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Venerdì, 13 Maggio 2005

Serena e Andrea in Nuova Zelanda ...Dall'altra parte del Mondo

Fantastici paesaggi costieri, alte montagne, ghiacciai, fiordi e vulcani: il posto per noi amanti delle escursioni nella natura incontaminata.

ARTICOLO DI

Vagabondo0


Ebbene si, questa volta ci siamo spinti davvero lontano...e pensare che tutto è cominciato quasi per scherzo!

Le solite cose...si rientra da un lungo viaggio e, per scacciare la malinconia tipica che avvolge ogni bella avventura appena conclusa, già si parla di nuove ipotetiche affascinanti mete.

Andiamo là, oppure qua, forse meglio dall’altra parte...perché non in Nuova Zelanda? Nuova Zelanda?!?! Beh, in effetti non ci siamo mai stati, ma cosa c’è da vedere e fare in Nuova Zelanda? Pensare che ci hanno "girato�? il Signore degli Anelli di Tolkien a mio avviso già giustifica il viaggio. Se si aggiungono fantastici paesaggi costieri, alte montagne, ghiacciai, fiordi e vulcani allora direi che è fatta: è il posto per noi amanti delle escursioni nella natura incontaminata!

Stabilita la meta, siamo ancora increduli per avere osato tanto, una destinazione lontana anni luce e non ben localizzata nell’immaginario collettivo. Serena, pur affascinata dal posto, continua ad avanzare perplessità ma io, ottenuto il nulla osta, difendo l’obiettivo con tutta la mia forza di persuasione.

Iniziamo a documentarci e giorno dopo giorno aumenta l’entusiasmo. Il posto, come dice Serena è davvero lontano. Mi tengo il pensiero per me, acquistando i biglietti aerei con lauto anticipo realizzo che è fatta, che ormai non si torna più indietro! Libri, guide, pubblicazioni, decine di e-mail, ore e ore attaccati ad internet...i giorni passano inesorabili che è già ora di preparare i bagagli: domani decolliamo per Auckland!!

Premessa

Siamo sbarcati in Nuova Zelanda con l’intenzione di girarla un po’ tutta. Abbiamo programmato di visitare velocemente Auckland e l’isola del Nord per dedicare gran parte della nostra permanenza all’ "esplorazione�? dell’isola del Sud dove sapevamo essere concentrate le maggiori attrazioni del Paese. Nostra intenzione era anche spendere alcune giornate a piedi facendo escursionismo in almeno uno degli innumerevoli parchi nazionali del Paese. Spostarsi dall’estremo Nord all’estremo Sud vuol dire percorrere poco più di 3000km su strade a volte strette ma sempre poco trafficate, quasi deserte, e ammirare sbalorditi paesaggi di rara bellezza cambiare continuamente.

Il racconto del nostro viaggio si divide quindi in due parti. Una prima relativa al trekking nell’Abel Tasman National Park, dove abbiamo trascorso quattro magnifici giorni "fuori dal tempo�? letteralmente "inghiottiti" dalla rigogliosissima vegetazione Neozelandese. La seconda parte del viaggio l’abbiamo dedicata alla visita dei "luoghi-classici-da-non-perdere�?.

Trekking nell’abel Tasman National Park: 4 giorni in paradiso percorrendo 55 km

31 luglio 2004 - 1° giorno

Da Marahau a Torrent Bay – 12 km

Effettuati i tradizionali preparativi, dopo aver stipato tutto il necessario (tenda, materassino, sacco a pelo, fornello e viveri per più giorni) in grossi ma quasi "confortevoli�? zaini, partiamo con una bellissima giornata da Marahau, porta ufficiale per questo famosissimo sentiero. Alle ore 11.30 siamo in movimento ma fin da subito il nostro passo è rallentato dagli splendidi scorci che ci obbligano a fare continue tappe fotografiche per immortalare luoghi davvero incantevoli. Il sentiero corre in falsopiano attraverso una vegetazione apparentemente tropicale dove la felce gigante e il Nikau (una specie di palma nana) fanno da padrone.

