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Martedì, 6 Maggio 2008

La Namibia

Il paese è molto ampio, con grandi zone desertiche e semidesertiche, con una densità abitativa bassissima e ampie aree di natura intatta.

ARTICOLO DI

Fiamma

Il paese è molto ampio, con grandi zone desertiche e semidesertiche, con una densità abitativa bassissima e ampie aree di natura intatta.





La Namibia è uno stato giovanissimo, nel senso che la sua indipendenza,dopo innumerevoli vicissitudini e conflitti data solo dal 1997. Tra le molte vicende c'è stato un periodo, circa dieci anni all'inizio del XX secolo, di colonizzazione tedesca, un lasso breve ma molto importante, che ha lasciato una traccia ancor oggi assai visibile: le cittadine hanno infatti un aspetto decisamente mitteleuropeo. Swakopmund poi, quando la mattina è totalmente avvolta dalla nebbia dell'oceano e il freddo e l'umidità penetriamo fino nelle ossa, con le sue case in legno scuro, bianche pareti e tetti a forte pendenza, dà proprio la sensazione di trovarsi sulle rive olandesi finché, nelle acque basse, non si vedono vagabondare lenti ... i fenicotteri!

Il paese è molto ampio, con grandi zone desertiche e semidesertiche, con una densità abitativa bassissima e, per sua fortuna, dotato di grandi ricchezze minerarie che, a quanto sembra e a differenza di altri stati africani, riesce a sfruttare a favore dei propri sudditi. Andando in giro, parlo naturalmente di un contatto abbastanza superficiale, anche se ci sono stata per 20 giorni, non si avverte tensione razziale né discriminazione nei confronti delle donne. Nei negozi, nei ristoranti, nei lodge, anche se spesso il gestore è un o una bianca in genere di origine tedesca, il personale di tutti il livelli è costituito da africani uomini e donne molto gentili, competenti e educati e quasi tutti parlano inglese. Anche nei posti più sperduti si trovano scuole e asili e anche bambini piccolissimi rispondono in inglese, l'istruzione è uno dei punti cardine della politica del Paese, così come, a quanto ci hanno detto la sanità e le strade.

La natura è molto varia, deserti e savane si alternano a canyon, fiumi a carattere torrentizio attraversano zone aspre e selvagge, formazioni rocciose di tanti tipi diversi, piante rare e a volte velenose, come certi tipi di agavi, o misteriose, come la velvitschia, che vive secoli sviluppando uno stranissimo tronco sottoterra e solo due foglie in superficie... ci sono molti luoghi pieni di fascino, cercherò di dirvi qualcosa su quelli che ho visitato.

Due parole sui termitai, queste mirabili costruzioni che ospitano prima un falansterio di operosi insetti, poi o, a volte contemporaneamente, altri animali come serpenti, piccoli roditori o altro, una volta abbandonati dalle termiti vengono utilizzati fino a completa distruzione. So che in alcune zone dell'Africa se ne trovano di alti fino a 12 metri, ma quelli che abbiamo visto noi non superavano mai i 2m, grigi e non particolarmente alti nel Kalahari, dove non fa mai caldissimo, rossi e sviluppati in altezza, spesso all'ombra di un albero nell'Etosha e in Botswana, talvolta l'albero nasce e cresce nel termitaio, sovrastandolo poi. Ne abbiamo trovati molti abbandonati e talvolta semidistrutti o distrutti, mai di incipienti, cosa di cui ci siamo chiesti il perché senza trovare risposta.

Rivedendo quello che ho scritto ho la sensazione di essere stata un po' prolissa, ma in realtà si è trattato di un viaggio di tre settimane...

