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Giovedì, 22 Gennaio 2015

Vibrazioni fuori e dentro di me

Un impressionante evento naturale non è altro che il preludio a un evento emozionante preparato a mia insaputa

ARTICOLO DI

Marzia D'Ascenzo

E' il 98° giorno del mio viaggio senza meta in giro per il Mondo. E' il 18 dicembre e mi trovo a confronto con la potenza della Natura.

Allora è questo quello che si prova quando te ne stai seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro, nel buio più totale per mancanza di elettricità e ad un tratto tutto vibra. Il cane abbaia come fosse impazzito e la tua mente lo riconosce: è il terremoto.

Rimango paralizzata nell'attesa di capire cosa fare e lui continua incurante... se siano secondi o minuti non riesco a distinguerlo. Penso alle parole di mio padre: "In caso di terremoto, tutti sotto le porte", ma non qui in Nepal, dal momento che ho visto come costruiscono le case. Quindi che fare? Ancora prima che il mio cervello rielabori sento della grida: "Marzi come... come... Marzi... in the street".

Certo Marzia... cosa aspetti? Vai in strada. Non c'è elettricità, non ho il tempo di cercare pila o candela, tantomeno di mettere le scarpe, per fortuna indosso la giacca per il freddo che c'è in casa. La terra non ha ancora smesso di tremare e lo percepisco anche in movimento. Figlia di genitori abruzzesi, la mia mente corre al terremoto dell'Aquila. Osservo la casa. Se dovesse crollare io perderei quel poco che ho. Che brutta sensazione.

In strada mi accolgono i vicini di casa che parlano solo nepalese.

I cani e gli animali del villaggio sembrano impazziti, qualcuno grida, altri se la ridono. Cazzo c'è da ridere? Scusatemi il francesismo, ma a sto giro l'ho proprio pensato. Per loro è tutto normale, vivono in zona sismica. Ridono perché sono le 21.24 e, siccome erano già a letto almeno da due ore, sono in strada mezzi nudi. Improvvisano falò con spazzatura e ciò che si trova lungo il ciglio della strada. La Didi, la signora più anziana, mi dice di andare verso il fuoco, io ci posiziono i due bambini perché io ho la giacca. Faccio quello che mi dicono. Mi fido di loro. Ascoltano una radiolina. Chiedo informazioni, ma non ci capiamo. Il Dai, l'uomo anziano, mi dice: "Marzi...Two minutes". Due minuti cosa? penso. Il bambino ad un tratto mi spiega: la scossa più forte è durata due minuti. Avete idea di cosa siano due minuti di terremoto? Alzo gli occhi al cielo, alla ricerca della luna, per ringraziare i miei angeli custodi, ma non la trovo. In compenso scorgo un cielo stracolmo di stelle, come mai l'ho visto nella vita. Mi incanto con il naso all'insù... dimentico tutto il resto... le lori voci sono solo uno sbiadito sottofondo. Il bambino si avvicina e mi chiede: "Marzi, cosa guardi?" Rispondo: "Il cielo e le stelle". E lui replica: "Nel tuo paese non ci sono?" Sorrido. "Certo che ci sono, ma non così belle".

Tra una cosa e l'altra stiamo in strada poco più di un'ora. Alle 22.30 torna l'elettricità, grazie Signore, grazie. La Didi mi dice che se ho paura posso dormire in casa sua... ed è uno di quei momenti alla sliding doors...

Qual è la scelta giusta? Qual è la casa più sicura? Cosa faccio?

Dico loro che sono tranquilla e vado in camera mia. Ho elettricità, ricarico il telefono e posso accertarmi dello stato dei miei fratellini nepalesi. Sono tranquilli e mi salutano dicendo: Ora dormi, domani veniamo a svegliarti alle 6.00, alle 7.00 si parte. Sono emozionati e questa notte non dormiranno, non per il terremoto, ma perché domani andremo in gita con tutta la scuola.

