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Sabato, 19 Aprile 2008

Attraverso l'Europa in rikscha

Rocco Marvaso ci racconta un modo di viaggiare economico ed... ergonomico:
Col rikscha (che io ho sempre conosciuto col nome di ricsciò)...

ARTICOLO DI

Vagabondo0

Rocco Marvaso ci racconta un modo di viaggiare economico ed... ergonomico:
Col rikscha (che io ho sempre conosciuto col nome di ricsciò), vi accenniamo qui al momento dell'idea iniziale e vi diamo la descrizione dei primi due giorni. "23 pagine per due giorni?" forse direte, beh, quando si viaggia per le montagne e forza di pedali il tempo passa lentamente e si vedono tante cose... I resto del racconto è su: www.felicitaabassoconsumo.net

.....Dovevo smuovere me stesso e qualcun altro da questo torpore fatalista, dovevo fare qualcosa di forte nel piccolo delle mie possibilità, e ho pensato che unire l'utile a dilettevole sarebbe stata la cosa giusta.
L'utile: dovevo comunque andare presto a Genova per onorare di una visita la mia famiglia arricchitasi recentemente di un nuovo membro.
Il dilettevole: mi concedo un bel viaggio, trasportando tutte le mie cose indispensabili con me, visito alcune delle città storiche della Pianura Padana, visito i miei parenti milanesi, e dopo tre settimane arrivo a Genova, senza aver inquinato per nulla.
Come? Con il mio veicolo privilegiato, con il quale spesso lavoro nel centro di Monaco trasportando i passeggeri a forza di pedalate, con il rikscha.
Per l'occasione ne ho comprato uno usato, e sul modello di 'pimp my ride' l'ho fatto adattare alle esigenze del viaggiatore: comodo bagagliaio capiente, chiusura con sicura, specchietti retrovisori, decorazione, sedili in pelle, impianto elettrico a energia solare, ecc. ecc.
Il 23 agosto, vigilia della data fissata per la partenza, si è applicata infine una grossa scritta sul retro della cabina passeggeri:
'Fa 100 km con 1 Kg di pasta. E la tua?'

Secondo Giorno
sabato 25 agosto 2007


Come andò che partendo dal laghetto di Kochel fra le Alpi Bavaresi si arrivò nell'allegro Paese dello jodel, e si finì a dormire accanto al fuoco in una fantastica tenda indiana.

La tarda mattinata di una splendida giornata di sole, in riva al lago.
Quando mi sveglio gli altri due hanno già lasciato la tenda, Mark ha fatto delle foto in riva al lago dove se le capovolgi il riflesso del cielo sul lago diventa il cielo.
La tipica foto di un lago alpino insomma. Con assoluta calma poi abbiamo smontato la tenda e siamo risaliti sulla via principale, dove già ieri avevamo visto il ristorante italiano che ci avevano consigliato quei ragazzi.
La coppia che lo gestisce sono dei calabresi sulla trentina, lei è di Vibo Valentia e non torna a casa da 8 anni, e stava per andare finalmente in vacanza a casa. Quindi era particolarmente allegra. Nella terrazza dove ci siamo seduti a mangiare al tavolo dietro il nostro si siede un tipo con tuta da ciclista rossa, uno robusto slavo germanizzato, che andava in un solo giorno da Monaco fino a Merano, e non attraverso il Brennero ma da un giro a ovest, mi pare si chiamasse passo del rombo (Timmelsjoch). Gli abbiamo chiesto come è la strada fino ad Innsbruck, che peraltro io già avevo percorso, ma in direzione opposta. Il fatto è che io contavo di essere a Innsbruck già nel primo pomeriggio, per incontrare una certa Frau Kofler, giornalista del quotidiano tirolese che sarebbe interessata a riferire del nostro viaggio. Ma Andres diceva che non ce l'avremmo mai fatta entro la serata, al più presto all'una di notte, e alla fine aveva anche ragione! Io invece ho continuato a sostenere che la parte a salire sarebbe stata ancora breve, e dopo il Walchensee sarebbe già andata a scendere. Ovviamente il mio ricordo era erroneo, perché mi ricordavo benissimo della salita su da Innsbruck, ma la discesa era stata tanto lunga quanto dimenticata. Dopo una pasta alla carbonara, dopo un cappuccino corretto, una crepe dolce e due giri di tiramisu, forse eravamo imbottiti abbastanza per cominciare a salire.
