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Sabato, 12 Febbraio 2005

Islanda fai da te...si grazie!

Il Nord ci e' rimasto nella pelle, e il nostro sogno nel cassetto rimandato piu' volte, l

ARTICOLO DI

Vagabondo0


Presentazione

Inguaribili viaggiatori, fanatici dei viaggi “self made”, assieme abbiamo attraversato l’Europa in lungo e in largo. Molti Paesi ci hanno entusiasmato, quelli Scandinavi letteralmente rubato il cuore. Terre molto simili per origini, tradizioni e cultura ma allo stesso tempo prepotentemente diverse.

Il Nord ci è rimasto nella pelle, e il nostro sogno nel cassetto rimandato più volte, l’Islanda, quest’anno finalmente si è potuto realizzare.

Dopo esserci lungamente documentati siamo giunti alla comune conclusione che degli amanti della natura come noi, per apprezzare a fondo una terra così particolare, isolata e magica, per molti versi decisamente unica, non avrebbero potuto vivere parte di questa esperienza se non a piedi, soli, zaino e tenda sulle spalle. Sicurezza e precarietà allo stesso tempo, in balia degli elementi, circondati dai profumi; odore di erba, di pioggia e di terra su tutto, sentire il vento, sentirsi liberi...

Così, lentamente, ad un ritmo quasi d’altri tempi, abbiamo vissuto un’ esperienza intensa, la nostra piccola grande avventura islandese.

Breve introduzione

Il viaggio può idealmente dividersi in due parti: un trekking di 50 chilometri (il famoso Laugavegurinn), svolto nella prima settimana di vacanza sull’Isola, e una parte decisamente più turistica che ci ha fatto visitare le mete “classiche”.

Arrivati a Reykjavìk abbiamo pernottato nel suo accogliente campeggio. Dopo due giorni di visita ai dintorni della città, siamo partiti alla volta di Landmannalaugar, con l’intento di visitare meglio la capitale negli ultimi giorni di permanenza in questo paese.

ITINERARIO

Prima parte del viaggio: trekking

Trekking “Laugavegurinn”: da Landmannalaugar a Thorsmork (Pòrsmork) 50 km


Siamo partiti ieri mattina dal terminal degli autobus BSI di Reykjavìk e arrivati a Landmannalaugar nel primo pomeriggio, dopo alcune ore di viaggio “movimentato”. Finalmente anche noi, per la prima volta, abbiamo il piacere di vedere e percorrere le famose piste interne. Chilometro dopo chilometro tutte le nostre letture si materializzano. Stentiamo a realizzare la magnifica asprezza dei luoghi che ci si presentano innanzi e tutto va ben oltre a ciò che ci aspettavamo di trovare.

La valle ci accoglie con un clima piuttosto ostile: la giornata non è delle migliori ed appena scesi dall’autobus, un inquietante sensazione di isolamento e angoscia ci pervade. Non ci spieghiamo ancora le origini dell’iniziale disagio; probabilmente dovuto all’ unicità del posto o forse, più facilmente, alla consapevolezza che nei tre o quattro giorni a venire dovremo contare solamente sulle nostre forze e conoscenze.

Uno scorcio di sole ci tranquillizza. Scopriamo presto che le pesanti nuvole basse che avvolgono tutto, dando al posto un atmosfera quasi infernale, frequentemente si aprono lasciandoci ammirare lo splendore da cui siamo circondati
.
Il paesaggio di Landmannalaugar è semplicemente straordinario: le cime di riolite giallo ocra e arancio risaltano sul nero dei campi di lava e questi fantastici contrasti rendono il luogo indiscutibilmente unico. Ammutoliti per la bellezza dei panorami ci sbrighiamo a piantare la nostra piccola tenda accanto alle poche altre: ha ripreso a piovere nuovamente con una certa intensità! Salutiamo i vicini più prossimi... nel piccolo accampamento tutti sono intenti a cucinare o leggere aspettando una schiarita. Accanto al campeggio, gestito dal Club Alpino Islandese (Ferdafélag Islands) sorge l’essenziale rifugio e le ragazze che lo gestiscono ci forniscono utili informazioni. Qui è possibile solamente dormire ed utilizzare le cucine comuni (i rifugi in Islanda non prevedono il vitto).

