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Mercoledì, 20 Maggio 2009

Le ragioni della mia pelle

Dal finestrino dell'aereo noto che stiamo sorvolando quell'immensa catena montuosa conosciuta al mondo come "Ande". Certo che vederle con i propri occhi è davvero impressionante...

Concorso Storie Vagabonde

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Dal finestrino dell'aereo noto che stiamo sorvolando quell'immensa catena montuosa conosciuta al mondo come "Ande". Certo che vederle con i propri occhi è davvero impressionante, pur non essendo un gran amante delle bellezze naturali o almeno non un profondo conoscitore, tanta potenza mi colpisce profondamente: un brivido attraversa la pelle.

Una delle hostess guardando fuori dal finestrino mi guarda e dice "Que espectaculo!". Non rispondo, o forse dico qualcosa, il momento è già passato, non ricordo, solo penso che a mia mamma piacerebbe molto vedere questo panorama, saprebbe gustarselo più di me. Però sono partito solo, cerco qualcosa lasciato in sospeso 4 anni fa. Come aver visto un film a metà, senza la parte finale.

Arrivo a Lima, scendo, aspetto il mio bagaglio: spero non sia rimasto per Madrid, Caracas o chissà dove, ho cose poco importanti ma non fa piacere perderlo.

Esco dall'aeroporto, sono le 11 di sera, fortunatamente vedo gli zii di Mabel, l'ultima volta non venne a prendermi nessuno, fu davvero seccante, per un turista può essere pericoloso, ne usci indenne ma ebbi "qualche problema" dato che non parlavo neanche spagnolo.

"Mucho gusto", molto piacere: cosi dico a Flor e Victor dopo esserci presentati. Mi chiedono come sta Mabel, com'è Genova; tutto ok, certo per una ragazza immigrata la vita è dura, senza documenti ancora peggio, pero sta bene!

Ci sono anche tre bambini, i loro figli, ma non ci faccio troppo caso. Un'emozione sempre più forte mi assale e non ragiono bene.

Mentre andiamo a casa su un taxi guardo i muri, la strada, la gente; c'è molto traffico, anche a quest'ora, molta confusione, non si rispetta molto il codice stradale, lo ricordavo. Molti chioschetti sono ancora aperti e non sembra stiano chiudendo, è venerdì ma mercoledì sarebbe uguale: se c'è gente in giro si può vendere, quindi si lavora. A Lima spesso c'è gente in giro.

Poi sento l'odore. Gli odori legati ai ricordi mi hanno sempre dato uno strano effetto, perchè non riesco a fermarli, posso riascoltare una canzone, guardare una foto, ma l'odore, non lo rinchiudo, arriva e va, buono o cattivo.

Pero mi piace Lima, anche il suo smog, certe case sgarrupate: non è cambiato nulla. Tempo fa una persona mi disse: "A Lima non mi sentivo in Perù": quattro anni fa anch'io lo pensai, poi appresi che le cartoline e le foto viste via internet, non sono i luoghi, tutto è molto più e meno di quel che pensi: spesso trovi il meglio in quello che non cerchi. In ogni caso io sono lontano da tutto, il film è ricominciato e mi metto comodo.

Los Olivos ahora es mas seguro.

Su un cartellone appare questa scritta, Los Olivos, qui vivo. Con la luce del mattino noto meglio tanti particolari di questo distretto: le strade principali sono asfaltate, ma le secondarie no, c'è molta polvere, il cielo è nuvoloso: in inverno Lima vede pochissimo il sole. C'è un po' di sporcizia e tutto da un senso di grigio, ma nell'aria sento una energia che stimola i sentimenti.

Passeggio con Cesar, un nipote di Victor, vive con loro in questo periodo. Andiamo al mercato, sono impaziente di bere un succo come si deve. La frutta qui è fenomenale, consiglio davvero a chiunque di bersi un "jugo surtido"se passa da queste parti, un frullato di frutta freschissima.

