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Giovedì, 28 Gennaio 2016

Giordania in autonomia

Appunti da un viaggio di 11 giorni in autonomia, con auto a noleggio, in Giordania.

ARTICOLO DI

bosforo65

PREMESSA

La Giordania è una destinazione molto interessante e adatta per viaggi non particolarmente impegnativi:

- è relativamente vicina a noi e quindi il costo del volo non è esorbitante;

- è poco vasta: dall'estremo nord all'estremo sud vi sono circa 530 km, percorribili, se si usa l'autostrada, in una mezza giornata e comunque gran parte delle cose da vedere sono in uno stretto asse centrale, essendo quasi tutto il resto deserto. Pertanto in viaggi di una settimana o dieci giorni si vede praticamente tutto, sicuramente le cose più degne di nota;

- il turismo è la principale industria locale per cui il viaggiatore è ben accetto, i giordani sono estremamente cordiali (anche i poliziotti, ci facevano accostare ma quando vedevano che eravamo stranieri ci lasciavano ripartire con un "Welcome to Jordan!"), nei siti più turistici e negli alberghi le carte di credito funzionano e l'inglese è abbastanza compreso;

- vi sono due siti che un viaggiatore non può non voler annoverare tra le sue "conquiste": la stupenda città nabatea scolpita nella roccia di Petra (una delle Sette Meraviglie del Mondo) e il deserto di Wadi Rum, uno dei più belli del mondo dove bastioni rocciosi si alternano a dune (poche) e zona sabbiose.

 

ASPETTI CRITICI

- Clima. Noi abbiamo viaggiato a cavallo tra maggio e giugno, cercando di fruire della giusta combinazione tra clima (ideale tra marzo e maggio, da giugno diventa troppo caldo) e stagionalità (aprile e maggio sono i mesi con più turisti, come anche l'estate che è il periodo in cui gli arabi viaggiano). Obiettivo abbastanza centrato: turisti in numero accettabile anche se le temperature sono state piuttosto alte. Il termometro dell'auto ha spesso rilevato temperature esterne a ridosso dei 40°, anche serali, causa frequenti venti caldi. Sul Mar Morto di sera c'erano 38° e quando si scendeva dall'auto, immancabilmente con l'aria condizionata attivata, sembrava che qualcuno ti puntasse un phon in faccia. Una volta trovata la sistemazione, a bordo della piscina dell'albergo in una zona riparata, la situazione è migliorata. Abbiamo patito caldo a Jerash (38°), sul Mar Morto (ma si può andare in acqua e in spiaggia era abbastanza ventilato), a Petra (ma c'era la possibilità di sostare nell'ombroso canyon del Siq e diversi bar per turisti) e nel deserto di Wadi Rum di giorno. A Wadi Rum la sera il clima era ideale: probabilmente sui 25°, al punto che abbiamo preferito tutti dormire all'aperto, davanti al fuoco ormai spento, che nelle "tende" (in pratica delle cabine di legno sopraelevete rivestite da stoffe). Nell'alberghetto di Aqaba non abbiamo capito perché la gente stesse a bordo piscina, dove a parte la frescura dei tuffi c'era da ustionarsi: molto meglio andare nella vicina spiaggia, dove il vento rendeva il clima decisamente più sopportabile. La cosa che più mi ha sorpreso è stata l'estrema ventosità, quasi dappertutto: in riva al mare, nel deserto e sulle (basse) montagne centrali, quest'ultime attraversate da strade a cui lati spesso vi erano pini che, causa il vento, crescevano diagonalmente.

- Segnaletica. La segnaletica stradale non sempre è in inglese ma solo in arabo e chiedere informazioni alla gente, anche con una mappa in mano, risulta complicato visto che, specie nelle aree più sperdute, non è così facile trovare qualcuno che capisca quale città si sta cercando di raggiungere, sia perché la maggior parte della gente capisce solo l'arabo e sia perché la traslitterazione dall'arabo all'inglese non è univoca e lo stesso posto viene scritto di norma in tre o quattro modi diversi tra loro, magari solo di poche lettere, ma comunque sufficienti a complicare ulteriormente la comprensione. Avevamo chiesto all'agenzia di autonoleggio un navigatore satellitare, ma questi optional non li garantiscono, te li danno solo se al momento in cui si ritira l'auto sono disponibili. Purtroppo non c'era. Col senno di poi avremmo portato il nostro.