Registriamo il nostro passaggio ed usciamo per visitare i dintorni. Appena fuori docce e servizi e la possibilità di fare un bagno all’ aperto in pozze naturali di calda acqua cristallina... assolutamente imperdibile per chi ha il coraggio di esporsi nudo alla odierna severità del clima! Il freddo si è fatto pungente, rientrando alla tenda attraversiamo il campo, corrono frequenti sguardi di intesa, equivalenti a saluti cordiali tra gente sintonizzata sulla stessa lunghezza d’onda: molti di noi nei prossimi giorni vivranno la stessa magnifica esperienza.

1° giorno: partenza dal campeggio di Landmannalaugar, adiacente al Rifugio omonimo e arrivo al Rifugio di Alfavatn, transitando per il rifugio Hrafntinnusker.

Distanza: 24 km - Tempo impiegato: 10 ore. Dislivello totale: 1100 metri circa.

Il percorso inizialmente sale e attraversa un’antica colata lavica; si arrampica poi lungo un ripido pendio e segue lungamente arrotondate creste caratterizzate da una notevole attività geotermica (fumarole e solfatare particolarmente attive borbottano un pò ovunque). Dopo il primo tratto in salita raggiungiamo degli agevoli altopiani dove però soffia un vento incessante, piuttosto forte. Pioggia a vento e nebbia ci fanno purtroppo compagnia rendendo spesso la visibilità molto scarsa: i rari scorci sulle colorate e profonde valli sottostanti ci vengono rubati e restituiti continuamente dal biancore delle nubi in cui siamo immersi.

Prestiamo molta attenzione nell’ attraversare i facili nevai e le piccole lingue glaciali che riempiono alcuni canali: dei ponti di neve crollati ci costringono a “girovagare” per trovare passaggi più agevoli. Il percorso è sempre ben marcato e reso sicuro dalla presenza costante di bastoni segnavia. Quando per la cattiva visibilità non sappiamo da che parte andare uno di noi due sosta all’ultimo paletto trovato e l’altro avanza quel poco che basta per ritrovare la strada (da queste parti la paura di perderci ci fa essere fin troppo prudenti!). Dopo il tratto caratterizzato da nebbia e nevai, che comunque nella stagione estiva non richiede l’utilizzo di ramponi (utili i bastoncini telescopici), scendiamo, e in poco tempo ci troviamo davanti al rifugio Hrafntinnusker che ci appare improvvisamente dal nulla.

Alcuni arrivano e si fermano qua per la notte, ma il clima pessimo rende il luogo davvero poco accogliente. Un rado muretto di sassi cerca di proteggere inutilmente alcune tende dalla forza del vento e vedere il suo effetto sulle gialle, solide tendine di una nota marca ci fa sentire ancora freschi e pimpanti! Ci guardiamo solamente, non serve parlare, la voglia di proseguire è tanta! Beviamo alcuni sorsi dalla borraccia, mangiamo due barrette energetiche e ,dopo avere posto le nostre firme nel libro del rifugio, ripartiamo.
Da questo momento in poi il percorso scende ed è caratterizzato da canaloni disposti a ventaglio, più o meno profondi, con e senza neve, che obbligano ad un lungo e faticoso saliscendi. Ultima fatica: l’attraversamento di un fiume glaciale, non profondo ma impetuoso.
Cerchiamo di studiare una soluzione “asciutta” per varcarlo, ma le rocce affioranti troppo scivolose e distanti ci obbligano ad entrare in acqua. Rassegnati al gelido pediluvio calziamo i sandali e rimbocchiamo i calzoni fino alle ginocchia. Scarponi a tracolla e le gambe che pungono dal freddo, sbuffando, raggiungiamo velocemente l’ altra sponda.

La strada percorsa ora si fa sentire: siamo piuttosto stanchi ed affamati per non dire esausti!

Vedere il rifugio Alfavatn davanti a noi, in fondo alla valle sulle sponde dell’ omonimo lago ci solleva e riempie di gioia. Lo spettacolo è grande, ci fermiamo a contemplare le amene sponde, il lago e le caratteristiche cime affilate sullo sfondo: una cartolina che sola ci ripaga di tutto.

Una volta arrivati, la solita prassi, firma in rifugio, tenda, cena, diario, partita a Machiavelli, toilette e finalmente... a nanna!

