intendiamoci, non si rischia affatto la pelle, tutt'al più un centinaio di Bolivianos(3), ovvero una decina di euro. Qui siamo al centro del buco dell'ozono e, col mio maniacale timore dei raggi ultravioletti, credo d'essere in questi giorni il più chiaro di pelle tra tutti i visitatori che sto incontrando in America Latina. Protetto da un cappellaccio a larga tesa e molto simile a un pollastro d'allevamento, pertanto visibile a distanza di centinaia di metri, sto invitando a nozze tutti gli estafistas(4) dei paraggi e, nonostante la mia completa padronanza della lingua, non riesco ad evitare il ruolo di pollo ideale per la gioia di costoro.

Bene, esaurite le necessarie premesse vado a incominciare: spaparanzatevi in poltrona e leggete con attenzione, poiché oltre a divertirvi potreste imparare anche qualche cosa utile per un vostro eventuale viaggio quaggiù. Un viaggio virtuale il vostro di adesso, e del tutto gratis, por supuesto(5).

Dimenticavo: il titolo "Bolivia a tutta birra" l'ho scelto poiché sto passando come un lampo; non fatemi subito un ubriacone.





Primo pomeriggio di venerdì in Pocitos.


Il bus proveniente da Tartagal, l'ultima città argentina degna di tal nome, si ferma al primo posto di frontiera, a circa cinque km dal confine effettivo in Pocitos. Qui si controllano soltanto le encomiendas(6), merci in transito, e non i nostri bagagli personali.

Anche in sud America é proibito fumare sui mezzi pubblici e, visto che il controllo delle merci stivate nella pancia del bus si sta protraendo nel tempo, scendo per concedermi una cicca in compagnia del missionario mormone(7) col quale ho chiacchierato fin'ora.

Il passaggio dall'aria condizionata ai trentasei gradi pomeridiani dell'esterno non mi sorprende più di tanto e mi é sufficiente togliermi la campera(8) color caki per sentirmi bene. Io amo il caldo che sembra opprimere il 99,99% delle altre persone, altrimenti mica verrei qua in questo periodo.

Il mormone è un ragazzo boliviano sui trent'anni, assai gentile e con meno barba di quanto mi immaginassi per un personaggio del suo ruolo. Non é neppure vestito di nero e neanche é seguito da mezza dozzina di mogli come si aspetterebbe chi ha visto decine di films western, dove questi tipi li trovi seduti a cassetta col winchester sulle ginocchia e un paio di dozzine tra figli e mogli stipate nel conestoga. Mi confida che i suoi confratelli sono presenti anche da noi in Europa e che gli italiani sono in assoluto i più restii a convertirsi alla loro fede e allora gli spiattello la mia paradossale teoria sul politeismo cattolico tipico dei paesi mediterranei. Non sembra molto convinto, ma deve ammettere la potenza di San Gennaro, dei numerosi Sant'Antonio e compagnia bella che compongono il nostro Panteon, oltre alla temibile concorrenza dei Testimoni di Geova. La disquisizione religiosa finisce lì e prendiamo a parlare di automobili e case costruttrici da un punto di vista socio-economico.

Finalmente, quando già sto per rompermi le scatole e accendere la quinta sigaretta, si riparte.

A bordo, un anziano signore mi racconta che ai tempi della sua gioventù non esistevano dogane tra Argentina e Bolivia; la frontiera si passava liberamente e, por supuesto, non esisteva il contrabbando.

La stazione dei pulman é una semplice tettoia e dista dal paesino di Pocitos non più di quattrocento metri. Subito mi rallegro di aver lasciato la valigia a Salta(9) e aver optato per caricare poca roba nel borsone perché il percorso verso le casette di Pocitos si snoda nei campi, luogo poco adatto per le piccole ruotine di una valigia di plastica dura.

