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Mercoledì, 31 Ottobre 2018

Chiude Maya Bay, la perla delle Phi Phi Islands: addio al paradiso?

La baia dove fu girato il film The Beach, calpestata da migliaia di persone al giorno, è stata vietata al turismo a tempo indeterminato. Ma non è l'unica perla della Thailandia

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Chiude Maya Bay, la perla delle Phi Phi Islands: addio al paradiso?

di Gitanilla

 

A che cosa potrebbe assomigliare il paradiso se non a una candida spiaggia tropicale lambita da acque cristalline e incastonata tra alte scogliere a picco sul mare? Questa era Maya Bay, la spiaggia thailandese delle Phi Phi Islands resa famosa dal film The Beach con protagonista Leonardo Di Caprio. Era, perché 5 mila turisti al giorno, centinaia di barche e montagne di rifiuti hanno trasformato questa baia perfetta in un vero inferno. Che ora ha chiuso i battenti a tempo indeterminato.

 

La notizia è di qualche settimana fa: la chiusura, che doveva essere temporanea - 4 mesi per dare respiro all’ecosistema devastato dagli arrivi giornalieri - è ormai definitiva. Il governo thailandese aveva ipotizzato uno stop annuale all’ormeggio nella baia dal primo giugno al primo ottobre, e fissato un tetto massimo di 2 mila sbarchi al giorno per i restanti mesi dell’anno. Ma non è bastato per aiutare la ripresa dell’ecosistema che, tra erosione, tsunami e coralli quasi completamente distrutti dal traffico di barche, è ora agonizzante.

 

Foto: Harry Green / Shutterstock.com

Secondo le dichiarazioni del governo thailandese, i principali colpevoli del disastro ambientale della baia di Phi Phi Leh sarebbero i turisti. Gli arrivi di massa, in effetti, creano tonnellate di rifiuti e non pochi turisti sono soliti portarsi via un po’ di sabbia come “ricordino” di viaggio. Da qui la decisione di chiudere una spiaggia, analogamente a quanto fatto lo scorso aprile dal governo filippino, che ha deciso di vietare al turismo l’isola di Boracay, considerata la perla dell’arcipelago.

IL TURISMO DI MASSA E IL FILM

Basta scaricare la colpa sui turisti e lasciare centinaia di operatori di viaggio senza lavoro per arginare il problema dell’affollamento in alcune zone frequentate del mondo? Questa sembra essere la tendenza. Eppure gli ambientalisti thailandesi da tempo puntano il dito contro il loro governo, colpevole di non aver messo un freno al turismo incontrollato. Basti pensare che Phi Phi Leh è parte di un parco nazionale marino per il quale il governo di Bangkok intasca 400 baht (circa 10 euro) di tassa turistica a persona: il numero chiuso, spiegano le associazioni per la difesa dell’ambiente, andava quindi imposto molto prima del 2018. Perché le sfortunate vicende di Maya Bay cominciano nel 1998, anno di inizio delle riprese del film “The Beach”.

 

Quello che all’epoca era un gioiello della natura nascosto al turismo della rumorosa Phuket, frequentato da cacciatori di nidi di rondine e occasionalmente calpestato da qualche backpacker proveniente dalla vicina isola di Phi Phi Don, venne scelto come set principale del lungometraggio basato sul romanzo di Alex Garland. Da subito la crew decise di spianare parte delle dune per creare il set di un campo da calcio sulla spiaggia e di sradicare le piante native dalla sabbia, perché sembrasse più idilliaca. Poi decise di piantare 60 palme da cocco, per renderla più tropicale. Il governo non solo non si oppose, ignorando la legge del 1961 che prevedeva multe salatissime (e anche la prigione) per chiunque cambiasse l’assetto originale dei parchi nazionali, ma secondo un'analisi della London School of Economics accettò un assegno di 200 mila dollari da parte della produzione per aiutare “il recupero ambientale”. Un assegno che, stando a quanto denunciavano gli ambientalisti, fu visto come una "mancetta" per la concessione della spiaggia per le riprese.

