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Giovedì, 28 Gennaio 2016

I Parchi dell'Ovest e New York

Viaggio con auto a noleggio negli Stati Uniti dell'Ovest con tappa finale a New York

ARTICOLO DI

bosforo65

PREPARATIVI

Formazione inconsueta stavolta: doppia coppia e bimba di 6 anni e quindi un'attenzione diversa sulla lunghezza degli spostamenti e sull'impegno anche fisico richiesto per le visite. In realtà non ci sono stati particolari problemi: i parchi dell'Ovest degli Stati Uniti sono concepiti in modo da accontentare sia chi li vuole visitare in poco tempo concentrandosi esclusivamente sulle cose più significative, sia chi vuole visitarli a fondo, dedicandoci giorni o settimane. Classico esempio lo Zion National Park, che non è certo uno dei parchi imperdibili di questa parte di America. Esiste una guida di 400 pagine circa, con itinerari di alcune settimane ma noi ne abbiamo visitato i punti salienti in una mezza giornata. Un criterio che è più o meno applicabile a tutti i parchi, tenuto conto che i view point sono sempre raggiungibili in auto. L'unica eccezione è il Grand Canyon, sempre nel caso in cui lo si voglia vedere in maniera diversa dall'opzione più praticata che è quella di guardarlo dall'alto del bordo. Addentrarcisi comporta un giornata di trekking che diventano almeno 2 se si vuole arrivare fino in fondo (solo i superallenati riescono a scendere e risalire in giornata).

Altro problema che ci eravamo posti in anticipo era la noia che avrebbe dovuto sopportare la bimba durante i lunghi spostamenti in auto. Un falso problema perché in realtà costituivano spesso il momento in cui si divertiva di più, avendoci tutti a sua disposizione per giocare e non sparsi chi a fare foto e chi a visitare il luogo. Io preferisco viaggiare nei paesi del Terzo Mondo, perché le situazioni mi paiono più autentiche, la gente più spontanea e spesso è un po' come viaggiare nel tempo. Per questo gli Stati Uniti rappresentano, da certi punti di vista, quelle cose che di solito evito come la peste. Però devo ammettere che i parchi sono davvero stupendi e, pur essendo stato in precedenza in posti che di meraviglie naturali ne offrono tante come l'Australia e la Namibia, non ho mai visto altrove una tale concentrazione di paesaggi così belli. Insomma, viaggio e bimba entrambi hanno superato la prova a pieni voti.

La mia intenzione era quella di visitare soprattutto i parchi, ma non si poteva ignorare la richiesta da parte delle signore di vedere anche un po' di civiltà e quindi, dovendo comunque fare uno scalo sulla costa orientale, abbiamo alla fine optato per una dozzina di giorni nella zona delle Montagne Rocciose al termine dei quali aggiungere un breve soggiorno a New York.In pratica l'itinerario è stato il seguente: un grande otto con partenza e ritorno a Las Vegas, città dalla quale abbiamo intrapreso il cosiddetto Grand Circle - il tour dei grandi parchi dell'Ovest già in voga nell'Ottocento - in senso orario stringendo il cerchio dopo il Natural Arches National Park, rinunciando al Mesa Verde National Park e al Canyon De Chelly National Park, ma includendo alcuni siti minori quali il Kodachrome Basin, il Goblin Valley State Park e la Valley of Gods che, benché meno scomodi da raggiungere, vengono spesso esclusi da chi completa il giro. Volutamente ignorato il Four Corners Monument, un'assurda americanata che avrebbe richiesto centinaia di chilometri. Una volta rientrati a Las Vegas siamo andati in California per la Valle della Morte e successivamente, passando dalla poco frequentata Sierra Nevada californiana, al Sequoia National Park. È seguito il rientro nella capitale del gioco d'azzardo e il volo interno per New York dalla quale, 5 giorni dopo, abbiamo preso l'aereo che ci ha riportato a casa.