Se ci andate come indipendenti (e magari non in alta stagione) vi indico questo sito, dove trovate tutti i lodge per poter prenotare direttamente, in alta stagione però difficilmente vi prenderanno in considerazione perché preferiscono lavorare con le agenzie..
http://www.namibian.org/travel/lodging.htm





Windhoek

E' la capitale, posta in posizione abbastanza baricentrica ne Paese, ci si arriva in aereo da Johannesburg e in alta stagione è necessario prenotare con un buon anticipo. Da qui comincia il nostro giro, un anello che qui si richiuderà per partire per il botswana. E' una città piccola ma molto piacevole, con bei negozi pieni di prodotti di un raffinato artigianato locale. Se volete fare acquisti importanti fateli qui, altrove troverete spesso oggetti graziosi, ma difficilmente dello stesso livello. Gli edifici pubblici principali, la Chiesa, il Parlamento, il Palazzo di Giustizia, architetture molto diverse tra loro, hanno però tutte carattere decisamente occidentale. Il Parlamento si trova al sommo di una scalinata in un rigoglioso giardino ricco di molte varietà di piante e fiori.

Le due strade principali del centro, perpendicolari tra loro, nel tardo pomeriggio si animano di un vivace passeggio; in una delle due, a mo' di monumento, sono sistemati i grossi frammenti di un meteorite caduto, se non ricordo male, attorno al 2001.

Si trovano qui, come spesso anche altrove, sculture costruite, con perizia e spirito, con materiali metallici di risulta. In una delle due strade principali, più o meno di fronte all'imponente Palazzo di Giustizia in un pomposo stile post-modern, un piccolo gruppo statuario in bronzo rappresenta due boscimani, gli originari abitatori, che, spaesati, piccoli e nudi con i loro archi, appoggiati su quelli che sembrano due cassetti pieni di sabbia, fanno un po' tenerezza e nostalgia di un mondo scomparso.

Abbiamo concluso la serata in un ristorante frequentato soprattutto da cittadini di Windhoek, io non me la sono sentita di mangiare antilope che veniva proposta in vari modi, verdure buonissime e pane ... di sogno, mai mangiato un pane così buono. Siccome te lo servono col burro solo all'inizio, e poi non con le pietanze, me ne ero lasciato un pezzetto, quando la cameriera ha tentato di portarmelo via le ho quasi ringhiato...
Altre foto di Windhoek le trovate qui.











Kalahari

Il deserto del Kalahari è posto tra la Namibia, il Botswana e il Sud Africa, in gran parte in Botswana. Il mio giro in Namibia è cominciato da lì. In realtà l'area così chiamata non è tutta desertica, ma comprende il bacino semiarido circostante, una savana, attraverso la quale corre la strada che abbiamo percorso. Questa si snoda tra "farm", che non hanno niente di ciò che siamo abituati a pensare come fattorie, ma sono degli appezzamenti di centinaia di ettari in cui a perdita d'occhio nella stagione arida si vedono solo ciuffi di erba secca, radi cespugli e ancor più rade alberature, principalmente acacie. Da un lato e dall'altro della strada corrono continue recinzioni, perché l'attività delle fattorie consiste nell'allevamento di animali: soprattutto antilopi di tutte le dimensioni, dai minuscoli e graziosissimi dik dik, agli agili springbock, orici, .gnu, e poi giraffe, struzzi, bufali, alcuni aborigeni, altri importati da altre aree o da altre nazioni; dall'altezza delle recinzioni si può anche capire la dimensione degli animali che racchiudono.

Di tanto in tanto cartelli indicatori segnalano la presenza di qualche lodge, spesso di proprietà dei padroni delle farm, gestiti in proprio o fatti gestire da manager.

Quello in cui ci fermiamo è vicino alla strada, polverosissima, ma il traffico è quasi inesistente.

E' un posto molto gradevole con una giovane grassa manager molto efficiente. L'arredamento degli ambienti per il pubblico è garbatamente coloniale, le stanzette spartane ma comode.

La seconda sera dopo cena il personale al completo si è esibito in una allegrissima danza in onore della "merula", liquore locale ricavato dai frutti di una pianta, che somiglia un po' al Bailey's; la cosa piacevole era che non avevano affatto l'aria di ballare per noi, ma per loro stessi e di divertircisi veramente, improvvisando assolo e scherzando fra loro.

Cucina e servizio ottimi e professionali.