L'appuntamento con la giornalista era destinato a non funzionare, poiché dalla cabina ho cercato di telefonarle ma senza trovarla in ufficio. Io mi carico sul rikscha anche lo zaino di Andres, che poverino non ha portapacchi sulla sua bici e altrimenti se lo dovrebbe caricare sulle spalle come un mulo. Vi sembrerà infantile, ma tutti e tre per diletto abbiamo cominciato a strombazzare con le nostre trombette da bicicletta sul manubrio, e a creare dei ritmi assieme. Era un bel modo per tirare avanti in quella salita senza pensare troppo alla fatica. E anche un bel modo per farsi udire meglio dalle auto che scendevano in senso opposto, essendo la strada tutta a tornanti. Ogni tanto i miei due compagni sprintavano avanti e facevano una pausa aspettandomi in un angolo fresco, io invece andavo sempre alla stessa andatura piano piano, ogni tanto distraendomi ascoltando la radio qua e là, in particolare di un esperimento fatto dalla radio bavarese in Italia, dove la giornalista si è finta autostoppista e ha fatto una statistica di quanti uomini che la prendono su cercano anche di approfittarsi di lei. Dal tono di voce sembrava si fosse eccitata un mondo a constatare quanti di loro appunto ne vollero approfittare. L'ospitalità italiana verso le testoline bionde è intramontabile. Arrivati sul belvedere sopra il Walchensee ci siamo scattati qualche foto che dovrebbe esprimere soddisfazione di essere arrivati lassù.
Ma certo non sapevamo quanto ancora esattamente avremmo dovuto salire. Lassù si erano fermati anche un gruppo di motociclisti, uno di loro era davvero grosso e pieno di tatuaggi. Loro erano italiani che andavano a Monaco in moto.
Poi salendo poco sopra ho dato il mio primo passaggio, a una giovane coppia, Cesar ed Evelyn. In questo caso siccome loro scendevano li ho portati in discesa ritornando indietro, e anche per me è stato un sollievo avere un po di arietta fresca addosso. E' una giornata piuttosto calda, ed è il sole formidabile dell'alta montagna. Ma dopo poco un nuovo traguardo: il Kesselberg (monte-pentola), un punto alto di quella strada, che come leggiamo da un'iscrizione era stata fatta ammodernare dal principe reggente Leopoldo, e da lì in avanti parev che la strada andasse a scendere. Ma non era così, né era vicino il passo di Seefeld, da cui si scende verso Innsbruck! Ad ogni modo da lì in poi c'erano dei bei tratti di discesa, la strada era ottima, quindi il mio amico Mark, che da giovane era un bmx-rider, si è buttato a tutta velocità sempre e comunque laddove possibile, pregustando soltanto quello che l'attendeva al di là del Seefelder Sattel e soprattutto quello che lo attendeva al di là del passo del Brennero. Per me questi numeri sono esclusi in partenza, ho un veicolo troppo pesante per arrischiarmi a più di 30 km all'ora, e gli ammortizzatori non sono sufficienti per numeri acrobatici. Andres da padre di famiglia è meno spericolato, ma semplicemente io sono davvero lento in confronto ad una bicicletta che pesa si e no 10 chili. Sicché ben presto mi ritrovai da solo a menar per una valle bellissima, col sole del tardo pomeriggio radente le vette altissime intorno a me, e là ad un certo punto vedo un uomo e una donna sul ciglio della strada intenti ad osservare un punto per terra fra la boscaglia. Sono due geologi che stanno redigendo un resoconto dei possibili monumenti geologici della regione, per promuovere nel futuro un turismo che si rivolga non solo alle bellezze naturalistiche o gastronomiche, ma anche attento alle particolarità di questa geologia alpina. Discorsi molto suggestivi: mi mostrano per esempio che nella roccia che stiamo fissando affascinati si scorgono i solchi scavati dal passaggio del ghiacciaio che in una certa epoca ricopriva interamente la valle dove ci troviamo.