La giornata è stata lunga e faticosa, complice il pesante zaino al quale non siamo ancora abituati, indispensabile amico che malediremo quotidianamente.

Serena dorme beata, la invidio, sonnecchio e vigilo... fuori c’è chi ha passato la notte a salvarsi la tenda! Qui aspettatevi venti davvero spietati, inimmaginabili, più forti del Meltemi e più cattivi della Bora che metteranno a dura prova la solidità della vostra “casetta”.

2° giorno: partenza dal campeggio di Alfavatn e arrivo al Rifugio di Botnar (Emstrur). Distanza: 15 km - Tempo impiegato: 8 ore. Dislivello totale: 40 metri circa.


Il vento che si è fatto sentire per tutta la notte soffia ancora più rabbioso e smontare la tenda non è un’ impresa facile: l’operazione ci impegna e obbliga uno Serena a distendersi sul telo afflosciato per non farlo volare via!

Se il vento dei giorni scorsi era pazzesco, quello di oggi non sapremmo davvero come descriverlo! Dopo aver segnato la nostra partenza sul libro del rifugio, indicata la destinazione successiva e pagato il pernotto partiamo alla volta di Emstrur.

Ci incamminiamo, ma sotto la maschera da sci intravvedo lo sguardo poco convinto della mia compagna. Resistendo alle violente raffiche superiamo a fatica il primo facile pendio, barcolliamo più volte e arrancando finalmente arriviamo in cima; appena oltre, scendendo in un vallone protetto tutto ridiventa quasi normale. Siamo più tranquilli: per un momento la paura di avere un vento del genere come costante ci stava facendo tornare sui nostri passi nell’ attesa di condizioni migliori. Con il morale alle stelle avanziamo spediti, attraversiamo un fiume poco profondo, dove troviamo dei francesi con la guida carichi come muli e una coppia di ragazzi tedeschi: li salutiamo e passiamo oltre.

Superiamo campi di lava e un fiume più impegnativo con disinvoltura, ormai le operazioni di svestizione e vestizione sono veloci, quasi automatiche e finalmente davanti a noi il mitico deserto: il Sandur. L’ambiente ora è davvero fuori dal comune: sabbia nera sconfinata che, con l’aria tersa di queste latitudini, origina un’atmosfera davvero affascinante. Non ci crederete ma anche distanze e dimensioni qui sono irreali: quello che credevamo un accampamento all’orizzonte non era altro che un mucchio di sassi a 300 metri da noi!


L’iniziale entusiasmo per la novità lascia presto spazio allo sconforto; la fatica nell’avanzare nella sabbia sotto il peso dei nostri ingombranti zaini ci fa progredire a testa bassa. Indossiamo nuovamente gli occhiali da sci; il vento riprende vigore e qui nel Sandur non scherza: alza e scaraventa la sabbia fine ovunque con un effetto abrasivo e pungente davvero fastidiosi.

Veramente provati da quest’ ultimo tratto interminabile e dall’isolamento totale (ma dove sono gli altri escursionisti!?!) au certo punto incontriamo una carovana di fuoristrada, quasi un miraggio, che ci rincuora: la “civiltà” ora non dovrebbe essere lontana.

Dopo poco (un paio di ore), passato un picco montuoso ben evidente sulla carta (il Tuddi), svoltiamo a sinistra e scendendo vediamo finalmente sventolare la bandiera dell’Islanda accanto all’inconfondibile tetto rosso del Rifugio Botnar.

Montiamo la tenda in un piccolo terrazzamento nella valletta sottostante; della gente sta cucinando, ci si saluta ma l’ urgenza di mangiare prende il sopravvento sulla voglia di conversare. Aspettando che l’ acqua sul fornello bolla contiamo le tende, sono cinque, affollamento stasera!

Divoriamo avidamente le poche cose a nostra disposizione, menù a base di riso al curry e cous cous...rigorosamente liofilizzati. Mai mangiato nulla di più delizioso! Frutta secca e caffè chiudono alla grande l’intensa giornata.

Rintanati caldi e asciutti nei sacchi a pelo parliamo e scriviamo pensando all’enorme e splendido ghiacciaio che ci sovrasta, il Myrdalsjokull, sotto il quale, mi dice Serena, si cela un vulcano attivo... la mangerei!