Al mercato parlo in spagnolo, mi difendo abbastanza bene adesso, in certe zone è pericoloso farsi notare turista, la delinquenza nella capitale peruviana è molto alta. Certo mi dicono che negli ultimi anni la situazione è migliorata.

La città mi passa quel sentimento di spersonalizzazione tipica delle capitali. Anni fa da tutte le parti del Perù vennero persone cercando occupazione, le culture e usanze si mescolarono, perdendosi in un certo senso. Il modello statunitense oggi è molto forte.

Penso che rimarrò una decina di giorni, poi partirò per il sud, verso Arequipa, una città capoluogo di una regione omonima. Ci sono persone lì che non vedo da anni, so che mi aspettano.



Disculpen por el retardo, hemos llegado en arequipa!

Il secondo autista si sta scusando per il ritardo, siamo arrivati in 18 ore, dovremmo impiegarne 15 o poco più; comunque finalmente scendo. Amo spostarmi in pullman come qualsiasi persone del luogo, invece che con l'aereo, si vive molto di più il viaggio; forse anche troppo, dopo 5 o 6 ore inizio a soffrire la mancanza di spazio vitale.

Arrivando ad Arequipa si viene subito colpiti dai 3 vulcani che sormontano la città, si notano sin da lontano, è bello perché spuntano dopo una vallata di pietra, svoltando l'ultima curva.

Sono in ritardassimo però, un'amica che mi stava aspettando al terminal è dovuta tornare a casa, la chiamai al cellulare durante il viaggio; la prima volta che venni i cellulari non erano molto comuni, anzi, se ne vedevano pochissimi. Oggi sono un consumo di massa anche qui, i prezzi sono scesi molto, l'oggetto in se trasformato in "status symbol".

Chiamo da una cabina... sta venendo sua mamma mi dice: bene! Aspetto qui, rispondo.

Viene dunque la signora Rosa, una donna che mi trattò come un figlio; quando venni qua per la prima volta non conoscevo nulla, la conobbi perché i suoi figli studiavano in un collegio di Lima nel quale svolsi un periodo di volontariato. Vendeva dolci per la strada in una carretta, molte donne fanno questo lavoro, sono proprio gruppi organizzati con divisa.

Sono di nuovo su un taxi e stiamo arrivando a casa della signora Rosa. Mi dice che adesso in PeruArbo (il nome del suo distretto in Arequipa) c'è la luce. Per l'acqua bisogna ancora andare alle fontane della zona dove viene distribuita ogni settimana: si paga logicamente. L'asfalto manca totalmente qui, ma si sta facendo molto. Da poco hanno costruito l'ospedale del distretto. Quando un nuovo insediamento di case si unisce e si fa riconoscere dalla città come gruppo organizzato, vengono create poco a poco strutture e opere pubbliche, insieme a una dotazione di mezzi di trasporto collegati con il centro città

Vengo accolto benissimo a casa sua, credo starò molto bene qui, 4 anni fa pensai che davvero avrei potuto vivere qui per sempre.



Espere un momento.

Questo mi dice il poliziotto della dogana dopo aver visto il mio passaporto. Sto per entrare in Bolivia, ma ho un piccolo problema al confine del Perù. Ci sono abituato, non crede alla mia nazionalità italiana.

Sono adottato, gli dico, sono nato qui, ma i miei genitori sono italiani. Chiama un suo amico, guardano il mio documento in due, poi lo passano sotto una luce azzurra, si convincono mi sembra. Penso che spesso hanno messo in dubbio la mia identità, anche in Italia. In Perù per la prima volta non mi sentii straniero, per la mia pelle, ma in verità non ero più di lì, ero differente dentro.

Sto andando in Bolivia adesso, per la prima volta, qualcuno mi sta aspettando a Cochabamba. Si vede il lago Titicaka, è enorme, sembra un mare, non vedo la fine, ma so che siamo a 3600 metri di altezza.

Ho una diversa consapevolezza in questa mia seconda volta in sudamerica, più che vedere un film, mi sembra di vedere il dietro le quinte del film, tutto è più duro, vero. C'è meno sogno, sto capendo qualcosa della terra dove sono nato.


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