 

SPOSTAMENTI INTERNI

Abbiamo viaggiato in doppia coppia, prendendo un auto a noleggio (una Citroen C4 a 5 porte, aria condizionata - irrinunciabile - e cambio automatico), soluzione decisamente consigliata se si è in più di uno e non si hanno settimane di tempo. È possibile anche muoversi coi mezzi pubblici locali, soprattutto bus, ovviamente si spende meno ma si è legati agli orari, non sempre comodi, dei mezzi. Lo stile di guida dei giordani viene descritto un po' disordinato, come in Egitto, ma non abbiamo avuto problemi particolari con gli altri autisti. Al massimo ci siamo beccati qualche colpo di clacson, che viene usato tantissimo e per tutti gli scopi: rimproverare qualcuno per una manovra, segnalare il proprio passaggio, sollecitare l'altro a passare ma anche a non farlo: in pratica il clacson desta l'attenzione, il resto vien da sé. La vera difficoltà è stata, come previsto, orientarsi ad Amman, città dal traffico caotico e una miriade di strade e stradine, spesso a senso unico. Dopo aver tentato inutilmente di arrivare a destinazione con la mappa fornitaci dai noleggiatori d'auto, abbiamo assoldato un tassista e, mandati due di noi sul mezzo, l'abbiamo seguito. Non so se siamo stati sfortunati ma abbiamo girovagato nei pressi della destinazione per più di mezz'ora, col tassista, dall'inglese migliorabile, che chiedeva informazioni al telefono e sembrava andare a tentoni. Quando finalmente siamo arrivati nei pressi dell'albergo, la strada era sbarrata per un comizio che si doveva tenere in serata. Raggiunto l'albergo a piedi, ho chiesto al proprietario di tornare con me all'auto e di spiegarmi come arrivare all'albergo in modo da sfruttarne il parcheggio. C'è voluta quasi un'altra mezz'ora, col proprietario dell'albergo (un egiziano emigrato in Giordania da appena un anno), perennemente al telefono con un suo amico e che ad ogni incrocio mi faceva fermare in attesa di ricevere istruzioni su quale direzione prendere. Stesse difficoltà il giorno seguente ad uscire dalla città per recarsi nel nord-ovest del paese: la mancanza di indicazioni in caratteri leggibili o di persone in grado di capirci, ci ha fatto perdere un po' di tempo e fare un giro piuttosto largo (che inizialmente ci portava a nord, verso il confine con la Siria), prima di trovare le indicazioni giuste e raggiungere la meta. Se siete soliti calcolare le percorrenze in anticipo per farvi un'idea dei tempi necessari per gli spostamenti, sappiate che i kilometri percorsi sull'Autostrada del Deserto (E15) o sull'Autostrada della Valle del Giordano (E65) sono molto più agili di quelli della più spettacolare ma tortuosa, e a volte molto ventosa, Strada del Re (che non è autostrada - E35), che attraversa la Giordania da nord a sud in mezzo alle altre due, in pratica sulla dorsale montuosa che percorre il paese. La benzina costa circa 0,85 jod quella a 90 ottani, sfiora 1 jod quella a 95.

 

ALBERGHI

Non abbiamo avuto problemi con gli alberghi in Giordania. Ad Amman, arrivando in volo nel pomeriggio, qualcuno di noi ha voluto prenotare in anticipo, scelta che si è rivelata infelice non per la qualità della sistemazione (non di eccelsa qualità ma pulita e in posizione centrale) ma perché ci ha costretto a cercare l'albergo in quell'autentico dedalo di strade che è la capitale giordana: col senno di poi sarebbe stato più semplice trovare una sistemazione al momento. Sul Mar Morto abbiamo avuto la sfortuna, ma forse no, di trovare la striscia di complessi alberghieri di lusso completamente chiusa al pubblico e presidiata da soldati coi mitra spianati, causa il World Economic Forum dei paesi del Medio Oriente e il Nord Africa. Solo il Crown Plaza era fuori dalla zona requisita ma l'esorbitante richiesta ci ha fatto recedere. Quando sembrava che non ci fossero molte altre alternative (un albergo più avanti era chiuso), tornando verso nord abbiamo visto, non sul lato spiaggia, l'insegna luminosa "Baron" che abbiamo scoperto essere un hotel che si rivolge ai giordani più che agli stranieri: non propongono stanze ma mini-appartamenti, il nostro con due camere da letto matrimoniali, cucinetta e salotto costava molto meno. Abbiamo approfittato del ristorante interno mangiando a bordo piscina, riparati dall'opprimente vento caldo che proveniva dal mare.