Splendide baie con mare azzurro si alternano continuamente, una più spettacolare dell’altra. Sembra di essere ai tropici anche perché le spiagge sono di fine sabbia bianca. Non si tratta di spiagge coralline bensì di chiarissimo granito tritato finemente: coste ed entroterra di questa parte della Nuova Zelanda sono infatti costituite esclusivamente da questo tipo di durissima roccia cristallina.

Il sentiero in sé non presenta alcuna difficoltà: è alla portata di molti buoni camminatori, ma deve essere attentamente pianificato per le maree che rendono possibili gli attraversamenti di alcune baie ed estuari solo a determinate ore, pena la sosta forzata in attesa della nuova bassa marea (scopriremo che alcune persone hanno dovuto attendere il momento propizio alle 2 del mattino!!!).

Il percorso ci fa alzare di 200 metri sul livello del mare fino a ridiscendere sulle acque di Anchorage Bay. Attraversiamo la vasta baia con la bassa marea, seguendo i cartelli rossi che segnano la via: piantati sul fondo sabbioso rendono sicuro e veloce il passaggio fino all’altra sponda. Sarà comunque necessario togliersi gli scarponi e guadare brevi ma gelidi ruscelli d’acqua dolce che solcano la baia svuotata: attenzione a non ferirsi calpestando a piedi nudi e carichi come muli le migliaia di conchiglie che tappezzano il fondale.

Il clima non è proprio dei più caldi, anzi! Fare il pediluvio rappresenta proprio uno spiacevole fuoriprogramma.

Alle 16.00, giunti a Torrent Bay, decidiamo di accamparci, visto che a breve il sole sarà tramontato (qua fa buio in un battibaleno) e sulla mappa non riusciamo ad individuare altri posti adatti alla tenda che siano raggiungibili in un’ora. Ricordiamo che l’Abel Tasman Coastal Track fa parte delle Great Walks, è Parco Nazionale e pertanto è soggetto ad alcune norme restrittive come l’acquisto anticipato del biglietto che da diritto al pernottamento in Rifugio o alla possibilità di campeggiare in specifiche aree designate. Scopriremo che queste regole sono indispensabili per tutelare il Parco ed i suoi utilizzatori dalla diffusione della giardia (antipatico parassita che crea grossi problemi intestinali, facilmente trasmissibile attraverso acque infette), "di casa�? nel Parco ed in molti corsi d’ acqua del Paese. Bollire o filtrare con appositi marchingegni l’acqua prima di bere o cucinare è davvero di vitale importanza!

Montata la tenda, filtriamo subito l’acqua per cucinare, mangiamo qualcosa di caldo e ci infiliamo rapidamente nei sacchi a pelo: non appena il sole cala la temperatura si abbassa notevolmente avvicinandosi agli 0°C.

Siamo i soli ospiti del campeggio anzi, gli unici in tutta la baia e probabilmente dell’intero percorso! Meglio così...questo luogo magico e misterioso è tutto nostro, solo il rumore di qualcosa che sguazza nell’acqua a farci compagnia, mentre nel frattempo la marea si sta alzando lentamente e la vasta distesa di sabbia che abbiamo attraversato sta ritornando laguna.

1 agosto 2004 – 2° giorno

da Torrent Bay a Waiharakeke Bay – 23,5 km


Sveglia alle ore 7.00. La temperatura in tenda è di 8C° e dentro al sacco si sta troppo bene! Fuori la giornata è magnifica, tersissima e la brina luccicante impreziosisce una splendida alba. Nel cielo neppure una nuvola, e davanti a noi il mare ha colmato il tratto di sabbia che abbiamo attraversato ieri. Facciamo una ricca colazione, riempiamo gli zaini, smontiamo la tenda e alle 8.30 siamo per strada. Gli scenari che ci riserva anche il secondo giorno sono notevoli: baie da sogno si alternano alla vegetazione fin troppo lussureggiante. Attraversiamo torrenti tumultuosi, ponti sospesi, rumorose cascate, spiagge con altissimi alberi simili a pini marini secolari, lagune popolate da miriadi di bizzarri e chiassosi uccelli mai visti prima. Anche oggi il carico sulle spalle e i tanti saliscendi mettono a dura prova la nostra resistenza, ma dobbiamo mantenere l’ andatura per arrivare in tempo ad Awaroa, prima che la marea cominci a salire e le acque invadano la vastissima baia.

