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Mercoledì, 16 Marzo 2011

Cambogia, S-21 E non solo...

La vecchia scuola di Phnom Penh che successivamente Pol Pot ed i suoi famelici Khmer Rossi adibirono a campo di torture tra il 1975 e il 1979, ti lascia con un profondo vuoto e sgomento...

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Vagabondo0

L'esperienza agghiacciante di vedere il museo del genocidio non ha pari.

La vecchia scuola di Phnom Penh che successivamente Pol Pot ed i suoi famelici Khmer Rossi adibirono a campo di torture tra il 1975 e il 1979, ti lascia con un profondo vuoto e sgomento...

Primo impatto: il filo spinato tutt'attorno al circondario. Mi sembra di essere in un film di Spielberg ma invece e' tutto reale, io sono lì e se allungo il dito quel filo spinato lo tocco pure!

Primo blocco di aule...una per una, entro...un letto di metallo con degli arnesi di tortura e delle catene per trattenere i prigionieri sono l'unico arredamento della ex aula, insieme ad una foto appesa al muro che testimonia l'utilizzo dei suddetti arnesi. E ogni stanza presenta la stessa tipologia di ambientazione ma con strumenti di tortura diverse!

Non posso che assaporare il silenzio ed un completo senso di inquietudine...sono passati più di 27 anni da quando probabilmente si sono sentite le ultime urla di dolore dei prigionieri eppure nel momento in cui sono lì mi sembra di sentirle ancora! Ormai credo che sono permeate dentro a quel cemento e resteranno lì per sempre in memoria di uno dei più gravi casi di genocidio della storia!

Blocco di aule numero 2. In una bacheca i vestiti di alcune vittime e le foto...le foto delle vittime, stanza per stanza le percorro tutte avidamente e quelle foto non finiscono mai! Uomini, donne e bambini! Inizio a scattare delle foto a quelle foto ma poi mi blocco, non voglio avere troppe immagini delle vittime, mi sembra quasi irrispettoso nei loro confronti. Osservo attentamente quei visi, cerco di immaginarmi i loro stati d'animo mentre venivano scattate quelle foto dai loro aguzzini...Pochi sono quelle da cui trapelano un'emozione. I piu' hanno uno sguardo assente, ormai rassegnati all'idea che a breve diventeranno fantasmi...con un anima ma senza più un corpo perché verrà dilaniato da delle torture fantasiose di menti deviate. Un'altra stanza di questo blocco ti spiega minuziosamente alcuni metodi di tortura. E poi all'ultimo piano ecco le foto degli aguzzini e le loro storie: i Khmer Rossi. I componenti dei "Khmer Rouge" venivano arruolati andando casa per casa e villaggi per villaggi. Il più delle volte, chi si arruolava lo faceva per sopravvivere all'eventuale crudele destino di omicidio e torture che avrebbero subito se considerati traditori del regime. Ma la paradossale pazzia di tutta questa faccenda e' che il denominatore comune è stata solo la morte di milioni di persone e che anche gli stessi Khmer Rossi si sterminarono tra di loro. Oggi in Cambogia difficilmente vedi gente anziana, la popolazione è giovane, i genitori di quelli che oggi sono "i giovani" sono stati massacrati e quindi uccisi durante il periodo del genocidio. Milioni di persone morte, se ne contano circa 3 milioni, quando in realtà da fonti non ufficiali potrebbero essere molti di più...una vera decimazione generazionale!





Blocco numero 3...io a questo punto non ce la faccio proprio più...ho la gola asciuttissima. Qui ci sono le celle con i mattoncini rossi in un piano e fatte di legno nell'altro. Dalla fantasia di questi boia, queste celle venivano usate per lasciar impazzire le vittime dentro in modo da indurle a suicidarsi da sole...

C'è un altro blocco, non oserei entrare, ma ormai sono arrivata fin lì. Ecco i "capi" le menti malate...

Pol Pot, è lui, non c'è manco più la foto appesa, solo la sua storia (muore nel '98, cioè da poco!). C'è invece ancora la foto di altri due suoi collaboratori "malati", ma le immagini dei loro visi e' praticamente macchiata e sporcata da penne e varie scritte offensive (credo) in cambogiano. I cambogiani non dimenticheranno...mai...


A 15 Km da Phnom Penh ecco un'altra atroce testimonianza della pazzia. I campi di sterminio di Choeung Ek e le fosse comuni dove venivano gettate via le vittime. E' inutile dire che la quantità di fosse scavate e' interminabile. Visito questo posto praticamente da sola al tramonto e non c'è nessun altro con me...e' veramente troppo! Sono arrivata al capolinea...


...Così finisce la mia giornata "della memoria", un qualcosa che respiri e ti rimane dentro e che mi fa salire un profondo rispetto verso un popolo la cui cultura e' stata ampiamente calpestata dall'ignoranza di chi abusò di potere e supremazia.


Phnom Penh (11 gennaio 2007, 20.32)

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