La notte successiva, prenotata in anticipo, l'abbiamo trascorsa presso l'unica sistemazione nelle vicinanze del parco del Wadi Mujib e gestita, come il parco, dalla Reale Società per la Conservazione della Natura. Si tratta di basici cubi di cemento con veranda, meravigliosamente collocati di fronte al mare dal quale distano una ventina di metri. Le tre notti successive le abbiamo trascorse a Wadi Mousa, la città nella quale pernotta chi visita la vicina Petra. Gli alberghi sono collocati in due zone: il centro cittadino e a ridosso dell'ingresso al sito. Col senno di poi siamo contenti di aver scelto un albergo nella zona più vicina al sito, visto che al rientro, dopo kilometri di scarpinate, l'ulteriore kilometro, per giunta in salita, per arrivare al centro della cittadina sarebbe stata la mazzata finale. Il nostro albergo, il Silk Road Hotel, piuttosto grande ma non di lusso come il vicino Mövenpick, a giudicare dai coperti disponibili nella sala colazioni è destinato a grandi gruppi, ma noi non ne abbiamo visti. Dispone anche di un bagno turco, che non abbiamo saggiato, poichè al rientro serale eravamo già abbastanza cotti di nostro.

L'offerta alberghiera di Wadi Rum è piuttosto limitata, essendo il tutto concepito per chi viaggia in gruppo (che viene dislocato in giganteschi campeggi turistici che alloggiano fino a 400 persone) o per chi, come noi, ha prenotato un'escursione di uno o più giorni nel deserto, con una guida locale che lo farà dormire nel proprio camp site all'interno del parco. Ogni guida "seria" ha il proprio (girando nel parco ne abbiamo visti diverse decine), il nostro aveva 10 tende singole (in pratica dei cubi di legno rialzati da terra, rivestiti della tipica stoffa nera a bande chiare di lana di pecora mista a lana di capra con la quale i beduini costruiscono le tende tradizionali), una grande tenda circolare per i pasti, i bagni separati e alimentati da una cisterna (che non generava un getto particolarmente potente), una piattaforma circolare di sassi in mezzo al camp site con un fuoco centrale dove, di fatto, abbiamo trascorso le notti con il firmamento stellato a farci da soffitto. Ad Aqaba abbiamo trovato sistemazioni meno standardizzate rispetto a quelle del Mar Morto: abbiamo pernottato presso il semplice, economico e vagamente freak Bedouin Garden Village, con corta piscina e ristorante. A Madaba abbiamo dormito presso il nuovissimo ed elegante Mosaic Hotel, a gestione familiare ma di ottima qualità e pulito come una sala operatoria. Tutte le sistemazioni avevano l'aria condizionata, assolutamente imprescindibile nella stagione in cui ci siano stati noi, tranne nel deserto dove, di notte, non ce n'era bisogno, essendo la temperatura notturna gradevole, a occhio sui 25°.

 

CIBO

La cucina giordana non è male, l'unico problema, che direi comune di moltissimi paesi tranne l'Italia e non molte altre destinazioni nel globo, è che la varietà non è enorme, problema che abbiamo capito come aggirare solo verso la fine del viaggio. Generalmente il piatto principale di un pasto è la carne, quasi sempre di pollo o di pecora, essendo il maiale, per motivi religiosi, poco popolare. Il piatto più noto è il mensaf (bocconi di agnello su un letto di riso), di origine beduina. Quando nel menù trovate la parola insalata, sappiate che sarà immancabilmente - cosa che la rende un po' monotona specie per chi, come me, non ne apprezza tutti gli elementi - a base di pomodoro, cetrioli e cipolla, con l'ulteriore ingrediente che ne determinerà il nome (se c'è anche il tonno sarà una "tuna salad"). Ma la vera forza della cucina giordana sono le mezze, cioè gli antipasti: se ne possono ordinare di vario genere così da assaggiare più cose e avere più probabilità di trovare qualcosa che piaccia, vegetariani compresi. I piatti che più mi sono piaciuti sono stati il falafel (polpettine di pasta di ceci fritte), l'hummus (salsa di ceci fritti con limone, aglio, sesamo e olio), i ftayer (triangoli di pasta ripieni di formaggio o carne) e il fattush (insalata con cubetti di pane fritto). I prezzi sono piuttosto contenuti. L'ultima sera, a Madaba, abbiamo cenato in quello che la Rough Guide definisce il miglior ristorante del paese, l'Haret Jdoudna: sarà che avevamo capito che era meglio insistere sulle mezze, sarà per l'ambientazione decisamente superiore alla media (il cortile interno di due edifici risalenti al '700), siamo usciti veramente soddisfatti, anche dal conto finale inferiore ai 10 jod a testa. Altre volte abbiamo speso di più, come a Wadi Mousa, facendoci trarre in inganno dal menù tipico perché volevano assaggiare il mensaf, ma di norma, cercando locali più rivolti ai locali che ai turisti, la spesa è stata inferiore (ad Amman, cenando a sazietà base di mezze, abbiamo speso 3,5 jod a testa). Menzione d'onore per le pasticcerie, dove i dolci, anche se più o meno tutti dello stesso tipo (con zucchero, miele o sciroppi, non abbiamo visto dolci al cucchiaio), sono venduti a peso. Diffusissimo il tè, di solito servito con menta o salvia e piuttosto zuccherato: è la classica bevanda che viene offerta in ogni situazione.