Ancora meglio sarebbe stato portare con me lo zaino. Purtroppo, il giorno prima della partenza, constatai che era sporco del fango dell'ultima escursione e mia moglie già teneva un muso lungo dieci metri per poterle chiedere di lavarlo ed asciugarlo in tempo: meglio non calcare troppo la mano.

Attraverso quello che rimane dei binari della ferrovia che collegava i due stati. Io amo questi paesi e soffro della sparizione, anzi, una vera estinzione, de los ferrocarriles(10).

Mentre cammino verso il paesino qualcuno insinua che dev'essere in corso uno sciopero di bus e taxi. Mi prende un colpo e quasi casco al suolo, ma pochi metri dopo riprendo vigore: vengo a sapere che lo sciopero é appena finito.

Alla buon'ora arrivo all'inizio del paesino, sudatissimo sotto alla campera che devo per forza indossare per via della comodità delle sue innumerevoli tasche, utilissime sebbene fonte a volta di gran confusione, ma irrinunciabile. Quelle che forse negli anni '50 erano casette decorose ora mostrano il declino di una nazione allora al quinto posto nella scala mondiale dei paesi più ricchi. Cavolo, penso che tra poco anche l'Italia sarà così con i cinesi intenti a fregarci i mercati e a falsificare i marchi di fabbrica. Il degrado ambientale e umano é desolante. Una puzza di fritto cotto probabilmente in olio di colza (a ragione uso puzza e non profumo) mi allontana la fame che soltanto fino a pochi minuti prima mi attanagliava, ma non ho tempo a deprimermi poiché la mia curiosità prevale e gli stimoli non mancano. Una fila interminabile di carrettini a mano carichi di un cinque-sei sacchi di frumento, forse un paio di quintali in tutto, avanza a intervalli di un minuto circa verso la dogana. A spingerli sono persone minute, scure di capelli e di carnagione. Non mi sogno di fare foto. Non é la paura che mi rubino la fotocamera digitale a impedirmelo. é comunque il suo valore, circa 500 euro, a inibirmi. Vale certamente molte decine di quei carretti, centinaia di ore di lavoro di questa gente. Il mio senso del pudore(11), unitamente alla prudenza, non me lo permette.

Passando innanzi ad un Kiosko(12) leggo il titolo di un quotidiano e scopro che anche Diego Armando Maradona sta entrando in Bolivia più o meno a quest'ora. Lui sta sbarcando dall'aereo a Santa Cruz accolto da politici, assediato da giornalisti e fans, mentre io cerco di non dare nell'occhio. Bah, forse io mi sto divertendo di più del Pibe de Oro, perlomeno non necessito di cocaina per provare forti emozioni in questo momento.


Beh, un po' dovrei vergognarmi del mio pensiero poiché ciò che sto vivendo ora come un'avventura, deve essere un tormento quotidiano per la gente locale.

Anche da questa provincia

tanto é vero che appena può, fa le valigie per andarsene ad accrescere per cadere dalla padella alla brace delle villas miserias(13) crescenti attorno a Buenos Aires e altre città maggiori.


Queste considerazioni mi spingono oltre portandomi a considerare ciò che io sto vivendo ora (e vivrò in seguito) come un'avventura, mentre qui é un tormento quotidiano per la gente locale spingendola, appena può, a fare le valigie e andarsene per cadere dalla padella alla brace delle villas miserias(13) crescenti attorno a Buenos Aires e altre città maggiori.


Ragazzi ... forse é meglio che cambi discorso e mi goda la vacanza, sudata e meritata dopo cinque anni di lavoro.

