RACCONTO
racconto icon
Martedì, 19 Maggio 2009

3420 chilometri di vento tra i capelli

Sono le 11 di sera del 23 aprile. Non ho granché da fare, così, distrattamente, apro la mia Moleskine e ne leggo le prime righe: "Ciao matti, con quella Vespa volate perché questa avventura vi resterà per sempre nel cuore! Buona strada"...

Concorso Storie Vagabonde

ARTICOLO DI

Vagabondo0


Questo racconto partecipa al concorso Storie Vagabonde!

Ci sono 1000 euro in palio! Partecipa anche tu inviando i tuoi racconti entro il 25 aprile 2009. Dal 1 al 30 giugno 2009 potrai votare il vincitore ed assegnare il premio: se questo racconto ti è piaciuto, ricordatene!





Sono le 11 di sera del 23 aprile. Non ho granché da fare, così, distrattamente, apro la mia Moleskine e ne leggo le prime righe: "Ciao matti, con quella Vespa volate perché questa avventura vi resterà per sempre nel cuore! Buona strada". Bastano queste poche parole a far ricominciare quel viaggio, anche se solo con la mente, sono di nuovo in sella alla Vespa e dietro di me ancora c'è la mia compagna di viaggio, Maria.

Mi rigirai nel letto più scomodo del solito,sentii una strana sensazione, la mia camera così arieggiata, molto più del normale, un senso di libertà insolito e un lieve profumo di vegetazione, a cui non ero abituato. Solo aprendo gli occhi e osservando il cielo albeggiante dell'Umbria per la prima volta ricordai dei chilometri macinati il giorno prima. Quattrocento chilometri di strade di seconda mano a stretto contatto con la natura, con gli Appennini, con l'aria nei capelli e i sorrisi soddisfatti sulle labbra.

2 agosto 2008, quindi la prima tappa era compiuta: da Verona al lago Trasimeno, in tre: Andrea, cioè me, Maria e Lauretta, una fantastica Vespa P200E nata il 29 settembre del 1981. Oltre ovviamente a tutto l'occorrente per sopravvivere: troppi vestiti, una graticola per cucinare della buona carne alla brace, pentolame e fornelletto, nonché l'immancabile tenda e i sacchi a pelo.

In Umbria ci fermammo solo due giorni, ma furono indispensabili per ricevere la benedizione ad Assisi, da San Francesco, e per rilassare le membra provate. La freschezza, il silenzio e la bellezza di quei posti ci ha preparato e caricato per il raggiungimento della nostra principale meta: la Sicilia. Quindi il terzo giorno, di buon'ora, eravamo già in sella alla nostra Vespa, direzione Napoli, a casa di Francesco, un amico pasticcere che ci stava aspettando. La sua accoglienza e l' abilità nel farci da Cicerone non sono da sottovalutare, per fare degli esempi: sulle falde del Vesuvio ci trovò una dimora per passare qualche notte, ci garantì la sua compagnia e mise a nostra disposizione le sue doti di cuoco. Il pensiero del rustico con la scarola, dei mitici babà ancora oggi mi provocano appetito, anche se ho appena finito di mangiare. Insomma, la regola che avere qualcuno che ti aspetta è sempre una gran cosa, non venne per nulla smentita.

Con Francesco e Gloria, la sua ragazza, visitammo Castellammare di Stabia e la sua rinomata sorgente di acqua frizzante dove fummo felici di dissetarci con gran sorpresa per i nostri palati, la costiera Amalfitana con le sue perle di bellezza; Vietri, famosa per le ceramiche dipinte a mano, Amalfi, la vecchia potenza-repubblica marinara così densamente popolata un tempo ed ora quasi provinciale, se non in estate quando è satura di turisti interessati a fare shopping nei negozietti del centro e ad ammirare la bellissima e maestosa cattedrale; la splendida Positano, paesello che s'affaccia sul mare inerpicandosi sul monte, un gioiello di tranquillità e bellezza oggi irritante per la grande quantità di turisti alla moda intenti a mostrare i loro ultimi acquisti.



Infine, e non poteva mancare, passammo dall'imponente Napoli col suo milione e mezzo di abitanti estroversi e frenetici , gentili e rumorosi. Il traffico di Napoli non ci creò pochi problemi, avere quattro occhi si rivelò di grossa utilità, infatti dover evitare furgoni spuntati dal nulla e sciami di scooter lanciati a tutta velocità non è cosa che ogni motociclista sarebbe capace di fare.



Oltre a miriadi di chiese incastonate in ogni angolo e ai mercati popolari all'aperto con venditori di pesci, radio, macchine fotografiche e sigarette estere, vestiti di terza mano e freschissimi prodotti alimentari, Napoli ci ha offerto la suprema visione. Infatti in Piazza del Plebiscito, tra frotte di forze dell'ordine, cameraman, giornalisti e popolani incuriositi, spiccava dall'alto della sua altezza (morale) il nostro beneamato premier Silvio Berlusconi, intento a raccogliere un fazzoletto sporco nell'ambito della campagna a favore di una Napoli libera dai rifiuti.

Prima di arrivare a Salerno dove ci aspettava un traghetto per Messina decidemmo di percorrere il sentiero, purtroppo a pagamento, che porta alle soglie del cratere del Vesuvio, dove i poeti inglesi del romanticismo venivano a cercare ispirazione per i loro viaggi letterari e dove il nostro Leopardi, affascinato da quei paesaggi, concepì la sua tragica poesia La ginestra.

