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Venerdì, 13 Maggio 2005

Argentina e Bolivia - Quebradas, Lagunas y Salares

Viaggio alla scoperta delle regioni meno conosciute e più spettacolari
dell'Argentina e della Bolivia

ARTICOLO DI

Vagabondo0


Non la Patagonia tanto celebrata dagli scrittori, non La Paz e il lago Titicaca, ormai mete classiche, ma un itinerario diverso ed avventuroso lungo le antiche vie commerciali degli Inca e degli Spagnoli, attraverso le province coloniali del nord-ovest argentino e le distese desolate del sud della Bolivia. Il viaggio, che richiede un paio di settimane, inizia a Tucuman e termina a Sucre, procedendo da sud verso nord, fra paesaggi di giorno in giorno più stupefacenti. Il nordovest argentino, regione ricca di storia e di bellezze naturali, è certo più simile alla regione andina che non al resto del paese e raccoglie la maggior parte della popolazione indigena dell'Argentina.
Testimonianze di antichi insediamenti rimangono a Menhir el Mollar, dove sono raccolti circa 80 monoliti di granito; a Tafì del Valle, importante luogo cerimoniale; a Quilmes, con le rovine preispaniche più vaste del paese.


Con
l'arrivo degli Spagnoli la regione entrò nell'orbita economica
dell'industria dell'argento di Potosí, allora Alto Perù
e oggi Bolivia, e divenne luogo di transito per le carovane di muli e
di lama che portavano verso la costa l'argento estratto dal Cerro
Rico. Ne derivò il diffondersi di una architettura coloniale
che è ancora testimoniata dalle chiese e dai palazzi della
città di Salta ed anche dagli edifici religiosi e civili dei
centri minori: a Tafi del Valle la settecentesca Capilla San Lorenzo,
a Yavi la gemma di San Francisco con magnifiche decorazioni dorate e
finestre in onice, a Molinos la chiesetta a due torri con il tetto e
i confessionali in legno di cactus, a Uquìa quella con
l'altare barocco e i famosi angeles arcabuceros armati di
spade e corazze che ritroveremo bellissimi nella chiesa di cajamarca
in Bolivia. Ma il nordovest argentino è anche e soprattutto un
luogo naturalisticamente e geologicamente straordinario. La strada si
snoda ai piedi della cordigliera andina occidentale attraverso passi
oltre i 3.000 metri e corre lungo le quebradas, valli fluviali
scavate dall'acqua e dal vento. La Quebrada di Cafayate, 65
chilometri di rocce e montagne dalle incredibili variazioni
cromatiche, la Quebrada de Las Flechas, con strane conformazioni a
forma di frecce. O la Quebrada del Toro, dove un treno turistico fra
i più alti del mondo, il famoso Tren a las Nubes, in
quattordici ore, partendo e tornando a Salta, percorre 217 chilometri
superando un dislivello di 2.800 metri, attraverso tunnel, ponti e
viadotti, fra cui il famoso viadotto della Polvorilla a 4.200 metri.

Per ultima la Quebrada de Humahuaca lungo il Rio Grande, con la
Paleta del Pintor, una roccia dalle sfumature multicolori simili alla
tavolozza di un pittore, e il Cerro del los Siete Colores,
spettacolare al mattino quando il sole mette in risalto il viola,
l'avorio, il rosso e il ruggine dei diversi strati di argilla,
calcare ed arenaria.

Si entra quindi in Bolivia, paese poverissimo, ma naturalisticamente
magnifico e ricco di storia e tradizioni, grazie anche alla forte
componente indigena. Infatti il 55% della popolazione è
composto da amerindi, sopratutto quechua e aymara, il 30% sono
meticci frutto della fusione con la componente spagnola e solo il 15%
sono bianchi.


Prima tappa è Tupiza, una cittadina stile vecchio West, non ancora
raggiunta dal turismo tradizionale. Intorno magnifici paesaggi di
aspra bellezza con straordinarie formazioni rocciose, pinnacoli
solitari ed enigmatiche foreste di pietra. Un solo giorno è
sufficiente per visitarne i dintorni in fuoristrada, ma per gustarli
appieno è consigliabile percorrerli a cavallo con ritmi più
lenti. Il percorso si snoda quindi sull'altopiano boliviano, una
distesa ad un'altitudine media di 3.800 metri con vette che superano
i 6.000 metri, lungo la via del sale che da Uyuni porta a Tarija, un
tempo percorsa da lunghe carovane di lama con i loro carichi.

