RACCONTO
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Sabato, 2 Maggio 2009

Girando il Giappone come un (treno) proiettile

La mia breve avventura giapponese nasce in conseguenza di un viaggio per lavoro nella vicina Corea. Approfittando della concomitanza con il periodo estivo, eccomi catapultato a metà giugno al porto di Fukuoka...
Concorso Storie Vagabonde

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La mia breve avventura giapponese nasce in conseguenza di un viaggio per lavoro nella vicina Corea. Approfittando della concomitanza con il periodo estivo, eccomi catapultato a metà giugno al porto di Fukuoka, arrivando in aliscafo da Busan. Perdo qualche ora dal porto alla stazione centrale, prima dovendo cercare un convini con Bancomat che accetti carte estere, e poi dovendomi orientare tra i trasporti pubblici (che perlomeno mostrano indicazioni in caratteri romani).

Avendo deciso di puntare subito a Kyoto, alla stazione ottengo il mio JR Pass per due settimane e poi prenoto un posto sul primo treno, uno dei famosi shinkansen (treni superveloci). In tre ore e mezza sono a Kyoto (nonostante il cambio a Osaka e 600 km di distanza), purtroppo è già quasi mezzanotte e ovviamente non ho prenotato un posto letto. Dopo vani tentativi di trovare un ostello ancora aperto, riesco a trovare una camera in un hotel vicino alla stazione, per 9000 Yen. La mattina riesco a trovare una sistemazione in ostello (2500 Yen a notte), dopodichè inizio finalmente a godermi la vacanza.

Kyoto è probabilmente la città più bella del Giappone. Capitale per circa mille anni, nonostante sia piuttosto popolosa e decisamente troppo turistica, è una città ricca di verde in cui è molto semplice sfuggire alle orde di studenti in gita per ritrovarsi in piccoli templi semideserti. In un giorno, visito forse una decina di templi nella zona di Higashiyama. Ogni tempio ha un'atmosfera diversa dagli altri: si passa da templi buddisti in cui è possibile ascoltare i monaci intonare ipnotici mantra, a templi scintoisti dai colori sgargianti che raccontano la cultura giapponese come poche altre cose. Vago tra enormi costruzioni in legno immerse nel verde, affollati templi colorati di arancione, curatissimi giardini zen, e le strette vie dei quartieri più tradizionali, dove con un po' di fortuna è possibile incontrare delle maiko in costume tradizionale. Un pranzo a base di udon (500 Yen) mi permette di resistere in giro fino a sera, quando stremato raggiungo l'ostello prima di una cena a base di yakitori e birra (3000 Yen).

La seconda giornata è ancora più calda e afosa della precedente; mi dirigo a sud-est, dove si erge Fushimi-Inari, una strana combinazione tra un tempio scintoista e un parco. Attorno a due colline si snoda un percorso di circa 4 km, in cui i sentieri letteralmente ricoperti da migliaia di torii arancioni portano a scoprire piccoli altari persi nel bosco. Davvero una bella esperienza, specialmente una volta che ci si allontana dalla parte più battuta dai turisti e ci si addentra nella parti più nascoste. Nel pomeriggio mi reco invece ad Arashiyama, nella zona nord-ovest, area molto bella che unisce i soliti templi immersi nel verde a boschi di bambù e un'atmosfera rilassata.

Trascorro il terzo giorno a Nara, una città molto più vivibile, in cui ancora una volta mi perdo tra templi e pagode immersi nel verde. Vengo davvero colpito dalla libera circolazione dei caprioli per le strade e dal Todai-Ji, un enorme tempio buddista che è il più grande edificio in legno del mondo. La serata a Kyoto è finalmente degna di menzione: dopo aver stretto amicizia con un gruppo di giapponesi conosciuti in qualche bar, vengo trascinato prima a ballare e poi a vedere gli Europei di calcio. Lascio i miei nuovi amici con la promessa di ritrovarci per la sera successiva, che purtroppo non potrò mantenere a causa della mia memoria carente. Il giorno successivo una torrenziale pioggia mi porta a chiudermi nel museo dei manga, più una biblioteca che un museo, dove mi do alla lettura di manga in giapponese (come i bambini, guardo le immagini). Questo è il mio ultimo giorno a Kyoto, ma la pioggia non mi permette di "salutare" la città a dovere.