La laguna stavolta ci è sembrata davvero infinita, vasta, melmosa, solcata da innumerevoli fiumiciattoli da guadare con attenzione in punti favorevoli, profondi fino all’inguine e rigorosamente gelidi. A metà dell’attraversamento, causa foschia, a fatica riusciamo a scorgere il "bollone�? rosso indicante l’ attacco del sentiero sull’altra sponda. Rallentati dal togli e rimetti gli scarponi e da altre manovre di aggiramento ostacoli pensiamo spesso all’imminente arrivo dell’acqua, leggermente ansiosi...che sospiro di sollievo sentirsi "in salvo�?, asciutti dall’ altra parte.

Arrivati sull’altra sponda percorriamo lungamente alcuni saliscendi addentrandoci in una foresta talmente fitta da non fare filtrare la luce. Quasi al buio seguiamo un gorgogliante torrente dalle acque trasparentissime che incide una profonda valle, felci altissime ed alberi esotici di rara bellezza ci circondano. Di colpo, in fondo, tra le fronde una luce intensa e la foresta finisce...quasi in mare! Sbuchiamo su una spiaggia favolosa, una stretta lingua di finissima sabbia color ocra che risalta per contrasto tra il blu cobalto dell’oceano ed il verde brillante del "muro�? vegetale che ci siamo lasciati alle spalle, a meno di tre metri dalla linea di costa.

Che spiaggia favolosa Waiharakeke Bay, incredibilmente selvaggia, isolata, perfetta, una cartolina, per girarci un film o meglio per piantarci la nostra tendina...se non temessimo una mareggiata (il vento si sta alzando) l’ avremmo sicuramente fatto!

Il buon senso ed esperienza ci faranno dormire al riparo, poco più indietro, nella meno panoramica ma sempre affascinante foresta cullati comunque dal rumore delle onde.

Il luogo davvero unico, come al solito, era tutto per noi. La domanda ci è sorta spontanea: ma dove caspita è tutta la gente che ogni anno percorre il sentiero? Si parlava di circa 100 persone al giorno...ma noi non abbiamo incontrato quasi nessuno! Meglio così, ma che strano!

Cala il sole, si alza ulteriormente il vento e al nostro secondo campo letteralmente si gela. Prepariamo la cena, ci infiliamo nei sacchi a pelo e mentalmente ripercorriamo con soddisfazione le emozioni che l’ intensa giornata appena trascorsa ci ha regalato.

2 agosto 2004 – 3° giorno

da Waiharakeke Bay a Whariwharangi Bay – 10,5 km

La prima sveglia è suonata alle 6.20...ma solo alle 7.00 lasciamo il calduccio del nostro riparo. Stanotte ho avuto un freddo terribile ovunque, nonostante fossi coperta come un esquimese! Andrea si sveglia con un bel torcicollo che lo perseguiterà ancora per un po’ di tempo dopo il trekking e il rientro dalle vacanze.

Lungo le bianche spiagge troviamo molti uccelli, ma i più caratteristici sono gli Oyster Catcher, degli uccelli neri con un becco lungo color arancio, che vanno in giro sempre in coppia facendo chiasso. Sembrano dei personaggi dei fumetti, simpatici e sempre presenti!


Arriviamo a Totaranui, una delle spiagge più belle, mettendoci il doppio del tempo indicato dalle tabelle di marcia. Da qui proseguiamo verso Separation Point, un promontorio che si protende in mare famoso per le colonie di foche. A un certo punto (cartello con avviso) dobbiamo abbandonare gli ingombranti zaini perché per scendere al Separation Point il sentiero si fa ripido e scosceso. Dall’alto avvistiamo delle foche adagiate su uno scoglio e avvicinandoci sempre più scopriamo essercene davvero molte! L’emozione di vedere così tanti, grossi e per noi inusuali mammiferi non in cattività è indescrivibile. Ad un certo momento sento urlare Andrea che balza sulle rocce inseguito da una foca probabilmente più spaventata che incavolata. Il pacifico animale sonnecchiava beato e nascosto da alti ciuffi d’ erba...l’inaspettato quanto ravvicinato incontro li aveva spaventati entrambi!

