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Mercoledì, 6 Maggio 2009

A Citta' della Pieve la vita non ti rincorre

E così la scelta è caduta a meno di 150 km da Roma. In quell'Umbria che avevo visitato soltanto con le gite scolastiche in anni ormai lontani...

Concorso Storie Vagabonde

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L'idea era quella di andare all'estero. Non mète esotiche. La cara, vecchia Europa. Così rassicurante e placida. Lontana da immagini terrificanti che spesso trasformano una allegra vacanza in una tragica disavventura. Poi si è accesa la lampadina, guardando la televisione in una delle tante sere autunnali, quando ti manca anche la voglia di uscire da casa. E così la scelta è caduta a meno di 150 km da Roma. In quell'Umbria che avevo visitato soltanto con le gite scolastiche in anni ormai lontani. Ed in particolare su una cittadina che mi ha colpito subito. Ebbene sì, lo ammetto. Ho conosciuto Città della Pieve tramite la fiction televisiva "Carabinieri". Avevo reminiscenze scolastiche sull'arte del Perugino e sulla storia delle battaglie di campanile del centro Italia. Ma si perdevano nel calderone della memoria e della cultura umanistica. L'ho conosciuta e l'ho amata subito. Ma non come un amante accecato dalla passione. L'ho scoperta piano piano, come il dolce altopiano che uscendo dall'autostrada ti prende per mano e, curva dopo curva, ti accompagna all'ingresso della città dopo aver scalato i 500 metri da cui domini la Val di Chiana. Sei al confine estremo tra Umbria e Toscana, sospeso tra due mondi che appaiono tanto differenti tra loro. Ero curioso di scoprire Città della Pieve, di immergermi in una realtà tanto diversa dalla metropoli. Un tuffo nella quiete, ma non quella piatta che sovente identifica, ingiustamente forse, la provincia umbra. Città della Pieve, o Castel della Pieve come amano ancora chiamarla gli anziani che ti guardano sornioni in alcuni angoli del borgo, si affranca da ogni standard o stereotipo. E' per questo che mi ha colpito da subito, donandomi quel brivido di agio che si prova solo quando osserviamo dei luoghi che ci sembra di conoscere pur non essendoci mai stati. Per me Città della Pieve è stata un duplice tuffo. Nel passato che troppo colpevolmente ignoriamo e leggiamo solo su scarni libri di storia che dipingono il medioevo come un'età ingiustamente oscura. Padre invece di quel rinascimento che ha lasciato mirabili tracce artistiche nella stessa Città del Pieve, figlia dell'epoca della crescita, dello sviluppo e del fiorire dei borghi nel centro della penisola. Ma è stato soprattutto un immergersi in quella sensazione di "vita precedente" che talvolta ci pervade quando ci allontaniamo dai posti in cui viviamo quotidianamente. A me l'impatto con una località così particolare, costruita in buona parte con un mattonato come nelle metropoli non si vede più da anni, ha lasciato una impressione forte sin dalla prima volta in cui varcai la porta del terziere Casalino. E fu un caso dovuto soltanto al parcheggio trovato lì. Se fossi entrato dalla porta del Borgo dentro o del Castello l'impatto sarebbe stato il medesimo. Posso affermare che, con me, Città della Pieve la sfida della contemporaneità l'ha vinta immediatamente. Ogni scetticismo è scemato, il velo del pregiudizio di trovare un habitat di cartapesta è caduto repentinamente. Altro che un posto costruito ad arte per la rappresentazione della fiction televisiva. Appena varcate le mura di cinta racchiuse dalle porte di Sant'Agostino e Santa Maria si comprende come vivibilità e storia, arte e senso pratico, semplicità ed antichi valori si coniughino alla perfezione lungo un percorso che forse nemmeno il magnifico pennello del Perugino, al secolo Pietro Vannucci, avrebbe mai potuto adeguatamente rappresentare. Per me passeggiare nel centro storico di Città della Pieve è come rivedere ogni volta quei film che hanno accompagnato la nostra infanzia. Pellicole che conosciamo a memoria ma che ci emozionano sempre, catturano pensieri e fantasia. Ci imprigionano in una gabbia in cui siamo entrati volontariamente. Le sensazioni non si possono descrivere su carta. Sarebbero come riflessi forzati di uno specchio. E' indescrivibile gironzolare senza metà per un posto che non si conosce, sentendo scorrerti sulla pelle il brivido di un inspiegabile deja vu. Le emozioni però si possono condividere e ripetere. Come lo sguardo che si accende di curiosità quando nel cuore del centro di Città della Pieve si scopre per la prima volta il vicolo Baciadonne. Un budello nel terziere Castello che nel punto più stretto è largo mezzo metro, ma terribilmente affascinante, fotografia nitida del genio creativo rinascimentale che solo nei centri umbri seppe esprimersi fuori dagli schemi. Quanti abbracci, quanti baci nel corso dei secoli gli innamorati si sono scambiati in quel violetto. Ci cammini dentro da uomo del terzo millennio e davanti agli occhi ti scorre la storia. Per chi crede in determinate sensazioni, attaccate alle mura di quello strettissimo passaggio ci sono ancora le vibrazioni dei cuori di centinaia di giovani che nel buio rubavano degli attimi per giurarsi amore eterno. Raro che nel 2008 si possa ancora essere meravigliati. Qui accade spesso. E succede anche di annusare nell'aria quel senso di serenità che ti inonda l'animo quando si sintonizza su un modus vivendi vero. Sano ed a misura d'uomo. A Città della Pieve non devi correre perché la vita non ti rincorre. Lo stress non ti insegue. E se hai tempo di capire la realtà che ti circonda scopri che nel borgo umbro si vive bene. Che centro storico non è per forza sinonimo di caos e confusione. Che non occorre alzare barricate e transenne come se le automobili fossero le antiche truppe perugine che volevano invadere Città della Pieve. Il centro di Città della Pieve è un quadro suggestivo, ma le sue periferie sono una cornice di alto livello. Per chi giunge dalla metropoli questa città è una scoperta vera. Ma non un esempio da esportare, perché Città della pieve ha il suo genius loci. Ha la sua anima che sarebbe inutile clonare ad uso e consumo della contemporaneità caotica.



