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Mercoledì, 1 Aprile 2015

Se è iNYC

Capodanno a New York!!Come nel sogno di ognuno di noi!

ARTICOLO DI

Cinzi@

Se è l’ultimo giorno dell’anno e ti trovi in cima a un grattacielo di New York, non può non sembrarti surreale: nel mio caso poi fino a qualche settimana prima non l’avrei proprio pensato. Dovevo lavorare, non prendo mai ferie per Natale e Capodanno.
Invece, complice il destino, eccomi quassù! L’Empire State oggi si illumina di tutti i colori. Guardo verso Times Square. Non si vede nulla di quello che sta succedendo laggiù. Posso solo immaginare la folla che ci c’è, ma anche solo vedere un pezzo di tabellone che lampeggia, col numero 2015 che scorre, mi emoziona. Oddio, sono proprio qui?

Partiamo il giorno del mio compleanno. E’ anche il compleanno di Elisabetta e ci tengo che anche per lei sia una giornata originale. La sera prima, tra una valigia e l’altra, ho preparato due piccole torte soffici e colorate e le ho messe nella scatola vuota del pandoro per proteggerle durante il trasporto. Forse sarebbero anche arrivate intatte a New York non fosse stato per la neve che a Francoforte ci ha messo i bastoni tra le ruote. Bloccati tre ore in aereo, in attesa durante lo scongelamento delle ali, abbiamo ingannato l’attesa festeggiando i nostri compleanni e addentando la torta rossa con invidia dei nostri vicini di posto. Del resto mica tutti festeggiano a bordo!

Una volta a terra (ah sì, perché poi siamo partiti e siamo arrivati) prendiamo un pulmino per arrivare a Manhattan: non senza traffico, ma va beh, vuoi mettere? Intanto ci guardiamo lo Sky Line. Con la storia che stanno ricostruendo giù a Ground zero, se manchi da un po’ il panorama ti cambia. E’ così che vedo il nuovo World Trade, quello a cui nel 2009 mancava un bel pezzo e a cui nel 2005 ne manca un bel pezzettone. L’hanno finito, bello!

L’albergo in cui stiamo è semplicemente una figata cosmica. Niente ascensore, solo scale vecchio stile. Tutto è dipinto, dai corridoi alle stanze: un essere flaccido con tre tette, qualche statua egizia in rilievo, gatti che prendono il taxi di giorno e di notte, donne nude. In bagno c’è una bacheca piena di sorpresine tipo uova kinder. Ci facciamo tutti i piani e curiosiamo ciascuno la stanza dell’altro facendo a gara a chi ha quella più figa.

Nel frattempo è arrivato il solenne momento di festeggiare ufficialmente i nostri compleanni: quello in aereo era solo l’aperitivo. Ellen Stardust Diner, poco distante da Times Square, è il tipico diner da film, con le poltrone rosse coi brillantini. I suoi camerieri sono dei canterini fantastici: con Brodway che è praticamente alle spalle non c’è da stupirsi. Salgono sul tavolo e cantano un sacco di canzoni famose.
Il post è pieno di gente, rimaniamo inorriditi di fronte a una tipa che puccia le patatine nel gelato e se le mangia. Cantiamo anche noi, brindiamo. Ci intonano un bell’Happy Birthday!
E non è finita perché appena usciamo veniamo rapiti dal caos assordante di Times Square. Pazzi, luci, folla, transenne, flash: impossibile fare un passo senza sollevar lo sguardo per vedere cosa passa su questo o quel tabellone. Tipi sopra le righe e trambusto ipnotico rallentano il nostro passo verso la subway.

Quando lo tocco il letto mi sembra una nuvola. E’ stato un compleanno bellissimo.

La domenica, tanto per cambiare, comincia a suon di colesterolo tra pancakes, caffè americano e panna montata, per poi proseguire a suon di Gospel.
La Salem United Methodist Church ad Harlem ci accoglie calorosamente. Le persone del posto stringono la mano a tutti i visitatori. Quando il coro intona una canzone, si battono le mani. E’ divertente, però non sono convinta: troppi turisti, troppa attenzione verso i turisti, troppa attenzione per gli oboli offerti dai turisti. Lo spettacolo è divertente, ma è diventato un business, anche se dovrebbe trattarsi di una messa.

