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Martedì, 2 Dicembre 2014

Viversi Rio come un vero carioca

A Rio per diventare carioca ti devi liberare subito dei pregiudizi di chi non c’ha mai messo piede, ma che ti ammonisce prima che tu parta ‘stai attento, è pericoloso, ma vai da solo?’ Per esser un carioca non devi avere fretta. Accettare di essere pervasi dalla lentezza, un ritmo pacato che contagia per osmosi, un virus influenzale che può essere debellato solo con una prolungata lontananza dal Brasile, ma si tramuta in nostalgia.

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Oste

E’ il nostro ultimo giorno a Rio. La cidade maravilhosa ci ha letteralmente stregato.

A Rio per diventare carioca ti devi liberare subito dei pregiudizi di chi non c’ha mai messo piede, ma che ti ammonisce prima che tu parta ‘stai attento, è pericoloso, ma vai da solo?’ Per esser un carioca non devi avere fretta. Accettare di essere pervasi dalla lentezza, un ritmo pacato che contagia per osmosi, un virus influenzale che può essere debellato solo con una prolungata lontananza dal Brasile, ma si tramuta in nostalgia.

Per diventare carioca devi innanzitutto sapere che carioca non è un brasiliano qualsiasi, ma il cittadino di Rio de Janeiro. Il carioca non è un cittadino qualunque della Stato di Rio, che prende invece il nome di fluminense.

Per diventare carioca devi abbondonare i vialoni del centro, l’Avenida atlantica di Copacabana, la Confeitaria Colombo. Devi invece ficcarti con attenzione nei vicoli poco battuti di Santa Teresa o in Rua Ouvidor perché è lì, in un bar qualsiasi, che può nascere l’incontro che non t’aspetti, la percussione di un Atabaques e la pizzicata di un Cavaquinho che preludono al concerto inatteso. Ascoltare all’improvviso le note di un flauto traverso può tramutare l’infatuazione estetica in passione.

In una ripida e stretta traversa di Rua Almirante Alexandrino puoi incontrare Pietro, tassista italo brasiliano che racconta sprazzi di vita da piccolo adolescente emigrato da Monopoli. Pietro si è appena mangiato un piatto di farfalle gamberi e zucchine accompagnato da un litro rosso. E’ brillo, ma da sobrio sarebbe ugualmente affabile, un po’ scombinato, pancia sblusata, andatura caracollante lungo il binario del bondinho, capelli brizzolati lunghi e spettinati, guance rosse e camicia a quadretti fuori dai pantaloni, petto villoso in evidenza come ogni buon tassista carioca.

Per diventare carioca devi abbandonare gli stereotipi del Brasile tutto calcio, carnevale, sorrisi e samba. Non osservarli, ma vivili: sono i contrasti, gli opposti di Rio. La doppia faccia della città è la metafora di un intero paese in cui la ricchezza è concentrata in pochi Stati. E gli Stati più ricchi sono al sud, fatto anch’esso di assoluto contrasto geo-economico col resto del Mondo. Gli opposti sembrano riflessi anche nei paesaggi urbani dai contorni morbidi e curvilinei. Foreste che ricoprono le pendici collinari, separano chi ogni giorno stenta a procurarsi da vivere in favela da chi ozia nel benessere dei ricchi quartieri di Leblon e Ipanema.

Diventi carioca quando percepisci che i carioca sorridono spesso per nascondere e non pensare a qualcosa. All’amarezza nel constatare che i mondiali di calcio e le olimpiadi sono e sono stati occasioni perse per migliorare la situazione di chi vive ai margini. Alla desolazione per una classe politica che mai si rinnova nei volti e nelle intenzioni.

Sei carioca se abbandoni a poco a poco la crocchetta di gambero per l’agnello con riso all’aglio e broccoli.

Sei carioca se a Santa Teresa cerchi il Bar do Gomez, anche se si chiama Bar Amazem Thiago.

Diventi carioca quando giri in bici intorno alla laguna e ti siedi a terra su una piattaforma galleggiante, col naso all’insù verso i Dois Irmãos. E giochi a fare le smorfie con una bimba in passeggino, chiacchierando con la sua giovanissima nonna che perde quasi di vista la nipotina pur di scattarti la foto più bella del tuo viaggio.

Diventi carioca se il primo prezzo non è una decisione irrevocabile, ma c’è il prezzo con choro.

Diventi carioca quando mangi a kilo e il filetto costa come la farofa.

Diventi carioca quando torni a casa e fai pollice verso a tutti senza distinzioni, dall’amico al tuo capo, dalla commessa alla tua compagna.

Diventi carioca quando la musica è la colonna sonora della tua giornata, il tuo perpetuo sottofondo. Perchè ovunque tu sia, non esisterà mai un palco che divide la platea dai musicisti. La festa è di tutti. Che si tratti di Forrò, di samba, di Bossa nova o Funky, non esistono idoli sul palco e fan in platea.

Diventi carioca quando il tuo palco è il Carioca da Jema, ma anche il tavolaccio appiccicoso di cachaca di Pedra do Sal. Il primo è la culla della musica brasiliana, il secondo è un luogo mistico dove se respeita o samba. Per gli abitanti di Pedra do sal questo quilombo non è solo un posto dove ascoltare samba dal vivo, ma un sito storico e religioso come recita lo slogan.

E’ il nostro ultimo giorno a Rio e siamo diretti proprio a Pedra do sal. Sentiamo da lontano l’odore del grasso di maiale sciogliersi nei carboni delle griglie che emanano fumi altissimi tra gli stretti vicoli pieni zeppi di gente di cui sentiamo solo l’eco. Fin quando non imbocchiamo il primo vicolo d’accesso. La strada è il centro delle emozioni. Sembra pieno giorno. Un fiume di persone che cercano di districarsi in un piccolo e stretto labirinto. Ci si ferma dove capita, senza fare programmi, tra odori di cibo cucinato negli angoli delle stradine, il sudore di braccia scoperte da canotte e l’odore acre del lime. Quasi mai ci si muove nella direzione che si vuole, è la massa circostante a stabilire i nostri spostamenti. Si beve, si prepara feijoada, si arrostiscono spiedi di carne e formaggio.

A Pedra do Sal ci sono solo veri carioca e chi, come noi, si è avvicinato al mondo carioca nei giorni trascorsi a Rio. A Pedra do Sal non si arriva per caso, è il passo finale di un processo conoscitivo che, seppur breve, rappresenta un moto evolutivo indelebile e per certi versi irreversibile nella testa di chi lo vive. Ci sentiamo in un piccolo villaggio globale, dove hai la sensazione di conoscere tutti, perchè ovunque ricevi e dai sorrisi, strette di mano, pacche sulle spalle, pollice verso. Provare a raccontare una trama sarebbe complicato, perché variegata, imprevedibile, ricca di deviazioni, eventi, persone, parole difficili da ricordare, mettere in fila e raccontare.

Diventi carioca se hai predisposizione d’animo a ricevere tutto questo e se, quando ci ripensi, cadi in un piacevole stato confusionale che non ti consente di dar piena voce a quanto provi ogni volta che vai via da lì, anche se un pezzo di quel mondo è ormai definitivamente dentro di te.

 

 

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