Ammetto di aver visitato soltanto le volte successive i monumenti più caratteristici della città, prima ho preferito scoprire la gente. Ma non si può non rimanere con lo sguardo ed il naso all'insù davanti ad esempio alla Chiesa ed al Monastero di Santa Lucia, convento di clausura delle Clarisse, che trasuda storia essendo stato fondato nel 1252. Mura imponenti ed antiche che però si incastonano perfettamente nella società attuale, appena fuori le mura del borgo. Se la mente si ferma a riflettere, non ti meraviglieresti a veder sortire fuori dalle antiche mura un cavaliere su un fiero destriero. Poi all'improvviso torni alla realtà, transita un autobus, ma capisci che in quella coreografia non stona. Ti senti vagabondo anche così. A Città della Pieve è l'era attuale che si è assemblata alla tradizione, è il vivere contemporaneo che ha sposato il passato. E poi ancora scoprire palazzi, dei Priori, dei Cartoni, della Corgna, Vescovile, Casa Canestrelli, tracce evidenti delle nobili famiglie che contribuirono alla nascita ed al germogliare di Castel della Pieve. Casati che ogni anno vengono ricordati e citati quando arriva il Palio dei Terzieri di agosto. La sfida tra gli arcieri dei tre Terzieri "Borgo dentro", "Casalino" e "Castello" che si contendono la vittoria nella simbolica caccia al toro. Soltanto chi ha avuto la fortuna di poter vivere questa manifestazione, che per due settimane accende una intera popolazione, può comprendere la vera accezione della parola campanilismo. Non ci sono derby calcistici che tengano, non esistono rivalità sportive che possano rendere pallidamente l'idea di cosa significhi il Palio per Città della Pieve. L'animus rinascimentale, la fierezza delle proprie radici, il sapore della sfida all'ultimo colpo, trovano la loro sintesi nell'evento estivo che regala un suggestivo prologo con il corteo storico per le vie del borgo. C'è tutta la voglia di essere bella di Città della Pieve nella kermesse che profuma di passato e di sfida, impegnando centinaia di persone che si dividono per i colori del loro Terziere. Come non amare Città della Pieve quando negli occhi della gente leggi l'ansia, l'emozione e la palpitazione per l'arrivo della sfida sul rettangolo verde del campo di calcio che si trasforma in una piazza d'armi rinascimentale popolata di truppe, soldati, ufficiali, dame e damigelle in perfetti costumi dell'epoca? E leggere nei loro sguardi il pathos allo scoccare delle frecce destinate alla sagoma del toro? Solo la vita in provincia, vera e che non si è arresa alla contemporaneità pur apprezzandone le peculiarità, è capace di muovere una intera collettività come accade a Città della Pieve. Dove, magicamente, finita la manifestazione, la vita torna a scorrere tranquilla, si spengono le luci, non si odono clamori, solo dai vicoli e dalle piazze del Terziere che si è aggiudicato il Palio arrivano gioiosi rumori di chiassosa festa. E la tua mente rimane li anche quando navighi quotidianamente nel mare tempestoso della vita della grande metropoli. E ti appare un sorriso sul volto ripensando a quelle persone che vedi sedute davanti all'uscio di casa per le stradine del borgo mentre continuano a discorrere paciosamente. Non si è fermato il tempo. Lo hai fermato tu quando varchi quelle mura. Che il tuo cuore vagabondo scavalca felice e poi corre verso l'infinito della fantasia. Come diceva l'immenso Vittorio Gassman, anche Città della Pieve ha un grande avvenire... Dietro le spalle.


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