Zigzagando giungo al punto dove un militare divide gli stranieri dai locali, indirizzandomi ad un tavolo dove mi attendono tre giovani gendarmi argentini. Appaiono allegri e disponibili. Quello al computer mi confida di avere la doppia cittadinanza argentina-italiana e mi chiede di parlare nella mia lingua. Lui tradurrà ai colleghi. Lo assecondo se pur aiutandolo poiché la sua padronanza dell'italiano é soltanto presunta. Mi domandano dei ponti impressi sul retro delle banconote degli euro, anzi, mi chiedono di mostrargli qualche banconota. Non so quali pesci pigliare, ma decido comunque di accontentarli e mostro un biglietto da cinque e uno da dieci, evitando di estrarre quello da cinquanta ... non si sa mai (ahi! credevo d'essere furbo ma la "estafa" sarà diversa. Ah! Notate che qui diffido anche dei poliziotti).

Racconto loro che i ponti rappresentati non esistono, ma sono di fantasia, disegnati per non creare gelosia tra i componenti dell'Unione e il nostro buon senso europeo viene approvato all'unanimità. Fin'ora mi hanno soltanto chiesto il passaporto, nessuno controlla la borsa: sembra che a loro interessi soltanto chiacchierare con l'unico italiano passato di lì negli ultimi mesi. Dopo una ventina di minuti di amichevole conversazione mi restituiscono gli euro ed il passaporto che io rimetto in tasca senza aprirlo né controllarlo. Uno di loro mi accompagna fuori facendosi autoritariamente largo tra la folla, come se accompagnasse un presidente, e mi saluta.

Metto dunque piede in Bolivia. Mi attendo il solito sbarramento, con tanto di transenna e presidiato da militari, invece non incontro ostacoli e arrivo nella zona dei taxi. Mi sembra incredibile che nessuno mi controlli. Chiedo spiegazioni al tassista che mi indica una microscopica insegna del tutto invisibile a chi come me scelga casualmente di percorrere il lato della strada invaso dai camion giunti a caricare il grano dei carretti. é l'Ufficio Emigrazione. Prima di entrare domando al tassista informazioni su questo commercio di frumento. é molto semplice: il frumento costa molto, ma molto molto meno in Argentina, forte di enormi pianure, che in Bolivia, nazione prevalentemente montana. L'agricoltore boliviano può recarsi al di là del confine per comprarne un paio di quintali per "uso personale" senza pagare dogana. Poco importa se lo fa tutti i giorni o più volte al giorno, almeno sembra questo non interessi ai doganieri [o forse sì ... (14)]. D'ogni modo questo grano viene acquistato dai grossisti boliviani ad un prezzo lievemente superiore e lascia Pocitos viaggiando su grossi camions alla volta della regione di Santa Cruz e di altre parti della nazione dove potranno rivenderlo e guadagnarci un mucchio di soldi (i grossisti, por supuesto).

Quello che ho appena descritto é El comercio de las hormigas o El camino de las hormigas(15) .

Mai simile paragone, la via delle formiche, fu tanto azzeccato poiché una scia di grani di frumento caduti accidentalmente dai sacchi si snoda per centinaia di metri tra Argentina e Bolivia.

Bene, adesso che vi ho rivelato el asunto(16) posso recarmi all'Emigrazione dove il funzionario boliviano mi fa notare bonariamente la mancanza sul mio passaporto del visto di uscita dall'Argentina. Nessun problema: comprensivo mi dice di tornare indietro e farmelo apporre. Tornare indietro? Col cavolo! Sono almeno duecento metri di coda.

Come uscito dal nulla, mi si avvicina uno dall'aria volpina e si propone di farmi passare davanti a tutti per trenta Bolivianos. Capisco che "dimenticandosi" di bollarmi il documento mi hanno buggerato. L'amico, chiamiamolo così, effettivamente mi fa saltare la coda e posso consegnare il passaporto in mano ad un doganiere argentino dal nostro lato (i tre di prima non li posso vedere da qui). Pochi minuti e sono in regola. Quelli si divideranno i miei soldini in tre: i simpatici ragazzi argentini curiosi dei ponti, il funzionario boliviano bonario e l'intrallazzatore premuroso.