Tornati sul sentiero principale dopo avere scattato decine di foto e alcuni primi piani alle splendide e sornione bestiole, recuperiamo gli zaini e proseguiamo verso la spiaggia di Whariwharangi Bay, dove alle 16.00 montiamo la tenda. Siamo sempre soli e così, per "movimentare�? la giornata andiamo a visitare il vicino Rifugio. Anche qui non c’è nessuno e notiamo che il concetto di "rifugio�? è diverso da quello che conosciamo noi. Il caseggiato in legno è davvero molto spartano: stanzone con stufa in ghisa, tavolone ed illuminazione a candela, camerate con materassi plastificati affiancati su di un unico lungo rialzo, acqua e legnaia fuori, idem per il wc. Il Rifugio in questione è una vecchia casa dove nel 1900 si era stabilita in pianta stabile una famiglia di coloni inglesi che aveva vissuto qui in totale isolamento per 15 anni bonificando l’ area per uso agricolo e reintroducendo specie vegetali autoctone scomparse da tempo. Decidiamo che la nostra tenda è sicuramente più accogliente, profumata e meno umida!

Andiamo in spiaggia ad assistere ad uno dei più bei tramonti mai visti...con il sole che scompare velocemente sotto la linea dell’ orizzonte, incendiando il mare. Le ombre lunghissime scompaiono lasciando spazio alle tenebre, mentre la luce tersa ed infuocata diventa istantaneamente di un gelido blu cobalto.

Ci affrettiamo a raggiungere la tenda prima che il buio diventi totale; ceniamo, pianifichiamo la giornata successiva e prima di coricarci contempliamo ammaliati il cielo. Fuori, il nero assoluto fa risaltare stelle e nebulose: da anni non vedevamo uno spettacolo simile che immancabilmente ci fa riflettere e pensare sull’immensità del Cosmo.

Realizziamo di trovarci in un posto non ben definito, dall’altra parte del mondo a migliaia e migliaia di km da casa, immersi nel nulla e lontani da tutto: fin’ ora non ci avevamo ancora mai pensato! Cosa spinge l’ uomo a fare queste cose? Increduli e divertiti, con un sorriso ci addormentiamo.

3 agosto 2004 – 4° giorno

da Whariwharangi Bay a Totaranui bay – 9 km

1° sveglia ore 6.40...fuori fa ancora buio e gli uccelli non hanno ancora iniziato a cinguettare sul serio. Mi rigiro nel caldo sacco a pelo ancora per una ventina di minuti mentre Andrea fa bollire l’acqua per la colazione e mi informa che anche oggi è una splendida giornata! Dobbiamo riconoscere che siamo stati proprio fortunati a trovare quattro giorni consecutivi di alta pressione e sole splendente. Siccome da queste parti e in questa stagione il tempo, di solito, è decisamente brutto non osiamo immaginare da cosa questa eccezionale bonaccia verrà interrotta!

Colazione, smontaggio tenda e via. Il sentiero sale subito fino a raggiungere quota 405 metri. Inutile dire quanto il paesaggio sia spettacolare dall’ alto. Da Gibbs Hill, si scende fino a Totaranui, da lì il water taxi ci riporterà al Marhau Camp, dove la nostra macchinetta ci aspetta da giorni. Nell’attesa ci cuciniamo una bella pasta seduti sulla bianca spiaggia finché non arriva, puntuale, la barca. Fa freddo ma il "comandante�? che sbarca scalzo e in calzoncini corti bagnandosi fino alla coscia pare abituato al clima. Si vanta pure dei suoi piedoni taglia 48, apparentemente insensibili al freddo e che lui chiama kiwi foots per fare intendere che i Neozelandesi sono di fibra forte... sarà sicuramente vero ma a noi i piedi sembravano semplicemente martoriati e gonfi per i geloni. Vedere dal mare tutta la costa che abbiamo percorso a piedi è sicuramente una bella emozione e le immagini si mescolano a sensazioni molto piacevoli.

Pazienza, anche questa bella avventura è terminata ma ci ha regalato momenti indimenticabili, indelebili nella nostra memoria. Speriamo solo che le foto e il film rendano omaggio ai colori e ai paesaggi che abbiamo ammirato in questi intensi giorni di trekking.





