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Giovedì, 11 Giugno 2015

Il mio quarto d'ora ad Istanbul

Quanto dura un quarto d'ora ad Istanbul? Quanto ci si può perdere in un quarto d'ora ad Istanbul?

ARTICOLO DI

fransiscalidia

Quanto dura un quarto d'ora ad Istanbul? Quattro anni fa, quando ci sono venuta per la prima volta, avrei detto quindici minuti, passano veloci. Il tempo di godersi con calma l'attraversamento del ponte di Galata o di raggiungere il Mercato delle spezie dall' Hagia Sophia. Quanto ci si può perdere in un quarto d'ora ad Istanbul? Avrei ancora risposto che non mi sarei persa; senso dell'orientamento passo lesto mi avrebbero sempre guidata verso l'orizzonte scandito dai minareti della Moschea Blu o di Solimano il Grande, impossibile non vederle nella loro maestosità. Occhi voraci nel cogliere accostamento e contrasto tra Europa e Medio Oriente, poi la Cappadocia e poi credevo di spingermi oltre. Non ho proseguito verso Est quel cammino intrapreso che, invece, mi ha portata altrove. Ora però torno ad Istanbul con quindici compagni di viaggio e non so se i loro occhi riusciranno a stupirsi e ad estasiarsi quanto i miei. Azzardo e mi butto, un poco d'improvvisazione free style.Wow, si scivola e passo il mio primo quarto d'ora con loro, percorrendo il dedalo di viuzze scoscese di Fatih, Balat e Feler: nulla di particolare all'inizio, sennonché ci catapultiamo poi nel blu profondo sott'acqua, dopo aver lasciato le spiagge affollate di Sultahnamet ed Eminönü. Il quartiere è di chi lo abita e qui fanno da padrone l'osservanza religiosa e la tradizione: case fatiscenti di legno dal fascino decadente, schiamazzi di bambini per strada, cerchio di musica e danze popolari per un matrimonio, circoli da gioco per soli uomini che galleggiano fermi nella nube di fumo. I loro denti sono color caffelatte, noi fotografiamo e loro guardano senza scomporsi, noi passiamo e loro restano. Ma nel loro quarto d'ora di vita di quartiere, quanti ne vedono passare come noi? In questa città pare che ogni pensiero abbia un risvolto, un canto ed un controcanto. Gli altri dove sono? Ognuno si sta vivendo il proprio quarto d'ora, abbiamo già camminato molto, pensiamo tutti.

                             

Scendere da Balat ed immettersi nel vialone trafficato che costeggia il Corno d'Oro è un trauma, ci lascia costernati. Ritorniamo a galla, si rompe la bolla, possibile tanto contrasto repentino? Certo, abbiamo passato il quarto d'ora e siamo al sedicesimo minuto; ad Istanbul non c'è linearità, tutto cambia, si fonde e contrasta. Asfalto, parco con famiglie e spazzatura da pic-nic, imbarcadero e traghetto; ora è l'acqua a guidarci. L'acqua, la seconda, anzi, la prima strada che ad Istanbul unisce e divide le varie anime di questo ombelico di mondo: pusillanime, non sa se stare ad Est o ad Ovest; schizofrenica e bipolare, egocentrica con manie di protagonismo occidentale, borderline, affetta da mutismo selettivo ortodosso. Quale scegliere e dove andare? Boh, ci perderemo nuovamente. Adesso però l'imbarcadero di Balat è chiuso per ristrutturazione e a noi capita di contrattare il prezzo per due barchette alla turca che ci riportino ad Eminönü. Che si fa? Si va! Si gioca! Siamo euforici come i bambini incontrati su al quartiere, in più la brezza marina scompiglia i capelli e fa respirare l'aria di mare. Un momento, forse sono solo io a sprizzare allegria ed a scrollarmi di dosso la stanchezza?Ah no, anche gli altri hanno stampati in viso sorrisi leggeri e soddisfatti, la sensazione è comune e, oltre al buonumore, scatta anche la raffica di foto. Il microcosmo ovattato del quartiere, visto da qua sotto, è racchiuso dietro il muro di palazzine colorate inframmezzate dalle moschee e dai loro minareti, sempre alti, così appuntiti, monito a non scordare dove siamo. Lassù, in alto a destra, il belvedere della Yavuz Sultan Selim Camii, ci godevamo il panorama da lì solo un quarto d'ora fa;a sinistra invece Beyoglu e la sua Torre; noi nel mezzo, nel cuore della forza centripeta che tiene incollate più di venti milioni di anime. Chissà  cosa significa realmente abitare oggi ad Istanbul.

                       

Pensare e vivere la città sul momento è un turbinio costante di stimoli, faticosi quanto i saliscendi delle strade inerpicate che da riva risalgono i vari distretti, un respiro profondo e concentrato in quarantotto ore piene, per noi poco più di tre quarti d'ora. Ripensarla poi, a posteriori, mi dona un secondo quarto d'ora di pace, in cui si dipana la luce del tramonto sul Bosforo mentre ci dirigiamo col traghetto verso la parte asiatica di Kadiköy. Un abbraccio lega le sfumature arancio pastello alle calme acque dello stretto, oscurando solo il profilo della sottile lingua di terra sagomata dall'uomo a cavallo tra due continenti. Dunque, quanto si dilunga un quarto d'ora e quanto ci si può perdere ad Istanbul? Ad libitum.

 

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