Auto presa a noleggio tramite un broker attraverso il quale si possono trovare prezzi davvero interessanti, prima si prenota e più conviene. La compagnia che all'aeroporto ci ha consegnato la spaziosa Chrysler Grand Voyager era la Advantage. Consigliatissimo fare il National Park Pass, del costo di 80 dollari, che permette di risparmiare molto rispetto al pagamento singolo di volta in volta. Attenzione che però non è valido per gli State Parks (come il Kodachrome Basin e il Goblin Valley) e nemmeno per i parchi gestiti dalle comunità di pellerossa (come l'Antelope Canyon). Ha validità di un anno. Gratis per gli under16 e al costo di 10 dollari e di durata illimitata per gli over 62. Per la zona dei parchi avevamo con noi la guida della EDT sugli Stati Uniti Occidentali (traduzione in italiano dell'australiana Lonely Planet) e, per la stessa area, quella della Routard. Ho trovato migliore la seconda. Per New York avevamo la EDT. Pernottamenti non prenotati, tranne a New York, ma non ci sono state particolari difficoltà nel reperire i posti (tranne nella Death Valley), anche se in periodi diversi dal tranquillo ottobre in cui ci siamo stati noi potrebbe non essere tutto così semplice, specie nelle località più gettonate come Gran Canyon Village o nei dintorni della Monument Valley. Nei motel abbiamo quasi sempre preso delle stanze con doppio queen size bed (152x203 cm), inferiori come dimensioni ai king size bed (193x203 cm) ma ampiamente sufficienti, anche per la coppia di nostri amici che dormivano assieme alla bimba. Il tutto per un prezzo, a camera, che viaggiava di norma tra i 60 e gli 80 dollari, incluso il bagno privato, sovente dotati di lavatrici e asciugatrici a gettoni anche se spesso la colazione non era compresa. Fate voi i conti.

Mangiare negli Stati Uniti non è il massimo, specie per chi proviene da un paese mediterraneo, ma neanche una condanna come in certi paesi europei. I fast food sono onnipresenti, super economici e anche se non proprio salutari, possono costituire delle economiche alternative ai ristoranti più ricercati, ovviamente più cari benché i piatti proposti siano quasi sempre gli stessi. Su tutto svetta la carne, in particolare la T-bone steak (in pratica quella che noi chiamiamo fiorentina) che tendono a cuocere più di quanto si faccia dalle nostre parti. Quindi se la volete "al sangue", non limitatevi a dire rare (cioè "al sangue" in inglese) ma really rare (cioè "davvero al sangue"). Occhio alla salsa barbecue, visto che mi è capitato che glie la mettessero anche se alla cameriera avevo specificato il contrario. Quando glie l'ho detto, l'ha fatta "pulire" e me l'ha rimandata! E dire che era un ristorante figo, con tanto di curriculum dello chef sulla prima pagina del menù... Di norma le porzioni sono piuttosto generose (intuibile dal numero di obesi che si vedono in giro) e accompagnate, anche a colazione, da bicchieroni di bibite o d'acqua (questi gratuiti) pieni di cubetti di ghiaccio, indipendentemente dal fatto che la temperatura esterna sia prossima allo zero. I vini di norma costano abbastanza, ma è sempre più diffusa la possibilità sia di portarselo da casa che di portare via una bottiglia non finita. Le colazioni sono di norma abbondanti e, rispetto a quelle italiane, piene di alimenti saporiti e calorici. È frequente la modalità buffet o "take all you want": un paradiso per chi bada più alla quantità che alla qualità. Sono americani. Se proprio non ce la fate, c'è sempre la cucina etnica, in particolare quella cinese e messicana sono piuttosto diffuse. Capitolo a parte la cucina italiana: le pizze sono molto diffuse ma generalmente piuttosto diverse dalle nostre, più spesse. Con questo non voglio dire che facciano necessariamente schifo, semplicemente sono un'altra cosa, basta saperlo. Divertente notare come vengano considerati dei classici piatti italiani delle pietanze da noi sconosciute come la "pizza Strombòli" (con l'accento sulla seconda o) e le "fettuccine Alfredo". Ma non diteglielo: non ci crederanno.

 