Da non perdere nell’Isola del Nord

Auckland

Il primo approccio che abbiamo avuto con la Nuova Zelanda è stato l’aereoporto di Auckland. Abbiamo capito subito che i neozelandesi tengono molto a preservare il loro paradiso. Ci hanno controllato le suole dei nostri scarponi per essere sicuri che fossero puliti e che non ci fosse il rischio di importare l’afta, hanno passato al setaccio la nostra scorta di cibi liofilizzati (è vietato importare cibo fresco in NZ) e soprattutto ci hanno sequestrato temporaneamente la tenda per disinfettarla nel "Dipartimento di Quarantena�?!

La città è vivace e la prima cosa che notiamo è la svettante torre che sovrasta il moderno centro cittadino. Palazzi in stile coloniale sfilano accanto a moderni palazzi di vetro. Notiamo che molte persone camminano a piedi nudi nonostante non sia proprio estate. Dall’alto della Skytower si gode di un incantevole spettacolo: cielo blu e tutto attorno i numerosi crateri di antichi vulcani ormai spenti, con un’infinità di barche a vela che punteggiano il mare.

Waitomo Caves: questa grotta (che deve il suo nome all’antico toponimo Wai = acqua e tomo = buco) è famosa per il fiume sotterraneo che vi scorre all’interno. Durante la gita in barca si ha la possibilità di vedere le larve luminescenti (i Glowworms) che, al buio più completo, creano un effetto magico. Ci spiegano che le larve luccicano per attirare con la loro luminescenza gli insetti di cui si nutriranno. Nella grotta sono stati celebrati 8 matrimoni e un concerto di Sting...bè, il posto è piuttosto suggestivo.



Rotorua: uno dei centri più importanti dove si possono ammirare dei bellissimi fenomeni geotermici. La città ha un caratteristico odore di zolfo ed è un importante centro culturale Maori. Rotorua sorge sulle rive del lago omonimo, che si formò in seguito a un’eruzione vulcanica. Da visitare il "Te Whakarewarewa�?, un grande centro culturale dove si può assistere alla lavorazione del legno e della giada (chiamata la pounamu) e a un concerto Maori con i tipici canti e le danze. All’esterno del centro si alternano vari fenomeni geotermici: geyser, pozze di fango bollente e vapori...e a parte l’acre odore sulfureo è tutto molto interessante.


Wai-O-Tapu: si tratta di un’altra area geotermica assolutamente da non perdere per la particolarità dei fenomeni che la caratterizzano. In particolare, è bellissima la ribollente pozza "Champagne Pool�? che cambia colore con una rapidità incredibile. Notevoli anche le terrazze colorate create dal deposito di minerali.


Tongariro National Park: conosciuto per le riprese de "Il Signore degli Anelli�?, questo bellissimo Parco si trova al centro dell’Isola del nord.

In qualsiasi parco c’è sempre il dipartimento del "DOC�?, ossia il Department of Conservation, all’interno del quale si trovano moltissime informazioni riguardanti la zona che si sta visitando sia per la flora, per la fauna e per i fenomeni geologici.

Da qui partiamo verso i Tama Lakes (due laghi di origine vulcanica), lungo un piacevole sentiero a volte fangoso, che passa tra i due coni vulcanici del Monte Tongariro e il Monte Ruapehu, il vulcano più alto e attivo del Paese! L’ambiente ci ricorda molto alcune zone desertiche dell’ entroterra Islandese... e infatti anche questa è una zona soggetta ad eruzioni vulcaniche. La popolazione locale ha allestito una serie di piani di evacuazione nel caso in cui il Monte Ruapehu eruttasse "Lahar�?, un insieme viscoso di fanghiglia bollente e ceneri. Scopriremo da questi piani che il campeggio si trova proprio sulla traiettoria del potenziale Lahar...e pensare che da lì ci passano anche le piste da sci!!

La vegetazione è molto rada e caratterizzata sostanzialmente da alti ciuffi d’erba, ma se si osserva meglio si nota che ci sono moltissime altre minuscole piantine che cercano di resistere all’ ostilità del luogo.