Mittenwald: qui mi ricongiungo ai miei amici, che mentre mi aspettavano hanno comprato da mangiare al locale discount: birra augustiner, per me apfelschorle, bevanda non alcoolica e ottimo integratore naturale. Formaggio, burro alle erbe, le patate ci sono avanzate ancora da ieri sera. Caricate queste cose sul sedile di dietro del triciclo, consci infatti che comunque domani sono chiusi i negozi e non si può comprare niente, si ricomincia a muoversi verso il Tirolo, che oramai non dovrebbe essere lontano. E cala la notte mentre ci allontaniamo dal paese. Ci vuole ancora un'ora prima di raggiungere il prossimo centro abitato. Entrare nel paese ci comporta una deviazione dalla via principale, ma per sicurezza, siccome la strada è deserta, vogliamo trovare qualche locale per chiedere chiarimenti sulla strada migliore. E' là che incontriamo questa signora che porta a spasso il cagnolino, che non smette un attimo di abbaiarci come un pazzo. Lei ci dice di raggiunger innanzitutto Scharnitz. Un paese che chissà forse si chiama così perchè è la cerniera (Scharniere) fra Baviera e Tirolo.
Anche se non fosse così lo uso come trucco per ricordarmi questo nome. Il tragitto che segue a cavallo del confine è tranquillo, poco traffico di auto, una notte serena e non ancora fredda. Naturalmente teniamo tutte le possibili luci e faretti accese, e l'Andres che è quello meno equipaggiato (non riesce ancora a credere di essere andato da un Paese ad un altro con l'ausilio delle sue sole gambe!) sta preferibilmente nel mezzo della nostra piccola carovana.
Mentre pedaliamo piano piano nell'oscurità Andres che è sudamericano ci spiega un sacco di cose su come si va a cavallo, attività che per lui è normale come per me viaggiare in bicicletta. Il primo paese dopo il confine ci saluta con la sagoma di un lama (?) a lato della via, subito dopo con un’esposizione di auto d’epoca in una specie di museo a vetrate. Dopo un centinaio di metri cominciamo a sentire della musica nell’aria. Un piccolo festival di paese. Un gruppo di ragazzini locali che suonavano covers di musica conosciuta a tutti in una piazza simile ad un anfiteatro con alcuni chioschi di birra e wurstel. E tante biciclette parcheggiate sul piazzale antistante. Mark osserva per prima cosa che qui le biciclette non sono chiuse a chiave! Per noi di Monaco questo è un particolare che ha dello straordinario! I miei amici entrano immediatamente nella mischia del pubblico, io invece rimango a vedere questo concertino seduto sul sellino. In quel mentre scambio quattro chiacchiere con alcuni uomini del posto con una bottiglia di birra in mano. Uno di questi si chiama Claus ed è un grande. Lui è un tedesco di Regensburg che lavora lì a Scharnitz allevando i lama e gli asini, e li usa per trasportare l'attrezzatura di quelli che salgono su sulle vette più alte per calarsi col parapendio. In quel breve lasso di tempo che dura un mezzo litro di birra (per me un mezzo litro di apfelschorle), siamo in grado di parlare di tutto e di più, di noi, del paese, dei massimi sistemi.
Alla fine però si ricade sulla questione pratica: cosa fare? Sono già le 11 di sera, e a quanto pare il culmine del tratto in salita che precede la famosa discesa vertiginosa fino a Innsbruck è ancora lontano dei chilometri. Che fare allora? Rischiare di arrivare di notte ad Innsbruck e dover dormire all'addiaccio? O accettare l'offerta tentatrice di Claus, di essere ospitati nella sua tenda Taipi, cioè quella grande tenda che usano gli indiani d'america, conica, aperta in cima e con il focherello dentro? Come resistere a questa offerta caduta dal cielo? Ma si, al diavolo il programma che ci vedeva arrivare a Innsbruck già nel pomeriggio di oggi, accolti dall'intervista della stampa tirolese... Poco a sud del paese si trova un'area adibita al tiro con l'arco, e li sorgevano su un prato alcune tende bianche coniche semplici e grandiose. L'amica di Claus, quando siamo arrivati dalle tende mi ha chiesto di provare a guidare, ed è riuscita alla prima a guidare perfettamente! Loro non si sono fermati con noi, ma ci hanno invitato a tornare a Scharnitz in autunno e goderci un po' di quella natura meravigliosa insieme a loro. Molto molto volentieri!