LAS VEGAS

Las Vegas è davvero gradevole e non crediate che io sia un appassionato delle città in generale e men che meno del gioco d'azzardo: clima ideale, caldo di giorno e fresco la sera, alberghi stratosferici a costi incredibilmente bassi, locali aperti a qualsiasi ora del giorno e della notte, spettacoli di tutti i generi, shopping a prezzi decisamente interessanti. All'arrivo abbiamo dormito allo Stratosphere, quello della torre in cima alla quale ci sono delle giostre e al ritorno al Luxor, quello a forma di piramide egiziana con una gigantesca Sfinge all'ingresso.Non ricordo più quanto speso allo Stratosphere ma al Luxor, che è comunque sempre un 4 stelle con piscina e tutto il resto, una stanza con i due soliti queen size bed ci è costata 150 dollari, poco più di 100 euro all'epoca. Poi, a differenza degli altri motel abbiamo deciso di stare larghi, mentre di norma in una stanza del genere ci stavamo tutti e 5, sennò avremmo speso circa 20 euro a testa.La ragione di questi prezzi così bassi è il fatto che, una volta "catturato" il cliente, è più facile che i suoi dollari li metta nelle slot machines del suo albergo che in quelle di un altro.La colazione normalmente non è inclusa nel prezzo della camera: ricordo un buffet davvero luculliano, con cuoco che preparava le omelettes al momento in base alla richiesta e ogni ben di Dio tra salato, dolce e frutta, ad appena 11 dollari. Anche questo un metodo per portare gente al proprio albergo in modo che poi, una volta lì, usi le slot machines più vicine.Ulteriori sconti il venerdì, che è il giorno di paga negli Stati Uniti e quindi il momento migliore in cui attirare i giocatori che hanno appena riscosso lo stipendio.L'unica complicazione, sormontabile, è che in ogni albergo tra l'ingresso nella hall e l'accesso alle stanze, bisogna sempre farsi almeno mezzo chilometro di slalom in mezzo alle slot machines e ai vari tavoli da gioco: ma a noi che la materia non interessa per niente, ne traiamo solo benefici. Viva Las vegas!Gironzolare per lo Strip è comunque divertente, tutto è talmente eccessivo che se proprio uno non si meraviglia per il lusso ostentato, di sicuro non può non farsi scappare un sorriso di fronte a certe pacchianate. Le hall degli alberghi maggiori vanno visitate, sono a loro modo uno spettacolo imperdibile, come è un delitto rinunciare a vedere lo spettacolo di fontane illuminate che danzano al ritmo di musica classica davanti al Bellagio.Molto diffusa la prostituzione, con decine di immigrati che distribuiscono i bigliettini delle signorine pronte a rispondere a convocazioni telefoniche, con quel rumore ottenuto sbattendoli gli uni contro gli altri che dopo un po' diventa una specie di colonna sonora della passeggiata, e giornaletti di annunci. Ve ne sono anche ai bar degli alberghi: se una vi ammicca, non pensate di essere diventati all'improvviso irresistibili... Davvero economico anche lo shopping. Non lontano dalla città, in direzione Los Angeles, sorge un gigantesco centro commerciale dove Ralph Lauren e altri marchi di lusso costano una frazione di quanto costano nei nostri negozi.

 

ZION NATIONAL PARK

Uno dei parchi più vasti ma non uno dei più spettacolari. Non che sia colpa sua, è che gli altri parchi sono davvero eccezionali e questo, pur gradevole, sparisce al confronto con autentici gioielli come il Bryce Canyon o la Monument Valley. Ci siamo limitati ad alcune soste:

- una per vedere da lontano il Kolob Arch, un arco non aperto che è considerato il secondo più grande al mondo;

- un'altra dove, dopo una passeggiata di alcuni chilometri non impegnativa, siamo giunti proprio sopra al Kolob Arch e abbiamo ammirato la spettacolare veduta sullo Zion Canyon, profondo circa 800 metri;

- una breve pausa per fotografare i bighorns, locali capre selvatiche;

- un'altra per ammirare la bianca formazione rocciosa a festoni del Checkerboard Mesa.

 

RED CANYON

Una specie di antipasto al più famoso, e bello, Bryce Canyon, presenta diversi hoodos (pinnacoli) di un rosso acceso, alle basi dei quali sorge la Dixie Forest. E' di strada per andare al Bryce Canyon, da cui dista appena 9 km, e quindi farvi una breve sosta non costa nulla.

 

BRYCE CANYON NATIONAL PARK

Semplicemente stupendo e immeritatamente meno famoso del Grand Canyon o della Monument Valley rispetto ai quali non è certo inferiore, riceve meno spettatori dello Zion soprattutto in virtù della sua maggiore lontananza dalle grandi città. Situato oltre ai 2500 msl, in realtà non è proprio un canyon, ma piuttosto un anfiteatro naturale scavatosi per l'azione degli agenti atmosferici su un fianco dell'altopiano Paunsaugunt costellato di hoodoos di tutte le forme e tutti i colori, dal rosso acceso al bianco passando attraverso tutte le sfumature intermedie. Distogliendo lo sguardo dall'anfiteatro vero e proprio si possono ammirare altre colorazioni spettacolari tutt'intorno. È consigliabile dedicare qualche ora al trekking, sia per fuggire dalla folla che si ammassa quasi unicamente presso i view point e sia per poter ammirare gli hoodos da punti di vista alternativi. Vi sono una dozzina di sentieri, dal più breve di meno di 1,5 km al più lungo di quasi 40 km che attraversa le zone più remote del parco. Ho girovagato per un paio d'ore senza i miei compagni di viaggio al seguito e davvero bastano pochi minuti per non vedere più nessuno nei dintorni, se non di tanto in tanto.