Il forte vento, la pioggia battente e la neve purtroppo ci obbligano ad accorciare l’escursione e tornare al campeggio, dove ci aspetta la nostra prode tenda in balia di vento e pioggia a catinelle. Dopo la doccia ci rifugiamo per un bel pasto nella cucina comune, dove da manifesti appesi ed informative varie scopriremo che per il 2005 gli studiosi si attendono una nuova grande eruzione vulcanica! Facendo due calcoli, passata la notte, dovremmo essere impegnati nella visita di qualche altro luogo ... o almeno si spera!

Wellington: vale la pena visitare la capitale della Nuova Zelanda, se non altro per il bellissimo Museo "Te Papa�? che vanta delle collezioni davvero notevoli, delle ricostruzioni incredibilmente ben fatte e delle "chicche�? come il simulatore di un sisma di intensità media. La città è piena di edifici vittoriani ed è curioso che l’accesso al centro storico (pieno zeppo di attività commerciali asiatiche) sia vietato ai cani!

La città è anche chiamata (a ragione) "Windy Wellington�? e infatti il vento qui la fa da padrone. Ci colpisce la gentilezza delle persone che fermiamo per chiedere informazioni. Alcuni ci accompagnano fino alla chiesa più antica della città (e probabilmente della Nuova Zelanda!), ossia la Old St Paul’s Cathedral, un gioiellino in mezzo alla modernità!





Da non perdere nell’Isola del Sud


Pancake Rocks: un fenomeno geologico di notevole interesse. Si tratta di rocce calcaree, affiorate per erosione grazie alla forza degli agenti atmosferici, disposte come se fossero delle grosse frittelle sovrapposte (da qui il nome) e piene di cavità dove le maree giocano a creare fenomeni di spruzzi d’acqua come se fossero dei grandi geyser sbuffanti.


Franz Josef Glacier: famoso ghiacciaio che si protende verso il mare attraversando una vegetazione alquanto buffa di palme nane. Purtroppo l’atmosfera è rovinata dagli innumerevoli elicotteri che sorvolano il ghiacciaio. Qui "turismo�? è la parola d’ordine: alla fine della lunga morena che bisogna percorrere per avvicinarsi ci sono delle transenne che vietano (apparentemente per motivi di sicurezza) di avvicinarsi se non si fa parte di una Gita organizzata.

La Snow Farm di Wanaka: Wanaka è una rinomata località di villeggiatura, dove lo sport maggiormente praticato è lo snow board. Noi, appassionati di sci da fondo, siamo andati alla Snow Farm sopra Cardrona, l’unico Centro attrezzato per praticare questo sport nel Paese. Il posto è davvero in una posizione bellissima, a 1500 mt s.l.m., e conta 55 kilometri di piste perfettamente battute sia per la tecnica del pattinato che dell’ alternato. Andrea ne approfitta per iscriversi ad una "garetta�? che prevede 10 km di tecnica classica e 10 di tecnica libera (ndr: fatti entrambi con gli sci da tecnica libera!!). Scopriamo di essere i primi ed unici Italiani a visitare la località sciistica, grande soddisfazione anche per la gara, unici italiani in gara nella storia del fondo Neozelandese!

Inizialmente tutto è ammantato dalle nubi basse ma non appena queste si alzano il paesaggio si fa davvero incantevole. Siamo attorniati da infinite catene montuose cariche di neve, la luce radente e l’aria tersa creano un panorama da fiaba ammaliante.

Segnaliamo che per raggiungere la Snow Farm bisogna percorrere una ripida strada sterrata, fangosa dopo abbondanti piogge o nevicate, obbligatorie ed utili le catene da neve a bordo da richiedere al momento del noleggio dell’auto.


Queenstown: spettacolare capitale dell’avventura e dello sci! Qui ogni sport pericoloso (che preveda scariche di adrenalina) è ben accetto! Il paesaggio che caratterizza questa città è semplicemente notevole...come le montagne (i Remarkables, per l’appunto) che cingono la regione (divenute famose come location de "Il Signore degli Anelli�?).