3° giorno: partenza dal campeggio Botnar (Emstrur) e arrivo al Rifugio di Thorsmork. Distanza: 15 km - Tempo impiegato: 8 ore. Dislivello totale: 300 metri circa.

Partiamo alla volta di Thorsmork, ultima tappa. La giornata ci dona spiragli di sole, per poi aprirsi definitivamente.

Un regalo grande: per la prima volta possiamo toglierci le giacche impermeabili!

Il percorso, caratterizzato da alcuni saliscendi, è molto vario. Anche qui prati, distese di rocce, sabbia e immancabili guadi. Dapprima oltrepassiamo il canyon glaciale “Sytri-Emstrua”, la cui discesa e attraversamento sono facilitati da grosse corde di canapa e solida passerella. Arrivati sull’altra sponda godiamo di un bellissimo panorama sul ghiacciaio soprastante. Diamo l’ultimo definitivo saluto alla valle ed entriamo in un ambiente diverso, fatto di montagne più solide dai contorni a volte arrotondati a volte spigolosi; una formazione a forma di rinoceronte ci terrà compagnia per parecchio tempo. Anche la vegetazione sta diventando via via più rigogliosa e spunta addirittura qualche esile e nodosa betulla nana.

Dopo alcuni chilometri di pianura arriviamo al placido fiume Ljòsà, che poco a valle scava inaspettatamente una profonda forra le cui alte e vicine sponde sono unite da una passerella.
Ottimo punto per sostare un attimo e mangiare un boccone vista la rampa che poco oltre ci attende! Dopo aver valicato la lunga e ripida salita sbuchiamo su un vasto pianoro da dove il panorama spazia a 360 gradi sulle valli che ci siamo lasciati alle spalle, sui ghiacciai circostanti e sul sentiero che ci porterà a destinazione.

Dall’alto notiamo anche l’ultimo ostacolo di cui avevamo sentito parlare: il fiume glaciale “Thrònga”, piuttosto largo ed impetuoso, con più corsi paralleli. Per la prima volta la forza dell’acqua ci costringe a guadare mano nella mano, risalendo leggermente la corrente. Al di là del fiume, via i sandali, veloce asciugatura e di nuovo al caldo negli scarponi.

Saliti su una sorta di argine, rimaniamo a bocca aperta: il paesaggio davanti a noi è incredibilmente rigoglioso. Proseguiamo in un fitto bosco animato da fruscianti betulle siberiane e placidi rigagnoli dalle acque trasparenti. Questo tipo di ambiente, a cui non eravamo più abituati, ci accompagnerà fino al cartello indicante l’imminente fine del nostro trekking.
La segnaletica, posta ad un bivio successivo, ci mostra i due “capolinea”: a destra l’accampamento di “Hùsadalur”, che pubblicizza la presenza di invitanti docce calde; dall’altra parte il rifugio “Thorsmork” che guarda il ghiacciaio e verso il quale ci dirigeremo.

Ingenuamente ci aspettavamo di trovare un piccolo villaggio dove finalmente bere e mettere sotto i denti qualcosa di buono. Pura illusione, perché Thorsmork è solo una splendida località che da il nome al rifugio, il quale, seppur di grandi dimensioni, si limita ad offrire, come tutti gli altri, doccia spartana, pernotto e piccola zona riscaldata per l’eventuale asciugatura dei capi bagnati.

Veramente un minimarket esisterebbe, ma noi che non stiamo ancora morendo di fame preferiamo soprassedere.

La zona adibita alle tende è un morbido prato inglese accanto allo stabile. Costruiamo velocemente la “casa” infilando i picchetti nel terreno a mano, corriamo alle docce e freschi come rose festeggiamo la felice riuscita dell’ impresa dando fondo, senza freni, alla nostra dispensa.

Domattina l’ autobus della BSI ci verrà a prendere: ci addormentiamo felici sognando di fare la spesa.

Seconda parte del viaggio: turismo itinerante


Grazie ai confortevoli e pratici mezzi pubblici abbiamo percorso, in senso antiorario, quasi l’intera Isola. La scelta di trascurare i Fiordi Occidentali e la penisola di Snaefellsnes, con il suo celebre monte Snaefellsjokull tanto caro a Jules Verne, è stata dettata dalla mancanza di tempo. In venti giorni, del resto, non si possono fare miracoli e così adesso una scusa per tornare ce l’abbiamo.