 

KODACHROME BASIN STATE PARK

Uno dei parchi minori del Grand Circle, deve il suo nome al fatto che, quando era ancora quasi del tutto sconosciuto, il National Geographic, nel 1949, gli dedicò un servizio fotografico per sperimentare una nuova pellicola a colori della casa americana. Temendo ritorsioni il nome venne cambiato in Chimney Rock State Park ma la ditta diede il permesso e quindi si tornò alla denominazione originale. Niente di eccezionale, sicuramente poco battuto, presenta un bell'arco e alcune rocce dalle forme decisamente falliche.

 

CAPITOL REEF NATIONAL PARK

Un'altro parco tra quelli meno conosciuti, sia per la lontananza che per la difficoltà nel visitarlo: è un parco lungo e stretto, attraversato dalla Statale 50 da ovest ad est mentre per visitarlo al meglio l'ideale sarebbe attraversarlo da nord a sud con un mezzo a 4 ruote motrici nella stagione secca. Come la stragrande maggioranza anche noi ci siamo limitati ad ammirare i paesaggi che si presentano agli occhi di chi lo attraversa sulla statale. All'interno del parco vi è anche un view point su una stretta ansa generata dal fiume San Juan.

 

GOBLIN VALLEY STATE PARK

Un altro dei siti meno visitati del Grand Circle, costituito da una distesa di spettacolari hoodoos rossi vicino all'apice settentrionale del Grand Circle. Due sono le particolarità di questo piccolo parco statale: gli hoodoos dall'inconsueta forma di fungo, che per un periodo gli aveva meritato il nomignolo di "Valle dei Funghi", e il fatto che invece di essere delle creste irraggiungibili sono dislocati nella bassa vallata. Ciò li rende ideali per fotografarli da vicino oppure, come molti fanno benché sia vietato, per scalarli. Ricordano un po' i camini delle fate dell'Anatolia, con la parte superiore di roccia più resistente agli agenti atmosferici e quella sottostante, in arenaria, che pian piano si assottiglia.

 

ARCHES NATIONAL PARK

Ecco un altro dei "giganti" del Grand Circle, uno dei parchi più belli e variegati, da non confondersi con il similare Natural Bridges National Monument che si trova circa 100 km più a sud. Contiene circa 2000 archi naturali scavati dall'erosione nelle rocce, di cui oltre una quarantina sono andati distrutti per motivi naturali a partire dalla data in cui è stato dichiarato parco nazionale, nel 1971. La formazione di questi archi è dovuta al fatto che l'altopiano è costituito di evaporite, un sedimento naturale formatosi dalla deposizione dei sali minerali naturalmente presenti nelle acque, che, modificata la sua consistenza per la pressione ricevuta dalle rocce soprastanti, subisce l'azione erosiva delle scarse piogge della zona. Sono molti i punti di interesse degni di una visita, non solo archi. Qui cito solo quelli da me visti e che sono raggiungibili con passeggiate non particolarmente impegnative, ma ovviamente ce ne sono molti altri:

- il sottilissimo e spettacolare Landscape Arch: con i suoi 91 metri di larghezza, l'arco naturale più largo del mondo. Nel 1991 ne è precipitato un pezzo e da allora l'area sottostante è chiusa ai visitatori;

- la Balanced Rock, una pietra che misteriosamente resiste in cima ad un sottile stelo di arenaria;

- le Tre Sorelle: tre formazioni rocciose similari che assomigliano a tre figure femminili;

- Park Avenue: un maestoso insieme di rocce imponenti, che danno l'impressione di trovarsi in mezzo ai grattacieli di New York;

- le Torri del Tribunale;

- Le Finestre: due grandi archi simmetricamente disposti uno a fianco dell'altro;

- il Turrett Arch;

- il Double Arch: due archi spettacolarmente disposti uno quasi sormontante l'altro;

- il Delicate Arch, la vera star del parco, che può essere ammirato in lontanza da un view point a breve distanza dal parcheggio oppure da sotto se si affronta un trekking di 5 km (1 ora e mezza circa).

A differenza del resto della compagnia, ho intrapreso un breve trekking oltre il Landscape Arch alla ricerca del Double O Arch ma poi, visto che mi stavo allontanando troppo ho rinunciato, riuscendo comunque a vedere alcuni archi minori come il Crystal Arch e il Tunnel Arch.