Dentro la tenda abbiamo acceso un focherello, e su di esso abbiamo messo alla brace tutte le patate rimaste dal giorno prima. Avevamo anche del formaggio e del sale: un lauto pasto, un sorso di birra, e già eravamo sdraiati tutti e tre accanto al fuoco, felici e stanchi, parlando del giusto e dell'ingiusto, dell'economia etica e di quella distruttiva. I piedi verso il fuoco, la testa verso l'esterno, diceva la nonna di Mark, nel dubbio mi metto di traverso tangente al fuoco, sdraiato su un bancale e avvolto nel sacco a pelo.
Kochel am See-Scharnitz: 39 km




Terzo Giorno
domenica 26 agosto 2007


Come andò che mi si bucò una ruota del ricsciò, e poi mi ritrovai a percorrere l'autostrada in ricsciò presso Innsbruck, e dopo aver superato il cimitero degli sciatori lungo la salita per il Brennero si bucò la ruota al mio amico, e pernottammo presso Matrei am Brenner dalla signora Hoertnagl.
La tenda taipi!! Esco dalla tenda per primo la mattina verso le 8. è bello fresco fuori, è tutto lavato e pulito dalla rugiada. Oggi scenderemo giù fino a Innsbruck, penso, ci concederemo un bel pranzo come ieri, e poi su pieni di forza fino al Brennero e poi giù, fino a Bressanone! Ma ecco che mi accorgo che la ruota anteriore è a terra! Primo contrattempo della giornata.
In fretta cambiare la camera d'aria e poi via di là.
Neanche il tempo di riempire le borracce di quell'acqua purissima di nuvole, e già via per l'ultimo pezzo di salita. Ma quando finisce questa salita! I miei amici ben leggeri mi superano e mi aspettano a fianco di un ponte bevendo e scherzando. Il Mark per ingannare queste attese dovute alla mia lentezza (cioè alla sua velocità!) ha preso a scrivere il suo diario di viaggio su dei pezzi di carta di recupero. Peccato che, lunatico com'è, abbia perso quelle cose poco dopo il suo ritorno a Monaco... Io non avevo proprio più acqua nelle borracce. Ogni tanto mi fermavo in un posto bello e mi godevo le montagne e la valle di sotto. In un posto c'era un uomo che faceva le foto delle montagne appoggiandosi ad un cavalletto, poco più avanti c'era un singolare monumento a ricordo delle olimpiadi invernali ivi svoltesi, là avrei volentieri fatto una foto, ma in quel momento circa due chilometri più avanti Mark con la sua macchina fotografica immortalava più volentieri il suo dito sanguinante per una ferita accidentale. Intanto le persone che incontravamo ci dicevano che effettivamente c'è un divieto di transito per le biciclette, per via della pendenza oltre il 16% che si incontra a scendere verso Innsbruck per un tratto di circa 3 km, ma io non mi sento chiamato in causa. Da Scharnitz fino al Seefelder Sattel, che è a 1185m sul livello del mare, scherzando scherzando siamo ancora saliti di buoni 200 m! Verso l'ora di pranzo, dopo un piccolo aperitivo, per la verità piuttosto caro, su una panoramica terrazza nel punto di ristorazione presso la sella di Seefeld, i miei due compagni si apprestano a scendere con sommo gaudio fino al punto di divieto di transito, quindi fare a piedi a spinta per il tratto vietato, e superato quello correre felicemente fino in città a pranzare. Io con calma mi appresto anche a scendere, ma ad una velocità davvero bassissima.
Soprattutto nel punto di massima pendenza, un rettilineo lungo almeno un chilometro che per chi lo conosce fa impressione a percorrerlo, ho guidato con la massima prudenza stando bene attento a tenere i freni dietro costantemente tirati e a non prendere mai troppa velocità.