Brevemente, qui di seguito, i luoghi da noi visitati:

1) Blue Lagoon. Situata nella penisola di Reykjanes, è una splendida stazione geotermale dove, in ammollo nelle sue caldissime, lattigginose e celesti acque, ci si può rilassare per almeno una mezza giornata. Il posto è facilmente raggiungibile da Reykjavìk con più corse quotidiane.

Il Golden Circle. Si chiama così il percorso che tocca le seguenti località: Hveragerti, Thingvellir, Geysir e Gullfoss. Per chi ha poco tempo come noi la cosa migliore è fare un tour organizzato che ottimizzando gli spostamenti risulta anche piuttosto conveniente. Hveragerti non è una località ma piuttosto una modernissima centrale geotermica. Una visita guidata all’impianto ci ha consentito di capire l’importanza che la geotermia ha nella vita degli Islandesi. Adesso sappiamo perchè l’acqua calda dei campeggi sgorga a 80°C!

Thingvellir è il punto dove meglio si vede la frattura che divide la zolla Europea da quella Nord Americana.... la guida ci ha ricordato che il posto è anche famoso perché qui si incontravano i membri del primo Parlamento Islandese.
2) Geysir, è una località geotermica davvero esplosiva, famosa in tutto il mondo per gli spruzzi di acqua calda proiettati verso l’alto. Il posto prende il nome da un potente getto che fino pochi anni fa era ancora attivo; proprio come lui si chiamano universalmente questi fenomeni. Ora che il vecchio originale Geyser ha esaurito la sua potenza, un altro impressionante getto chiamato Strokkur richiama l’attenzione di orde di turisti. Gullfoss, una bellissima cascata, forse la più conosciuta d’Islanda dopo Dettifoss.
3) Skogar. Paesino situato nel sud dell’isola, è famoso per la cascata che porta lo stesso nome. Il campeggio si trova proprio a ridosso dell’omonima cascata che di notte allieta il sonno con il suo fragore! Noi non abbiamo fatto in tempo a visitare il famoso museo del folclore che dicono non si possa perdere... ci è dispiaciuto molto tenuto conto che quello di Reykjavìk era chiuso per restauro!
4) Parco dello Skaftafell. Punto di partenza di numerose escursioni lungo i sentieri di tutto il parco. Di giorno è letteralmente preso d’assalto da pulmann turistici... ma la sera si arricchisce di un fascino unico. Il campeggio è proprio a ridosso di una lingua glaciale del Vatnajokull, il ghiacciaio più grande d’Islanda, il terzo al mondo dopo Antartide e Groenlandia! La cascata di Svartifoss, caratterizzata per avere sullo sfondo nere colonne di basalto, è facilmente raggiungibile con una camminata di mezzora.
5) Jokulsàrlòn. E’ un lago glaciale di scioglimento dove, dalle lingue dell’enorme ghiacciaio Vatnajokull si staccano grossi iceberg che lo riempiono e lentamente defluiscono al mare con le maree. L’atmosfera è davvero unica e l’aria “odora”di ghiaccio.

6) Myvatn. In islandese vuole dire “lago dei moscerini”. Sentendo i racconti di altri campeggiatori ne deve essere veramente infestato. La nostra fortunata permanenza, caratterizzata da vento incessante, non ce li ha fatti vedere. Il luogo è veramente affascinante, imperdibile per gli amanti del bird watching, ed è ideale per fare delle piacevoli escursioni giornaliere nei dintorni. Un’escursione molto interessante è quella al vulcano Krafla. Noi siamo partiti a piedi dal campeggio seguendo il sentiero ben marcato da visibili paletti. L’itinerario attraversa vasti campi lavici solidificati, alcuni nerissimi piuttosto recenti e ancora fumanti! Attenzione: le carte topografiche della Landmaeligar Islands non riportano questo sentiero ma all’ufficio informazioni è possibile reperire una mappa dell’ interessante itinerario. La zona del Krafla è molto famosa per l’intensa attività geotermica che viene sfruttata da una centrale. Bellissima anche la salita al cratere Viti, a fianco del Krafla, che consente di percorrerne l’intero periplo; dall’ alto panorama verso la Valle di Myvatn. Il tempo di percorrenza (sola andata) è di circa cinque ore, senza difficoltà e lo consigliamo vivamente.