 

CANYONLANDS NATIONAL PARK

Questo enorme parco fornisce spettacolari panorami su una serie di canyon, gole e formazioni rocciose scavate dai fiumi Colorado e Green sul Colorado Plateau. La vicina città di Moab, che è una delle capitali degli sport all'aria aperta, ne costituisce la base ideale per l'esplorazione. All'interno del parco sono possibili trekking, mountainbiking, rafting, camping e percorsi con mezzi 4x4. I view point dai quali ci siamo goduti la vista sono stati:

- Dead Horse Point: una spettacolare terrazza naturale che dà su un'ansa a 180° del fiume Colorado, da un'altezza vertiginosa;

- Island in the Sky: un altro view point mozzafiato, stavolta sul fiume Green;

- Muley Point: un altro belvedere sopraelevato su paesaggi a perdita d'occhio.

In uscita dall'area, prima della Valley of Gods, si scende la ripida Moki Dugway, una serie di tornanti costruita per permettere ai camion di raggiungere una vecchia miniera.

 

VALLEY OF GODS

Una specie di Monument Valley in miniatura ma più selvaggia, e non solo per via della pista sterrata di 17 miglia (FR242) un po' scalcagnata che si percorre per attraversarla. Anche questa offre paesaggi western di rocce in arenaria scolpite dagli agenti atmosferici. A pochi chilometri si trova Mexican Hat, una roccia a forma di sombrero. Sempre nei dintorni si trova il Goosenecks (collo d'oca) State Park, con una strepitosa vista su alcune anse a 180° del fiume San Juan.

 

MONUMENT VALLEY

Tappa imperdibile di qualsiasi viaggio nell'Ovest americano, non fosse altro per appartenere all'immaginario collettivo di tutti noi che abbiamo visto fin da piccoli film western.Posizionato sul confine tra Utah e Arizona, è costellata di gigantesche rocce monolitiche che in lontananza paiono pachidermi disordinatamente al pascolo. Anch'esse residue del Colorado Plateau, hanno tutte rocce di un colore rosso che al tramonto assumono tinte infuocate. Le più grandi sono alte 300 metri.Diversi i punti di interesse:

- dal visitors center si possono ammirare i monoliti più famosi: il West Mitten, l'East Mitten e il Merrick Butte, che avrete visto in centinaia di fotografie;

- proseguendo ci si imbatte nell'Elephant Butte e nel Camel Butte;

- sul lato destro della pista una propaggine del Mitchell Mesa viene denominata le Tre Sorelle;

- si giunge ad uno spiazzo denominato John Ford's View Point, sul quale è un classico fare lo foto con il Merrick Butte alle spalle;

- si prosegue facendo un giro in senso antiorario passando nei pressi di rocce meno impressionanti fintanto che, rientrando verso il John Ford's View Point si passa di fronte al Pollice e alla Finestra;

- poiché col tramonto bisogno uscire, di norma si fanno le ultime foto alle tre rocce vicino al visitors center;

- se volete fare del controluce, dalla stessa posizione, basta girarsi, si presta magnificamente il profilo del Mitchell Butte, a fianco della strada asfaltata che porta al visitors center.

Il pernottamento nei pressi può essere critico, visto che vi sono pochi posti disponibili. Molti che arrivano in zona la prima cosa che fanno è andare a Kayenta per bloccare la stanza e poi tornano a visitare il parco. Difronte al parco abbiamo anche visto alcune capanne tradizionali Navajo di forma circolare e con i muri di fango come la seguente che però le signore hanno giudicato troppo basiche.

 