Alla fine di quel rettilineo mi sono ritrovato su uno spiazzo con un punto di ristoro, in cui erano convenuti un bel gruppo di motociclisti americani, e a cui approdarono subito dopo di me un gruppo di ciclisti tirolesi. Mi sono da subito domandato come sarebbe stato con il mio peso morto di 100 kg abbondanti su 3 ruote affrontare in salita quel rettilineo, ma soprattutto: come facevano le carrozze e i carri commerciali nel passato a salire per di là? Avevano forse una stazione di muli ausiliarii per aiutare la salita dei convogli? Ed anche la discesa non doveva essere per nulla semplice, con il cavallo che portava tutto il peso del carro sulle sue gambe anteriori! Da lì in poi la strada era una pendenza comoda e tranquilla. Così tranquilla che mi è stato possibile sorpassare l'indicazione che mi avrebbe portato ad Innsbruck in pochi minuti, e proseguire invece per la via principale, che ad un certo punto e senza che me ne avvedessi diventò autostrada! Eh sì, in Austria e Germania è così: rischi di finire inavvertitamente su un'autostrada senza trovare nessun casello autostradale. Improvvisamente mi accorgo che mi trovo su una carreggiata autostradale "direzione Innsbruck", prossima uscita 3 km. E fu così che decisi di andare avanti fino alla prossima uscita. In definitiva non davo fastidio a nessuno, e nessuno a me; sono rimasto infatti tutto il tempo sulla corsia di emergenza.
Mentre già mi immaginavo che cosa diavolo pensassero gli automobilisti vedendo uno strano oggetto semovente con su di un grande cartello bianco la scritta "Fa 100 km con 1 kg di pasta", e mi godevo come se nulla fosse il panorama sulla mia sinistra, la vegetazione sul pendio che sovrastava il viadotto, nel giro di un quarto d'ora ho raggiunto l'uscita sulla destra, verso Innsbruck. Proprio al momento di svoltare – accidenti- ecco che dietro di me si sente la sirena della polizia. Mi hanno colto sul fatto! Transitare su un'autostrada con un mezzo non permesso è un'infrazione del codice della strada piuttosto riprovevole, quindi non ho cercato di giustificarmi, ma ho prontamente ammesso la mia colpa e ho pregato i due gendarmi di essere clementi con me.
Ho allungato loro insieme al mio documento di identità anche un manifesto che ho diffuso in Germania prima di partire, e di cui avevo ancora appresso alcune copie, in cui spiego le modalità e le motivazioni etiche di questo viaggio. I due poliziotti sembrarono divertiti da tutto questo, e ci siamo messi a parlare amichevolmente per un buon quarto d'ora là in mezzo alla strada (ben più pericoloso se vogliamo di un veicolo che si muove sulla corsia di emergenza, ma non sono il tipo che ama discutere troppo con chi ha il coltello dalla parte del manico...). Mi sono limitato a rispondere, al che uno di loro mi ha chiesto se sono di Greenpeace, ho risposto che non mi occupo di problemi così grandi come fa questa organizzazione, ma mi accontento di redarguire coloro che nel quotidiano inutilmente immettono tanta anidride carbonica nell'aria come i poliziotti tirolesi che inseguono ciclisti (ridendo). Nel redigere il verbale uno dei due amici è costretto a scendere dall'auto e a ficcare il collo disorientato qua e là intorno al veicolo, alla ricerca di un marchio o altro segno distintivo riconducibile ad un modello, come se fosse un'auto o una moto, cosa che purtroppo non gli è stata possibile, perché trattasi di un telaio fatto artigianalmente e senza alcun marchio di fabbricazione E poi avviene il fatidico scambio di pezzi di carta. Io consegno loro una banconota da 100€ a guisa di cauzione per non essere arrestato e in attesa che il capitano della questura di Innsbruck decida a quanto ammonti la multa. Loro mi consegnano una fattura dell'avvenuto pagamento con su scritto che il capo della polizia, dal significativo nome di Herr Pallestrong, mi spedirà a casa la multa vera e propria. Secondo me questo herr Pallestrong è un brav'uomo, e si è fatto una risata leggendo il verbale consegnatogli. E di fatto mi ha poi spedito a casa una multa di 80 €, cioè meno di quanto consegnato agli agenti! (i 20 euro me li ha poi spediti sul mio conto bancario, altrimenti non direi che è simpatico.) Conclusa questa faccenda mi sono ritrovato in uno stato psichico un po' alterato a girovagare per quella che pensavo fosse la periferia industriale di Innsbruck, ma che evidentemente non lo era. Ho chiesto informazioni ad un uomo con dei folti baffi e una tipica capigliatura anni ottanta, il quale, un po' per via dei baffi, un po' perché parlava di suo già con un accento incomprensibile, mi ha solo confuso le idee su come raggiungere il centro di Innsbruck.