 

CONSIGLI FOTOGRAFICI

Sapevo che la Giordania non mi avrebbe dato le soddisfazioni nel fotografare la gente che di solito cerco. Fotografare le persone non è impossibile ma raramente spontaneo perché è inconcepibile fotografare qualcuno senza averne chiesto il permesso, specie alle donne. I soggetti più disponibili di solito sono i bambini. In una famiglia beduina che adotta ancora lo stile di vita tradizionale nel deserto, benché fossimo clienti paganti del figlio, non mi è stato permesso di fotografare la madre e la giovane cugina che, per stare dalla parte dei bottoni, non è nemmeno uscito dalla zona della tenda riservata alla famiglia e che nessun ospite, men che meno un turista, può violare. In Giordania non è certo la luce che manca e quindi si potrebbe pensare che non ha molto senso portare con sè un cavalletto. Invece mi è stato parecchio utile, nonostante gli oltre 2,5 kg da scarrozzare per kilometri e su irti sentieri con temperature torride, soprattutto a Petra dove molti degli edifici sono all'ombra e dove solo con un treppiede è possibile cogliere tutte le sfumature delle variegate rocce nelle quali è scolpita l'antica città nabatea.

 

SITI VISITATI

 

Sito archeologico di Jerash

Jerash è una delle antiche città romane meglio conservate del Medio Oriente, circa 50 km a nord di Amman. L'entrata è denotata dall'imponente Arco di Adriano, subito dopo il quale vi è l'Ippodromo. Secondo la guida ogni giorno, alle 11:00, si tiene un'interessante corsa delle bighe: noi siamo arrivati mezz'ora più tardi ma non c'erano "segni" - immancabili quando ci sono dei cavalli - che la corsa si fosse tenuta. Probabilmente, anche causa la temperatura che sfiorava i 40°, avevano deciso di risparmiare la fatica alle povere bestie. Poco dopo, a seconda di quale ordine si sceglie per visitare i tanti punti del sito, vi è la vasta e raffinata piazza ovale delimitata da colonne, il Cardo (un imponente viale colonnato sul quale si affacciano molti degli edifici più importanti) e due teatri in ottimo stato.

 

Salt

Salt è una cittadina spesso non compresa negli itinerari tradizionali. La sua particolarità è quella di essere rimasta un po' come congelata nel tempo. Per secoli unico insediamento della Transgiordania, visse il suo momento più prospero fino agli '20 quando da qui passava tutto il commercio per la Palestina. Ma la costruzione della ferrovia che partiva da Damasco invece di avvantaggiarla la sfavorì, visto che l'emiro scelse come capitale Amman, dove la ferrovia terminava, e qui dirottò tutti gli investimenti per la modernizzazione della città e delle sue infrastrutture. A Salt non vennero finanziati interventi di nessun tipo e così potè mantenere la tradizionale architettura ottomana. A conferma di ciò, quando siamo giunti nella cittadina, abbiamo trovato una delle vie più interessanti chiuse perché vi stavano girando un film ad ambientazione storica. La scena a cui abbiamo assistito vedeva un gruppo di persone, apparentemente dei profughi, attraversare la via (per l'occasione ricoperta di terra) sotto gli insulti e il lancio di sassi dei locali. Non siamo riusciti a capire molto (tra l'altro ci hanno chiesto ripetutamente di non fotografare), ma io mi sono fatto l'idea, non confermata, che si trattasse di un film sull'epopea del popolo armeno.