ANTELOPE CANYON

Un'altra gemma imperdibile, che spesso ottiene le copertine delle riviste di viaggio per le magnifiche fotografie che vi si possono scattare. Si tratta di uno slot canyon, canyon strettissimo ma profondo e corto causato da irregolari e improvvise inondazioni originate da acquazzoni avvenuti anche a distanza di miglia, una caratteristica che rende tali canyon piuttosto pericolosi: l'ultima inondazione del 30 ottobre 2006 è durata 36 ore e ne ha consigliato la chiusura per 5 mesi. L'Antelope Canyon vero e proprio si divide in Upper and Lower, noi abbiamo visitato l'Upper, quello più visto e di più facile accesso (al Lower si accede da una scala che scende dall'alto, installata dopo che nel 1997 un'improvvisa fiumana, originata da un temporale occorso ad una dozzina di km di distanza, fece 11 vittime che non avevano vie d'uscita).Ci si arriva dopo aver pagato il biglietto e poi il trasporto ai Navajo proprietari del sito (25 dollari in totale) che avviene su jeep abbastanza scassate che percorrono a tutta velocità una pista non lunga ma assai dissestata. Il posto è magnifico e le lisce e sinuose pareti color pastello si prestano magnificamente per fotografie astratte, anche se in condizioni di così poca luce è d'obbligo un cavalletto o, alla meno peggio, appoggiarsi alle pareti. L'Upper Antelope Canyon è lungo circa 200 metri, lo si attraversa tutto in una ventina di minuti e il letto sabbioso, che all'entrata è largo alcuni metri, nella parte finale si stringe anche a meno di un metro di larghezza. Il sole riesce a filtrare e raggiungere il letto solo nel periodo tra il 15 marzo e il 7 ottobre, un paio di settimane troppo presto per noi.

 

HORSESHOE BEND

La Curva a Ferro di Cavallo è la traduzione del nome di questo view point che regala un'altra meravigliosa vista su un'ansa del fiume Colorado che ormai si appresta ad entrare nel Grand Canyon. Poco prima dello Horseshoe Bend, uscendo da Page in direzione sud, avevamo attraversato la Diga Glen, dalla quale è possibile ammirare il leggero ponte sul Colorado e alcune propaggini del Lago Powell.

 

GRAND CANYON NATIONAL PARK

Lungo 446 km, largo da un minimo di 500 metri ad un massimo di 27 km e profondo nel punto massimo 1600 metri è un vero gigante della natura. Anche se è ben lungi dall'essere il canyon più profondo del mondo è molto probabilmente il più spettacolare. Benchè vi siano ancora dei dubbi sull'esatto svolgersi degli eventi che hanno portato alla formazione di una gola così profonda da parte di un fiume non così impetuoso, non vi è dubbio che il Colorado abbia impiegato un paio di milioni di anni per tracciare questo spettacolare solco nel Colorado Plateau.Ovviamente venire da queste parti e non vedere il Grand Canyon è semplicemente assurdo, però devo dire che dei parchi più pubblicizzati è quello che meno mi ha impressionato: semplicemente è troppo vasto per goderselo dal bordo dal quale finisce per apparire piatto e anche scendendo, poichè si rimane comunque intrappolati in una valle, la vista è sempre parziale.E' possibile fare trekking ma, a meno di non essere ben allenati, non si riesce ad arrivare all'acqua del Colorado e risalire in giornata, visto che il dislivello in altezza è ampiamente superiore al chilometro. In tal caso è estremamente consigliato partire avendo già prenotato da dormire a fondo valle, visto che i posti dove alloggiare sono pochi e finiscono presto.Vi sono diversi sentieri che scendono lungo il Grand Canyon, la maggior parte dei quali partono dal South Rim che è quello dove siamo passati anche noi, molto più frequentato del decisamente remoto North Rim. I due più famosi sono:- il Bright Angel, 13 km piuttosto ripidi ma chi non vuole giungere al fiume può deviare per il Plateau Point dove c'è una bel panorama sul Colorado e tornare in vetta in giornata (come abbiamo fatto noi);- il più impegnativo North Kaibab di 22,5 km.Vi sono anche dei cosiddetti primitive trails ma chi vuole usufruirne deve essere un trekker esperto visto che è molto raro incontrare altri escursionisti, a differenza dei due sentieri sopracitati. È possibile scendere a dorso di mulo (che però, se non ho capito male, giungono al massimo al Plateau Point). Un altro modo per vedere il Canyon è l'attraversamento in aereo o elicottero ma da quando si sono verificati degli incidenti mortali causati dalle correnti d'aria ora è possibile sorvolarlo ma non addentrarcisi.

 

VALLE DELLA MORTE

Altro sito imperdibile anche se, essendo fuori dal Grand Circle, è piuttosto scomodo da raggiungere sia provenendo da Las Vegas che dalla California, stato di cui fa parte ma del quale rimane in un angolo remoto, tagliata fuori com'è dal resto dello stato dal massiccio della Sierra Nevada californiana. È considerata la zona più arida e calda del mondo: ha una precipitazione media di 4/5 cm all'anno e a luglio 2005 vi è stata rilevata la temperatura più alta della terra: 54°.Lunga 225 km e larga anche 40 km, offre davvero tanta roba da vedere, solo che a differenza di come abbiamo fatto noi, non fidatevi dei depliant che trovate sul posto ma seguite l'ordine di visita suggerito dalla Lonely Planet che è quello giusto. Ah, e possibilmente prenotate per tempo visto che a Furnace Creek i posti sono pochi e qui, a differenza di altri posti, il periodo migliore per visitare non è l'estate, così vi risparmiate l'esperienza di dormire in auto come ci è capitato (per non dover andare al primo hotel disponibile a diverse decine di km perdendoci le ore migliori per la visita). Da vedere, preferibilmente in quest'ordine partendo la mattina presto:

- Zabriskie Point: una sfilza di dune striate visibili anche solo da un viewpoint;

- Artist's Palette: una zona dove le rocce assumono diverse colorazioni;

- Dante's Peak: la montagna dalla quale vedere tutta la valle. Salita ripida che mette in difficoltà le di solito pesanti automobili americane;

- Devil's Golf Course: il "campo da golf del Diavolo", un terreno asperrimo irto di zolle salate;

- Badwater: il punto più basso del continente americano, 86 m sotto il livello del mare. Da lontano pare un lago ma è l'effetto miraggio dato dalle croste di sale. Non fate come noi e non andateci all'alba, perché il sole la illumina solo dopo alcune ore;

- Marble Canyon; niente di eccezionale, in verità;

- Dune di sabbia: non certo paragonabili a quelle della Namibia ma comunque gradevoli, anche se per raggiungere le più alte è necessaria una passeggiata che i miei compagni di viaggio hanno giudicata troppo lunga.Mi sarebbe piaciuto anche vedere le "racing rocks", i sassi che corrono, nella remota Racetrack Playa ma non c'è stato tempo.

 

SIERRA NEVADA

In teoria dalla Death Valley al parco delle Sequoie in linea retta non sarebbe tanto lunga, però la catena montuosa della Sierra Nevada, che fa da spina dorsale alla California percorrendone oltre 600 km, non semplifica le cose. Di fatto occorre quasi aggirarla completamente a sud, attraverso stradine strette piene di tornanti ma che almeno offrono qualche bel paesaggio, come le vedute sul lago Isabella. Poi la strada si inerpica nella cosiddetta Alta Sierra, sui 1800 msl circa, e tutt'intorno è pieno di boschi di conifere. In seguito si scende verso la pianura californiana: prima incontriamo bucolici paesaggi collinari pieni di allevamenti di vacche (più piccole delle nostre) dove, in un baretto on the road, abbiamo condiviso la sosta con una carovana di Harley Davison, poi gialli campi di cereali e infine agrumeti e frutteti. In seguito di nuovo versa la Sierra, col paesaggio che cambia e torna popolato di conifere, per raggiungere il Sequoia National Park. Sulla strada incontriamo il Lago Kaweah.

 

PARCO DELLE SEQUOIE (SEQUOIA AND KING'S CANYON NATIONAL PARK)

Istituito nel 1890, il Sequoia National Park è stato il secondo parco nazionale creato negli Stati Uniti dopo quello di Yellowstone. Le sequoie, benchè ne esistano degli esemplari anche in Europa e in Italia, crescono quasi esclusivamente sulla Sierra Nevada californiana. Il Sequoia NP non ha l'esclusiva, visto che molte crescono anche all'interno dello Yosemite NP. Sono gli alberi più grandi del mondo, anche se con questo termine si intende quelli che hanno i tronchi più grossi e che quindi contengono più legno, e non necessariamente i più alti in assoluto. La sequoia denominata Generale Sherman che abbiamo ammirato in questo parco è il campione del mondo in questa categoria, alto oltre 83 metri con una circonferenza alla base di oltre 31 metri (diametro 11,1m) per un volume calcolato in quasi 1500 metri cubi di legno ed un peso ipotetico di quasi 5500 tonnellate. Il Generale Sherman sorge all'interno della cosiddetta "Foresta gigante", che annovera 5 dei dieci alberi più grandi del mondo. Nel vicino King's Canyon NP, considerato un tutt'uno col Sequoia NP, il cosiddetto Generale Grant è la seconda sequoia per dimensioni. In realtà l'albero più alto in assoluto sulla Terra è un cipresso, in un altro parco californiano, che raggiunge i 115 metri ma ha il tronco più sottile, mentre il tronco più largo in assoluto appartiene ad un baobab in Sudafrica che sfiora(va) i 16 metri di diametro.Il parco è bello e trovarsi al cospetto di questi ciclopi naturali fa un certo effetto, anche se fotografarli come si deve non è per niente semplice. Nell'andarcene dal sito della visita, saliti in auto abbiamo ammirato alcuni paesaggi davvero maestosi nonché un paio di orsi.