La mattina dopo punto verso Tokyo; sulla linea Osaka-Kyoto-Tokyo passa un treno all'incirca ogni 10 minuti, e così in due ore e mezza sono già nel centro di quella che è forse la città più popolosa del mondo. Questa volta ho prenotato un ostello nel distretto di Ikebukuro. La linea circolare di metro chiamata Yamanote, oltre ad essere gratuita con il JR Pass, mi permette di muovermi tra l'ostello e la maggior parte delle zone di interesse turistico. La pioggia continua incessante, ma riesco a visitare Shinjuku e Shibuya prima del sabato sera a Roppongi, che si conclude solo con la riapertura dei metro alla mattina. Di Tokyo mi colpisce il numero di persone: il traffico di auto è ridotto ed è subordinato a quello dei pedoni. Le stazioni del metro sono affollatissime, e l'intera area coperta dalla linea Yamanote sembra un unico enorme centro città. Per altri due giorni giro sotto una pioggia battente, restando sorpreso dal comunismo di fatto che vige in Giappone riguardo agli ombrelli. Tra le altre cose, visito la Tokyo Tower (una brutta copia della Torre Eiffel), la zona tecnologica di Akihabara (dove vi sono più negozi di elettronica di quanti persino un patito come me possa avere bisogno) e quella commerciale di Ginza.

Tre giorni in questo inferno sono abbastanza, così mi decido per una stazione balneare chiamata Shirahama, a circa due ore di treno a sud di Osaka. La cittadina si rivela piuttosto piacevole, quasi deserta poiché il periodo delle vacanze non è ancora iniziato (fortunatamente, poiché a luglio e agosto la stessa cittadina sarebbe sommersa dai turisti) e con un mare e una spiaggia decenti. Mi sistemo in una minshuku (pensione in stile giapponese) gestita da uno dei pochi locali che parlino inglese. E' a Shirahama che sperimento per la prima volta le onsen, le terme giapponesi. Shirahama ha parecchi stabilimenti termali, incluso uno all'aperto direttamente sull'oceano. Persino il tempo è favorevole: anche se il sole fa capolino raramente, la pioggia insistente di Tokyo è solo un brutto ricordo.





Ricaricato da tre giorni di mare e terme, sono pronto per un veloce conclusione dei miei giorni in Giappone. Il JR Pass sta scadendo e io devo arrivare a Fukuoka prima che ciò accada. Decido di visitare Osaka "al volo", ossia senza neanche fermarmi in un ostello dove comunque dormirei al massimo due o tre ore. Lasciato lo zaino nella stazione di Shin-Osaka, mi avventuro nella caotica città. Osaka ha risentito di uno sviluppo troppo rapido e deregolamentato, che ha portato ad annegare nel cemento armato ogni spazio disponibile. Tuttavia, si tratta anche di una città molto vitale, come ho modo di scoprire nella serata. Agli eccessi della zona di Dotonbori, dove ci sono più neon che persone, si affiancano molte altre zone culturalmente vive. Finisco in maniera naturale a girovagare tra bar mangiando e bevendo in continuazione, ascoltando buona musica e conoscendo gente del posto.

All'alba mi dirigo alla stazione, recupero lo zaino e mi infilo in un treno per Himeji, rigorosamente lentissimo in modo da poter dormire almeno un paio d'ore. Himeji è una cittadina famosa soprattutto per il castello medievale che domina la città e che è uno dei pochi rimasti intatti dal turbolento medioevo nipponico. Il castello è in effetti imponente, anche se non paragonabile a quelli europei.

Ancora un'altra ora di treno ed eccomi a Hiroshima, città resa tristemente famosa dall'esplosione del 6 agosto 1945. Piove di nuovo, ma questo non mi impedisce di assaporare un ottimo sukiyaki e girare la città. Rimango stupito da come questa non porti traccia del suo passato, se non quelle lasciate volontariamente. Hiroshima è oggi una città viva, che è riuscita a superare una tragedia immane, quasi un emblema della rinascita del Giappone uscito distrutto dalla seconda guerra mondiale.



La mia ultima meta giapponese è Fukuoka, laddove avevo iniziato due settimane prima. Scaduto il JR Pass, passo due giorni in questa città molto moderna, che sinceramente ha meno atmosfera di Kyoto, Tokyo od Osaka. La mia ultima immagine prima di imbarcarmi verso la Corea è quella di un mikoshi (altare portatile) in preparazione per un matsuri (festa cittadina) cui purtroppo non assisterò.


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