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Domenica, 23 Novembre 2014

L'altra metà della mela

Questo viaggio fotografico  inizia nel Bronx, dove alla fine degli anni ’70 la rabbia dei ragazzi dei
ghetti si è trasforamata in musica, in versi, in breakdance, in graffiti, dando origine a quel
movimento conosciuto in tutto il mondo come Hip Hop.
 
L’idea era quella di ripercorrere tutte le tappe che hanno visto l’evolversi di questa cultura, a New
York City, per capire cosa è rimasto e cosa è cambiato: dai locali malfamati del South Bronx ai
campi di basket di Harlem, agli spettacolari graffiti del Queens  alle stazioni della metropolitana,
dove, ancora oggi, moltissimi B-boys si esibiscono in cambio di cospicue mance.
 

ARTICOLO DI

onofrive

Quando si pensa a New York, si pensa a Manhattan.
Quando si pensa a New York vengono subito in mente gli altissimi palazzi di vetro e  il cielo grigio che sembra attraversarli, si pensa agli amanti che passeggiano sul ponte di Brooklyn e agli aperitivi sui tetti di qualche hotel di lusso,   agli uomini di affari, seduti alle loro scrivanie in qualche grattacielo di Wall Street o alla straziante bellezza dei tramonti sulla skyline.
Quando si pensa a New York si pensa a una città verticale, dove tutto volge  verso l’alto, i palazzi, gli sguardi, le speranze e le ambizioni.

E’ bene sapere però, che esiste un’altra metà della mela e che, sebbene molto diversa, è altrettanto affascinante.

Parlo della New York nera, sotterranea, rivoluzionaria. Parlo dei quartieri dove è nato il Rap, quei quartieri in cui la gente combatte per le strade, sfidandosi, non a colpi di pistola, non sempre almeno, ma a suon di rime e passi di brack dance.
Una cosa è certa, non si può dire di aver visto New York se non si visita anche questa parte della città.

 Questi luoghi non sono lontani dall’Empire State Building o  da Time Square, ma quando si esce dalla metro nel Bronx o nel Queens si ha  l’impressione di essere arrivati in un'altra città, completamente diversa.
Harlem, ad esempio,  grande centro culturale e commerciale degli Afro-americani, dove  a metà degli anni ‘70, lungo i marciapiedi e nei campetti di basket i ragazzi iniziarono a ballare alzando al massimo il volume dei loro grandi  stereo e a mettere in rima la loro rabbia.
Il Bronx, che, seppur non goda di una buona fama a causa della nota violenza per le strade o dell’alto tasso di criminalità, rimane una realtà da conoscere, un posto in cui la gente più povera riesce a trovare delle alternative attraverso i locali underground, la musica e l’arte.
Il Queens, noto per essere continuamente colorato dai più bei graffiti del mondo, divenuto negli anni un vero e proprio laboratorio per artisti di strada.

Insomma, andare a New York e vedere solo Manhattan è un po’ come andare a Roma e vedere solo la Cappella Sistina: gratificante, incantevole, ma non per questo, da sola, può rendere l’idea della città.

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