 

Mar Morto

È il luogo più basso della Terra, circa 400 sotto il livello del mare (e tende ad aumentare, essendo il Mar Morto a rischio di estinzione visto che le acque del maggiore immissario, il fiume Giordano, sono ormai in buona parte captate per l'irrigazione) e questo da solo potrebbe bastare a renderlo interessante. L'acqua, la cui percentuale di salinità è di circa il 30% (contro il 3/4% abituale), permette di galleggiare anche leggendo un giornale. Ma non impedisce l'annegamento, che può capitare a chi affronta l'acqua come se fosse un mare normale: bisogna tenere la schiena in basso, non la pancia, perché le gambe, stando su, finirebbero col mandare giù la testa. Benché apparentemente l'acqua risulti rinfrescante, stare in acqua troppo a lungo non è salutare, perché l'eccessiva salinità può provocare ulcerazioni ed è estremamente fastidiosa se viene a contatto con gli occhi. Inoltre, l'acqua salata lascia uno strato oleoso: se vi recate in una spiaggia lontana dalla zona degli alberghi, prima di andare in acqua assicuratevi che nei paraggi vi siano delle docce di acqua dolce. Da un punto di vista fotografico possono essere interessanti le formazioni saline che si generano sulle coste, anche se, non avendo trovato indicazioni precise su dove trovare le più interessanti, mi sono limitato a quelle nei paraggi della nostra sistemazione. Entrambe le notti passate sul Mar Morto sono state estremamente ventose, la prima anche parecchio calda, la seconda meno ma abbiamo dovuto appoggiare le sedie della veranda contro la parete per non vederle volare via.

 

Wadi Mujib

Il Parco di Wadi Mujib offre alcune possibilità di trekking con guida pagata ma quella più interessante, cioè quella "umida", è gratuita. In pratica si tratta di risalire uno stretto canyon lungo il letto dell'omonimo fiume, dalle fresche ma basse acque. Ci siamo presentati all'ingresso alle 16:00, non sapendo fosse con l'orario di chiusura: i bigliettai si sono dimostrati comprensivi, lasciandoci passare ugualmente. Si viene forniti di giubbotti galleggianti da indossare (che, volendo, consentirebbero di praticare un po' di canyoning) e sono consigliate calzature con un buon grip: scarpe da ginnastica oppure sandali col carro armato. Nel maggior parte dei casi l'acqua arriva a metà polpaccio, in alcuni punti, soprattutto nelle strettoie dove l'acqua si alza e acquista potenza, arriva al massimo alla vita. Questo per un'oretta circa, fino ad un punto in cui per proseguire bisogna servirsi di una scaletta di metallo fissata alla roccia e di una corda, oltre il quale un paio di noi si sono avventurati per alcune decine di metri. Il percorso è stimato in un paio d'ore circa fra andata e ritorno e quindi presumibilmente la fine del tratto praticabile, che termina con una cascata di alcuni metri, non era distante. Io ho affrontato questa escursione con la macchina fotografica, avendo cura di metterla in una sacca impermeabile prima dei passaggi che presentavano qualche rischio. È stata un'esperienza divertente nonché piacevolmente "fresca".

 

Dana Natural Reserve

Prima di partire un amico ci aveva parlato di un suo conoscente, grande viaggiatore, che gli aveva descritto la Dana N.R. come uno dei due posti più belli che avesse mai visto. Non possiamo dire la stessa cosa, anche se probabilmente non abbiamo dedicato a questa riserva il tempo necessario per conoscerla a fondo. Anche in questa riserva sono possibili diversi trekking, tutti a pagamento tranne un paio: il cosiddetto "giro dei villaggi" di un paio d'ore e che rimane sempre in quota permettendo visioni dall'alto del parco e il "sentiero del Wadi Dana" che parte dal villaggio e, seguendo il corso dell'omonimo fiume, giunge al villaggio di Feynan in circa 6 ore. Anche perché trovare l'ingresso del parco si è rivelato piuttosto complicato, avevamo tempo solo per il primo itinerario, che però non è molto segnalato. Ci siamo avviati seguendo le indicazioni chieste alla guesthouse ma evidentemente abbiamo sbagliato qualcosa, benché ci sembrasse di stare sempre sul sentiero principale, perché siamo giunti ad un punto morto e siamo tornati indietro. Abbiamo avuto il tempo di gustarci il tradizionale té alla menta su una delle piacevoli terrazze di Dana. Del mio amico mi fido ma, per quanto visto da lontano e dalle foto della riserva trovate su internet, tendo a pensare che le rocce più belle del parco non siano molto diverse da quelle ammirate a Petra e Piccola Petra.