Nella farm intorno al lodge abbiamo fatto un safari, cioè un pomeriggio arrampicati su una camionetta guidata da un energico grosso nero che ci ha portato in giro a vedere un po' di animali, gruppi di gnu, eleganti giraffe importate dal sud Africa che vengono a leccare il sale lasciato per loro in mezzo ad una desolata landa, un nidi di struzzo abbandonato, pieno di uova ormai morte, le struzze pare siano sempre un po' megalomani e ne facciano molte più di quel che servirebbe. Ma per me la cosa più affascinante sono stati i nidi degli uccelli tessitori: da quelli singoli appesi agli alberi e dondolanti a quelli di piccoli uccelli che loro chiamano "tessitori sociali", sociable weavers. Questi sono delle vere costruzioni fatte di sottili fili di erba secca che ospitano delle numerosissime colonie di uccelli. Queste costruzioni si vedono ovunque: sugli alberi, sui pali della luce o su qualunque possibile sostegno verticale, alcuni diventano così grandi che, una volta inzuppati di pioggia, il loro peso col vento fa abbattere il sostegno. Abbiamo avuto la fortuna di vedere verso il tramonto; il rientro di una nuvola di uccelletti, che con grande sicurezza si infilavano a volo ciascuno nel proprio alloggio, troppo veloci per fotografarli.

La sera la temperatura scende moltissimo e quando ci siamo fermati a vedere il tramonto che la nostra guida voleva farci festeggiare con bibite accuratamente tenute in fresco, avremmo decisamente preferito un punch al rum o una cioccolata calda...
Altre foto del deserto del Kalahari.

Kokerboom Forest Aloe

Partiti dal lodge nel Kalahari per andare a FishRiver Canyon, attraversando un paesaggio che si faceva sempre più lunare e desolato, siamo arrivati in una valle dove tra sassi quasi neri cominciavano ad apparire le prime aloe dichotomae, dette kokerboom, albero faretra, perché i Boscimani ne utilizzavano i rami per farne delle faretre, Solitamente è un albero solitario, ma in questa zona, vicino a Keetmanshoop, importante città della Namibia meridionale, si trova la cosiddetta foresta, dove ce ne sono ben 250. In questa sorta di museo all'aperto si trovano appunto questi strani alberi, dalle foglie color arancio sparpagliate in un'area detta "Giants playground", terreno di gioco dei Giganti, per le curiose formazioni rocciose che sembrano una specie di costruzioni fatte, appunto da giganteschi bambini. Il gestore del Museo è un tipo originale che si diverte ad usare i materiali di risulta più diversi per costruirci stravaganti "personaggi" che popolano il sito.
Altre foto della Kokerboom Forest Aloe.







Fish River Canyon

Nel pomeriggio arriviamo a Fish River Cayon, o meglio al lodge da cui la mattina dopo andremo a visitare il Fish River Canyon. Il posto è selvaggio e bellissimo. Il lodge in cui staremo è sorto attorno ad un edificio costruito attorno al 1910 da due tedeschi, che avevano esplorato la zona nel corso della guerra, se ne erano innamorati ed avevano deciso di farne la loro dimora, Il fregio in ferro battuto che sormonta la torretta d'ingresso rappresenta due letti e, secondo l'usanza tedesca, stava a significare che la casa era abitata da due scapoli in cerca di moglie. Le difficoltà per trasportare i materiali necessari e per eseguire una costruzione simile in una zona così remota devono essere state immense. La subita riconquista della regione da parte dei Boeri fece sì che i due amici vennero scacciati dalla loro casa e dal Paese con due settimane di tempo per organizzare il trasporto dei loro averi.

Attualmente la costruzione originaria ospita i locali comuni del lodge, mentre si dorme in minuscole case annidate tra le rocce e molto ben inserite nel paesaggio, con il tradizionale tetto di erba secca.

Il posto è molto suggestivo, peccato che vari sentieri già trattati lascino presagire un notevole ampliamento della struttura stessa. Le formazioni rocciose che rosseggiano al tramonto sono molto suggestive e pittoresche, sotto la luna piena l'atmosfera è quasi esageratamente romantica.