La pausa caffè da Starbucks di alcuni invece, diventa per chi aspetta fuori l’occasione per avere un bell’assaggio dell’anima nera di Harlem. Qualche artista di strada improvvisa concerti per la promozione del proprio cd. Non è il mio genere, ma sono simpatici e hanno delle belle voci. Questo sì che mi piace. Scambiamo due parole, loro cercano di venderci i loro cd, ma non sono insistenti, sorridono…e cantano.

Le performance canore non ci abbandonano neppure quando ci spostiamo a Central Park: presso Strawberry Field, il memoriale dedicato a John Lennon, che fu ucciso proprio lì, ci imbattiamo in una altro artista di strada che suona e canta la mitica “Imagine”. Facciamo qualche ipotesi su quale piano del Dakota Building ospiti la vedova Yoko e poi cominciamo a vagare per il parco, immortalando scoiattoli e scorci sullo Skyline. Tra bolle di sapone gigantesche e statue di Alice nel paese delle meraviglie, arriviamo allo zoo di Central Park che ormai è chiuso. Il sole sta tramontando e l’ombra che avvolge i grattacieli li trasforma in ordinate file di stelle. Non si può non cercare un punto panoramico da cui osservarli e scegliamo quello più originale: la funivia che va a Roosevelt Island. Ci alziamo da terra e la città si ferma alle nostre spalle: non siamo sopra i grattacieli, siamo in mezzo: passiamo accanto a un ponte, vediamo attraverso migliaia di finestre…saranno migliaia, no? Sono così tante. Vediamo il fiume, cerchiamo di buttare lo sguardo il più lontano possibile. Poi il viaggio finisce, ma che bello è stato? Facciamo anche il ritorno, perché questo spettacolo merita il bis.

Siamo stanchi, New York è frenetica e ti consuma. Ci siamo meritati una buona cena, in un vecchio ristorante di New York: luce soffusa e finti pesci spada appesi alle pareti. Qui sì, che un hamburger è un hamburger!
Dopo la cena decidiamo che un’altra cosa da film la dobbiamo fare: forse è più da serie tv, ma un cosmopolitan sul grattacielo non può mancare. Ne scegliamo uno vicino all’albergo, dal suo roof top, l’Empire State si vede così vicino che sembra di poterlo toccare. Saliamo sul tetto, si gela. Chi vuole può mettersi sotto una lampada di quelle che scaldano e usare anche le copertine rosse a disposizione. Noi preferiamo fare qualche scatto e metterci al chiuso, perché l’inverno si guadagna la sua reputazione a New York. L’Empire che sia bianco, rosso, verde o blu è meraviglioso.
Al caldo ordiniamo i nostri i cocktail, con gli occhi bene aperti in cerca di una poltrona che si liberi in zona panoramica. Veniamo esauditi. Ci sentiamo terribilmente in alto e lo siamo!!!
Quando tocco il letto mi sento in paradiso.

Il 29 dicembre: il giorno che tutti aspettavamo, ma perché ve lo dico dopo. Cominciamo con Brooklyn e con una bella colazione tipica in un posto tipico: Junior’s. Il posto è famoso per i cheesecakes e per esser stato set di una scena del film Sex & The City. Io ho preso il cheesecake, ma quando vedo le uova strapazzate con le patate hash browns degli altri un po’ mi pento. Ritorniamo a Manhattan attraversando il ponte di Brooklyn. Miseria! Me lo ricordavo più corto!
A Wall Street i ragazzi attentano alle palle del toro. Il povero toro in realtà oggi è molto inflazionato. Lo toccano ovunque e gliene fanno di ogni. Se avesse potuto gridare probabilmente avrebbe implorato pietà.
Devastato il povero simbolo di rialzo, arriviamo a Ground Zero. C’è una bella giornata oggi, anche se fa freddo. Il nuovo World Trade Centre ora lo vedo da vicino.
Il 2001 è stato l’anno della mia prima volta in America. Non ero stata a New York, avevo scelto Miami. Era il primo viaggio che facevo da sola e quindi ero partita con tante incognite. Al ritorno ero felice, sicura e con tanti nuovi amici. Con quel viaggio ho scoperto che il mondo non era un’entità astratta di cui parlare, ma qualcosa di concreto da scoprire. Per questo mi sono affezionata all’America.
Sono tornata a casa il primo settembre. Dopo dieci giorni il caos. Ricordo che volevo mettermi in contatto con gli amici che erano ancora là, ma non era possibile perché internet non funzionava. Sembra impensabile oggi, ma è quello che è accaduto. Oggi sembra irreale e così ci era sembrato anche mentre succedeva. Io non le ho mai viste le torri gemelle, forse non sapevo nemmeno che esistessero prima del disastro. Certo, poi sono diventate familiari anche senza averle viste dal vero.
Ora c’è un nuovo grattacielo e c’è un’enorme vasca in cui l’acqua si getta a cascata. Non ci sono più macerie, ma ci sono voluti tanti anni. Speriamo che questo memoriale, serva veramente a quello per cui servono i memoriali: non dimenticare e incidere nella memoria ciò che è successo e che non deve più accadere.