ALTRI PARADISI DISTRUTTI 

Poi uscì il film, e la spiaggia “perfetta” descritta da Di Caprio attira milioni di persone da 20 anni a questa parte. Maya Bay ha fatto la fine inesorabile di altri paradisi presi d’assalto dalle folle di turisti: come la vicina isola di Phi Phi Don, “scoperta” dai viaggiatori all’inizio degli anni ‘70, ancora poco frequentata a fine anni ‘80 e ora completamente devastata da colate di cemento. O come Koh Tapu, conosciuta come “James Bond Island”, dove negli anni ‘70 venne girato il film di 007 “L’uomo dalla pistola d’oro”. Il curioso pinnacolo che si erge in una delle sue baie è visitato ogni giorno da migliaia di persone, per buona pace delle sue acque ormai inquinate.

Per fortuna di paradisi, in Thailandia, ce ne sono ancora molti. Centinaia di isole offrono lo stesso sogno di perfezione di Phi Phi, dal Golfo di Thailandia al mare delle Andamane. Come la placida Koh Lanta, a metà strada tra Koh Lipe e Phuket, o come la sconosciuta Koh Phayam, quasi in acque birmane. Ci sono le isole festaiole del golfo, come Koh Pha Ngan e Koh Tao. E poi ci sono le isole perdute, come le Similan o le Surin, parchi nazionali marini protetti dal numero chiuso. Qui è vietato costruire, si mangia nelle stazioni dei ranger e si dorme nelle tende sulla spiaggia. Insomma, viaggiare in questo sogno tinto di blu ancora si può: e ognuno può trovare il proprio paradiso, in Thailandia.

Foto: Shutterstock

Risposte

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-saretta-

-saretta-

Per fortuna! Era ora. :((

La "mancetta" per la concessione della spiaggia per le riprese" all'epoca, polemiche a parte, fu più che doverosa considerato che appunto si erano apportate modifiche all'ecosistema dell'isola. C'è da dire che il governo Thailandese ha beneficiato della pubblicità derivante dal film per 20 anni e ancora continuerà a farlo a lungo ma il provvedimento ora preso è solo da apprezzare *cuore* 

Per chi viaggia, col il cuore e con la testa, dovrebbe essere, e spero lo sia, sempre di più, una priorità il fare grande attenzione non solo a dove si va ma anche a come ci si va, entrando in punta di piedi.  *cuore* 
In ogni viaggio, ammetto, come Vagadoc o meno, ci tengo un sacco, a costo di sembrare pesante *sorry* , a ricordare piccole piccole accortezze: 
Sulle isole, ad esempio, sarebbe meglio sempre muoversi con barche come pescherecci o piccole imbarcazioni, non con motoscafi potenti che rovinano i fondali, inquinano terribilmente il mare e creano un ambiente tutt'altro che idilliaco e rilassante (cosa che accadeva sempre in queste isole). 
Quando si fa snorkeling, evitare di toccare con mani piedi o pinne coralli o massi onde evitare l'impatto sull'ambiente in cui queste meraviglie della natura vivono e non impattare anche il plancton del quale si cibano i pesci e non solo  *cuore*

E, quando possibile, evitare l'utilizzo eccessivo di plastica. In alcuni posti, proprio in Thailandia, ci sono dei luighi ecofriendly con depuratore di acqua proprio per evitare l'utilizzo di plastica *cuore*
Ahime non sempre è possibile farlo (e spesso non è assolutamente consigliato, tipo in India) ma nel nostro quotidiano come in viaggio, l'attenzione all'ambiente e all'esempio che diamo è importante. *cuore*
Ogni singola bustina di plastica, forchettina, tappo di bottiglia e mozzicone di sigaretta, fa la differenza. 


Non impattare, a livello umano, culturale e naturale, è utopico, impossibile.
Scambiare e mescolarsi è il senso stesso del viaggio.
Farci "trasportatori" per lo più di cose belle, di valori, di rispetto per l'ambiente come per le culture, è doveroso *cuore*

Lun 05/11/2018 - 12:51 Collegamento permanente

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