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Venerdì, 26 Dicembre 2014

La storia dei tre al Mirador

Una leggenda guatemalteca per grandi e piccini

ARTICOLO DI

MarcoJ

C'era una volta un montanaro bergamasco chiamato Marco, che voleva giocare a fare Indiana Jones nella giungla del Guatemala. Marco incontrò una guida pasticciona di nome Walfre, che gli disse: "io so cosa ci vuole per te: ti porterò nel fitto del Petén, in una città perduta nella giungla, el Mirador! Non c’è strada per arrivare, ma conosco anche un altro amico che ci potrà accompagnare".

Marco e Walfre partirono dalla città di Flores, sul lago Petén Itzà, e arrivarono a Carmelita, un paesino ai bordi della selva. La strada era lunga e sconnessa e la macchina di Walfre perdeva pezzi ad ogni buca, ma Walfre la incoraggiava ad ogni difficoltà, e riuscì a farcela. A Carmelita, i due trovarono Picofino, un mulo zuccone che disse: "bene, verrò con voi al Mirador, però mi dovete dare tante foglie di ramon di cui sono ghiotto". I due decisero che era una richiesta ragionevole, caricarono Picofino con acqua, provviste e amache e partirono verso la giungla.

Il primo giorno, Walfre disse: "è mezzogiorno e fa molto caldo, quindi oggi cammineremo poco", però perse il sentiero alla prima curva e i tre si trovarono su una pista sconosciuta. All’ora di pranzo, Walfre disse a Marco: "Avrai fame, ecco qui una bella anguria fresca". Però l'anguria, caricata sul dorso di Picofino, si era distrutta per gli urti con i rami sul cammino. I tre arrivarono ad un bivio. Walfre andò a destra, ma Picofino si impuntò. Anche tirando forte, non c'era modo di smuoverlo; scosse la testa con forza dicendo: "qui bisogna andare a sinistra!". I tre presero a sinistra e dopo altre tre ore arrivarono all'accampamento di Tintal dove il distinto vigilante Godo li salutò con un sorriso sotto i grandi baffoni. "Fate come se foste a casa vostra!", disse, "mettete l'amaca sotto quegli alberi, dove l'aria è più fresca, e qui ci sono foglie di ramon per Picofino. Ora però devo andare a prendermi cura della grassa archeologa americana che è quasi morta camminando fino qui". E si riposarono sotto le stelle, dondolandosi sulle loro amache.

Il secondo giorno i tre si svegliarono un'ora prima dell'alba, Walfre voleva preparare uova fritte per colazione, ma si erano rotte tutte come le angurie, e quindi mangiarono spaghetti al pomodoro. Walfre spiegò a Marco che il sentiero di oggi passava sopra una strada lastricata che collegava il Mirador a Tintal quasi duemila anni prima. Ogni rilievo del terreno celava resti della civiltà maya, ma non c'erano i fondi per studiarli. Quando i tre passarono sotto le case delle scimmie-ragno senza chiedere permesso, queste tirarono loro foglie e rami. "Che modi sono", risposero, "siamo qui solo di passaggio e non vogliamo disturbare". Ma, si sa, le scimmie-ragno sono animali molto suscettibili. Dopo 6 ore, i tre arrivarono al Mirador, dove il vecchio don Adrian li accolse con saggezza. Tutto intorno, si trovavano resti archeologici semi inesplorati, e in giro non c'era nessuno. Marco camminò per ore nel sito e salì la piramide più alta dell'America, la Danta, da cui si può vedere la foresta per centinaia di chilometri tutto attorno, e fu felice.

Il terzo giorno era dedicato a esplorare il mirador, però Picofino disse: "qui è pieno di tafani e pipistrelli che mi succhiano il sangue, andiamo via!". Marco e Walfre accolsero la sua richiesta e si incamminarono alla volta di Nakbé. Picofino, invece di ringraziare, continuò a lamentarsi del carico sbilanciato, e solo con la promessa di una razione extra di foglie di ramon, si convinse a continuare. A Nakbé il taciturno Miguel correva da tutte le parti per aiutare. Era un atleta e niente poteva tenerlo, stava sempre in movimento. Pancho invece era paffuto, amava raccontare barzellette e aveva una radio vecchia che suonava sempre la marimba, e l'accampamento sembrava una festa di paese. Quando Marco si svegliò dalla siesta, un tucano lo stava osservando. "Tu non sei di qui", disse l'uccello. "In effetti no, signor tucano, ed è un piacere conoscerla". "il piacere è mio", rispose il tucano, "domani dovrete camminare molto, quindi farò in modo che vi svegliate di buon'ora". E infatti, alle 4 di mattina un gruppo di scimmie urlatrici iniziò a fare festa sopra la testa dei tre, che in breve furono in piedi. Walfre però aveva dimenticato la sua lanterna, così si fece colazione al buio.

 

Il quarto giorno fu lungo. Per arrivare alla Florida bisognava camminare per moltissimi chilometri su sentieri quasi abbandonati. Marco e Walfre dovettero aprire una breccia nella vegetazione a colpi di machete, mentre l'aria calda arroventava le loro narici. Il machete di Walfre però non era molto affilato, perché lui si era dimenticato di portare una lima. Picofino spesso puntava i piedi e sperava che dietro ogni curva finisse il cammino. Per fortuna, gli uccelli allietavano la marcia con il loro canto, e grandi farfalle blu li accompagnavano per brevi tratti. Stanchi, finalmente i tre arrivarono alla Florida, dove il romantico vigilante Fidelino diede loro una cesta di pesciolini appena pescati in un vicino ruscello, al suono di vecchie canzoni d'amore. Calata la notte, uno sciame di bellissime lucciole vagabonde salutò i tre dicendo: "domani sarete di ritorno a Carmelita. Speriamo che vi sia piaciuta la nostra foresta!". "Ma certo signore lucciole, è stato un piacere conoscervi. Ora noi partiamo, ma un pezzo del nostro cuore rimane qui con voi!"

Il quinto giorno i tre erano un po' tristi perché stavano per separarsi. Picofino un po' meno, perché il suo carico era diventato molto leggero. In breve, raggiunsero Carmelita, dove salutarono Picofino, che poté rotolarsi nel fango e vantarsi della sua avventura con le mule del paese. Marco e Walfre ritornarono a Flores, dove celebrarono la vittoria a suon di birrette, e tutti vissero felici e contenti.

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