Iniziamo la parte più impegnativa del nostro itinerario che ci porterà
nell'estremo angolo meridionale della Bolivia dove la vita non
è molto cambiata nel corso dei secoli. Ai tempi della
dominazione spagnola questi luoghi erano ricchi di miniere, mentre
oggi la scarsa popolazione ha un'economia di sussistenza basata
sull'allevamento dei lama. Lungo la strada merita una sosta il
villaggio minerario semiabbandonato di San Vicente, se non altro
perché nel 1908 vi furono uccisi i famosi fuorilegge Butch
Cassidy e Sundance Kid, anche se la leggenda riportata da Chatwin nel
suo libro In Patagonia, li vuole rientrati sotto falso nome negli
Stati Uniti. Il paesaggio è quello della puna, la
steppa delle altitudini intorno ai 4.000 metri. L'aria è
trasparente, il silenzio assoluto, la notte illuminata da milioni di
stelle. E' però difficile orientarsi, le strutture turistiche
sono quasi inesistenti, le temperature notturne scendono
frequentemente a -30° e venti violentissimi soffiano ad
intervalli regolari per gli sbalzi di temici fra giorno e notte. In
questo deserto di rocce crescono radi cactus e la llareta, un
arbusto che assomiglia ad un lichene e che costituisce il solo
combustibile reperibile. Dove scorre l'acqua di scioglimento dei
nevai o vicino alle lagune crescono ciuffi gialli di paja brava,
sufficienti per la sopravvivenza delle mandrie di lama e alpaca
addomesticati, dei rari guanachi e delle timide vigogne -specie
minacciata d'estinzione oggi protetta-. Non è raro avvistare
volpi, viscacce -un roditore dalla lunga coda-, anatre, nandù
e condor -degli avvoltoi che con un'apertura alare di tre metri sono
i rapaci più grandi del mondo-.

E' qui nel Parque Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa, che
l'altopiano boliviano nasconde i suoi gioielli più preziosi,
le splendide lagune circondate da vulcani, cime innevate, solfatare
ed acque termali. Con il lago Poopó e i Salar di Uyuni e di
Coipasa, le lagune sono i resti dell'enorme lago di Minchin evaporato
10.000 anni fa. Molte prendono il nome dal colore che le
caratterizza: Blanca quelle color del latte, Amarilla quelle giallo
zolfo, Guinda quelle color del vino. Spesso sull'acqua galleggiano
specie di iceberg e sulle rive si depositano incrostazioni
bianchissime: sono vari residui minerali, per lo più carbonato
di sodio e borace. La laguna Verde e la Colorada sono entrambe famose
per le loro metamorfosi di colori. La prima che si stende ai piedi
del perfetto cono vulcanico del Licáncabur quando soffia il
vento diventa di un verde caraibico a causa dei minerali di piombo,
arsenico e zolfo sciolti nelle sue acque velenose. La seconda varia
le tonalità dal rosso al mattone, al coca cola per la presenza
di microrganismi, sali ed alghe, secondo la luce e l'ora del giorno.
Gruppi di aristocratici fenicotteri filtrano il cibo dalle acque
salmastre delle lagune: ve ne sono tre specie, l'andino, il più
grande dalle piume rosa, il cileno color salmone e quello di James
più piccolo. Tutto intorno paesaggi surreali, come le Rocas de
Salvador Dalí, formazioni rocciose improbabili come l'Arbol de
Piedra, luoghi infernali come il Sol de Mañana, con soffioni,
fumarole e pozze di fango ribollenti. Continuando verso Uyuni si
raggiunge l'abbagliante paesaggio lunare del salar più grande
e più alto del mondo: un'immensa distesa di 12.000 chilometri
quadrati di sale a 3.668 metri d'altitudine. E' il residuo di un
grande lago che evaporando ha lasciato nella sua parte più
bassa una serie di strati di sale cristallizzato. Quando piove la
superficie di un bianco abbacinante si allaga, creando incredibili
effetti ottici, riflettendo come in uno specchio il paesaggio
circostante. Tutto raddoppia creando geometrie surreali, così
che si prova la sensazione di volare fra le nubi sospesi nell'aria.
L'Isla del Pescado o Hincahuasi, la “Casa dell'Inca”
appare in lontananza come un miraggio: sembra galleggiare nel cielo
per il gioco di riflessi, poi si rivela essere una formazione
rocciosa ricoperta di cactus. Dal punto più alto si gode un
panorama stupendo sulla superficie piatta del salar che contrasta
singolarmente con la verticalità dei cactus. L'isola è
inserita in tutti i circuiti turistici in partenza da Uyuni, ma se vi
arriverete all'alba o vi tratterrete fino al tramonto potrete ancora
godervi in solitudine questo paesaggio unico al mondo. Nel salar si
lavora ancora con mezzi primitivi per tagliare il sale in blocchi
regolari o raccoglierne lo strato superficiale in mucchi conici, che
verranno poi lavorati e raffinati. Poco distante è Uyuni, una
città dalle strade larghe e polverose, base di partenza per
esplorare l'area dei salares e delle lagune. Ormai il viaggio volge
alla fine: in sei ore di autobus si raggiunge Potosí, una
volta chiamata “il tesoro del mondo e l'invidia dei re”,
la città che con i suoi 4.090 metri è la più
alta del mondo e un tempo era anche la più grande del
Sudamerica. La domina la mole del Cerro Rico, la montagna d'argento
dove milioni di indigeni sono morti per estrarre il prezioso minerale
che ha fatto grande l'Europa e dove ancora oggi i loro discendenti
lavorano con metodi primitivi per estrarre il complejo, un
misto di metalli di scarso valore, masticando coca per non sentire la
fame e la fatica. E' una città coloniale dal fascino
decadente, con molte chiese ed edifici i cui portali barocchi in
pietra finemente lavorata testimoniano la passata grandezza. Lasciata
Potosí si scende di quota verso Sucre, "la città
bianca", altro tesoro di architettura coloniale e neoclassica,
dove fu dichiarata l'indipendenza del paese battezzato Bolivia in
nome del Libertador Simón Bolívar, il Garibaldi
sudamericano simbolo della lotta d'indipendeza della colonie
contro la Spagna.


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