Un’altra bella passeggiata da fare in giornata è quella che parte dal campeggio Eldà e che arriva fino al campo lavico di Dimmuborgir passando dall’imponente cratere del vulcano ormai sopito Hverfell. Anche in questo caso la carta non riporta il sentiero ma presso l’ufficio informazioni si può recuperare il tracciato, sempre ben segnalato con paletti e alla portata di tutti. Ricordarsi di portare in uno zainetto acqua e viveri per il pranzo! Si arriva al cratere Hverfell dopo aver transitato accanto a due profonde spaccature in fondo alle quali si trovano pozze di acqua calda.
La prima Stòragià, vicinissima al campeggio, consente di fare il bagno, mentre l’altra Grjòtagjà merita una visita, ma la temperatura elevata dell’acqua non permette di bagnarsi. La cresta del cratere Hverfell si può percorrere e offre begli scorci sugli pseudo crateri del Lago Myvatn. Scendendo dalla parte opposta si prosegue verso Dimmuborgir, un antico campo lavico colonizzato ormai da betulle di discrete dimensioni. Dimmuborgir è un “labirinto” di enormi blocchi di lava solidificata nelle forme più bizzarre: l’ambiente è suggestivo e molto visitato. Il ritorno segue lo stesso itinerario dell’andata.
7) Dettifoss e la valle di Asbyrgi. Dettifoss, la cascata con la maggior portata d’acqua d’Europa, è raggiungibile da Myvatn solo tramite piste interne sterrate. I trasporti pubblici non coprono questa tratta e ci siamo dovuti appoggiare ad una gita organizzata con guida locale, un’ottima scelta.

Per chi si muove con propri mezzi è facilmente raggiungibile, meglio con un veicolo 4x4, anche se sul posto c’erano dei normali camper (rigorosamente noleggiati!). La cascata non ha bisogno di commenti... la violenza dell’acqua ed il boato fanno accapponare la pelle! Il fiume che crea la cascata ha scavato il profondo canyon in poco tempo e, passando da Asbyrgi , sfocia nel Mar Glaciale Artico. Asbyrgi è un altro spettacolare canyon dall’insolita forma a ferro di cavallo. Le saghe islandesi vogliono attribuire la sua forma ad un'impronta lasciata dal cavallo di Odino ma la geologia smentisce questa ipotesi!

Tappa successiva: avvistamento di una vasta colonia di pulcinella di mare, lungo il tratto di costa che va da Asbyrgi verso Hùsavìk. Rientrando verso Myvatn facciamo sosta a Hùsavìk, piccolo e caratteristico villaggio sul mare famoso per il suo centro avvistamento di cetacei (orche e balene). Noi, che le balene le avevamo già viste in Norvegia, non abbiamo ripetuto l’esperienza ... ma per chi non ha mai fatto simili incontri consigliamo vivamente la gita! Il tour impegna un’intera giornata e bisogna provvedere alle provviste prima di partire.
8) Askja. Altra meta difficilmente raggiungibile senza mezzi adatti. I fuoristrada incontrati lungo il percorso erano tutti modificati per affrontare i numerosi e non facili guadi. Il nostro pulmann era molto alto con trazione integrale.

La pista corre lungo lo Jokulsà, lo stesso fiume che crea Dettifoss. Il paesaggio è, neanche dirlo, vulcanico: si attraversano le zone desertiche più grandi d’Europa e l’area, assolutamente lunare, è stata utilizzata in passato dalla NASA per l’addestramento dei suoi astronauti. Transitando lungo questi infiniti altopiani desertici si alternano paesaggi multicolore: alle distese di cenere nera seguono sabbie e pomice color ocra... alcuni altopiani fanno venire in mente il Sahara. In fondo a questa pista, dei rifugi di montagna, la graziosa valle del Drekagil e finalmente il cratere dell’Askja, accanto all’omonimo lago.

Scendendo dal pulmann una tempesta di neve ci dà il benvenuto! La visibilità purtroppo non è delle migliori ma la nostra guida dice che dobbiamo essere felici perchè si tratta della prima nevicata d’agosto e porta molta fortuna... mah sarà, io ho già il mal di gola! Ci sarebbe piaciuto fare il bagno in fondo al cratere; alcuni tedeschi scendono e si tuffano ma cambiamo presto idea quando vediamo la loro brevissima permanenza in acqua. L’acqua qui è solo tiepida: 25 gradi circa, e fuori neve e vento non danno tregua.

