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Martedì, 12 Maggio 2009

Passaggio in L.A.

Oggi è domenica 14 settembre. Parto da San Francisco. Tra un po' verrà a prendermi lo shuttle che mi porterà in aereoporto.Ho l'aereo alle 12, in 1h e 25' sarò a L.A.
Concorso Storie Vagabonde

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Oggi è domenica 14 settembre. Parto da San Francisco. Tra un po' verrà a prendermi lo shuttle che mi porterà in aereoporto.Ho l'aereo alle 12, in 1h e 25' sarò a L.A.
Lì mi aspetta Amy, l'amica che ho lasciato a Loreto e ritroverò per qualche giorno qui.
Salto a pie' pari le fasi dello spostamento e passo a domani...
15/09 Long Beach
Los Angeles è un gran casino, ma magari è bello ugualmente andarci in giro. Il problema è che non lo saprò mai: è come se devi visitare Roma e alloggi in un paesino verso gli Appennini: per quando capisci quanti e quali bus prendere e arrivi in centro è finita la vacanza.
Ho visitato l'acquario, bello. Long Beach è carina, nuova, curata, ma alla fine è piacevole da guardare come una piastrella del bagno.
C'è roba da mangiare ovunque. Non avendo niente che riempa i luoghi, gli incroci delle strade, ci hanno costruito decine di ristoranti; per riempire il vuoto delle giornate entrano ed escono continuamente da questi posti...è che fumare non va più di moda...
Girando con l'autobus e a piedi per tornare a casa ho visto che vivere in "suburbs"- come chiamano qui i sobborghi residenziali- è come vivere in mezzo alla scacchiera della battaglia navale. Nel senso che dall'alto è tutto chiaro, ma in mezzo un posto è uguale ad un altro.
Finalmente mi sono spostata verso il centro: qui sto da sola, ma almeno sono libera di muovermi e vedere un po' la città.
Non ci posso credere che ora, mentre scrivo, sono al Rainbow, mitico locale per chi, come me, ha amato lo sleaze metal e tutta quella musica anni '80. Che poi se uno non fosse agitato per la storia di questo locale, con il pensiero d'incontrare qualcuno di famoso, non è altro che un ristorante e bar con foto di musicisti e non attaccate in giro.
Nel pomeriggio sono andata al LACMA (museo d'arte moderna, orientale, americana,...).
Camminando spedita ho finito in due ore e mezzo perché due ali (una moderna e una orientale) erano momentaneamente chiuse. C'è il nuovo complesso progettato da Renzo Piano ed è proprio bello. Lo avevo visto su internet, ma dal vivo rende di più. Tutto travertino- mi pare- chiaro con scale e colonne rosse. Pieno di palme intorno e una marea di cornacchie che sono l'unico sottofondo, insieme al rumore del traffico che proviene dall'altro lato del museo.
Quando ha iniziato a tramontare era meraviglioso, la pace assoluta.
C'è anche un parco e, nella stessa area, un museo scientifico- dentro puoi vedere i paleontologi a lavoro-, ma io non l'ho visitato.
Nel parco c'è pozza di petrolio mi pare, o asfalto liquido, bò, però puzza comunque, e fa le bolle ed è veramente assurdo. In mezzo ci hanno piazzato degli elefanti finti, uno che sembra sprofondare e gli altri che lo guardnao dalla riva ed è molto bizzarro da vedere. Se non sai cos'è resti sconcertato.
Forse quando mi alzerò da questo sgabello, qui al Rainbow intendo,non sarò molto disinvolta: due wiskye e coca sono abbastanza, ora sto bevendo solo coca, ma vedo comunque la mia scrittura peggiorare. Stiamo tutti aspettando il vip che non arriverà mai perché sa che il fine settimana trova noi coglioni e, quindi, magari viene il martedì all'ora dell'aperitivo, così nessuno gli rompe, e c'ha pure ragione.