L’esperienza notturna del terremoto ha lasciato spazio ad un nuovo giorno, riponendo tra i ricordi quanto accaduto e mostrando un presente da vivere.

I ragazzi sono venuti a prendermi a casa, sono le 6.30 del mattino e sono felicissimi perché sarà un giorno di festa. Ci affolliamo su bus affittati per l'occasione, loro sono entusiasti ed io non riesco a  smettere di sorridere. Ad un tratto un sussulto di gioia. Urlano: “Ohhhh… Marzia… look… mountains”. Non comprendo il perché di tale stupore, si appiccicano ai finestrini e regna il silenzio. Vivono nella Kathmandu Valley attorniata da montagne, ma qui, qui mi stupisco anche io, siamo di fronte all' Himalaya, la catena montuosa considerata "il tetto del Mondo", i famosi Everest e K2 sono di fronte a noi e non su un atlante. E' così facile sentirsi minuscoli. Mi concentro a fissare i loro entusiasmi ed imparo un’altra lezione di vita: l’importanza del sapersi stupire.

Giungiamo a destinazione e la giornata si svolge tra colazioni, giochi, foto e pranzo. È presto tempo del discorso scolastico. I ragazzi costituiscono righe di fronte al palco e si siedono in ordine di età. Io mi posiziono nel mezzo per non fare torto a nessuno. Il preside della scuola fa una piccola introduzione, chiama sul palco i ragazzi più grandi e due personaggi autorevoli. Parla un Nepali English che non comprendo, ma mi sforzo di capire che cosa stia avvenendo. Ad un certo punto, a chiare lettere, come non mai nella vita… “and the special guest Marzia D’Ascenzo”. Cavoli, ha detto il mio nome? Non Dascienzo, non Da Scenza, non Di Assensio… ha pronunciato proprio il mio ed in modo impeccabile. I ragazzi, che sapevano tutto, fischiano… ridono… battono le mani… e mi incitano a salire sul palco. Mi vergogno da morire. Il preside mi presenta, io faccio un inchino, sorrido, ringrazio e penso che sia tutto finito ed invece no.

Mi fanno sedere al centro del palco e la mia visione, del tutto, cambia. Mi trovo in primo piano e all’interno di ciò che prima guardavo da fuori. Il discorso del preside continua, io ovviamente continuo a non capire niente, anche le persone autorevoli fanno il loro discorso. Ad un tratto la persona alla mia destra mi invita ad alzarmi, le gambe tremano, la sudorazione è alle stelle. Mi pone una cada color arancione intorno al collo, è una fascia di raso, tipica della religione buddista, consegnata in segno di benvenuto, ringraziamento e rispetto. Ho la fascia da “special guest” al collo e mi sento come Miss Universo. Mentre tutto questo avviene, il preside mi ringrazia per quanto ho fatto in questi giorni e per quello che farò. Entro ufficialmente a far parte di questa comunità accolta dall’applauso più bello che io abbia mai ricevuto, quello di un centinaio di bambini. Sono un terremoto di emozioni, le gambe vacillano, ma fortunatamente mi sorreggono.

Mi viene da piangere, ma mi ricordo che i miei piccoli amici mi hanno insegnato che di felicità si può solo ridere, e se la tua felicità è grande devi sorridere in proporzione. Le emozioni si possono controllare, quindi sorrido più che posso, anche se i miei occhi diventano inevitabilmente lucidi. Mi inchino di fronte a quell’uomo e ringrazio più volte. Ovviamente arriva il momento di dover tenere un discorso. Mi vergogno terribilmente perché ogni bambino che ho di fronte parla un inglese migliore del mio. La lingua diventa una barriera che mi impedisce di descrivere ciò che provo nel profondo. Il mio discorso strampalato consiste nel dire chi sono, quanto starò qui ed i progetti che seguirò in qualità di architetto e volontaria.

Penso che la sera precedente la terra abbia tremato per prepararmi a tutto questo. Oggi sono riuscita a stare in piedi nonostante il terremoto delle mie emozioni.

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