Hollyford Valley: Da Te Anau, nella regione del Southland, si percorre la strada che porta al Milford Sound. Sulla lunga strada solitaria a un certo punto si trova un bivio e a destra si prende una sterrata che entra nell’Hollyford Valley, una rigogliosa ed amena vallata che sembra essersi fermata nel tempo. Quasi alla fine della valle si trova uno spartano ma alquanto originale campeggio (l’Hollyford Motor Camp) gestito da una coppia di anziani signori: qua tutto sembra essersi fermato alla fine degli anni 50. La corrente elettrica è ottenuta grazie ad un generatore che si mette in funzione al calar del sole, ovvero alle 6 del pomeriggio e si ferma alle 23! Munirsi di candela o pila è utile...affascinante riscoprire ritmi e tempi del passato. I pochi ospiti sono clienti abituali neozelandesi che ci raccontano quanto sia bello fare escursionismo in valle. Chiediamo loro informazioni sull’Hollyford track, un trekking che parte da questa valle e che avevamo programmato di percorrere fin dall’ Italia. Purtroppo il clima non ce lo consentirà: le previsioni meteo annunciano l’arrivo di una tempesta antartica sulla regione dei fiordi. Riusciamo con grande fortuna a visitare il Milford Sound con il sole, ma la sera stessa la strada per il fiordo verrà chiusa causa tempeste di neve, per alcuni giorni!!!

Rientriamo alla tenda ancora indecisi sul da farsi, il risveglio del mattino sotto la neve ci aiuterà nella decisione...fuggire prima possibile vista l’ intensità delle precipitazioni nevose! Ci riusciremo anche se con la nostra piccola utilitaria non sarà un impresa facile...guida rally e marce alte, vietato piantarsi nella neve!

Milford Sound: è il fiordo più visitato della Nuova Zelanda. Per raggiungerlo occorre oltrepassare l’Homer Tunnel, una tetra galleria che taglia letteralmente in due una montagna intera! Il Milford Sound è lungo 22 km ed è percorso da una serie di imbarcazioni che portano alla scoperta delle zone più remote del fiordo stesso.

Questo posto è un Inno alla Natura, una stretta lingua di mare che si insinua tra alte e lisce pareti granitiche di affilate montagne innevate, in primis la mole imponente del famoso Mitre Peak. Tutto attorno un insieme di cascate ...acqua ...acqua e ancora acqua ovunque. Il fiordo si è creato millenni fa per opera di una enorme lingua glaciale ora ritiratasi ed è molto simile ai fiordi Norvegesi. Sugli scogli le foche si rilassano al sole e i delfini giocano nuotando veloci sotto la prua della nostra barca facendo a gara e correndo a 25 km/h!! Ci troviamo impreparati davanti ad una splendida giornata: ci avevano detto che il Milford Sound era sinonimo di pioggia!

Comunque la perturbazione non si fa attendere: la strada verso "la civiltà�? è stata chiusa proprio dopo il nostro passaggio e l’indomani, nel campeggio dell’Hollyford valley, ci sveglieremo sotto una cospicua nevicata!



Catlins: la zona più a sud dell’Isola del Sud, ricca di curiosità della Natura. Per iniziare è una delle uniche due zone vietate alle macchine prese a noleggio per il fatto che le strade non sono asfaltate. Lungo le coste dei catlins facciamo il nostro primo incontro con i Leoni marini sulla spiaggia: davvero grossi, davvero emozionante. Sembra di essere in un documentario del National Geographics. Interessante anche Curio Bay (foto 338), dove si può ammirare una foresta pietrificata del giurassico (ben 18 milioni di anni fa...) che si è creata grazie alle ceneri dei vulcani e all’azione erosiva dell’acqua del mare. Questo dovrebbe essere un buon punto per avvistare i rari pinguini dagli occhi gialli...ma noi non li vediamo. Arriviamo a Slope Point, il posto più a Sud della Nuova Zelanda e scopriamo di essere più vicini al Polo Sud che all’Equatore!

Infine sempre per strade sterrate si arriva a Nugget Point, un suggestivo promontorio con scogli affioranti sormontato da un bianco faro: da non perdere! Questo è l’unico posto dove l’elefante marino e il leone marino convivono.


Dunedin e l’Otago penisola: Dunedin è stata fondata da coloni Scozzesi... e l’architettura che caratterizza la città lo conferma. In alcuni punti sembra di essere ad Edimburgo (e infatti Dunedin è la traduzione celtica di Edimburgo) e in giro per la città, all’ora di pranzo, si vedono i ragazzi usciti dai college che indossano le tipiche uniformi inglesi.

