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Domenica, 1 Marzo 2015

La Paz: città-mercato tra antichi riti aymara e 'grandi opere'

La Paz è un caos tutto da scoprire. Costruita lungo un'altura in modo decisamente acrobatico (ma come faranno alcune case a rimanere in piedi?), vanta un totale di 800 metri di dislivello (supera i 4000 sul livello del mare) e ben 6 gradi centigradi di differenza dal punto più basso a quello più alto della città. Una mescolanza di cristianesimo e sciamanesimo, tradizione e modernità. Il tutto condito da mercati (ovunque!) e traffico, tanto traffico.

ARTICOLO DI

faralloclauz

La Paz è un caos tutto da scoprire. Costruita lungo un'altura in modo decisamente acrobatico (ma come faranno alcune case a rimanere in piedi?), vanta un totale di 800 metri di dislivello (supera i 4000 sul livello del mare) e ben 6 gradi centigradi di differenza dal punto più basso a quello più alto della città. Una mescolanza di cristianesimo e sciamanesimo, tradizione e modernità. Il tutto condito da mercati (ovunque!) e traffico, tanto traffico.

Il trucco per attraversare la strada è imitare i locali, ovvero buttarsi. E, non si sa come, alla fine sopravvivi. Anche attraversare i mercati è un'impresa. I banchi (tenuti sempre e solo da donne) invadono letteralmente le strade. Raro poter vedere i muri della città. Qui si trova di tutto: frutta, patate, altri tuberi locali (come l'oca, che è eccezionale!), ma anche vestiti, cineserie e, ultimi ma non ultimi, talismani, unguenti miracolosi e mercanzie legate ai riti aymara.

Il 'pezzo forte' (si tengano i più sensibili) è rappresentato dai feti di lama. Di ogni dimensione. Sono messi in bella mostra, in alto, sui banchi e fuori dai negozi. E sono molto richiesti. Servono infatti per dei riti fondamentali, come quelli che precedono la costruzione di una nuova casa o che guardano all'agricoltura (ma non per quelli di amore o salute). Perché? Perché serve il permesso della Pachamama, della Madre Terra. E quale modo migliore per farlo che bruciare un feto di lama? I lama sono sempre stati protagonisti del sacrificio, anche nelle culture preincaiche. E a La Paz lo sono ancora oggi.
Funziona così: mettiamo che io debba costruire una casa, ebbene gli operai si rifiuteranno di iniziare i lavori fino a quando non avrò chiesto il permesso alla Pachamama. Allora dovrò chiamare un sacerdote aymara e chiedergli di compiere il rito apposito, che nello specifico prevede di bruciare un feto di lama insieme a varie erbe ed alcol e, poi, porre queste ceneri sotto la pietra fondamentale della costruzione. Solo in questo modo i lavori potranno cominciare.

E veniamo alla domanda che a me è subito balenata in mente guardando questa mercanzia: ma come fanno a 'procurarsi' tutti questi feti di lama? Seguono le lama aspettando che abbiano un aborto spontaneo? Le uccidono per sottrargli il feto? Aspettano che partoriscano per poi far morire i piccolini? Ebbene ho avuto modo di sentire (ma non di verificare) due versioni.
La prima sostiene che i locali indurrebbero nelle lama un aborto naturale. A questo penserebbero gli sciamani (che nella cultura aymara vengono chiamati kallawaya ed equivalgono a medici naturisti) con un apposito infuso. L'altra versione (certamente più coerente con la Pachamama) farebbe riferimento ad aborti esclusivamente naturali. Sembra, infatti, che i camelidi siano particolarmente esposti a questo tipo di episodi.

Dal punto più basso a quello più alto di La Paz, le cose cambiano decisamente. I ricchi, infatti, sono concentrati nei quartieri più bassi. Il motivo è semplice: fa più caldo e c'è più ossigeno. In alto, i quartieri più poveri, dove si possono osservare con una certa frequenza (ma non mancano anche in altre zone) dei singolari moniti contro la delinquenza: dei pupazzi dalla sembianza umana (vestiti di tutto punto, scarpe comprese) impiccati ai pali della luce. Non sono spaventapasseri, ma 'spaventa-ladrones'. Se il messaggio non fosse chiaro, alcuni reggono anche un cartello: "Ladron pillado sera quemado". Con tanto di teschio stilizzato. Insomma, giustizia privata collettiva.

A collegare l'estremità più bassa a quella più alta della città, ci pensa la mega obra (grande opera) della città: il "mi Teleférico". Come recita la canzoncina trionfalistica che viene messa in loop all'uscita delle stazioni, "l'orgoglio di La Paz". Il personale è cordialissimo: saluta ogni singolo passeggero che sale e scende dalle cabine. E i bambini escono dalle stazioni sventolando le bandierine col simbolo del "mi Teleférico". Sì, il governo di La Paz sembra aver puntato davvero molto su questa grande opera. E sembra aver funzionato: è molto frequentata e, da lassù, è possibile ammirare la città (ma anche le montagne innevate che la circondano) in tutto il suo caotico e sterminato splendore.
P.s. Il post è stato modificato rispetto alla prima versione pubblicata

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