 

Piccola Petra

In pratica una città nabatea costruita sulle rocce di un piccolo canyon lungo appena 350 metri, per raggiungere il quale si attraversano alcuni bei paesaggi. All'ingresso vi sono dei negozietti gestiti da beduini (qui di un clan, gli Ammarin, che non è lo stesso di Petra) che si offrono anche come guide (ma non ce n'è bisogno). Il sito è interessante anche se ovviamente meno spettacolare di Petra - rispetto alla quale ha una maggiore densità di case ed edifici - motivo per il quale consiglio caldamente di visitarlo prima della "sorella maggiore", per non rimanere indifferenti dopo aver visto tanta imponenza. Al termine del canyon vi è una bella vista, su una vallata con cime in arenaria stondate dal vento. L'ingresso è gratuito.

 

Petra

Una delle Sette Meraviglie del Mondo, e ovviamente sito UNESCO. L'ingresso al parco costa caro a sangue: 50 jod per un giorno, che diventano 55 per due giorni (la nostra guida, edizione 2009, riportava rispettivamente 21 e 26 jod, quindi se non ci andate entro il 2013 è facile che questi prezzi siano da aggiornare). Se volete fare la cosiddetta "Petra by night" sono altri 12 jod. L'ingresso apre alle 6:00 cosa che però potrete sfruttare il secondo giorno visto che la biglietteria apre alle 7:00. Poi bisogna percorrere prima il Bas as-Siq (circa 800 scoperti) prima di entrare nel Siq vero e proprio, una lunga (1,2 km), tortuosa e stretta gola che sfocia di fronte al Tesoro. Quindi, af ogni ingresso vino sono come minimo 4 km da fare a piedi, più quelli necessari per raggiungere i vairi siti. Se avete fretta o poca tenuta fisica potete fare il percorso su cavalli o carretti, ma vi perdereste i monumenti nel tragitto (che potrete comunque visitare al ritorno). La biglietteria chiude alle 17:00, il sito in teoria alle 19:00 ma la sera del nostro arrivo abbiamo visto parecchia gente uscire più tardi.

Il sito è enorme, a ragion veduta visto che nel momento di massimo fulgore, cioè all'epoca di Cristo, si stima che la città avesse circa 30.000 abitanti. Dopo aver visitato il Tesoro e gli altri edifici del Siq Esterno, siamo saliti sull'Altura del Sacrificio fino a ad un promontorio dal quale si vede la vallata circondate da montagne completamente traforate di edifici e abitazioni. L'ascesa, di circa un centinaio di metri di dislivello, è facilitata da gradini e richiede mezz'ora/tre quarti d'ora circa, in base alla forma ma si viene ricompensati dalla vista, nel tratto in discesa, di alcune delle rocce colorate più belle del sito, cui ho dedicato un album speciale. Prima di uscire abbiamo fatto in tempo a visitare il cosiddetto "versante orientale", di cui la Tomba dell'Urna è uno dei monumenti principali. La sera, dopo essere usciti per una doccia e la cena, siamo tornati per il "Petra by night": in pratica si fa lo stesso percorso fino al Tesoro alla luce delle candele (poste in sacchetti di carta) posizionate lungo tutto il tragitto. Sicuramente suggestivo, per quanto per gustarsi il silenzio che meriterebbe questo posto bisogna presentarsi in anticipo per evitare la folla. Giunti davanti al Tesoro, la "piazza" antistante è piena di candele e davanti al monumento, che diventa rossastro per la fioca luce proveniente dalle fiamme, abbiamo ascoltato musica beduina suonata dal vivo (con l'immancabile tè alla menta in omaggio). Il giorno seguente l'abbiamo dedicato a raggiungere la parte più remota del sito, incentrata sul Monastero, l'edificio più maestoso, per quanto meno elegante del Tesoro, dell'antica città nabatea. Dopo aver attraversato la zona centrale si giunge al Basin Restaurant (il locale più "sciccoso" all'interno del sito nonché uno dei pochi, grazie al rumoroso generatore elettrico, ad avere gelati e bibite ghiacciate) dal quale parte il sentiero per raggiungere il sito che si inerpica per circa 200 metri e che richiede un'oretta, con molti scalini scavati nella roccia. Chi vuole può approfittare, per 7 jod, degli asini a noleggio condotti dai beduini. Il Monastero è talmente imponente (alto quasi 50 metri) che la sua vista si gode meglio da una certa distanza: meglio ancora se dal fresco della grotta antistante nella quale un locale ha aperto un comodo caffè con tappeti e cuscini sui quali sdraiarsi, accompagnati dal solito tè. Allontantanandosi ancora un po' si giunge a diversi view point, dai quali si godono ampie viste delle montagne fino al lontano Wadi Araba, più di un kilometro in basso.

