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Lunedì, 11 Maggio 2009

Giappone low cost

Viaggiare senza spendere molto in Giappone si può. Toglietevi dalla testa l'antica credenza popolare secondo la quale tutto ciò che si acquista in yen sia eccessivamente dispendioso. Al contrario.
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Viaggiare senza spendere molto in Giappone si può. Toglietevi dalla testa l'antica credenza popolare secondo la quale tutto ciò che si acquista in yen sia eccessivamente dispendioso. Al contrario.
Ovviamente, come tutti i viaggi verso l'Oriente, il porcellino da rompere per le agognate vacanze deve essere già bello satollo. Quantomeno per affrontare i costi delle 13 ore di volo che servono per sbarcare a Tokyo. Secondo la mia esperienza, non cambia molto se si sceglie un volo diretto o di fare scalo in qualche altra parte del mondo: nei periodi di alta stagione (primavera e autunno) bisogna ipotecare sempre almeno ottocento euro per la causa delle compagnie aeree.
Ma una volta atterrati al Narita Airport tutto comincia ad avere il magico odore dell'efficienza. Questo è un luogo comune del Giappone che non merita di essere sfatato. I treni e gli autobus sono sempre tutti i orario, a volte superaffollati, ma mai pericolosi. Per noi italiani, abituati a incatenarci alle borse, è sconvolgente vedere decine di cartelle dei computer liberamente appoggiate sulle cappelliere dei treni, mentre i legittimi proprietari dormono beatamente. E questa è un'altra leggenda metropolitana da non smentire: i giapponesi lavorano come muli, si alzano presto e vanno a letto tardi, per questo quando posano le loro stanche membra anche solo per cinque minuti si addormentano immediatamente come bambini.
Così, è con questi alberghi a cinque stelle su rotaie che si arriva nel proprio hotel, quello vero. Due le opzioni per fare un'esperienza in puro stile giapponese: o i caratteristici ryokan, una specie di bed&breakfast in salsa di soia, oppure rimediare un invito dai locali. Noi, che siamo stati più fortunati, abbiamo potuto contare sull'opzione numero due e godere dell'incommensurabile ospitalità dei giapponesi, che ci hanno offerto per oltre dieci giorni un intero appartamento.
Assolutamente vietato pensare, però, che l'accoglienza in casa di locali non abbia un costo: sia la nostra cultura che la loro impone un rigoroso galateo per cui bisogna ricambiare l'ospitalità con magnifici regali, sia all'arrivo che durante la permanenza. Anche perché non c'è giorno che non si riceva una nuova sorpresa da parte dei giapponesi. A cominciare dall'accoglienza, che per noi ha coinciso con una fantastica cena a base di ottimo sushi.
Eravamo a Yokohama, a pochi passi dalla stazione centrale della metropolitana. Non essere a Tokyo, però non ci ha impedito di fare su e giù con facilità e velocità estreme per conoscere tutti i segreti di questa incredibile capitale. Nuovamente, vanno lodati i magnifici trasporti pubblici giapponesi. A onor del vero, sono un po' costosi per gli standard a cui siamo abituati, tanto che è proprio alla voce di bilancio "metropolitana" che bisogna dedicare gran parte dei fondi stanziati per il viaggio.
Se però si considera che i musei da visitare sono pochi e che tutti i monumenti (i meravigliosi templi in primis) sono visitabili gratuitamente, già le spese si bilanciano rispetto a un viaggio, per esempio, in Europa. E poi c'è il cibo. È questo uno dei capitoli del rapporto qualità-prezzo che più fanno onore ai giapponesi. Scordatevi i menù dai prezzi astronomici dei nostri sushi-bar d'importazione. Qui è tutto ragionevole, perché è vero che soprattutto a Tokyo ci sono ristoranti eleganti a cui non ci si può neanche avvicinare, ma i locali più abbordabili sono tutti carini e puliti. E ovviamente si mangia benissimo.
Anche rifocillarsi per strada non è un'esperienza che mette a dura prova gli anticorpi: qui è tutto garantito e controllato e le maledizioni del faraone o di Montezuma sono lontane anni luce. Un esempio che ricordo con estremo gusto è la tempura soba che ho mangiato ai margini del mercato del pesce. Già ci trovavamo in uno dei posti più pittoreschi del Giappone, a vivere una giornata magnifica anche per la temperatura (25-30 gradi assolati in pieno ottobre), fra bancarelle che offrivano quintali e quintali di pesce in tutte le forme e preparazioni. All'ora di pranzo gli odori di cibo si intensificano e vediamo un'ordinata fila di uomini e donne in uniforme da lavoro (giacca e cravatta gli uomini, vestiti eleganti ma sobri e tacchi alti le donne) formarsi davanti a una bancarella. Anche in Giappone è il gradimento del pubblico a decretare la bontà di un cibo e quindi ci siamo accodati. In poco tempo ci trovavamo davanti una saporita scodella preparata da un sosia di Marrabbio, il papà di Kiss me Licia, il cui pensiero mi fa ancora venire l'acquolina in bocca. E il prezzo, naturalmente, era ridicolo.

Un'altra esperienza gastronomica da ricordare è stata da Mitsoukoshi, nel cuore di Ginza. Lì abbiamo letteralmente "fatto gli italiani". Impossibile resistere a tutte quelle tentazioni. Decine di servizievoli attendenti offrivano assaggi delle loro prelibatezze nella magnifica Food Hall, che non ha nulla da invidiare a quella di Harrod's a Londra. Meraviglie gastronomiche in bell'ordine, presentazioni da immortalare e decine di bocconi da urlo che si infilavano da soli nelle nostre bocche. Un intero pranzo, dall'antipasto al dolce, completamente gratuito. A parte qualche piccolo souvenir che poi abbiamo acquistato.
A proposito di souvenir. Sarà che il Giappone non è un paese molto turistico, ma sono tornata con le valigie raddoppiate, quindi ho trovato eccome ricordini da comprare. Soprattutto in prossimità del mercato del pesce di Tokyo, dove, con immensa meraviglia ho trovato un intero distretto della ceramica. Bancarelle e negozietti che vendevano deliziose lavorazioni artigianali a prezzi ridicoli. In Italia ho visto gli stessi prodotti sugli scaffali di negozi etnici a prezzi decuplicati. Incalcolabile, poi, la scorta che ho fatto da "Daiso 100 yen", fra bacchette, tovagliette per la colazione, ceramiche... Si tratta del corrispondente locale del nostro "tutto a un euro", ma anche qui c'è risparmio, perché cento yen sono meno di un euro. Ce n'è uno a due piani nel bel mezzo del quartiere Cosplay di Harajuku. Lì ricordo bene di aver speso 3300 yen: ovvero 33 pezzi a meno di 33 euro, fra i quali la piccola coppetta per il riso di Hello Kitty che ora è nel mio frigo piena di fragole.

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