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Giovedì, 21 Maggio 2009

In montagna con se stessi

La solitudine che tanto ho odiato in passato, mi capita ora, di tanto in tanto, di cercarla e quale luogo migliore della montagna per trovarla? Mi piace allora partire per qualche camminata, che può assumere i connotati di una passeggiata contemplativa o di una vera e propria corsa...

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La solitudine che tanto ho odiato in passato, mi capita ora, di tanto in tanto, di cercarla e quale luogo migliore della montagna per trovarla? Mi piace allora partire per qualche camminata, che può assumere i connotati di una passeggiata contemplativa o di una vera e propria corsa. L'altra dimensione del vivere la montagna da soli è quella dell'arrampicata solitaria senza corda, una dimensione senza appello, che ho sperimentato poche volte e che poi ho abbandonato, per quanto a volte la sua voce si faccia ancora sentire, flebile ammaliatrice.

Nella passeggiata mi lascio accompagnare dai miei pensieri che, guidati dai morbidi rumori del bosco e della neve che scricchiola allegra sotto gli scarponi, si involano verso le vette più alte, candide e luccicanti di neve e ghiaccio per poi ridiscendere veloci sul sentiero che i miei piedi lentamente misurano. Ed è così che passano ore vuote di parole ma dense di significato e ristoratrici per l'anima.

In queste poche righe voglio però raccontare degli altri due modi di vivere la montagna con se stessi, tanto diversi ma in fondo simili. Diversi perché correre vuol dire velocita' mentre arrampicare in solitaria, per quanto si possa essere veloci, rimane sempre il modo di spostarsi più lento per l'essere umano. Simili perché si discostano nettamente dal vivere il sentiero o la parete che ha la maggior parte di chi pratica queste attivita' . Diversi perché il rischio che si assume chi corre su di un sentiero, anche se esposto, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello che accetta chi scala senza corda. Simili perché la percezione corporea si dilata: il sentiero che risale il canalone del Sass Pordoi si snoda con i suoi stretti meandri sotto di me; lo percorrerò tutto senza scorciatoie che potrebbero far cadere sassi su chi sta scendendo camminando ... sono le quattro del pomeriggio quando arrivo al rifugio dell'Albigna, scendo poco sotto, abbandono il materiale per il bivacco di questa notte e decido di fare un sopralluogo ai piedi della parete Nord Ovest della Punta dell'Albigna, dove domani percorrerò Modern zeiten per poi continuare fino in cima; mi porto anche tutto il materiale da arrampicata ... riempio i polmoni e comincio a correre, la musica dei Queen da' il ritmo alle mie falcate che si distendono sui grossi sassi di questo canale; occhi e piedi comunicano direttamente, tutto avviene senza che debba pensare a nulla, corro ... non posso aspettare fino a domani, le mie mani vogliono accarezzare questa roccia scura, devo andare, devo salire! Decido di portare con me due mezze corde per un'eventuale discesa di emergenza, che so dovra' dipendere solo da un cambiamento del tempo. Sì perché non posso permettermi di non essere sicuro di salire questi 450 m. La massima difficolta' (V+) è ben inferiore al mio livello; so che dove posso salire posso anche scendere, so che non posso sbagliare ... arrivo alla parte più ripida; ora dovro' usare anche la mani come appoggio, il ritmo si abbassa un poco, so che un errore potrebbe essere pericoloso, sento gli appoggi per i piedi come li sentirei con le mani, le gambe si piegano, il mio baricentro si abbassa ... parto: i primi movimenti non sono fluidi, sono teso, "no! Così non va! Ora scendo" mi ripeto per i dieci metri iniziali ... incontro una signora di mezza eta' che tremante scende a passi incerti, si ferma e con occhi sbarrati mi guarda come se avesse appena visto un alieno verde. "No! Non sono un alieno; sto solo scendendo un po' velocemente. Perché?! Perché mi va, perché mi sento Vivo, perché il movimento mi da' gioia, perché saranno anche affari miei! ... mani e piedi finalmente si accordano su di un ritmo comune, ogni movimento diventa una piccola scarica di piacere, ogni movimento è perfetto, senza sbavature, rotondo ed elegante come deve essere, mi sento leggero ... ora il sentiero attraversa dei prati, la pendenza diminuisce; alla durezza della pietra si sostituisce la dolce morbidezza dell'erba, posso nuovamente distendere le gambe, corro, salto, e dopo un quarto d'ora di discesa sono al parcheggio della funivia: sono felice! ... il sole si abbassa, i suoi raggi sfiorano la parete facendola sorridere un poco. Manca ancora il tiro più "difficile"; su di un terrazzino mi riposo qualche minuto e poi via! In un'ora e mezza sono al termine della via. Il mio cuore ride insieme a tutto il mio corpo. ... Racconterò la mia gioia a questo sole che mi accompagnera' lungo la discesa ...



PS: naturalmente in assoluto la discesa e la salita raccontate non sono nulla in confronto a quanto molti altri hanno fatto e faranno. Si tratta solo del racconto di due esperienze da me vissute. Ognuno è libero di scegliere come andare in montagna; non esiste un modo migliore o un modo che vale di più ma esiste il modo (o i modi) che ciascuno si sceglie perché lo fa sentire bene, in pace con se stesso e con l'ambiente che lo circonda. L'arrampicata solitaria senza corda è, a mio parere, la forma più pura di questo gesto, quella più esaltante, quella che da' più gioia ma anche quella più egoistica e che può dare più dolore a chi ci sta vicino, un dolore che, a posteriori, ritengo sia inaccettabile imporre a chi ha la sola "colpa" di volerci bene.


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