Da qui non si può assolutamente perdere un giro nell’Otago Penisola, dove si trova Larnach Castle (costruito nel 1871), l’unico castello in Nuova Zelanda (nulla di straordinario, a parte la splendida posizione).

Da visitare la spiaggia di Sandfly, dove abbiamo incontrato e fotografato dalle soprastanti dune dei leoni marini molto grossi...mai visti così da vicino! Sulla spiaggia ci sarebbero dovuti essere anche i pinguini ma, come scopriremo presto, la presenza dei leoni marini esclude quella dei pinguini (gli ultimi sono un succulento snack per i primi).

Nella penisola c’è anche un’importante colonia di Albatros Reali e una di Pinguini dagli occhi gialli e per essere sicuri di vederli decidiamo di prendere parte ad una gita organizzata per ammirare questi buffissimi uccelli.


I sassi di Moeraki: curiosità geologica, queste formazioni rocciose posizionate su una spiaggia sabbiosa perfettamente sferiche dovrebbero essere il frutto dell’erosione delle montagne retrostanti ma nessuno lo sa con certezza.


Il Monte Cook: chiamato dai Maori Aoraki, questa montagna con i suoi 3750 m. di altitudine rappresenta la cima più alta dell’intera Australasia.

Per vedere il Monte Cook abbiamo dovuto sfidare nefande previsioni metereologiche. Arrivati in loco abbiamo letteralmente aspettato che la perturbazione che aveva causato pesanti nevicate se ne andasse e ci consentisse di ammirare questa cima in tutta la sua maestosità. Complice dell’attesa il bellissimo Ostello della gioventù che ci ha ospitati. Da qui imbocchiamo il sentiero verso Kea Point, un punto panoramico che ci consente di ammirare il Monte Cook in tutta la sua straordinaria bellezza. Numerose valanghe si staccano dalle pareti troppo cariche dei rilievi che ci circondano. Il loro terrificante boato rompe il silenzio che ci avvolge.

Purtroppo questa difficile montagna, che tanto affascina, ha mietuto nel tempo moltissime vite di alpinisti che avevano cercato di raggiungerne la cima. La vetta è soggetta a repentini e violenti cambi climatici dovuti alla sua posizione vicina al mare, spesso spazzata da pesanti perturbazioni provenienti dal vicino Antartide. Nel DOC locale c’è un annuario che giustamente rende memoria a questi alpinisti morti inseguendo la loro passione.

Nella zona del Monte Cook si possono anche ammirare due imponenti laghi alimentati dai ghiacciai: il Tekapo e Pukaki, splendidi con i loro colori.

Christchurch: arriviamo in questa città letteralmente rincorsi dal brutto tempo. Apprendiamo che una una tromba d’aria si è abbattuta sul Monte Taranaki, nell’Isola del Nord, dove sono anche morte due persone. A Dunedin le strade sono state chiuse per neve e nei prossimi giorni non si prevedono miglioramenti. Riconosciamo solo ora quanto siamo stati fortunati con il tempo durante l’intero soggiorno! La città è molto inglese, ricca di edifici gotici, di negozi, davvero molto animata. Apprezziamo molto la visita all’International Antartic Centre: qui fanno a capo quasi tutte le spedizioni antartiche internazionali (Italia compresa) e partono tutti gli approvvigionamenti per le basi al polo Sud.

Due consigli...forse utili:

- Se si decide di fare un trekking è utile equipaggiarsi con il filtro dell’acqua visto che in molte zone dell’isola c’è la Giardia.


- Segnaliamo che i campeggi sono numerosi, aperti anche nel periodo dell’inverno australe e tutti situati in posizioni magnifiche. Il clima in agosto è piuttosto rigido e pertanto consigliamo una buona tenda a prova di tanta pioggia e vento; indispensabile un sacco a pelo caldo. E’ anche possibile alternare il campeggio in tenda all’affitto delle "cabins�?, delle unità abitative essenziali, situate all’interno del campeggio, dove si condividono i servizi comuni. Il prezzo rispetto alla tenda non è di molto superiore.

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Siti interessanti:
www.backpack-newzealand.com
www.doc.govt.nz
www.fiordland.org.nz
www.nelsoncoaches.co.nz
www.alpineclub.co.nz
www.aaguides.co.nz
www.walknewzealand.nz
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