Che dire? Una nuova esperienza acquisita a basso prezzo. Non mi arrabbio neppure. L'intelligenza del trucco mi rassicura: nessuno mi aggredirà visto che é assai più facile truffarmi.

Manco mi passa per l'anticamera del cervello che adesso anch'io sono passato nella lista dei corruttori, pagando per saltare la coda.

Dal lato boliviano di Pocitos il traffico é caotico e l'avanzare delle auto é complicato dalle manovre di grossi camion. Il mio taxi non fa eccezione: é un continuo zigzagare tra questi bestioni e gli altri veicoli. La convenzione della mano destra pare non esistere, così come la regola di sorpassare soltanto sulla sinistra. Eppure un qualche meccanismo di autoregolazione deve pur esserci. Le traiettorie si intersecano continuamente e a evitare le collisioni, incredibilmente rare, sembra bastino brevi colpetti di clacson, una specie di sonar come per i pipistrelli nella notte.

Lasciamo il confine e percorriamo strada col fondo in cemento e conseguenti frequenti scossoni a causa dei giunti di dilatazione. Coraggio, secondo il tassista questa è la miglior strada dell'intera Bolivia!

Dopo cinque km raggiungiamo Yacuiba, un sito che si può definire città.

Per prima cosa compro un giornale e mi siedo al tavolino di un bar per farmi una sospirata birretta ed un consolante panino. Leggo sul quotidiano che il presidente argentino Kirchner sta tenendo sulla corda il fondo monetario internazionale minacciando di non pagare i debiti del suo paese. Poco mi importa dei problemi loro e del fondo, tanto a me oggi già hanno tirato una sola(17) .





Pomeriggio avanzato di venerdì in Yacuiba


"quien no llora no mama"


Leggo questa frase in un articolo sul carattere degli abitanti di Santa Cruz, la "Milano" boliviana. é un detto popolare che udii la prima volta in una vecchissima quanto affascinante canzone sudamericana. Finalmente, leggendola, capisco che significa "chi non piange non succhia"(18). Tutto il mondo é paese e qui Roma ladrona é La Paz, però dignitosamente i cruzeños non piangono e di conseguenza non poppano.

L'albergo che scelgo é troppo nuovo per comparire sulla mia Lonely Planet e sembrerebbe essere soltanto la pigrizia a farmelo scegliere, poiché devo appena alzare il sedere dalla sedia del bar dove sto merendando e attraversare la strada poco trafficata per raggiungerlo. In realtà il mio navigatore automatico, nonostante la debolezza alla vista mi accompagni nel pomeriggio per ritornare gattesca la notte, ha visto o intuito che la ragazza al banco della reception é niente male e che l'hotel dispone di una postazione Internet per inviare a voi minchioni il mio reportage bi-giornaliero.

La figliola é anche gentile e il prezzo della camera non é troppo alto: affare fatto. Entriamo nella mia stanza dove le chiedo subito di spiegarmi come funzionano l'aria condizionata ed il ventilatore, poiché non riesco ad escluderli con la pulsantiera giapponese con impresso sui tasti i misteriosi ideogrammi del sol levante. Non ci riesce neppure lei. Forse c'é un guasto nel telecomando ed allora allungo le braccia abbastanza in alto per staccare drasticamente la spina, ma non ci arrivo. Nell'intento di aiutarmi lei sale su una sedia, ci riesce ma traballa. L'afferro prima che cada: é il primo culetto boliviano che stringo nella mia vita. Ci facciamo una bella risata. L'incidente, chiamiamolo così, ci sblocca entrambi predisponendoci ai lunghi dialoghi che avremo durante il mio pur breve soggiorno in Yacuiba. Adesso mi lavo, mi rilavo e mi risciacquo, poi mi sbarbo e persino mi pettino.