Fatto sta che sono andato ad impegolarmi su per il lato sbagliato della valle, per poi dopo una buona mezz'ora doverne ridiscendere e, percorso un ponte su cui un giovane faceva appunto l'autostop per lasciare Innsbruck, mi sono ritrovato nella periferia residenziale proletaria di Innsbruck, abitata da persone dalla pelle scura o ambrata, alcuni giovani con il motorino, particolare che da solo già mi dava l'impressione di essere in una qualche borgata del sud Europa. Da una cabina del telefono, che mi appare assai pittoresca come del resto un po' tutto in questa contrada, chiamo Andres: mi stanno aspettando da oltre un'ora alla piazza del Duomo nel centro. Allora cerco di sbrigarmi a raggiungerli. Cosa anche non facile. Poche indicazioni ambigue che dirigono verso il centro storico, poca gente per strada. A quei pochi chiedo di indicarmi la strada. Un giovane uomo scarno ed elegante vestito di nero mi dice di seguire il tetto dorato in alto davanti a noi dietro i palazzi. Il suo accento sembra quello di un genovese che parla in tedesco. Molto curioso. Dev'essere di Vienna. Poi mi vado a cacciare in dei vicoli lastricati e sotto volte di mattoni chiedendo a destra e manca.
Da qualche parte sul lungofiume i miei amici si sono soffermati a scoprire le bellezze femminili locali fare bagni di sole su una specie di spiaggia artificiale. Avrei voluto così volentieri fare anch'io questa esperienza, ma...non c'è più molto tempo: in teoria Mark ed io dovremmo ancora oggi proseguire fino al Brennero e scendere giù sul versante italiano fino a Bressanone, luogo dove una ragazza ospitale del posto ci aspetta per questa sera. Ci concediamo ancora un'ora di delizie al tavolino all'aperto del ristorantino, e ordiniamo ognuno un piatto di spätzle, una sorta di pasta che si usa in Baviera e Austria, e soprattutto ordiniamo l'Highlight della gastronomia asburgica, il Kaiserschmarrn, che è anche una buona botta di energia per cominciare l'ultima scalata delle Alpi. Dopo l'ultimo addolorato addio ad Andres, non facciamo che seguire da bravi la ricca segnaletica per la "Brennerstrasse". Presso la Basilika Witten a sud della città chiediamo ancora ad un Padre vestito di bianco che passeggia sul marciapiede accompagnato da un giovane chierico, come sia la strada per il Brennero, quanto sia lunga e quando incontreremo il prossimo centro abitato lungo la salita. Fino al Brennero, come già sapevo, ci aspettano 42 km di salita, e per il prossimo centro abitato, Matrei am Brenner, dobbiamo ancora percorrere 18 km. Il padre ci dice con il suo squisitissimo accento tirolese che la strada è tutta a tornanti ma non è poi così pericolosa. Nei pressi di quella chiesa c'è anche un cimitero; salendo su per quel tornante sopra il cimitero, sopra le nostre teste vedevamo la torretta da cui durante le olimpiadi si buttavano giù gli sciatori. Vi immaginate cosa provano gli sciatori scorgendo da quella torretta in fondo a quel baratro sotto di loro le bianche croci di un cimitero? brrrr... Poco dopo aver cominciato a salire nel sereno pomeriggio ci raggiunge una pattuglia della stradale, che si vuole assicurare che non siamo degli svitati pericolosi per gli utenti della strada. Mi chiedono semplicemente dove siamo diretti, e quando dico loro che stiamo andando verso il Brennero, dicono semplicemente "di qua sempre dritto". Un 'informazione davvero utile, in questo incredibile groviglio di strade e stradine (?) Poco oltre ci fermiamo di fronte ad un panorama mozzafiato della vallata, su cui si erge altissima come una linea lontana là in cima l'autostrada del Brennero, su cui gli automobilisti di solito neanche si accorgono di essere così alti e quasi sospesi nel vuoto.