Al mattino tra le rocce gruppi di storni arrivano a reclamare briciole e dopo colazione si parte per Canyon Lodge.

Il Canyon è senz'altro grandioso, d'inverno è in secca, immagino che a primavera lo spettacolo sia ancora più imponente, ma per me la zona dove si trova il lodge è un paesaggio più affascinante.

Nel pomeriggio siamo andati a certe sorgenti termali che si trovano verso lo sbocco del Canyon.

Non ho trovato informazioni certe riguardo agli anni di costruzione dello stabilimento termale, ma la sensazione era di trovarsi in pieni anni '60. Nel pomeriggio fresco un bel bagno nella vasca a 38° è stato veramente piacevole.
Altre foto del Fish River Canyon.











Il deserto del Namib. Il Sossusvlei

Ci dirigiamo verso il deserto del Namib, passando da Goageb e da Helmerinshausen, strada facendo ci fermiamo a fare un pic nic nella savana e a visitare il castello Duwisib, un curioso edificio costruito sempre negli anni della colonizzazione tedesca da un nobile tedesco, Hans-Heinrich von Wolf, sposato ad una signora americana, un utopista innamorato dei cavalli, che ve ne impiantò un allevamento e, oltre al castello, che visitiamo, costruì una grandiosa cavallerizza coperta e una serie di case in muratura per i suoi lavoratori, costruzioni di cui oggi non c'è più traccia. Oggi il castello, considerato monumento nazionale, sorge in mezzo al nulla.

Arriviamo verso sera al Le Mirage Desert Lodge, un albergo molto pretenzioso, in stile holliwoodiano, dove peraltro servizio e cibo non sono all'altezza delle pretese:

Nel pomeriggio faccio una passeggiata nell'area intorno all'albergo e, sorpresa, quello che da lontano sembrava una distesa sabbiosa era in realtà un mare di erba secca, che a primavera, dopo le piogge, si sarebbe trasformato in un mare di erba verde.

La mattina successiva, copertissimi perché al mattino fa veramente freddo, in camionetta scoperta andiamo nella zona delle grandi dune, il Sossusvlei.

Cito da Wikipedia: "l nome Sossusvlei (o Sossus Vlei), in senso proprio, si riferisce a una pozza d'acqua effimera circondata da alte dune, situata nel deserto del Namib meridionale, in Namibia. Il nome viene usato normalmente in senso esteso per indicare tutta l'area circostante, che rappresenta la più celebre località del Namib-Naukluft National Park ed è la principale meta turistica della Namibia."

Lo scenario è molto bello e impressionante, su alcune delle dune più grandi, guardando bene, si vede una fila di formichine, che sono turisti che le scalano: si stagliano sul cielo perché le dune vanno sempre percorse in cresta, allontanarsi dalla cresta significa faticare terribilmente.

Noi scegliamo di scalare il Big Daddy che, con i suoi 390m è, ci dicono, la duna più alta del mondo. Come dicevo si sale seguendo la cresta: da un lato il più pittoresco versante sopravvento, dall'altro quello più ripido sottovento. In basso si vedono biancheggiare quelli che sembrano stagni e che, in realtà lo diventano, e nemmeno tutti, durante la stagione delle piogge. Guadagnata con una certa fatica la cima ed apprezzata la vista tutt'intorno, è entusiasmante la discesa: i piedi uno dopo l'altro affondano nella sabbia finissima e negli strati profondi lo spostamento della sabbia produce un rumore che è come una sorta di muggito. Si arriva, troppo presto, sulla riva di uno degli "stagni", dove alcuni scheletri di di acacie disseccate, quasi arse, testimoniano di stagioni meno aride..

Nel pomeriggio andiamo a vedere il Canyon di Sesriem.

Tra le immagini del Sossusvlei troverete anche quelle scattate dall'aereo che da Swakopmund abbiamo preso proprio per sorvolare il deserto.
Altre foto di Sossusvlei.