Prima di dialogare con la chica intrattengo una fruttuosa seduta sul water: un vero viaggiatore prende queste incombenze molto sul serio. Mentre sto indugiando lì sopra suona il telefono. Eccezionale: se ne trova pure uno nel bagno. La ragazza mi avverte che é stata tolta l'acqua e i rubinetti non torneranno a zampillare prima di un'ora, una volta finita una riparazione all'impianto. Vaca boya! Mi ritrovo con una torta olezzante in padella e non posso evacuarla! Apro la finestra e scendo a lavarmi le mani al cesso in fondo alla hall, poi esco a farmi un giretto armato della Nikon. Fa un caldo gatto(19) e mi fermo ad una bancarella dove chiedo una limonata. Mi servono un bicchiere di lima, una varietà di limone da provare almeno una volta nella vita. Finora soltanto avevo assaggiato il suo succo miscelato in un coctail di Pisco, un distillato di vino peruano bevuto in Cile, ma scoperto casualmente in Francia: e ditelo, cavolo, che sono un cosmopolita io! Qui ce l'avranno il Pisco? No! Indovinate cosa si beve dappertutto: il Fernet Branca prodotto su nostra licenza in Argentina. L'intruglio é una specie di Cuba Libre dove alla Coca Cola non si aggiunge del ruhm o "ron" come lo chiamano qui, bensì del Ferneth. Le proporzioni sono più o meno le medesime. Come non provarlo? Tra poco il mio intestino pagherà a caro prezzo la mia curiosità.

Quando ritorno in camera non mi ricordo della mancanza d'acqua e mi ritrovo nuovamente con la panza gorgogliante e necessitosa di liberarsi. Forse ho esagerato col Fernet, scoprendo inaspettate doti purgative in questa bevanda.

Chi ha visto il film "amici miei" si ricorderà senz'altro l'episodio del bambino e del vasetto e della sorpresa della mamma del piccolo fronte all'enormità della quantità di quella robina là.

Dimentico della precente mancanza d'acqua, entro in bagno a marcia indietro spogliandomi e gettando la roba come fanno le vamp nei films di Hollywood e, sempre retrocedendo, poso alla cieca le terga sul water. Coerentemente alle mie intenzioni e alle funzioni di quest'apparato di origine anglosassone, scarico l'intero magazzino e mi alzo alleviato di qualche chilo.

Mi giro e vedo ... Madonna Susina!!!!!!!!!!(20) Il nuovo carico sommato al precedente quasi tracima! Mi viene una gran paura che al tirare la catena si allaghi la stanza ed inizio una manovra definibile "tattica di alleggerimento". Prendo il bicchierone dello spazzolino da denti e inizio a versare acqua ponendo attenzione. Questa manovra rientra in una più generale "strategia dell'espulsione", ma da incerti esiti, quindi rischio e tiro lo sciacquone. L'impianto si é appena riempito e sono più fortunato di Napoleone a Waterlò: tutto sparisce nel nulla.

Considerazione seria: sono abituato in Europa a trovare uno spazzolone accanto al water e con questo ripulire le tracce del mio passaggio, poiché provo una gran vergogna a lasciarle lì. Qui in Latino America lo spazzolone te lo sogni. Forse pensano sia un operazione poco dignitosa e che vada riservata alla servitù. Secondo me, se questi paesi sono economicamente del culo, questo fatto ha da vederci, ma mi spiegherò meglio in altre sedi.

Questo é il primo giorno di riposo che mi concedo. Paóla (qui questo nome si pronuncia staccando la "a" e la "o"), la recezionista, é una amabile conversatrice, ma presto ci troviamo assediati da tre piccole pesti dai due ai quattro anni. Non sono i suoi fratellini, bensì i suoi figli, eppure non dimostra più di 22 anni e scopro che ne ha soltanto 19! Qui sale la solita meraviglia perché per i sudamericani é inconcepibile io abbia soltanto un figlio e che per turismo io non viaggi con la famiglia a rimorchio. Lo capirebbero per lavoro, ma per vacanza no! D'ora in avanti mi dichiarerò soltero(21) e chissà non mi faccia una fidanzata. Nuovamente esco a girare in giro.