La giornata scorre e noi siamo sempre più emozionati ed impazienti per ciò che aspettiamo con ansia da prima della partenza. E’ ancora presto però e ci decidiamo di visitare il MOMA, cioè il Museo d’arte moderna di New York. Ci sparpagliamo per il museo. Il mio obiettivo personale è rivedere “La persistenza della memoria” di Dalì, quel quadro dove gli orologi si sciolgono. L’effetto che fa quando lo vedi dal vivo è lo stesso di quando si vede il bambino che fa pipì a Bruxelles: è così piccino da lasciare un po’ delusi. Questo però non conta, quegli orologi molli centrano l’obiettivo di creare un’aurea surreale.
Non sono un’amante dell’arte contemporanea, però ammetto che il MOMA sa valorizzare alcune installazioni meglio di altri musei del genere.
La visita finisce e finalmente ci troviamo per il nostro tanto atteso appuntamento serale: L’NBA!!!!
TUTTI abbiamo deciso di comprarci il biglietto e vederci una partita, appassionati di basket e non! L’NBA è l’NBA! La giornata è cominciata a Brooklyn e finirà a Brooklyn, perché è li che si disputa il match. Vediamo i Nets giocare contro i Sacramento Kings. Entriamo in arena che le luci sono già spente. Gli spalti sono gremiti: mentre cerchiamo di raggiungere i nostri posti tutti si alzano per cantare l’inno americano. Non potete immaginare l’emozione!
La partita inizia, Claudio ci spiega che bisogna gridare “Defence” quando gli avversari hanno la palla. Noi ragazze in realtà siamo più concentrate ad individuare i giocatori più carini e fisicati. I ragazzi si rifanno nelle pause quandi arrivano le cheerleader (senza pon-pon), perché lo spettacolo qui deve sempre andare avanti. E’ una serata memorabile. Brooklyn vince, noi siamo super felici, non tanto per chi ha vinto, quanto lo show!

Lady Liberty è veramente una bella signora, così bella che c’è una bella fila per andarla a vedere. Questo viaggetto ci costerà il congelamento, perché la temperatura si è abbassata parecchio. Fuggiamo a Ellis Island, il cui museo diventa un mero riparo dal freddo perché non ne possiamo più. Peccato, perché il museo è interessante se visitato con calma.
Il freddo stimola la cultura, quindi tutti decidono di andare al Metropolitan per visitarlo fino alla chiusura. Io invece faccio la fila per prenotare i biglietti per salire sul Top of the rock, uno dei grattacieli panoramici di NYC. La zona lì intorno è ingolfata di gente. Appena fuori dal palazzo infatti ci sono la pista di ghiaccio e l’albero di Natale di Rockfeller Centre. Gli altri quando l’hanno visto sono rimasti un po’ delusi perché se lo aspettavano più grande. Ciò che fa scena in realtà sono le mille luci colorate che lo decorano.
Passata un’altra giornata intensa, ci troviamo a consumar la cena in una altro locale tipico, anche questo con le luci soffuse. Si vede che si usa così. Servono anche piatti della cucina del sud come la Jambalaya. Io deciso di provare i Mac & Cheese. Che scelta del cavolo! Sono maccheroni a forma di ricciolo fatti al forno con un abbondante strato di formaggio cremoso. Gli altri avevano tutti dei piatti più belli e golosi. Uffa! Non importa, la cosa bella è stare in compagnia e l’atmosfera. C’è anche un po’ di musica e alla fine chiudiamo al bancone del bar con uno shot.
I più tenaci vanno a ballare. Io sono distrutta: tocco il materasso e mi sembra una delizia.