 

NEW YORK

In 5 giorni le cose viste sono state tante e, per non tediare nessuno con informazioni ovvie per chiunque sia già stato a New York o comunque facilmente reperibili, darò solo dei veloci commenti. Tenete conto che le città che preferisco sono sono Parigi, Istanbul e Roma, città millenarie dove si respira l'odore della storia e quindi forse capirete alcuni miei commenti salaci verso New York che, a mio avviso, è un po' sopravvalutata in quanto città simbolo della cultura americana di cui siamo stati imbottiti fin da lattanti. Pernottamento nell'area di Wall Street, l'unico prenotato in anticipo dall'Italia di tutto il viaggio, a prezzi ovviamente sensibilmente più alti a quanto ormai ci eravamo abituati nell'Ovest.

- Statua della Libertà (Liberty Island) e Ellis Island: si parte da Battery Park e, per il vostro bene, andateci presto. Le file sono lunghe ma scorrono abbastanza velocemente perché tutto è ben organizzato ma ricordate che la fila la rifarete quando:1) scendete a Liberty Island;2) risalite a Liberty Island;3) scendete a Ellis Island;4) risalite a Ellis Island;5) scendete a Battery Park.In pratica un'operazione che richiede almeno una mezz'oretta, ripetuta 6 volte (a parte la prima fila da Battery Park che invece può essere molto più lunga, dipende da quanta gente c'è quando arrivate). Regolatevi. Si può scegliere se vedere solamente Liberty Island, escludendo Ellis Island, cosa che sconsiglio. Nel viaggio di andata e ritorno avrete occasione per vedere lo skyline in maniera che difficilmente avrete in seguito: approfittatene.

Brooklyn Bridge: si presta a belle foto al tramonto, essendo illuminato e avendo alle spalle un bello skyline, con in lontananza la Statua della Libertà. Occhio a stare nella corsia dei pedoni, anche se vi verrà naturale usare tranquillamente anche quella riservata ai ciclisti, piuttosto veloci e non particolarmente amichevoli coi trasgressori.

Ground Zero: ancora molto indietro coi lavori all'epoca della mia visita.

Central Park: è grande, ci vuole parecchio tempo per visitarlo tutto e, contemporaneamente, gustarselo.

Museum of Modern Art (MOMA): non è vero che sia necessaria una giornata intera per visitarlo. Alcune sezioni sono relativamente interessanti e si possono tranquillamente evitare concentrandosi su quelle imperdibili.

Wall Street: anonimi palazzoni.

Trinity Church: francamente trovo piuttosto ridicolo andare a visitare questa chiesucola come fosse chissà cosa. È piuttosto piccola e ha circa un terzo degli anni della sfigata chiesina vicina a casa dei miei.

Little Italy e Greenwich Village: m'aspettavo poco ma sono rimasto deluso ugualmente. Chiaro che a viverci si possono cogliere tante piccolezze che in una visita veloce sfuggono ma sono un turista, mica un residente. Ristoranti dozzinali e negozietti frichettoni sono le uniche cose viste in questi due quartieri.

Times Square: piena di cartelloni pubblicitari, gigantesche insegne luminose e negozi cheap, in realtà è quello che sai di lei a fartela sembrare imperdibile.

Empire State Building: adesso che è ben lungi dall'essere il grattacielo più alto del mondo, solo il ricordo di King Kong appeso lo può rendere un po' meno piatto. Per me è molto meglio il Chrysler Building, più bello ed elegante.

Madison Square Garden: ci sono stato da solo, visto che agli altri non interessa il basket, in occasione dell'esordio in Nba di Danilo Gallinari con la canotta blu-arancio dei Knicks. Ho anche stretto la mano a suo padre prima della partita. Per me un appuntamento imperdibile: se vi interessa andarci è obbligatorio prenotare i biglietti via internet per poterlo fare col massimo anticipo possibile. Io prenotai il primissimo giorno disponibile, poche ore dopo l'apertura on-line ed erano rimasti solo 14 biglietti (da 99 dollari).

Da appassionato di basket ho visitato The Cage (Greenwich Village), forse il playground più famoso del mondo, anche se, per mancanza di tempo, non sono riuscito a visitare il Rucker Park (Harlem). Come spesso mi capita, viaggiando preferibilmente nella seconda metà di ottobre, ci siamo imbattuti anche qui nella festa di Halloween: come sempre è divertente stare in mezzo alla gente in questo carnevale gotico.

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