Cerco un taxi ufficiale tra un nugolo di abusivi. L'idea migliore sarebbe stata di chiedere a Paóla di chiamarmene uno dall'hotel, ma mi trovo nelle piazza principale ad almeno 500 metri da lì. Qui ancora non so, ma in Argentina ci sono principalmente tre categorie di auto pubbliche:

1) i remìs, in genere macchine nuove o seminuove con aria condizionata e legalmente autorizzate a operare.

2) i taxi, vecchi e scassati però anch'essi legalmente autorizzati.

3) gli stessi due di prima, però abusivi: li sconsiglio vivamente poiché il risparmio é incerto e le beghe molto probabili.

Dopo un'inutile attesa di una decina di minuti, considerata la tranquillità della città e l'amabilità della gente, salgo sul primo abusivo che passa purché mi porti alla stazione dei bus. Intendo informarmi sul tragitto per la mitica Tarija, la splendida capitale della regione.

Come riportato sulla mia mappa e verificato dalla mia bussola, il tipo prende la strada giusta puntando verso la periferia. A un bel momento, appena fuori dal centro città devia per una calle(22) laterale non asfaltata. Mi pongo all'erta e con la mano nella tasca della campera stringo nel pugno il contenitore di rullini fotografici, ora pieno di monetine e quindi molto pesante all'occorrenza (nella vita non ho mai avuto occasione di usare questo "pugno di ferro", l'unica arma che porto sempre con me). Gentilmente gli chiedo se ha capito che desidero andare alla stazione. Accenna di sì e continua a zigzagare per stradine contornate da casette precarie tipo favelas. Cavolazzo, siamo di giorno, mi dico per tranquillizzarmi.

Evidentemente la vergine protettrice dei viaggiatori, la Madonna di Luján mi protegge e, sebbene per vie traverse, arriviamo al terminal. Falso allarme, dunque. Al ritorno un tassista autorizzato mi chiarirà che il tipo di prima intendeva evitare di incappare nei controlli della polizia stradale e per questo motivo faceva le gimcane.

Ritorno all'hotel con una pazza idea. La Lonely Planet suggerisce di fare autostop ai camion che vanno a Tarija. Non si risparmiano soldi poiché si paga l'autista che ti prende a bordo, ma si gode del paesaggio in prima fila e si può scendere a pisciare o farsi una birra quando si vuole.

Chiedo a Paóla se conosce un camionero e lei, dopo inutili tentativi di dissuadermi mi dice dove cercare. Vado alla bettola dove transitano i camionisti e chiedo al mozo(23) se qualcuno può prendermi a bordo viaggiando di giorno. Così conosco Edmundo, imponente come l'attore francese Gerard Deparduieu che ha interpretato Edmonde Dantés in un recente serial televisivo. Associando la sua massiccia figura al Conte di Montecristo non rischio di dimenticarmi il suo nome. Punto debole, questo, della mia memoria. Come faccio per esempio a ricordarmi il nome di Paóla? Semplice: lo ho scritto in caratteri cirillici proprio mentre me lo diceva. In cirillico imprimo pure i miei appunti e fin'ora non ho ancora trovato nessuno che ci capisca qualcosa, anche perché scrivo in piemontese.

Il vantaggio di viaggiare in camion rispetto all'autobus non si limita a quanto ho esposto prima: il pulman viaggia solo durante la notte e non si vede molto, anche in giorni come questi di luna crescente. Al contrario il nostro viaggio di nove ore si svolgerà con almeno cinque di luce diurna, partendo al pomeriggio appena il camion del conte sarà riempito del frumento delle formichine di Pocitos.