 

Wadi Rum

È uno dei deserti più belli del mondo, dove le dune non la fanno da padrone ma da contorno a imponenti montagne di basalto, granito e arenaria che si innalzano fino a 800 metri rispetto alla pianura desertica che li ospita. Viste dall'alto sono come isole in un mare di sabbia, alcune stondate, altre più aguzze, immancabilmente scoscese: sono un luogo perfetto per chi, a differenza di noi, si vuole cimentare dal trekking alle arrampicate. Non è consigliabile la visita in autonomia della zona, anche se non è impossibile, perché servono un mezzo adatto e una buona conoscenza del luogo: non è facile orizzontarsi nel dedalo di canyon di Wadi Rum. Generalmente si accede a questo parco avendo prenotato, possibilmente per tempo, un'escursione di uno o più giorni/notti con una guida locale, immancabilmente presso beduini del posto (per la precisione del clan Zalabia, proprietario del territorio dove si reca la maggior parte dei turisti, altre aree fuori dall'area protetta possono essere visitate con guide dei rispettivi clan, gli Zuwaydeh e gli Swalhiyin), ormai al 90% impiegati nel turismo. Che scegliate di visitare il deserto in uno o più giorni (preferibile la seconda anche perché, se ci andate in un periodo caldo come il nostro, nelle ore centrali del giorno è meglio prendersela con calma), non fatevi mancare almeno una notte all'interno del parco (sono disponibili itinerari che partono la mattina dal visitor center e vi riportano la mattina dopo la colazione). Benché sia sufficiente vagare più o meno a casaccio per godere della bellezza del posto, vi sono alcuni siti che meritano di essere visti:

- Il ponte naturale di Umm Fruth, alto 15 metri e scalabile in pochi minuti;

- Il ponte naturale di Burdah, per raggiungere il quale è necessaria 1 ora e mezza e ce ne vuole un'altra per scendere (non ci siamo stati);

- Il breve e ombroso Khazali Canyon, con iscrizioni nabatee;

- I Sette Pilastri della Saggezza, visibili dal visitor Center;

- Le dune grandi (scalabili solo a piedi) e le dune piccole (in cima alle quali giunge anche la jeep), diversamente fotogeniche;

- Il monolite roccioso detto la Mucca;

- Una sorgente che nasce nel fianco di una montagna;

- Il Jebel Umm Adaami, la montagna più alta della Giordania, dalla cima della quale si vede l'Arabia Saudita.

La Sorgente di Lawrence, la cosiddetta "Casa di Lawrence" e altri siti minori non sono particolarmente interessanti, se siete stretti coi tempi, potete tranquillamente tralasciarli.

 

I Beduini sono famosi per la loro ospitalità, tipica della gente che abita il deserto ed ha una naturale tendenza ad aiutare il viandante, ma incontrarli è piuttosto difficile. I pochi che ormai conducono lo stile di vita tradizionale non parlano inglese e sono molto gelosi della loro privacy. Grazie alla nostra guida, a cui avevo specificamente chiesto se ci fosse la possiblità di incontrare una famiglia beduina dopo che altre ci avevano detto che non ci pensavano nemmeno a farci conoscere la propria, abbiamo avuto l'occasione di conoscerne una in un contesto autentico. Per poterla incontrare abbiamo dovuto uscire dall'area del parco, verso est, zona dove normalmente i turisti non vanno. Ci siamo accomodati nella parte della tenda adibita agli ospiti - dalla quale è vietatissimo allontanarsi per curiosare in giro perché sono le donne di casa a scegliere se unirsi agli ospiti, uscendo dalle zone a loro riservate - dove ci hanno portato il pranzo. Si è presentata la madre, di circa 65 anni, coi tradizionali tatuaggi facciali che le giovani non si fanno più fare e coi capelli ormai rossicci dal reiterato uso dell'henné. Vietatissimo fotografarla però. Vi era anche una nipote che però non si è palesata. Meno timida una simpatica capretta nera, che un paio di volte è sbucata da sotto una tenda divisoria e ha vagato tra di noi in cerca di qualcosa da brucare tra i nostri piatti.

 

Il costoso volo di quasi un'ora in mongolfiera non è stato particolarmente esaltante, sia perché il pallone rimane ai bordi del deserto e non vi si addentra (per evitarne un difficoltoso recupero e per atterrare nelle pianeggianti zone circostanti) e sia perché il continuo azionamento delle fiamme per bruciare il propano costringe a portare sempre un cappellino in testa (gentilmente fornito). La cosa più divertente, ma non per tutti, è stato l'atterraggio, con la cesta che si è capovolta di 90° gradi, costringendoci ad uscirne a gattoni.

