RACCONTO
racconto icon
Giovedì, 14 Maggio 2009

Venezia sogno e realta'

Girai la chiave nella serratura, lanciai lo zaino a terra e come d'abitudine richiusi la porta con lentezza, per evitare che la maniglia restasse a tener compagnia alla mia mano. Desideravo soltanto un po'di tranquillità ed una breve navigazione in rete...

Concorso Storie Vagabonde

ARTICOLO DI

Vagabondo0


Questo racconto partecipa al concorso Storie Vagabonde!

Ci sono 1000 euro in palio! Partecipa anche tu inviando i tuoi racconti entro il 25 aprile 2009. Dal 1 al 30 giugno 2009 potrai votare il vincitore ed assegnare il premio: se questo racconto ti è piaciuto, ricordatene!





Girai la chiave nella serratura, lanciai lo zaino a terra e come d'abitudine richiusi la porta con lentezza, per evitare che la maniglia restasse a tener compagnia alla mia mano. Desideravo soltanto un po'di tranquillità ed una breve navigazione in rete. Aperta la porta della mia camera, trovai mia sorella seduta al computer; non era per niente una novità, purtroppo. Erano circa sei anni che la vedevo solo ed esclusivamente in quella posizione. Con la solita scusa del giornale di gossip riuscii a farla alzare.

Non potevo sapere che il mio futuro sarebbe cambiato di lì a poco, grazie ad un insolito gioco del destino. O era merito della rivista di gossip?

Tre mesi dopo accompagnai Barbara all'aeroporto. Fu lacerante, gli addii sono davvero tristi, ma anche gli arrivederci non scherzano affatto. È l'amore, mi ripeto sempre: prendere o lasciare.

Non sentii mai la necessità di domandarle se amasse o meno viaggiare. Era implicito, scontato: le sue foto, il suo carattere, la sua apertura mentale non lasciavano spazio ad ambiguità. Le avevo chiesto di scegliere un luogo per la nostra prima breve fuga assieme, ma sapevo benissimo d'essere profondamente egoista. Avevo in mente quel posto da parecchio tempo e forse non le avrei mai permesso di propormi altro.

Partimmo per Venezia a metà febbraio, esattamente due settimane prima del suo aereo per l'Andalusia.

Non solo non era il periodo migliore: era proprio uno dei peggiori. Quando l'avevo comunicato a mia madre, mi aveva laconicamente dato dell'imbecille. Mia sorella per fortuna si era mostrata più accondiscendente, apostrofandomi semplicemente come idiota. Certe occasioni potrebbero non ricapitare, però. Bisogna saper rischiare, talvolta, anche se in determinati momenti la parola rischio può spaventosamente coincidere con broncopolmonite. Non mi interessava. Volevo Venezia, da molto tempo; la classica città italiana celebre nel mondo, con un nome storpiato così simpaticamente dai turisti, con le fotografie sempre colme di piccioni, gondolieri e ponticelli. Ha sempre fatto parte della schiera di luoghi celebri impossibili da lasciarsi sfuggire; quei luoghi per i quali vieni costantemente sbeffeggiato, qualora ti sia capitata la malaugurata coincidenza di non averli ancora visitati. "Ma come, ancora non ci sei stato? Ma allora sei un cretino!". Come se fosse una colpa o un delitto aver preferito altre mete. Quando però ho visto Venezia, ho capito che forse un po'cretino lo ero davvero stato. Ognuno deve avere il suo tempo, il suo momento. Il mio era finalmente arrivato, forse anche grazie alla persona giusta e adatta a decodificare l'attimo ideale.



Per ogni località in cui ti rechi, hai a disposizione decine di luoghi comuni e dicerie. Ciò che proprio non sopporto è che sono tutti veri. I veneziani sono personaggi particolari, ricchi di umanità ed indubbiamente fieri della fortuna capitata loro; al tempo stesso, riescono ad essere fortemente incomprensibili dal punto di vista linguistico e talvolta tetri ed opprimenti come la sala d'attesa d'un dentista. Certo, non si può negare che la città sia lugubre e decisamente triste, almeno riguardo l'atmosfera. È incredibile quanto possa attirare ed ammaliare quella tristezza; Venezia appare come un orologio distrutto, incapace di battere più i passi del tempo, che avvolge con una nebbia immanente ed al tempo stesso sentimentale i propri interlocutori. La sensazione predominante è il silenzio: un silenzio d'animo e di storia, in un luogo perso chissà dove e chissà quando. Essa esiste e non esiste al tempo stesso. Quartieri differenti e insieme così simili nella loro immaterialità. Piazze solitarie svuotate di qualsiasi funzione d'aggregazione, utili a concedere un momento di respiro e di fuga dalla prigione asfissiante delle calli strette e buie. Vicoli ciechi e beffardi come labirinti, intenti a canzonare lo smarrito visitatore e le proprie sciocche mappe. Venezia deve essere scoperta e assaporata, non visitata.