Davanti a me c'è uno schermo che trasmette baseball e in sottofondo musica rock, tutto il classico vecchio e nuovo. Sto seduta al bancone ,sopra di me le luci di Natale colorano il buio del legno e la faccia del barista di colore. Un'acquario di fianco, alle spalle dei tavolini, e tante foto in giro. Tutti facciamo i disinvolti, fingiamo di non interessarci ad esse, ma ce le porteremo volentieri a casa tutte. Sono così fuori che ormai lo scrivere è arrivato all'astrattismo: guardo i segni sulla pagina e traccio le parole seguendo più il gusto che mi da lo scorrere della penna sul foglio e il pensiero che esse siano comprensibili ad una seconda lettura non mi tocca affatto.Sto ridendo da sola come una matta mentre scrivo, roba da manicomio.Il barman penserà che ho bevuto abbastanza, il che è vero. Ma lui non sa che anche senza wiskye rido da sola uguale.
Stasera sono tornata davanti al Chinese Theatre e la cosa è molto Babilonia gestita dall'Alpitour.
 Negozi, cibo spazzatura, pancottiglia e ragazzi che, vestiti come i personaggi dei fumetti o dei film dell'orrore, cercano di fare due soldi. Non capisco come facciano visto che tutti fanno loro foto senza pagarli. E poi ho avuto la botta finale: due ragazzi, lei cantava, lui suonava la chitarra su delle basi registrate. Bravi, per carità. Lei avrà avuto si e no tredici anni, lui sembrava il fratello maggiore. Una pena. Mi veniva da piangere. Non è divertente, non è divertente per niente questa città, è cattiva e disperata. Ma tant'è...
In giro per la città funziona così, o almeno penso che funzioni così: basta anche entrare in uno Starbucks, ma in una zona pulita e centrale, e trovi certa gente, poi vai sull'autobus o sulla metro e siamo pochi bianchi, davvero. Ispanici, cinesi e neri per lo più. I bianchi hanno l'auto. Poi ci sono i losangelini disperati e quelli inseriti: quelli vestiti sobri e tranquilli, che stanno al caffè e vanno al museo sembrano quelli arrivati, magari non nel lavoro dei loro sogni, ma inseriti. Poi ci sono gli estremisti, eccessivi, mal assortiti e troppo colorati. Quelli che devono farsi notare e vivono in continua tensione, che provano a far qualcosa anche quando attraversano la strada e, allora, abbozzano due passi di danza.La gente che si agita per farsi notare è quella che fa di Los Angeles quella che è.E la sera vedi il fondo di questa scala sociale: quelli che stanno un pezzetto in dietro, che si agitano per vivere. Come i ragazzi di cui ti ho parlato prima. Dopo aver visto loro scendo in metropolitana e un ragazzetto biondo, magroletto, con un fil di voce chiedeva qualcosa ad una curva del sottopassaggio, prima delle scale mobili che ti portano ai treni. Io non ho capito e ho preso la scala, ma girandomi ho visto che faceva a tutti la stessa domanda stentata e ho capito che si trattava di soldi. Entro nel treno - stasera era la sera del cuore sanguinante- e passa una signora con una scatoletta moscia, tipo quella di cartone delle merendine, con dentro sei/ sette snack mal assortiti. Chiedeva un dollaro a snack. Nessuno se l'è filata. Lo squallore qui, quando ti si presenta, supera tutti i limiti.
La gente spesso ti sorride, ti chiede da dove vieni, ti aiuta più del dovuto a trovare l'autobus giusto, insomma, come se dicessero: va be', è l'inferno, ma sempre in California siamo, mica soffriamo di depressione da inverno prolungato. E' una città che un po' ti stressa e un po' ti rilassa. Un tira e molla che, se sei in vacanza può anche essere piacevole, entro certi limiti.
21/09 Ritorno a San Francisco.
In volo. Ho dormito un pochino, mi hanno dato le noccioline. Le ho mangiate anche se non ne avevo voglia, giusto per ammazzare il tempo. Spero passino a chiedere per il caffè, che così mi scaldo. In aeroporto e in aereo è sempre freddo. Poi il fatto che aspetti due ore seduto non aiuta di certo. Sono un po' nervosetta oggi. Ho realizzato prima di partire che non era tanto il lasciare Los Angeles, quanto la sigaretta di ieri sera,la prima dopo un anno d'astinenza, unita al fatto che sono 3 notti che dormo poco. Adesso a San Francisco torno ad una routine più tranquilla e meno spendacciona, spero. Bo', sarà stata una mia impressione, la proiezione dei miei sentimenti, ma è stata una partenza meno felice dell'altra.
Per venire a Los Angeles c'erano quelli che cantavano nell'attesa, i signori con le sacche del golf, il pilota che suonava l'armonica e faceva le battute al microfono. Eravamo tutti più felici. Questa volta è stata semplicemente una partenza. Nessuno ha cantato per andare a San Francisco. E' che Los Angeles ti carica di aspettative per quanto scafato o disilluso tu sia. Pensavo oggi in metro della differenza tra le due città. A Los Angeles il semaforo verde per i pedoni dura meno, ci sono più palme, più negozi di robaccia o dall'aria fatiscente. Il parallelo tra Napoli e una città come Firenze o Venezia- più cara, ma più vivibile- mi torna alla mente. Forse il secondo termine di paragone non è proprio azzeccato, ma il primo sicuramente si. Los Angeles e Napoli non hanno nulla in comune per quanto riguarda gli aspetti belli, quelli che ti spingono a visitarle. Ma per quelli brutti sono gemelle divise alla nascita: cambia l'ambiente intorno, ma il DNA è lo stesso.

Lasciando Los Angeles mi sento un po' come Baresi agli ultimi mondiali che ha giocato, che piangeva disperato: sai che la prossima volta che si presenterà l'occasione tu sarai troppo vecchio. No, anche tra un paio d'anni non sarò vecchia per la California, avrò trent'anni. Ma a Los Angeles per la prima volta mi sono sentita non tanto giovane: non ci sono vecchi in giro, e ciò che ti circonda fa la differenza sulla percezione che hai di te. Da noi ci sono più anziani che alberi...
Sapete di cosa è piena la California? Di corvi. Non c'è animale più lontano dall'idea che noi abbiamo di questo posto. Eppure sia a Los Angeles sia qui ne ho visti tanti. Sopra al LACMA ce n'era una fila intera, neri, chiassosi e scomposti come una banda di motociclisti. A pensarci meglio sono molto vicini all'idea che io ho della California.

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