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Giovedì, 7 Maggio 2009

Nova Mambone dentro e fuori

Ironia della sorte: quasi ventiquattro ore di volo, due giorni trascorsi nella capitale del Mozambico, Maputo, arrivo alla missione di Nova Manbone e finalmente mi sento a casa...

Concorso Storie Vagabonde

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Aeroporto di Malpensa, pronta per fare il check in, mi volto e le lacrime di mia sorella creano un momento di stasi nella mia mente: sto per raggiungere un luogo considerato molto pericoloso? Mi attende una realtà traumatizzante e un'esperienza sconvolgente?

Ironia della sorte: quasi ventiquattro ore di volo, due giorni trascorsi nella capitale del Mozambico, Maputo, arrivo alla missione di Nova Manbone e finalmente mi sento a casa. Come spiegare a chi si preoccupa per te in Italia che sei arrivata in un luogo in cui ti senti sicura, in cui le emozioni amplificate a mille non ti lasciano il tempo di razionalizzare e da cui non vorresti più partire? Come spiegare che è quasi una violenza cercare di trovare anche solo due parole per raccontare in una mail cosa succede?

Volevo iniziare a conoscere l'Africa. Forse perché porto nel cuore persone care che provengono da quel continente, che hanno arricchito la mia vita e che sono state più volte beffeggiate dal sistema burocratico italiano e dagli italiani stessi. Forse per una questione di giustizia. Vado in quel luogo da cui proviene tanta gente "scomoda", e non ci vado seguendo le vie più battute del turismo di massa: vado in un paese povero per imparare cosa voglia dire vivere.

Tramite un'associazione che organizza campi di lavoro in Africa e in Brasile, inizia così un'incredibile avventura verso il Mozambico e la missione di Nova Mambone. Come compagni di viaggio trovo mia cugina e tre sconosciuti scelti dall'associazione. Verrebbe da dirsi: "Ma cosa m'interessa delle persone che partiranno con me? Se saranno simpatiche bene, altrimenti penserò alla mia vacanza in perfetta solitudine!" E invece no. L'esperienza di un campo di lavoro parte proprio da qui. Si comincia dalle persone italiane con cui dovrai partire: devi imparare a conoscerle, devi trovare il modo di rapportarti a loro, devi prenderti cura di loro e devi aprire la tua mente per ascoltare il loro mondo. Solo uno sforzo di questo tipo ti pone in una condizione di totale apertura verso tutto ciò che ti circonda. La conoscenza dell'altro parte da chi ti stà più vicino per arrivare a chi e a cosa è, invece, più lontano.

Dopo essere passati per Spagna e Sudafrica, finalmente atterriamo a Maputo, capitale del Mozambico. Maputo, come accade spesso per le grandi città dei paesi in via di sviluppo, contiene forti contrasti. Sull'auto guidata da Pedro, il nostro missionario guida, che ci stà portando dall'aeroporto alla missione in cui avremmo sostato per due giorni, siamo letteralmente catapultati in un documentario televisivo. E' questa la prima immagine che posso offrire dell'Africa, un'immagine sospesa tra finzione e realtà. Sembra di aver visto già tutto. I media, la televisione ci bombardano quotidianamente con foto e video dell'Africa e di gran parte dei paesi del mondo, talvolta vere, talvota false, spesso imprecise. La differenza è che questa volta anche noi facciamo parte della realtà rappresentata.

I due giorni nella capitale li trascorriamo accompagnando Pedro e Arlei in giro per la città a sbrigare alcune commissioni: non si va spesso a Maputo ed è quindi una buona occasione per portare a Nova Mambone ciò che è più urgente.

I quartieri belli della città ospitano i vari consolati esteri, le abitazioni dei loro impiegati e le guardie che in modo impeccabile vegliano di fronte ai cancelli. Dall'altra parte, invece, confusione, tante persone che camminano ai lati della strada, banchetti di ogni genere con merci di ogni genere e bambini che giocano e corrono, divertendosi con gli oggetti che trovano per strada e che, grazie a un pò d'immaginazione, diventano ciò che vogliono loro.