Era il 10 agosto quando il traghetto della compagnia dal nome infernale Caronte Tourist, in realtà un mezzo confortevole ed economico, salpò dal porto di Salerno alla volta di Messina. L'avventura campana si era conclusa, a malincuore, vista la disponibilità e il calore dimostratoci dagli amici napoletani. Ma eravamo diretti verso la Trinacria. Scesi dall'imbarcazione e riacceso il motore ruggente imboccammo la litoranea verso sud-est, direzione Ragusa. Quando all'imbrunire Maria propose di trovare un rifugio per la notte svoltammo verso l'interno, e, dopo una salita di qualche chilometro trovammo un uliveto che faceva al caso nostro nei pressi di un paesino chiamato Savoca. Qui dormimmo senza neppure montare la tenda, per facilitare la ripartenza grazie alla complicità del bel tempo e di un clima perfetto. Grande fu poi il nostro stupore quando scoprimmo che molte scene del Padrino, il capolavoro di Francis Ford Coppola, furono girate in questi luoghi incantevoli. Solo all'alba ci accorgemmo del panorama da cui eravamo circondati: uliveti a perdita d'occhio, cactus sparsi qua e là e l'immensità blu del mare.



Lasciato Savoca riprendemmo la strada e ci incontrammo con un vespista siciliano con cui avevamo preso contatto grazie alle nuove tecnologie di comunicazione. Ci consigliò la strada migliore per raggiungere Scicli, un piccolo paese in provincia di Ragusa, dove un altro amico,il vecchio compagno di studi Gaetano,stava attendendo il nostro arrivo. Il Vespista Siciliano coronò l'incontro regalandoci un adesivo raffigurante il simbolo degli appassionati di Vespa della Sicilia.

Nonostante fossimo d'accordo che ci saremmo incontrati a Scicli Gaetano fu incredibilmente sorpreso del nostro arrivo: avevamo attraversato tutta l'Italia, da nord a sud, e arrivavamo lindi ed indenni sulla sella di Lauretta, la nostra vespa, vera eroina del viaggio. Scaricati i bagagli abbiamo inaugurato questa nuova base, la mansarda della casa del nostro amico, corredata di una bellissima terrazza dove ci rilassammo non poco fumando buone sigarette rollate e bevendo qualche bicchiere di Nero d'Avola. Ma le vere meraviglie erano da ricercarsi altrove: sulle spiagge libere quasi deserte e tra i tornanti dell' arido entroterra, sfrecciando accarezzati dal vento tiepido.

Furono giornate intense,durante le quali riuscimmo a visitare luoghi magici, come il museo dei minatori di Villarosa, ideato in memoria dei tempi in cui questa zona era ricca di minerali e soprattutto di zolfo; la Valle dei templi ad Agrigento, dove gli antichi greci adoravano i loro dei; a Modica, per assaggiare la famosa cioccolata artigianale, naturale e squisita.

Gaetano e i suoi parenti erano tutti arditi motociclisti e si partiva presto la mattina per visitare i luoghi più belli e meno affollati dai turisti dell'isola. A casa ci attendeva sempre un prelibato pasto preparato dalla simpatica Nonna Concetta. Buonissimi i peperoni ripieni!



Anche l'avventura siciliana volgeva al suo termine: ora ci aspettava un lungo viaggio verso nord. Riprendemmo il traghetto che solcava il mar Tirreno e raggiungemmo la terraferma, dopo sei giorni eravamo di nuovo a Salerno. Alle prime ore del mattino scorgemmo il sorgere del sole sulla costiera Amalfitana, che riattraversammo per raggiungere gli amici che ci avevano ospitato all'andata. Ma questa volta solo per un saluto: decidemmo infatti di percorrere il viaggio di ritorno sulla costiera Adriatica. Dopo una notte passata nella spiaggia di Termoli c'imbattemmo in una coppia di vespisti carichi del nostro stesso spirito, che percorsero un tratto di strada con noi, alla volta di Ancona.

Si trattava dell'ultima notte in viaggio e la stanchezza degli otre tremila chilometri percorsi sulle due ruote si sentiva. Si sentiva però anche che nel ritorno alla normalità quotidiana, per molto tempo si sarebbero ricordati i volti, gli odori, i sapori, i paesaggi di quell'esperienza indimenticabile attraverso le meravigliose terre del nostro paese, e con essi si sarebbe ricordata anche quella fiera stanchezza dell'ultima sera.

L'ultimo tratto di strada da Ancona a Verona fu caratterizzato da una dolce sensazione di realizzazione: l'impresa era compiuta, la Vespa e Noi eravamo ancora vivi dopo 3420 chilometri percorsi in 18 giorni.

Chiudo la Moleskine, dopo aver ricordato un bellissimo viaggio. E'vero, come ci aveva scritto quel 2 agosto il nostro amico Gas, siamo stati dei matti. Ed è vero, questo viaggio ci resterà nel cuore.

Un particolare ringraziamento agli amici Micro & Pera


Viaggia con noi

Iscriviti gratuitamente. Conosci i tuoi compagni di viaggio prima della partenza.

Viaggia con noi in tutto il mondo.