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Lunedì, 27 Aprile 2009

Buenos Aires. Argentina, Sud del mondo

Il modo migliore per iniziare un viaggio dall'altra parte del mondo? Bere le sere precedenti alla partenza. Svegliarsi la mattina in preda al panico pre-valigia...

Concorso Storie Vagabonde

ARTICOLO DI

Vagabondo0


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L'inizio

Il modo migliore per iniziare un viaggio dall'altra parte del mondo? Bere le sere precedenti alla partenza. Svegliarsi la mattina in preda al panico pre-valigia. Ficcare in uno zaino, inadatto anche per una gita fuori porta, quanti più panni (non piegati) riesce a contenere. E prendere un taxi al volo.


- Dove la porto?

- In stazione.

- Parte?

Noooo, vado a pulire i cessi dei treni.

- Si, per l'Argentina.

- Ah, io ho un parente lì che fa il tassista!

Scusi, ma lo sa ieri sera a che ora ho fatto l'ultimo brindisi?

- Davvero?!

[...] (a pochi metri dalla stazione di Bologna)

- E quando sono andato a trovare i miei parenti, facendo scalo a Madrid ho risparmiato il bollo sul passaporto perché...

Non ci credo.

Ho dimenticato il passaporto.

Non è possibile.

Dio.

- Mi riporti indietro, ho lasciato il passaporto a casa.


Tralascio che il costo del taxi ha sfiorato quello dell'eventuale marca da bollo sul passaporto. Ricordarmi dei documenti sul treno m'avrebbe reso automaticamente single.


Allo scalo di Madrid incontro una compagna del collettivo di comunicazione che vive da quasi due anni in Argentina. Mi aggiorna sugli spostamenti di vita degli ex-compas del dipartimento. Sono uno dei pochi ad esser rimato in Italia. L'unico a non aver lasciato Bologna. Evito d'interrogarmi sul senso di ciò per non deprimermi.


Su un volo intercontinentale, il tuo vicino è, in caso d'incidenti, l'ultima persona che vedrai al mondo. Figura importante, quindi. Se ti capita un tedesco che vive in Argentina e non proferisce una parola d'inglese, inghiottisci sei pasticche di valeriana e ti risvegli dall'altro capo del mondo.

Iª settimana

Buenos Aires sembra l'Europa. Già. Tutti me lo hanno ripetuto fin dalla primavera: «È la città più europea del Sud America». Già. Ma cos'è l'Europa? Londra, certo. Torre del Greco, con i suoi 15mila abitanti per km\q, anche. La festa della montagna in Abruzzo, pure. Allora Europa diventa sinonimo di contaminazione. E quindi anche qui siamo in Europa.


So una cosa, per certo: la periferia di Istanbul, i paesini della Grecia, le baracche di Baires, le strade malmesse del Portogallo, evocano nella mia testa sempre la stessa immagine: il sud, la Campania e il mio immaginario degli anni Ottanta. C'è forse solo un po' meno munnezza.


Compitino:

Descrivi le due cose più belle dell'Argentina dopo 24 ore.

Sviluppo:

Monica e il mio cellulare che non squilla, mai.


ps. In un programma radiofonico, Chavez ogni settimana dialoga con i cittadini del Sud America, informandoli dei complotti degli yankee che quotidianamente provano a destituirlo. E ne parla come se raccontasse barzellette. Non potete immaginare...



Iª settimana e mezzo

Dia mundial pro la socializaciòn de la riqueza: 50mila in marcia: anarchici; avenida de mayo; bambini; bandiere della pace; cacerolazo; carri; cittadini perplessi; contadini; cordoni; guevara; impiegati alle finestre; mazze; megafoni; minatori; musica; servizi d'ordine; spranghe; spray; studenti; tamburi; traffico in tilt; t-shirt "kill bush".


Quando il corteo gira per una stradina del centro, il carro si ferma con indifferenza davanti a un Burger King, porta la musica a un volume da stadio, e lì resta, in attesa. A Plaza de Mayo c'è la marcia delle madri, come ogni giovedì. Il silenzio come massima espressione del dissenso. Quando a loro si unisce il corteo del Movimiento national campesino indìgena arrivano anche le parole.


Un bimbo americano al mio fianco, alla vista dei caschi bianchi al seguito delle madri, inizia a canticchiare: «Ta da dà, ta dadà, ta dadà», la musica che precede l'entrata in scena di Darth Fener in Star Wars. Stava evidentemente ri-semantizzando la scena. O forse nessuno gli aveva spiegato. O forse al padre bastava una foto ricordo, mentre il figlio vedeva marciare l'esercito dei sith.


La comunità di migranti più estesa dell'Argentina è quella dei calabresi. Secondi i campani. Ne La Boca questo è esplicito. Un quartiere dai mille colori dove l'abitante medio è un bambino con un pallone di pezza tra i piedi. E il santo patrono è Diego Armando. Qui gli unici sorrisi. Il resto della città è composto. Il tango è lo specchio del loro umore. Non che l'FMI non ci abbia messo del suo. Le bistecche sono alte tre centimetri ma se chiedi una cottura al sangue (muy muy jugoso) ti guardano sconvolti. E la cottura sarà cmq media. Potere della tradizione.


ps. Da alcuni giorni lo spam nella mia casella gmail è rigorosamente in spagnolo. Potere della privacy.



