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Martedì, 20 Gennaio 2015

Cerimonia funebre induista

L'incontro rispettoso con una nuova cultura e tradizione nel momento dell'estremo saluto

ARTICOLO DI

Marzia D'Ascenzo

E' il 92° giorno del mio viaggio senza meta in giro per il mondo. E' 10 dicembre e mai mi sarei immaginata di vivere profondamente l'esperienza che sto per descrivervi. E' stata molto forte, ma sento di doverla condividere perché appartiene al mio viaggio.

Oggi ho visitato il più importante tempio induista nepalese: Pashupatinath. È situato lungo il corso del fiume Bagmati, vicino a Kathmandu, ed è famoso per le cerimonie funebri che vi si svolgono quotidianamente.

L'ho visitato totalmente, quasi da turista, incurante di ciò che avrei vissuto poche ore dopo. Al termine della mia visita ho deciso di assistere ad una cerimonia di cremazione che, in questo tempio,  avvengono giornalmente. Gli induisti credono che, mediante un corretto rito di cremazione al tempio, la loro anima potrà incarnarsi nuovamente.

Siedo lungo la riva del fiume, dalla parte opposta a quella lungo la quale avviene il rito. Smetto di fare foto, per rispetto di ciò che sta avvenendo, ed osservo in silenzio. Di fronte a me la scena è costituita dal letto del fiume e da un ponticello che separa due zone ben distinte.

Il corpo viene portato al Tempio tramite una sorta di fiorino e scaricato nella zona alla destra del ponte. Non esistono bare e la sagoma della salma è ben visibile.

Li osservo con attenzione e comprendo perché si dice: "aspettare sulle sponde del fiume che passi il cadavere".

Il corpo viene avvolto in sudari arancioni, disteso lungo la riva, bagnato più volte con l'acqua del fiume e ricoperto con ghirlande di fiori arancioni. Accanto ad esso solo i parenti più stretti. Gli altri parenti, gli amici ed i curiosi si dispongono lungo il fiume. Non ci sono lacrime. Regna il silenzio assoluto. Vengono accesi incensi ed il defunto riceve la benedizione. A questo punto è pronto per essere trasportato dall'altra parte del ponte. Il corpo viene adagiato su una struttura di legno simile ad una scala, che usano come barella per trasportare la salma, dopo averci girato intorno per tre volte.

Tutto è pronto. In prima fila un uomo che trasporta un fascio di paglia; lo segue un altro, con una sorta di bilancia gigante che poggia sulle spalle, con incenso. Si uniscono i parenti ed inizio a percepire le prime lacrime e la urla di dolore. Mentre camminano lanciano monete e petali, in pochissimi minuti raggiungono la zona alla sinistra del ponte, il che mi impone di cambiare posizione. La salma viene posizionata sul ghat (pira funeraria) che si affaccia sul fiume sacro Bagmati. Il metodo è sempre lo stesso: ruotano tre volte prima di adagiarlo, deve esserci un senso a tutto questo, ma io non lo conosco. A questo punto i parenti creano un cerchio e girano intorno al corpo. Sembra una danza, ma è una danza di dolore. La tradizione vuole che sia il figlio maggiore ad appiccare il fuoco per il padre, mentre il minore per la madre. Saranno necessarie ore affinché la cremazione venga completata. La mia attenzione si sposta di qualche pira e posso vedere anche come le ceneri, alla fine, vengano riversate nel fiume. Il tonfo è sordo, l'acqua del fiume cambia inevitabilmente di colore e con un fascio di paglia, simile ad una scopa,  spazzano le ceneri rimanenti.

Sospiro.

Ho assistito ad una cremazione induista.

Ovviamente non conoscevo quell'uomo, ma per un'ora non sono stata una "turista". Ho pregato affinché la sua anima seguisse il volere della sua religione.

È il momento del tramonto e le cerimonie si susseguono. Noto che i riti non sono tutti uguali e ne chiedo spiegazione. Mi rispondono che il popolo è diviso in caste e tale divisione deve essere visibile anche durante il rito funebre.

È tempo di dirigermi verso la guest house, ho vissuto con l'intensità ed attenzione questa esperienza unica. Andare alla scoperta del mondo vuol dire vivere anche un'esperienza come questa.

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