Swakopmund

Risalendo verso Swakopmund sempre all'interno del Parco Namib Naukluft passiamo nella Piana della Welwitschia Mirabilis, un fenomeno unico di interesse botanico mondiale, endemica del deserto Namib e considerata una delle più antiche piante viventi conosciute.

Da Wikipedia: "La Welwitschia è una pianta dalle caratteristiche estremamente peculiari, tanto che Charles Darwin la definì "l'ornitorinco del regno vegetale". Presenta una radice a fittone molto profonda e due foglie dall'aspetto unico, lunghe fino a cinque metri e adagiate sul terreno, pelose, con un meristema basale che compensa l'erosione della parte distale. Questo aspetto generale non lascerebbe sospettare che, da un punto di vista botanico, la W. mirabilis sia considerata un albero, e risulti addirittura imparentata con le conifere; l'unico elemento che suggerisce questa analogia è il fatto che sia il maschio che la femmina della pianta producono pigne. Un'altra caratteristica insolita della W. mirabilis è l'eccezionale longevità, che le ha meritato l'ulteriore appellativo di "fossile vivente"; la datazione con carbonio 14 ha dimostrato che alcuni esemplari hanno oltre 2000 anni. La sopravvivenza nel clima arido del Namib non è affidata (come si credeva un tempo) a radici particolarmente lunghe, ma all'assorbimento dell'umidità portata dalle nebbie costiere; le foglie catturano direttamente parte di questa umidità, e lasciano cadere il restante in gocce che raggiungono le radici attraverso la sabbia."

Arriviamo a Swakopmund nel pomeriggio, non fa ancora molto freddo e passeggiamo per le vie centrali di questa cittadina dall'aspetto tedesco; anche qui il passeggio è vivace, bei negozi e, sorprendentemente, tante e fornitissime librerie, da quel che ho visto io, parecchie più che a Windhoek. La mia amica Lidia ha lasciato nell'antipatico albergo del deserto la sua giacca e io la mia camicia da notte, quindi ci compriamo lei una felpa e io una maglietta con le orme degli animali che mi servirà d'ora in poi come pigiama. Pernottiamo in un b&b vicino alla spiaggia dove non c'è riscaldamento e fa veramente freddo. A cena pesce a volontà ma, a parte le ostriche che sono molto buone ma non la mia passione, il resto del pesce, incluse alcune cozze giganti, è molto meno saporito di quello dei nostri mari mediterranei. La mattina è freddissima e sembra sia piovuto, in realtà è solo condensa dell'umidità.

Abbiamo deciso di fare un giro in barca per vedere le foche, i delfini e gli altri animali marini e coraggiosamente, con addosso tutto ciò che abbiamo di più caldo partiamo. Mentre aspettiamo la barca vediamo i fenicotteri, incongrui in quell'umido grigiore. A pochi metri dalla partenza un'enorme foca comincia a festeggiare dando chiari segni di voler salire, infatti si arrampica, ma meglio dovrei dire sguscia la sua grossa mole scivolosa con sorprendente agilità e arriva a bordo a reclamare il pesce elargito dal nostro rubicondo capitano. E' così liscia, lucida e il contorno è così netto che le foto sembrano tutte dei fotomontaggi, ma vi garantisco che sono vere. Ci sono diverse foche, chiaramente delle habituée, che continuano a salire e scendere dalla barca, a volte dalla parte giusta, a volta dalla parte sbagliata. A breve distanza, su un'isoletta una colonia di foche rumoreggia vigorosamente. Foche e delfini fanno evoluzioni intorno alla nostra barca, ma i delfini sono troppo veloci per fotografarli. Poi arrivano i pellicani, che reclamano anche loro pesce con grande energia, uno riesce anche a prenderlo al volo passandoci sopra, chiaramente per loro i turisti rappresentano una bella pacchia. Passiamo vicini agli allevamenti di ostriche e cozze, verso la costa l'isola del guano, su cui si posano e... defecano, migliaia di cormorani. Una volta l'anno viene ripulita e il guano ricavato, un ottimo concime, esportato a caro prezzo.