La mattina dell’ultimo giorno dell’anno comincerà molto in alto e finirà alle stelle: questo è l’obiettivo. Scaliamo l’Empire State come King Kong ma usando l’ascensore. Purtroppo c’è un sacco di gente ed è difficile godersi il panorama in pace, però il cielo è terso, si vede fino a lontano. Un signore mi chiede se posso scattargli una foto e poi è così gentile da ricambiare il favore. La cosa carina è che siamo tanti quassù e tutti felici. Alla fine siamo li tutti per veder qualcosa di bello, tutte le persone sorridono sull’Empire State.

L’ultimo pranzo dell’anno l’ho fatto al Chelsea Market e ho mangiato sushi. I giapponesi invece mangiavano aragosta. Chissà se per loro mangiare sushi a new York è come per noi mangiarci la pizza? Con le pance piene usciamo  a fare una passeggiata sulla Highline. Quando sono venuta a New York le altre volte non c’era ancora, o meglio. Probabilmente c’era ma era ancora una fila di binari abbandonati e zozzi. Poi l’hanno riqualificata e hanno creato questa passeggiata sopraelevata, con del verde qua e là e delle comode panche di legno che d’estate non deve mica esser male prenderci il sole.

Arriva il momento del Top of The rock. Ho prenotato la salita poco prima del tramonto per veder con e senza luce. La scelta è azzeccata, altrimenti come lo vedi Central Park al buio?
Eccoci qui, all’inizio e alla fine! Non sembra vero ma sono qui! Sono stati 5 giorni intensissimi. Abbiamo fatto tante cose e ora siamo alla fine. Le guglie del Chrysler Building sorridono al mondo per un ennesimo nuovo inizio. Finirò l’anno a New York e lo inizierò a New York!!!

Uno dei momenti più belli è stato quando, una volta di nuovo a terra, ci siamo resi conto che mancava davvero poco alla mezzanotte italiana. Ci siamo letteralmente precipitati a cercare un posto dove poter brindare e ne abbiamo trovato uno all’interno del palazzo. E’ stato bello improvvisare questo count- down al fulmicotone, sotto gli occhi di un pubblico americano divertito.

Arriva anche il momento di festeggiare anche gli ultimi momenti dell’anno americano. Nel posto dove ceniamo non vedono l’ora di finire per poter correre anche loro a festeggiare. Ci armiamo di occhialoni a forma di anno 2015 e di coroncine luminose e ci infiliamo in metropolitana. Ci sono un sacco di ragazzini che vanno a festeggiare. Noi torniamo a Central Park. Avevo sentito di un paio di feste, ma alla fine facciamo la cosa più furba: seguire i New Yorkesi. Loro sapranno sicuramente dove è meglio mettersi per vedere i fuochi. Finiamo davanti a un laghetto con lo Skyline sullo sfondo. Non siamo soli, altri si approfittano del ponticello per godere del buon punto d’osservazione.

Ten, nine, eight… scatta il count down sette, sei, cinque, quattro … in inglese, noi ci abbiamo messo il nostro in italiano…. Tre, due, UNOOOOOO
FELICE ANNO NUOVO!!!!!

Il 2015 esplode nel cielo di New York e nei nostri cuori, riflettendosi nelle acque scure del laghetto di Central Park. I fuochi d’artificio sovrastano anche quei grattacieli altissimi. La cornice è spettacolare.
Sembra che la notte non finirà mai. Stiamo guardando fuochi d’artificio, come probabilmente tutti oggi hanno fatto o faranno, ma noi siamo a New York e si sente. Questi cinque giorni sono stati intensi e ci hanno regalato un sacco di belle cose. Il giorno, o meglio, la mattina del giorno stesso sono passata da Times Square per vedere com’è dopo il Capodanno. Sempre il solito casino, ma in più la piazza è piena di coriandoloni volati fuori dalla famosa sfera. Ne ho raccolto uno rosso per ricordo.
Speriamo che porti bene.

Ciao Grande Mela, grazie per questo bel regalo.

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