Su quella piazzola si è fermato anche un automobilista pugliese che torna in auto in Germania finita la vacanza nel suo paese. Ha una bella auto potente, con cui sicuramente si è pavoneggiato abbastanza nel villaggio da cui era emigrato chissà quanti decenni fa con le valigie di cartone. Ora sta scoprendo che nella vita ci sono cose molto più belle che le auto, e che in auto rischiamo di perdercele quando viaggiamo chiusi in quell'abitacolo ovattato. Più avanti ci accorgiamo che sul ciglio della strada crescono come funghi delle croci ornate da fiori e lumini da morto e, contemporaneamente, vediamo continuamente che ai lati della strada sono situati dei manifesti che lanciano il seguente slogan:"dai una chance al tuo angelo custode". In esso viene suggerita l'immagine di un motociclista in corsa su un tornante la cui anima per la velocità si distacca dal corpo. Ad un certo punto con la mia andatura tranquilla ho raggiunto Mark che come sempre si era portato un po' avanti con la sua andatura veloce. Era accovacciato per terra in uno slargo a valle della strada, la bicicletta a terra e uno sguardo triste rivolto dall'altra parte della strada: se ne stavano andando lentamente a piedi un gruppo di tre persone, a testa china, che avevano appena detto una preghiera presso la croce del motociclista che evidentemente in quel punto aveva lasciato la vita. Il mio amico era rimasto molto impressionato dal fatto che mentre le persone meditavano in silenzio, i motociclisti continuavano a sfrecciare crudelmente su quel tornante mortale. Fatto sta che ora il mio amico aveva forato la gomma posteriore della sua mountain bike e ha cercato per tre volte invano di ripararla. E non se ne era portata neanche una di riserva.
è il colmo: si è preoccupato di procurarne tre di riserva per me, e per se stesso neanche una! Ha tentato più volte di mettere una toppa, ma il taglio aveva compromesso la valvolina dell'aria. Non c'era altra soluzione che parcheggiare la bicicletta in un posto sicuro vicino alla strada, caricare sul ricsciò tutto il suo bagaglio e accomodarsi sul sedile di dietro, e siccome già si faceva buio cercare il più vicino posto dove pernottare. Abbiamo percorso ancora un altro chilometro prima di trovare qualcosa che assomigliasse ad una pensione. C'erano diverse case sulla strada, ma sembravano casette private, e sinceramente avrei al posto dei montanari di questi posti dubitato parecchio prima di ospitare due viaggiatori così "inusuali". Infatti Mark, che essendo biondo e tedesco era un po più accettabile per interloquire con queste genti, al primo tentativo ha fallito miseramente: la porta dove ha bussato non si apriva, e solo quando ha bussato con insistenza ai vetri delle finestre fra le tendine all'interno si è aperto uno spiraglio, ma quando Mark chiede attraverso il vetro se è possibile pernottare là e l'uomo bruscamente dice che non c'è posto, e quando allora chiede se per caso avesse una camera d'aria della sua misura da vendergli, o se conoscesse qualcuno che l'avesse nei dintorni, e l'uomo con uguale impassibilità sussurra che non può fare niente per noi, è chiaro che qua fuori potremmo anche morirgli assiderati davanti alla porta di casa senza che sia mosso da un sussulto di umanità verso di noi. Così andiamo avanti, e sulla nostra destra ben presto grazie ad un cartello che indica una pensione posta a un centinaio di metri sopra la strada, il Mark può nuovamente provare a farci accogliere per la notte. Dopo un minuto lo vedo tornare in giù verso di me e dice che ci danno una stanza doppia per 17€ a testa, con la colazione. Quel grande risparmiatore ci stava ancora a riflettere, siccome lui ha la tenda dietro e contava di pernottare fuori in tenda. Ma non si rende conto che qua di notte si congela?
Siamo in alta montagna! Inoltre bisogna ricordare che proprio oggi il Mark compie 29 anni, quindi ovviamente il mio regalo più utile in quel momento è di ospitarlo nella mia stanza doppia. Poverino, è anche un po' contrariato dal fatto che non ha portato una gomma di riserva, ma dopo essersi concessi dopo due giorni di vita alla boscaiola una bella doccia calda, e dopo aver mangiato un po di pane e formaggio e bevutoci sopra una birra, è tornato il buonumore e siamo stati ancora un bel po' a parlare e chattellare prima di metterci a dormire. Dalla finestra della stanza al primo piano potevo controllare il ricsciò parcheggiato sul prato antistante, al sicuro da malintenzionati che comunque sicuramente non passano da quelle parti di notte. Questo è certamente un posto dove si conoscono tutti, e non c'è modo di rubare niente. Aperta la finestra per fumare una sigaretta, mi sono goduto a pieni polmoni quella fresca frizzante aria notturna d'alta montagna, e quella pace cosmica che vi regna.
Scharnitz- Matrei am Brenner: 52 km

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