Nel frattempo, malgrado le coperture, mi sono completamente congelata, cosicché quando il capitano tira fuori da una ghiacciaia portatile tartine con la maionese, ostriche e spumante, la sola idea di ingerire qualcosa di gelato mi sgomenta. Però sono l'unica, gli altri macinano allegramente. Mentre ci portano a terra la nebbia comincia a diradarsi e appare il sole, finalmente!

Il pomeriggio andiamo in aereo a sorvolare la zona del Sossusvlei, bellissima anche dall'alto; al ritorno vediamo la nebbia che arriva dall'oceano a portare al deserto quella preziosa umidità che consente alle rade piante di sopravvivere.

Al mattino seguente, dopo una breve passeggiata sul lungomare pieno di piante e una troppo breve visita al bel museo, partiamo verso nord.
Altre foto di Swakopmund.





Twyfelfontein

Usciti da Swakopmund passiamo per la Piana dei Licheni, area protetta dove la nebbia che sale dall'oceano porta l'umidità necessaria a far sopravvivere numerose specie di licheni, e ci dirigiamo verso il Damaraland..

Arriviamo nel primo pomeriggio alle incisioni rupestri di Twyfelfontein.

"I Damara che abitavano nella regione la chiamavano Uri-Ais, "sorgente saltellante". I primi coloni bianchi che provarono a insediarsi qui nel 1947 non trovarono la sorgente, e ribattezzarono il luogo Twyfelfontein, che significa "sorgente dubbia". "Twyfelfontein è una valle della Namibia, situata nel Damaraland, circa 90 km a ovest di Khorixas. È nota per gli oltre 2000 dipinti rupestri e graffiti dell'età della pietra presenti sulle rocce di nell'arenaria; il sito è stato dichiarato monumento nazionale nel 1952. Si ritiene che questi disegni siano stati fatti dagli antenati dei moderni San (Boscimani). La datazione è incerta, ma si pensa che i disegni più antichi possano avere più di mille anni. Raffigurano soprattutto scene della caccia a diversi animali (elefanti, leone, rinoceronti, giraffe, otarie e altri), molti dei quali sono rappresentati insieme alle loro impronte. Il paleontologo francese Henri Breuil ha definito questi disegni "paesaggi dell'anima". (Wikipedia)

In realtà le incisioni sono sicuramente interessanti, ma quello che più affascina è il paesaggio aspro di queste rocce rosse dalle forme più varie, e sono anche molto eleganti le sistemazioni "ecologiche" del museo: sia il piccolo edificio all'ingresso, che alcuni gradini, terrazzamenti e una tettoia, sono interamente realizzati con breccia di pietra locale, tondino d'acciaio, rete di ferro e lamiere ricavate dai barili, notevole è il tetto dove i cilindri dei barili tagliati formano una sorta di grandi tegole dritte e rovesce.

Ci accompagnano delle giovani ragazze nere allegre, simpaticissime e molto preparate, hanno studiato in città e sanno anche tutti i nomi latini delle piante. Alla fine vogliono essere fotografate.

Giungiamo al tramonto alla Montagna Bruciata e alle spettacolari Canne d'Organo: sono delle colonne di basalto perpendicolari alla base di una gola che assomigliano appunto a delle canne d'organo, ed infatti vengono chiamate "Organ Pipes". Queste rocce dalla forma particolare si formarono 120 milioni di anni fa, quando la dolerite, raffreddandosi, si suddivise in colonne alte sino a 5 metri.

Arriviamo infine al Lodge, che è certamente il più spettacolare di quelli dove siamo stati finora: l'ingresso tra le enormi rocce, gli spazi comuni sotto i grandi tetti d'erba, i mobili in legno massiccio che sembrano usciti dai fumetti degli Antenati e i pavimenti in pietra grezza formano un insieme veramente suggestivo.

Il buffet della cena è sensazionale, mentre il cestino pranzo che ci danno il giorno dopo è di una sobrietà più che francescana... si sa, i veri cuochi odiano il take-away!

Partiamo tra le rade acacie ormai in fiore.
Altre foto di Twifelfontein.