Partiamo di mattina presto, ci attende un viaggio on the road di due giorni per raggiungere la missione di Nova Mambone. E' ancora buio e l'aria è fresca e piuttosto umida. La strada che percorriamo, lungo la costa, quasi spaventa. E' un tappeto steso tra spazi enormi con vegetazione più o meno rigogliosa e qualche villaggio qua e là. La strada è completamente dritta e ampia e diventa quasi difficile incrociare altri veicoli durante il tragitto. Al contrario, anche a quell'ora del mattino, si trova la gente. Donne, uomini e bambini che camminano ai lati della strada, per ore, per poter raggiungere il luogo di lavoro o la scuola. Regola principale del codice stradale mozambicano: in prossimità di un centro urbano, rallentare e andare di clacson per avvertire le persone che si trovano in strada dell'arrivo di un auto.

Da qui forse è possibile spiegare la sensazione di vastità che si percepisce. Gli spazi ampi e aperti fanno respirare e gonfiare i polmoni di aria e libertà fisica. Senti che puoi muoverti, che devi muoverti, perché puoi occupare tutto lo spazio intorno a te.

Durante il cammino per raggiungere la missione di Nova Mambone, ci fermiamo a Inhambane e a Inhassoro. Si trovano direttamente sull'Oceano Indiano e offrono ai nostri occhi paesaggi incontaminati e solitari. Scogli o spiagge bianche, ci siamo noi e al massimo qualche pescatore impegnato a svolgere quell'attività quotidiana che mantiene lui e la sua famiglia.







Finalmente raggiungiamo Nova Mambone che per quasi un mese intero diventa letteralmente il nostro rifugio. La missione dei padri della Consolata ha creato molte iniziative che costituiscono le principali attività lavorative della zona. Presso la missione di Nova Mambone si producono i mattoni utilizzati per la costruzione di un collegio, nella falegnameria si costruiscono i banchi di scuola, nell'officina si lavora per riparare i mezzi che trasporteranno il cemento necessario alla costruzione dei mattoni, nelle saline ogni giorno siraccoglie il sale che arriva dall'Oceano. Il collegio femminile delle suore offre ospitalità a tante ragazze che, per raggiungere la scuola, dovrebbero affrontare un lungo cammino e organizzano l'asilo dei bimbi più piccoli.

A Nova Mambone i momenti religiosi sono vere e proprie feste. Sono momenti di condivisione comunitaria a cui si aggrega anche chi, in realtà, non viene per pregare e non crede in nessun Dio, ma crede nel potere benefico e contagioso di quell'energia prodotta dalla gente, dai loro canti e dai loro colori.

A Nova Mambone tentiamo quotidianamente di lavorare per la missione ospitante, giochiamo con i bambini che si affollano, ridendo, intorno a noi "muzungu", si condividono i momenti religiosi con la comunità, si passeggia verso il fiume Save e di notte si cerca con lo sguardo di bucare l'oscurità da cui provengono i suoni dei tamburi.

Le persone e i bambini di Nova Mambone parlano il portoghese e, nonostante nessuno di noi conosca a sufficienza questa lingua, grazie alla loro vita e alla loro realtà, rappresentano ai nostri occhi messaggi ricchi di parole. Ciò che vedi è veramente sconvolgente, non a causa della sua efferatezza, ma per la sua ricchezza. La povertà e le condizioni disagiate in cui vive la maggior parte della comunità ti fanno sentire inadeguato: non sei in grado di capire perché esistano queste differenze e come si possa intervenire concretamente. Nel frattempo provi un'immensa felicità perché hai la possibilità di condividere un nuovo modo di percepire e di pensare la vita. È qualcosa che rubi segretamente dai sorrisi della gente e dai giochi dei bambini. Diventa impossibile avere paura di questa realtà e cerchi d'immergerti dentro e di lasciarti coinvolgere.



Nova Mambone ha viaggiato sui sedili accanto ai nostri tornando a casa, ed ha attraversato il continente africano per raggiungere l'Italia. Ora, vive e respira segretamente in ognuno di noi.


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