Intermezzo campanilistico

Di calcio ci vivono, i jugadores sono eroi nazionali. Se poi uno di loro lo mette nel culo della vecchia signora con indosso una maglietta azzurra, ci aprono i giornali per un settimana:

2ª settimana

Qui, Buenos Aires.

Ho bisogno di dormine, quindi sarò breve.

Torno adesso dopo una settimana in giro per il nord del paese (senza cellulare, deo gratia):

Prima, le cascate di Iguazù, imponenti, quasi irreali (e io soffro di vertigini);

Poi, le "Tres fronteras" dove Argentina, Brasile e Paraguay s'incrociano a pochi metri di distanza;

Infine, Ciudad del Este in Paraguay, snodo commerciale del pianeta, il più grande porto franco dopo Hong Kong (dove Michele avrebbe acquistato non meno di 15 iphone).


Torno nella nostra casetta di Baires, e mi mancate, e basta riaccendere il cell per riavervi tutti insieme:

Prima, i bollettini metereologici della Frà sull'Onda: siamo 5mila, siamo 20mila, siamo 50mila (introdotti sempre da «non ci crederai»);

Poi, i commenti divertiti di Giangi sulle occupazioni;

Continuando, Gianni che m'informa della classifica del Napoli e dei litigi De Maria\Caronna;

Infine, Simone e Federico che raccontano di un'aria diversa, finalmente. Di qualcosa che non respiravamo più da tanto.


Qui resta una settimana, con ancora qualche pesos in tasca. Verranno dirottati su Santiago del Cile o Rio de Janeiro, visto che il costo dei voli ci permette un'ultima escursione in giro per questo bizzarro continente.


Il primo venerdì di novembre sarò tra voi, carico di racconti, idee e puttanate. La mia parte di rivoluzione questa volta è stata posticipata di qualche ora, ma chissà che anche le suggestioni sudamericane non possano avere un ruolo al mio ritorno.


ps. «Non siamo un'associazione riconosciuta. Siamo, d'altro canto, perfettamente riconoscibili». In questo attacco dell'Onda bolognese riconosco una penna rimasta in silenzio a lungo.


pps. Il mio racconto è stato commentato da compagni, colleghi, da Evangelsti, pubblicato su Carta, su Carmilla, sul sito nazionale dei ricercatori e su mille blog no-gelmini. Gli unici a non rispondere sono stati quelli de ilmanifesto. Devo cambiare giornale, è ovvio.


ppps. Da questa mattina non ricevo più sms causa mancato credito, motivo in più per attendere con ansia il nostro incontro.



Intermezzo topografico

M'è bastata la risposta della Stefi (s-t-u-p-e-n-d-a) alla domanda: «Abbiamo ancora un po' di soldi, com'è Rio de Janerio?» per convincerci.


Ultima comunicazione: parto per il Brasile, una follia. Ci vediamo il 7 al Pratello, la nostra casa.


3ª settimana

I'm back in Baires, questa volta definitivo.

Ultima settimana trascorsa a Rio. Il brasile non è l'Europa. Quando siedi con le chiappe sulla spiaggia di Copacabana, bevendo succo di cocco e succhiando spiedini di gambero, non ti senti in un luogo familiare. Prossimo a un film come impatto. Anche perché sai che sarà breve.


Differenze tra le favelas e i quartieri spagnoli: prossime allo zero. La centrale di polizia è costituita da tre metri quadrati. All'interno: un bancone, una sedia e uno sbirro brasiliano che dorme beato.


Poi Moni è generosa, e quindi pur di mostrarmi anche Montevideo, si è fatta venire una crisi di nervi all'aeroporto dove facevamo scalo tornando dal Brasile (Montevideo, appunto). Causa: piccola avaria del motore che avrebbe ritardato la partenza di 30 minuti. Ma noi no. Siamo furbi. E quindi le precauzioni non sono mai troppe. E quindi siamo scesi («Moni, devo trovare una televisione»), ci siamo fatti ridare le valigie («Moni, ci sono le presidenziali americane, cerca di capire») e abbiamo preso il primo bus per il centro della capitale uruguaiana. E siamo ripartiti in nottata. Bella anche Montevideo. Però era il 4. E le tv del globo trasmettevano gli exit poll delle presidenziali americane. E io passeggiavo per Montevideo.


Tornato a Rio, dopo tre settimane di black out quasi integrale, ho letto manifesto\repubblica degli ultimi 20 giorni. Il tre novembre, mentre gli Usa s'apprestavano a eleggere un negretto democratico con meno di cinquant'anni, mostro di retorica e pure mezzo pacifista, Marco d'Eramo sul ilmanifesto intervistava il Bernocchi di Chicago che spiegava ai lettori italiani che il nigger è un democristiano, paraculo, che non sa un cazzo, venduto al capitale ecc. Come dire, ben tornato in Italia.


La smetto qui.

Il viaggio è al termine.

E quindi anche la materia del racconto si sta esaurendo...

Ott-Nov 2008


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