NK

Alla fine della fine del mondo, così viene definito il punto più a nord dell'Europa continentale.
Un viaggio intimista; settimane di strada per vivere, con me stesso, qualcosa che rimarrà nella memoria per sempre.
Sono partito da Savona, una mattina di luglio del 2011, senza alcun itinerario e con l'unico punto fermo della meta: Capo Nord, il mitico Capo Nord, la Mecca d'ogni motociclista.
Devo dire che il viaggio è stato lungo, oltre ogni previsione, non tanto per i chilometri totali, ma per la solitudine che mi ha accompagnato lungo tutto il percorso.
Una presenza che, costantemente, mi ha permesso di vedere con occhi diversi panorami e persone e devo ammettere che ho fatto incontri assolutamente indimenticabili, persone che, probabilmente, mai più rivedrò, le quali tuttavia sono state, viste a posteriori, una componente imprescindibile e irrinunciabile.
Per quasi metà del percorso ho viaggiato sotto la pioggia il che, in moto, non è certo la situazione ideale ma è il prezzo da pagare e lo si paga intero, senza sconti; per contro si ha una visuale diversa, più coinvolgente che ripaga abbondantemente.
Il mio percorso è stato tutto terrestre, senza nessun ausilio di traghetti o altri mezzi; se vado a NK in moto vado in moto!!
Infatti ho potuto vedere di tutto, penosi viaggi organizzati con tanto di furgoni d'appoggio e moto di scorta; personaggi che hanno fatto oltre metà viaggio caricando la moto via via su treni e navi, certo la meta è uguale, ma la soddisfazione....
Ho attraversato foreste di conifere lunghe un giorno e brughiere senza neppure un misero cespuglio, dove la distanza tra un distributore di benzina e il successivo era di 150 chilometri, il che fa vivere con una certa dose di ansia; infatti si arriva ad avere una sorta di obbiettivi fissi e irrinunciabili, benzina, cibo e toilette...
Immaginiamo che, una volta entrati in Svezia, le autostrade sono un ricordo lontano, che tra un paese ed un altro passano chilometri e chilometri; siamo abituati ad una densità abitativa completamente diversa, qui le distanze si dilatano, fuori dalle italiche abitudini.
Per essere più concreti, una volta arrivati al cartello che indica il comune di Capo Nord, poche decine di case, all'abitato mancano 108 chilometri e questo mi pare un'esempio esplicativo.
Una volta arrivato alla spianata antistante il complesso di Capo Nord, sono stato preso da una sorta di distacco, la meta, una volta conquistata aveva perso ogni fascino e attrattiva, era diventata semplicemente il punto d'arrivo.
Nessuna euforia o esaltazione, sono arrivato al globo, foto di rito e dietro front per la seconda parte, vissuta con calma, senza l'ansia di un traguardo.
La Norvegia, nei suoi panorami è davvero splendida, i fiordi che entrano nella terra, il passare in pochi minuti dal mare alla neve, le montagne che escono dall'acqua e l'odore penetrante del pesce messo ad essiccare; nota che accompagnava ogni visita ad una qualsiasi cittadina.
Ovviamente la discesa norvegese è stata leggera e serena, pochissima pioggia e la temperatura che saliva costantemente, fino a picchi mediterranei ad Oslo.
Una volta arrivato a casa mi sono reso conto che la pioggia, il freddo e la fatica erano state la parte migliore, quelle che sembravano difficoltà si sono rivelate l'attrattiva, la nota avventurosa che resta della nostra civiltà e, cosa ancora più importante, la meta non è un valore assoluto, anzi, quasi trascurabile, la parte migliore è il viaggio, il mezzo che diventa lo scopo, il viaggio vissuto per se stesso.
Forse ritornerò a vedere il sole di mezzanotte e a mangiare carne di renna, a macinare chilometri e chilometri, forse, ma non sarà la stessa cosa, magari condividerò con qualcuno tutte le cose che ho visto da solo; questi 10.500 chilometri di strada che ho fatto con me stesso e con i miei pensieri.
Nulla d'eroico in tutto questo, solo una sfida che mi sono dato, che ho accettato e che ho portato a termine.