Considerato il locale e supponendo di ispirare fiducia non soltanto a Edmundo, ma pure al mozo, chiedo se aumma-aumma si può assaggiare la chicha. Macché! Anche qui questo liquore o birra che sia (incredibile, ma ancora non so di che é fatto) é illegale come in Argentina. In realtà scoprirò domani d'essermi spiegato male: loro hanno capito che io vorrei trangugiare un torcibudella di fattura campagnola chiamato semplicemente alcól. I diversi tipi di chicha qui si vendono liberamente nei bar e specialmente in appositi negozi detti chicherías. Edmundo mi strizza l'occhio come probabilmente ha visto al cinema, poiché qui non ho ancora notato nessuno farlo. Ho capito: l'assaggerò in viaggio: ah! Il sapore del proibito! Si é fatta notte, saluto e esco a caccia di un ristorante un po' di lusso, il che non guasta visto la vitaccia che conduco: quale fatica divertirsi!

Sera del venerdì in Yaquiba


Scelgo un bel posticino e mi siedo accanto ad un ñandú(24) impagliato. é un maestoso uccellaccio che affascina me, ma terrorizza un bambino. Il piccolo si mette a frignare e non molla, tanto che la famigliola si scusa e leva le tende: meno male perché il cameriere parla a bassa voce e non capisco un'acca. Non c'é pesce di fiume e le alternative alla carne sono poche. Mi incuriosiscono i primi piatti, dai nomi molto simili ai nostri: tallarines, ravioles, pizza ... ma 'sta pizza la trovi ovunque! Prima di lanciarmi su quelle che presumo tagliatelle, consulto la mia guida poiché vorrei riequilibrarmi con un bel minestrone di sola verdura. Vaca boya, tutte hanno carne. Ne scelgo una qualunque e soltanto chiedo di non metterci del pollo. Per secondo vado giocoforza sulla carne e scelgo quella di porco, rara a trovarsi in Argentina, ma abbastanza comune e gradita qui in Bolivia. Vino? E come no? Un colpo di fortuna! Da qualche parte esce una bottiglia di Malbec di cinque anni prodotto in Mendoza in appena 2.000 bottiglie numerate. Colmo della raffinatezza la bottiglia é confezionata in un tubo come da noi si fa soltanto per i wisky di gran marca. La cifra é sostenuta: mi costerà cinque volte il prezzo del solo mangiare. Chissefrega, lascia qui e ficcati il ghiaccio in quel posto! Esco bello cotto e faccio per portarmi via il tubo per souvenir quando una ragazza mi chiede se glielo regalo. E come non potrei davanti ad un simile sorriso?

Felice della buona azione quotidiana compiuta vado a dormire il sonno del giusto. Paóla é ancora lì. Mi dispiace, é senz'altro un torto alla sua bellezza, ma sono troppo stanco per sognarla stanotte. Speriamo non mi senta ronfare.


Mentre io riposo voi sorbitevi questa divagazione, poiché domani vi servirà per comprendere meglio il seguito del mio viaggio.


El Gauchito Gil (pronuncia: el gaucito ghil)


Nei precedenti viaggi avevo altro a che pensare poiché ero più giovane, ma questa volta ho voluto arrivare in fondo alla faccenda. Mi riferisco ai frequenti assembramenti di bandiere rosse che si trovano lungo le strade argentine. Nella maggior parte dei casi sono poste da dei camionisti perché lì avvenne un incidente mortale ad un loro collega.

Non ci sarebbe niente di strano se le bandiere recassero scritte o immagini di santi ufficialmente santificati come San Bernardo o San José e così via ... No! Sono dedicate al Gauchito Gil! Un bandito!!!!!!!! E a lui si chiedono grazie come da noi si fa con San Gennaro!