Il Parco Etosha

Arriviamo al Parco Etosha, 22.270kmq, una delle più grandi aree protette del mondo che ospita in 14 diversi tipi di ambienti vegetali (non mi chiedete quali, io arrivo a distinguere macchia, bosco, deserto e savana) 340 specie di uccelli, 50 specie di rettili e 114 di mammiferi, e tutti vagano liberi nelle grandi pianure. Inclusi gli elefanti, che rappresentano un grosso problema per questi stati del Sud Africa, infatti come abbiamo potuto constatare sono dei distruttori indefessi: per mangiare un po' della chioma di un albero lo colgono come fosse un fiorellino, e procedono lasciandosi dietro morte e desolazione. Un tempo il problema non esisteva perché gli animali si spostavano per l'intero continente cosicché la vegetazione aveva tempo di riformarsi, poi la caccia per l'avorio li aveva quasi estinti, oggi invece sono protetti e con le frontiere chiuse si muovono nell'ambito dei singoli stati creando dei gravi scompensi nella vegetazione. In Namibia e Botswana è permessa una caccia controllata, infatti all'aeroporto abbiamo visto diverse persone con custodie di fucili da caccia. Ho un pochino studiato la cosa ed ho capito che quello dell'avorio e degli elefanti è davvero un grosso problema: sembra che in stati "virtuosi", come Namibia, Botswana e Sud Africa, le migliaia di elefanti che li popolano rischino di morir di fame per eccesso di densità del territorio, mentre in altri come il Mozambico, sono praticamente spariti. Una delle guide ci diceva che c'è un accordo tra Namibia, Botswana e Mozambico per la cessione a quest'ultimo di 50.000 elefanti. Come la faccenda possa funzionare tecnicamente è cosa che sfugge alla mia immaginazione!

Entriamo nel Parco all'estremità sud- ovest e arriviamo al Lodge Okaukuejo, statale, come tutti i lodge all'interno del Parco, una sorta di villaggio, appena rinnovato,

All'interno del villaggio un ampio e robusto steccato ci separa da un'area con uno stagno centrale in cui a varie ore del giorno e della notte arrivano animali a bere. Il convegno delle giraffe verso le dieci di sera era veramente spettacolare, ma c'era proprio troppa poca luce per fotografarle. L'arrivo degli elefanti invece è stato molto divertente: il branchetto è guidato da una femmina dominante, la seguono altre femmine, giovani e piccoli di diverse età. Lei arriva, barrisce e tutti gli altri animali che erano alla pozza ad abbeverarsi se la squagliano prudentemente, sistema il branco a un'estremità della pozza e lei invece va diretta alla sorgente, cioè al tubo da cui viene immessa l'acqua, e lì comincia a fare voluttuose abluzioni, spruzzandosi con la proboscide e facendo decisamente la fanatica, buffissimo a vederla. Poi a un certo punto dà il segnale della ritirata e il branchetto obbediente riparte, lei, con comodo, li segue. Vari tipi di antilopi, un rinoceronte, uccelli, arrivano alla spicciolata e convivono pacificamente.

Il giorno dopo ripartiamo e traversiamo il Parco da ovest ad est incontrando moltissimi animali, elefanti e giraffe sempre ad una cera distanza, antilopi e zebre a volontà.

Arriviamo al lodge di Namutoni, anche questo appena finito di rinnovare, con un arredo delle stanze in uno stile minimal-ipertecnologico secondo me veramente poco adatto al posto. I bagni non hanno la porta cosa abbastanza imbarazzante, ma dovremo abituarci perché d'ora in poi nei lodge successivi sarà sempre così. La grande vasca-doccia ha schizzi e luci che provengono da tutte le parti, il lavandino è una specie di piatta catinella apparentemente poggiata su un piano troppo alto e che già sembra malferma sul supporto.... Lidia ed io ci fotografiamo con le magliette a impronte.

La pozza notturna di questo lodge, dove dovrebbero venire animali ad abbeverarsi non è molto interessante, e poi ne abbiamo ormai visiti parecchi. Invece è divertente la mattina dopo andando a far colazione vedere gruppi di manguste che a quanto pare abitano sotto le casette e sotto le passerelle in legno del lodge e che sembrano accorrere ad un appuntamento mattutino.