L'arrivo alla stazione di Santa Lucia, con tanto di scomodissimi gradini subito dopo la porta d'uscita, lascia immediatamente presagire che, per tutta la durata del soggiorno, i muscoli ed i polmoni verranno sottoposti a dura prova. Si comincia a familiarizzare con l'assenza di automobili e la presenza dei vaporetti; durante l'attesa di un mezzo di trasporto per giungere all'hotel in Riva degli Schiavoni, chiediamo al primo vero veneziano di scattarci una foto. Sullo sfondo il Ponte di Rialto promette un'ottima riuscita dell'immagine, ma lo sguardo del nostro interlocutore non lascia trasparire buone intenzioni. L'uomo non risponderà mai alla nostra richiesta. La persona al suo fianco, dimostratasi più cortese, accetta ma palesemente a malincuore.

L'albergo gode di una posizione invidiabile, affacciato sulla laguna e ad appena cinque minuti dalla magnificenza ineguagliabile di Piazza San Marco; cinque minuti di ponti e di prolungata molestia nei confronti dei propri polpacci. Ma ne vale la pena. Sempre.




La Piazza, costituita dall'unione del Palazzo Ducale, della Basilica di San Marco e del Campanile, non ha probabilmente eguali al mondo; non le serve trucco, non le occorre riempirsi o essere illuminata. La notte ed il silenzio le regalano lo splendore abbagliante che la rendono vanitosa.

Non abbiamo avuto il tempo di esaminare le diverse anime della città, incarnate nelle profonde differenze dei Sestieri. Ancora non so se sia dipeso dall'esagerato numero di luoghi d'interesse o se inconsciamente abbiamo voluto fissare un appuntamento per una visita futura.

San Polo e Castello, oltre ovviamente a San Marco, ci hanno offerto tutti gli stimoli necessari; il freddo ha funto da valido avversario. Il ricordo di una mattina di fronte all'Arsenale Militare mi porta alla memoria le sensazioni forti del raffreddore e dell'assenza di sensibilità alle intirizzite articolazioni. I collegamenti più semplici ed immediati mi giungono però dal mondo culinario. Il mercato di Rialto ha per me il sapore di un ristorante cinese, mentre Santa Maria Gloriosa dei Frari ha il gusto di una trattoria e dell'arrivederci alla città. Può apparire strano o talvolta ridicolo, ma ad oggi non ho ancora scoperto miglior guida del proprio olfatto.

Due giorni non possono rendere merito alle bellezze presenti nel ristretto territorio della laguna. Il consiglio più diretto e sincero suggerisce di dividere l'avventura per sestieri, dedicando ad ognuno d'essi l'importanza che merita. Nessuna inedita pubblicità potrebbe apportare nuove conoscenze ad un luogo così palesemente decantato da qualunque guida turistica o cicerone di turno; le differenze risiedono nell'identificazione di piccoli scorci, nella caratterizzazione di un angolo osservato con l'occhio d'un amore. Un monumento o uno spazio aperto celebre deve necessariamente portare con sé il fardello di una bellezza riconosciuta, mantenuta, obliterata da ogni spettatore che si attende esattamente ciò che vedrà; scoprire una rarità ancora selvaggia ci consegna una soddisfazione ineguagliabile. Uno dei miei luoghi intimi ha il nome di San Giorgio dei Greci, una chiesa ortodossa presente nel sestiere di Castello. La sua bianca freddezza ed il suo campanile così vistosamente inclinato possono valere una ricerca personale, per quanto affannosa.



Solo con una città così straordinariamente e timidamente appariscente si può perdere un controllo razionale; si può lanciare un sasso e decidere di gridare e mostrare con forza la mano che l'ha scagliata, per poi subito pentirsi d'aver tradito un rapporto così stretto ed apparentemente inviolabile. Si può attendere e sperare d'esser contraccambiati, ma ogni grande luogo ama avere più amanti. Scrivere attendendo un ritorno è emozionante, così come sognare. Sognare che a volte possa essere un luogo a venire a cercarti.


Viaggia con noi

Iscriviti gratuitamente. Conosci i tuoi compagni di viaggio prima della partenza.

Viaggia con noi in tutto il mondo.