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Lunedì, 11 Maggio 2009

Magologni, la fonte magica dei Surma.

Due guardie armate assoldate a Kibish dai nomi impronunciabili precedono di poco i nostri passi su per la collina verso le sorgenti di Magologni. Siamo in territorio Surma, una delle etnie omotiche piu' interessanti della bassa valle del fiume Omo nel sud-ovest dell'Etiopia.

Concorso Storie Vagabonde

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Due guardie armate assoldate a Kibish dai nomi impronunciabili precedono di poco i nostri passi su per la collina verso le sorgenti di Magologni. Siamo in territorio Surma, una delle etnie omotiche piu' interessanti della bassa valle del fiume Omo nel sud-ovest dell'Etiopia.

Chik, la guida surma, e' un piccolo ometto vestito tutto di bianco con cappello stile occidentale e una vistosa gobba sulla schiena. Controlla minuziosamente i nostri movimenti mentre ci fermiamo con un pastore che trasporta in un contenitore di zucca del latte di mucca appena munto. Una delle nostre guardie tira fuori un birr dalla cartucciera del Kalashnikov in cambio di qualche sorso di liquido ancora caldo. Poco lontano, in una pozza di acqua stagnante, un gruppo di bambini si sta cospargendo il corpo di fango mentre, in una buca vicino, una bambina dal viso dipinto di bianco tenta di dissetarsi aiutandosi con un recipiente ricavato da una zucca. Nei lobi inferiori delle orecchie penzolano come gioielli due pezzetti di legno di forma cilindrica. Mentre continuiamo a salire altri bambini dal corpo coperto di fango con strane decorazioni di argilla sopra la testa scendono dal villaggio di Kormu con la speranza di strapparci qualche fotografia in cambio di pochi birr. Ci affianchiamo, nella successiva discesa, a giovani pastori surma che stanno accompagnando il bestiame all'abbeverata nella valletta vicino alle sorgenti. Alti e longilinei mostrano fieri sui loro corpi nudi disegni astratti color bianco e ocra e semplici occhiali costruiti con paglia secca. In mano un kalashnikov o lunghe verghe di legno di quelle utilizzate per i donga, aspri combattimenti che si tengono alla fine della raccolta dei cereali tra contendenti di villaggi vicini a dimostrazione della propria forza. L'acqua ferrosa sgorga dalla roccia mescolandosi al ruscello oramai in agonia in attesa che ritornino le piogge. Giudicata medicamentosa alcuni surma, comprese le nostre guardie armate, ne trangugiano grandi quantita' dilatando le loro pancie in maniera impressionante. 2, 3 o forse piu' litri cominciano a centrifugare nei loro stomaci fino a quando, dopo qualche minuto di attesa, la espellono con vigorosi getti. Nel frattempo Magologni si e' riempito di gente. C'e' chi si ripulisce dell'argilla nell'acqua putrida sopravvissuta, chi approfitta per ritoccare i disegni sul proprio corpo nudo, chi riempie lo stomaco di acqua color ruggine, chi depila la testa dell'amico con le lamette regalate da Mario, chi controlla la propria bellezza con gli specchietti regalati sempre da Mario, chi pulisce il proprio piattello labiale prima di inserirlo nel labbro inferiore lasciato penzoloni e chi cerca disperatamente ombra come noi tre. Dopo aver sgranocchiato un paio di scatolette di tonno e delle gallette cominciamo a risalire i fianchi della montagna per raggiungere il villaggio di Kormu. I portatori si caricano di nuovo tutto sulle spalle, le guardie imbracciano i Kalashnikov e Chick, mani nelle tasche e filo d'erba in bocca, incita la "mandria" a salire. I bambini fanno a gara per tenerci la mano. Ci controllano le braccia coperte di peli, li accarezzano e ci guardano divertiti. A volte ne abbiamo fino a due per lato. Poco prima del villaggio, in una piccola radura, montiamo la tenda sotto lo sguardo curioso della folla. Nuvole di fumo si alzano dalla valle del fiume Kibish testimoniando la presenza di altri villaggi Surma. Appoggiata ad un moncone d' albero, una giovane ragazza dal volto dipinto in parte di bianco e in parte di argilla con una vistosa piuma di uccello sulla testa continua a fissarci con sguardo malinconico. Poco dopo si avvicina una donna tenendo in mano un cestino di uova. Chik le ispeziona una ad una per controllare la loro freschezza rendendogli quelle da lui ritenute troppo "stagionate". Arriva anche l'acqua in due taniche diverse come lo e' anche il suo colore. Quella color ruggine proveniente dal fiume Kibish, l'altra da un pozzo con pompa a mano poco lontano dal villaggio. Allora perche' i bambini continuano a domandarci l'acqua? L'acqua e' preziosa e indispensabile per la vita del villaggio, ma i bambini forse non sono altrettanto importanti? Sembra di no a giudicare dagli spintoni e dalle scaramucce che sorgono quando decidiamo di assecondare i loro desideri. Domandiamo a Chik, la guida, se e' possibile comprare per cena un paio di capre da condividere con i nosri amici surma. Un'ora dopo ecco arrivare il primo montone tirato per una delle corna dal suo padrone. Cominciano le contrattazioni che si protraggono per diversi minuti e si concludono con un nulla di fatto. Accordatici infine sul prezzo passera' piu' di mezz'ora prima che riuscira' a riprenderlo. Viene legato ad un albero in attesa del triste epilogo. Le contrattazioni si ripeteranno con il secondo montone. Intanto, sdraiati a fianco della tenda, parliamo con alcuni ragazzi armati di Kalashnikov. Ci raccontano di episodici scontri armati con i vicini Bume a causa di reciproche razzie di capi di bestiame e dell'innocuita' di alcuni fucili dovuti all'incompatibilita' dei caricatori. Le armi vengono acquistate insieme alle cartucce dal vicino Sudan dove esistono tuttora delle sacche di guerra civile. Con l'avvicinarsi del crepuscolo vengono accesi due grossi fuochi dove verranno cotte le carni dei poveri animali. I surma sono soliti uccidere i capi di bestiame assestando potenti colpi di pietra tra le corna sul cranio. Dopodiche' recidono l'arteria giugulare. Il sangue caldo viene scrupolosamente raccolto in un recipiente di zucca. Rimango stupefatto quando una delle nostre guardie lo ingurgita tutto d'un fiato. Il pasto di sangue e' un fatto usuale tra i guerrieri surma. Alle luci delle nostre frontali gli animali vengono sezionati. Nulla viene scartato tantomeno la pelle che viene stesa su di un albero ad asciugare. La carne viene infilzata in bastoni affilati che vengono poi appoggiati direttamente sulla fiamma. Seduti attorno al fuoco i surma chiacchierano sommessamente.