Lasciamo il lodge e dirigiamo vero il terzo punto di sosta nel Parco Etosha, Okonjima.

Per strada ci fermiamo al lago Otjikoto, un posto assolutamente improbabile, una pozza di acqua azzurrissima in una conca di rocce scoscese ed impervie, intorno una sorta di giardino, con molte varietà di piante ed animali "domestici", ed ancora in piedi il rudere della pompa che all'inizio del secolo mandava l'acqua del lago ad una tubazione che riforniva Tsumeb, acquedotto ancora oggi usato, ma al contrario, per mandare l'acqua al lago.
Altre foto del Parco Nazionale di Etosha.







Okonjima

Arriviamo all'ora di pranzo ad Okonjima, l'ultima nostra tappa nell'Etosha.

Questo Lodge, molto più piccolo, è uno dei più belli. In un giardino tenuto con grande cura, con un folto di bambù e piante anche di tipo mediterraneo, un grande tetto di erba copre gli spazi comuni di pranzo e di soggiorno, vari altri spazi all'aperto sono attrezzati per sostare e per prendere il tè.

Okonjima nella lingua herrero dell'etnia locale significa "luogo dei babbuini" e si trova tra le montagne dell'Omboroko. In quest'area si trova la Fondazione Africat, molto attiva in Namibia e nell'Africa del Sud per il lavoro di protezione di leopardi e ghepardi, specie in via di estinzione.

Vediamo la sede locale per le cure degli animali e ci inoltriamo nella savana (qui la vegetazione è più fitta, ci sono molti arbusti ed anche alberi, probabilmente non si chiama più savana, ma io non saprei come altro chiamarla) con la camionetta nell'area riservata ai ghepardi. Si tratta di animali feriti o maltrattati che vengono portati qui per curarli e, anche se non per tutti è possibile, riportarli allo stato selvaggio Arrivati nel punto giusto ci fermiamo e dopo un po' cominciano ad arrivare questi splendidi gattoni in cerca di quello che per loro è una sorta di aperitivo. Hanno un'aria indolente e tranquilla, ma ovviamente è meglio non essere troppo fiduciosi. Dalle descrizioni della guida sorprende il fatto che la specie riesca a sopravvivere, infatti questo bellissimo animale è velocissimo ed ha un'accelerazione mostruosa in partenza, però ha un cuore molto grande e questo fa sì che non possa mantenere la velocità a lungo, perciò anche prede meno veloci ma con maggior resistenza hanno buone probabilità di cavarsela: se non raggiunge la preda dopo i primi 20 secondi di solito il ghepardo abbandona la caccia. Quando invece la raggiunge e la uccide, poiché dopo questo sforzo rimane spossato per un certo lasso di tempo, non è insolito che qualche altro predatore gliela sottragga.

La mattina dopo con un altro safari andiamo a cercare il leopardo; poiché, ovviamente, non siamo in uno zoo la ricerca si protrae abbastanza a lungo, la guida si serve di un oggetto misterioso, una specie di antenna, che dovrebbe guidarci verso una tigra femmina che da poco è stata liberata nel parco, al di fuori della riserva dove stanno i ghepardi. In effetti a un certo momento la avvistiamo e pian piano riusciamo anche ad avvicinarci abbastanza, è molto elegante e col suo mezzo quintale si muove sugli alberi come fosse un giovane gatto.

Partiamo per Windhoek per andare a prendere l'aereo per il Botswana e strada facendo ci fermiamo al mercatino dell'artigianato locale che si tiene ad Okahandja. Non ve lo consiglio: i venditori sono di un'insistenza veramente fastidiosa, i prezzi assolutamente di fantasia e la qualità degli oggetti è molto inferiore a quella dei negozi di Windhoek, anche se ci dicono che i negozianti vanno lì a rifornirsi. Probabilmente i venditori tengono da parte per loro i pezzi migliori.
Altre foto di Okonjima.

Fiamma.


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