La via del ritorno segue quella dell’andata ed è allietata dai racconti e descrizioni della nostra guida, una splendida e simpatica mammina islandese.
9) Akureyri. Una delle più belle città del nord, famosa per il suo clima asciutto e dove ritorniamo un pò alla civiltà. Il suo centro è un simpatico susseguirsi di locali, ristoranti, negozi e librerie (ben tre). Finalmente ci permettiamo anche noi un pò di ozio davanti ad una fumante tazza di caffè.

Meritano una veloce visita i suoi Giardini Botanici, ricchi di splendide piante provenienti da ogni dove e che sono, a ragione, l’orgoglio della città.
10) Hveravellir (presso la strada interna di Kjolur). Il tempo a nostra disposizione sta per esaurirsi. Mancano due giorni al rientro in Italia. Le possibilità per tornare a Reykjavìk sono due: proseguire lungo la strada circolare o “tagliare” prendendo questa famosa e pittoresca pista interna che in una giornata riporta alla capitale sostando nuovamente alla cascata di Gullfoss e presso Geyser. Consigliati dall’ufficio turistico di Akureyri, con un piccolo sovrapprezzo, prendiamo questa via. La scelta risulta felice, soprattutto per la sosta al Rifugio Hveravellir dove, straordinariamente, i fenomeni geologici d’Islanda sono tutti riassunti!

Per la prima volta, dopo venti giorni, incontriamo un’altra coppia di italiani che utilizzano i trasporti pubblici.
11) Reykjavìk. Capitale e unica vera cittadina d’Islanda: graziosa, moderna, all’avanguardia.
La gente veramente cordiale e disponibile ci ha sorpreso più volte: tutti parlano correntemente l’inglese, così bene, troppo bene da farci quasi sentire a disagio! E’ una città a sé che va scoperta sul posto, veramente a misura d’uomo: piste ciclabili e pedonali portano ovunque. Il modo migliore per visitare la città è girovagare lungo le pittoresche vie del centro storico. Antico e moderno viaggiano di pari passo e dentro la città, lungo la tangenziale (!) c’è anche uno scorcio di natura selvaggia: un parco solcato dall’ Ellithaàr, il fiume dei salmoni con i pesci veri che risalgono la corrente!

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ALLOGGIO

Per scelta noi abbiamo sempre dormito in tenda nei campeggi o nei pressi dei Rifugi durante il trekking. I campeggi, dai prezzi popolari, sono ben organizzati e, nonostante i servizi comuni siano pochi rispetto ai viaggiatori che ne fanno uso, sono sempre puliti. Spesso le docce calde si pagano a parte. Ricordiamo, soprattutto per chi sta pianificando un viaggio come il nostro, che i campeggi sono dotati di carta igienica e di sapone.

TRASPORTI

Utilizzare gli autobus di linea, peraltro molto efficienti, è comodo e davvero conveniente. Le fermate spesso sono presso i campeggi o situate nei punti di maggior interesse (vedi Skogar, a pochi metri dalla famosa cascata Skogafoss). Durante gli spostamenti, inoltre, l’autista allieta e arricchisce il viaggio con un resoconto storico-geologico dei luoghi che si stanno attraversando. Dopo aver visto alcuni mezzi in panne sulle piste interne, la nostra scelta si è dimostrata decisamente azzeccata! Abbiamo trovato molto conveniente acquistare il Full Circle Pass, un biglietto senza limiti di tempo che da diritto ad un giro completo dell’Isola (scegliendo a priori il senso di marcia).

L’EQUIPAGGIAMENTO

Attrezzatura comune:

• Tenda 4 stagioni (possibilmente leggera e con abside per cucinare).

• Fornello a gas e pentola in alluminio.

• Posate in Lexan, piatti e bicchieri in plastica.

• Paravento per cucinare pieghevole in alluminio.

• Bacinella pieghevole multiuso.

• Set pronto soccorso.

• Borsello toilette con dentifricio, sapone, ecc...

• Piccolo set da cucito.

• Pochi metri di nastro telato tipo american tape per riparare di tutto.

• Corda da escursionismo 30m., diametro 8mm (mai utilizzata).

• Portacarte impermeabile con tracolla (indispensabile).