Ecco una cosa saputa da quel signore incontrato sul bus che mi portò a Pocitos:

"Le minuscole cappelle votive sono parte del paesaggio ai bordi di qualunque strada argentina. Nessuno sa bene chi le costruì o lasciò per la prima volta le candele e le bottiglie con l'acqua che le attorniano. Generalmente furono costruite in memoria di personaggi leggendari con un forte carico di religiosità condizionata alla loro morte. Di questa maniera, la rappresentazione di un avvenimento religioso convive con un'ampia gamma di credenze, miti, rituali, icone, che diluiscono i limiti tra la quotidianità e i fatti religiosi. In genere sono personaggi ottocenteschi, ma negli ultimi anni sono sorti "santi" contemporanei che sono stati molto popolari e carismatici in vita e, indispensabile, sono morti tragicamente. é il caso della cantante di bailanta Gilda, e del corridore automobilistico Osvaldo Pato Morresi.

Il gaucho Antonio Gil Núñez, negli anni attorno al 1850 era a capo di una banda che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Un Robin Hood argentino dunque.

Si crede sia nato in Mercedes, nella provincia di Corrientes, forse nel 1847 e nel cimitero di questa città fu sotterrato il suo corpo. Morì in un giorno d'estate australe, esattamente l'otto gennaio 1978, poco più che trentenne.

Si conosce la sua storia a partire dalla sua gioventù, quando si innamorò di una giovane vedova che interessava pure al commissario del paese. Il poliziotto, risentito perché la vedova lo respingeva, cominciò a perseguitare Antonio Gil approfittandosi del potere della sua autorità, fino a che finalmente si affrontarono a pugnalate in un'osteria. Nella lite il Gaucho atterrò il rivale e invece di sgozzarlo, come tradizione, lo lasciò in vita. Tuttavia, il poliziotto ingrato continuò a perseguitarlo come attentatore all'autorità ed Antonio dovette fuggire dal paese.

In quel periodo, la confederazione delle province argentine si trovava in guerra col Paraguay, e come tanti altri, Gil si arruolò sotto le insegne del Generale Madariaga. Per cinque anni partecipò alla Guerra della Tripla Alleanza che culminò nel 1870, quando le forze brasiliane alleate catturarono ed ammazzarono il dittatore paraguaiano Francisco Solano López.

Finita la guerra, Antonio Gil fu convocato dall'esercito federale per lottare contro gli unionisti, ma siccome non era di fede federalista, decise di disertare assieme a due suoi compagni. Così cominciarono una vita errante fuggendo permanentemente dall'autorità e vivendo del bestiame rubato che condividevano coi contadini più bisognosi. Quasi un anno dopo, una squadra di militari lo trovò addormentato all'ombra di un gruppo di alberi. Appena lo riconobbero i soldati lo catturarono, poi gli legarono i piedi con una lunga fune e l'appesero a testa in giù ad un alto carrubo. Comprendendo che stavano per ammazzarlo, il Gaucho pronunciò le sue ultime parole rivolgendosi al suo boia:

«Quando ritornerai a casa tua, troverai tuo figlio molto malato, ma se il mio sangue arriva a Dio, giuro che ritornerò in favore del mio paese e del tuo piccolo.

Obbedendo alla voce dell'ufficiale in comando, il soldato gli tagliò la gola (il famigerato degüello).

Vari giorni dopo, quando tutti avevano già dimenticato il Gaucho, il soldato che l'aveva materialmente ucciso ritornò a casa sua e trovò sua moglie disperata perché il loro unico figlio era molto malato. In quell'istante ricordò le parole di Gil. Allora ritornò al posto dove l'avevano assassinato, seppellì il corpo e pregò il Gaucho per suo figlio. Quando ritornò a casa sua trovò il suo bambino sano.

Allora il miracolato ritornò nuovamente sotto al carrubo e costruì una croce con dei rami che piantò nella terra macchiata dal sangue di Gil, dando così origine al culto.

Il Gaucho Gil è rappresentato col colore rosso, il colore del partito ottocentesco dei colorados. Tutti i suoi exvoto, bandiere, stendardi, candele e fiori, oltre alle placche che ricordano e ringraziano per i miracoli concessi sono sempre di quel colore."

Il seguito del racconto si trova qui!


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