 

Aqaba

Aqaba è il vero luogo di mare della Giordania, se si esclude quel mare sui generis che è il Mar Morto, nonché l'unico porto internazionale, passaggio obbligato della gran parte delle merci che entrano nel paese. La città, che abbiamo visto solo di passaggio, è piuttosto moderna ma per le spiaggie bisogna spingersi verso sud, in direzione del confine con l'Arabia Saudita, dove vi sono i 12 km di spiagge più adatte alla balneazione dei 27 totali del paese. Gran caldo, in spiaggia mitigato dalla brezza marina. Le spiaggie non sono di sabbia "svolazzante" come la nostra (e meno male, col vento che tira), sembrano quasi di sabbia compattata. L'acqua è calda, i coralli sono meno danneggiati che altrove (2.000.000 di immersioni annue nel Sinai, 750.000 nella vicina Eilat ed appena 20.000 ad Aqaba), le immersioni sono interessanti fin dai primi metri e non servono, come in altri lidi del Mar Rosso, barche per essere portati nei punti migliori. Se non volete porvi il problema di non rispettare il codice di abbigliamento dei giordani che prevede che le donne vadano in acqua completamente vestite, cercate di recarvi nelle spiagge dedicate ai turisti e non, ad esempio, alla spiaggia pubblica di Aqaba. Le spiagge, come del resto quelle del Mar Morto, non sono molto attraenti: la sabbia è grigia e poco soffice, gli ombrelloni sono fissi e piuttosto radi, vi sono baretti e l'attività più praticata pare essere il barbecue di carne di pecora, tendenzialmente nel tardo pomeriggio.

 

Al Karak

La piccola cittadina di Karak sorge in cima ad una collina presidiata dai resti di un grandioso castello costruito dai Crociati e tutt'ora in buono stato. Come si entra si viene presi in consegna da una guida (la nostra era simpatica anche se con un italiano piuttosto basico) che poi alla fine pretende 10 jod: se non volete beneficiare dei suoi servizi siate chiari fin da subito. Non è uno dei siti imperdibili, ma rimane sulla Strada del Re nel caso, all'andata o al ritorno sull'asse nord-sud, vogliate fare una strada diversa da quelle più veloci, ma anche monotone, che uniscono il paese affiancando il deserto o la valle del Mar Morto.

 

Madaba

Molto vicina ad Amman, questa cittadina è famosa per gli antichi mosaici delle sue chiese (in una di esse vi è conservata quella che è considerata la più antica mappa del Medio Oriente) e per il fatto che per lungo tempo è stata una città a maggioranza cattolica, caratteristica che ora mantiene solo per il centro storico (circa il 95% degli abitanti), mentre nel resto della città e dei dintorni la maggioranza degli abitanti è musulmana (circa 14.000 cristiani su una popolazione complessiva di circa 120.000 abitanti). Se può interessare, questa città ospita quello che è considerato il miglior ristorante del paese (cosa che, per quel poco che abbiamo potuto sperimentare, sottoscriviamo in pieno) e che, dopo una decina di giorni che ce le sognavamo anche di notte, abbiamo trovato nel frigobar dell'albergo delle birre (non analcoliche) gelate che ci siamo fatte fuori immediatamente e con gusto.

 

Altri siti non visti

- L'ultima mattina (il volo di rientro era nel pomeriggio) avevamo in programma di visitare i cosiddetti Castelli del Deserto (siti UNESCO) ma purtroppo abbiamo dovuto rinunciarvi visto che il rientro lungo la Strada del Re aveva richiesto più tempo del previsto e non avevamo fatto in tempo a visitare Madaba;

- Ad Amman abbiamo visto il teatro romano solo da lontano e i souk di sera, ma la città non offre molto altro d'interessante;

- La Giordania è pieno di luoghi citati nel Vecchio Testamento: dal luogo dove Cristo sarebbe stato battezzato da Giovanni il Battista, dal Monte Nebo in cima al quale Mosè vide la Terra Promessa senza poterla raggiungere, dal castello di Mukawir (alcune colonne e poco più) dove Salomè avrebbe chiesto in premio la testa di Giovanni il Battista, alla grotta dove Lot e le sue figlie si salvarono dalla pioggia di fuoco mandata per distruggere Sodoma e Gomorra;

- Castelli e siti archeologici di vario tipo, romani e crociati, in condizioni di conservazione diverse: Pella, Umm Qais, Ajloun, Shobak.

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