• GPS tascabile (comodo ma non indispensabile).

• Filtro per l’ acqua (utile ma non indispensabile).

• Borraccia pieghevole, 2 litri. Contenitori Nalgene, varie misure per trasporto viveri.

Attrezzatura individuale:


• Zaino capiente da 60/80 litri.

• Sacca per imbarcare lo zaino in aereo utilizzabile, come sottotenda protettivo.

• Sacco a pelo da montagna, rigorosamente sintetico (meno problemi con l’ umidità!).

• Materassino in espanso (si lega fuori e non si inzuppa).

• Sacche impermeabili per l’abbigliamento.

• Coltello multiuso.

• Borraccia alluminio da 1 litro.

• Fiammiferi anti vento e accendino.

• Fischietto.

• 2 moschettoni, 1 spezzone di cordino da 8mm. ed 1 di fettuccia entrambi da 3 m.

• Telo termico alluminato d’emergenza.

• Bussola (vitale).

• Pila frontale.

• 2 asciugamani, uno piccolo ed uno medio di rapida asciugatura tipo Packtowel.

Abbigliamento individuale:


• Giacca e copri pantaloni impermeabili in goretex o materiale equivalente.

• 2 felpe in pile leggero ed una più pesante.

• 1 camicia da montagna.

• 2 paia di pantaloni escursionismo.

• 1 paio di pantacollant termici per la notte.

• 2 paia di guanti leggeri di cui uno anti vento.

• Berretto montagna.

• Passamontagna leggero.

• 3 paia Calzettoni , 3 slip, 3 magliette intime manica lunga in fibra sintetica.

• Foulard o fazzoletto tipo Bandana.

• Costume da bagno.

Viveri:


• Pasta 1kg. abbondante (spaghetti).

• Olio d’ oliva 75 ml.

• Aceto 50ml.

• Sale e Zucchero 300gr.

• Nescafè in buste.

• Tè in buste.

• Brodo vegetale.
• Parmigiano in busta 6bs.

• Marmellatine gusti vari.

• Cibi liofilizzati in busta(Cous cous, pasta e minestre varie).

• Barrette energetiche e sali minerali in busta da sciogliere in acqua.

SUGGERIMENTI


• L’acqua calda: è quasi sempre solforosa, dopo un pò ci si abitua all’odore. Esce dai rubinetti ad una temperatura superiore agli 80° Centigradi... attenzione alle ustioni.

• D’estate le lancette dell’orologio vanno tirate indietro di due ore... incredibile a dirsi, ma anche sulle guide più accreditate questa informazione non è sempre chiara.

• In Italia non c’è modo di trovare la corona islandese... nemmeno in Banca d’Italia!

Ma in Islanda accettano correntemente l’euro.

• L'aeroporto al ritorno: arrivare all’imbarco del volo sempre con un congruo anticipo (credeteci, superiore alle due ore). L'aeroporto non è ben organizzato: non c’è ordine nel fare il check in e non c’è chiarezza nella fila da seguire. Senza informazione il panico dilaga, ma alla fine la bella sorpresa: garantiscono il check in di tutti i presenti nella hall dell'aeroporto!

• Il vento: quando soffia forte è devastante, soprattutto nell’interno. La tenda, di buona qualità va piantata col suo lato più affilato contro vento, senza trascurare alcun tirante, l’ ingresso ovviamente dalla parte opposta .

• I guadi: il corso dei fiumi e la loro portata cambia continuamente. I punti migliori per l’attraversamento variano e non sono indicati. Usare buon senso, sondare il fondo con piedi e bastoni telescopici, risalire leggermente la corrente e mai fissare l’acqua in movimento, ma piuttosto la sponda opposta. Utile, a volte, tenersi per mano.

• L’ abbigliamento: non deve essere di cotone! Assorbe l’ acqua e non riuscirete mai ad asciugarlo.

• Il nastro telato tipo american tape: utilissimo per riparare di tutto; noi ne portiamo sempre due o tre metri avvolti in un bastoncino telescopico.

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Links consigliati
http://www.islanda.it (associazione amici dell’Islanda)
http://www.vel.it (per le pubblicazioni e le mappe)
http://www.fi.is (associazione hiking islandese)
http://www.mbl.is (per le previsioni del tempo)
http://www.bsi.is (per i trasporti pubblici)


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