A turno bambini completamente nudi e dal volto dipinto di un bianco splendente con screziature di color ocra controllano la cottura della.carne. Quando cominciamo a mangiare il solo rumore udibile e' quello delle mandibole che spolpano le ossa. Gli occhi dei bambini, illuminati dal chiarore del fuoco, testimoniano tutta la loro felicita'. Il consumo di carne nella societa' surma e' piuttosto raro e perlopiu' destinato agli adulti maschi. In uno spiazzo vicino intanto giovani surma intonano canti tradizionali accompagnati dal ritmo di un tamburo ricavato da una tanica di plastica vuota. Piccoli fuochi alimentati da paglia secca creano una luce fioca che rischiara i volti dei ragazzi che partecipano alla festa. La femmina entra nella pista agitando le braccia come un uccello e battendo ritmicamente i piedi nella nuda terra si dirige verso uno dei maschi al quale pesta leggermente un piede. E' lui il prescelto a danzare con lei. Pochi minuti e una seconda ragazza entra in campo scalzando la coppia e ripetendo il rituale. Piccole nuvole di polvere sollevate dal rapido calpestio costituiscono gli effetti speciali della discoteca all'aperto, nuvole che si trasformano in una tempesta quando siamo noi con i nostri pesanti scarponi ad entrare in campo.

Nel buio della notte i bambini surma richiamano la mia attenzione grattandomi leggermente le braccia con le unghie. Si divertiranno per tutta la sera a farsi sollevare da terra verso il cielo a spese delle mie braccia. Intanto dai fianchi della montagna, probabilmente dal villaggio di Koulou, piccoli fuochi sembrano scendere verso di noi. Sono le torce, stile fiamma olimpica, di altrettanti surma che ben presto si uniranno alla festa. Il cerchio si allarga sempre piu' fino a raggiungere almeno le 30-40 unita'. Alcune ragazze danzano coprendosi la bocca con scialli colorati forse per nascondere o proteggere dalla polvere la fresca incisione del labbro inferiore dove verra' inserito il piattello labiale che assumera' dimensioni sempre maggiori con il trascorrere del tempo. Verso le 02.00 del mattino, noi oramai esausti, entriamo nei sacchi a pelo accompagnati dai canti e dal tam-tam che col passare dei minuti si fa sempre piu' lontano mano a mano che le palpebre si fanno sempre piu' pesanti. La mattina dopo con molta tristezza lasciamo il villaggio ancora semi-addormentato sicuri di aver goduto entrambi ( noi e loro ) di indimenticabili emozioni.


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