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Giovedì, 27 Agosto 2015

A cena dalla nonna in Portogallo

Un racconto Fly & Drink!

In questo racconto parlo della piacevol serata che ho passato coi Vagabondi e una coppia di vecchinetti portoghesi nel loro ristorante!

ARTICOLO DI

Cinzi@

Oggi è lunedì, o segunda feira, come si dice qui in Portogallo. In realtà  non ce ne rendiamo conto. Quando viaggi  i giorni potrebbero anche avere tutti lo stesso nome che  non farebbe alcuna differenza. Oh beh, sì, a meno che non si debba prendere un mezzo prenotato in una certa data, allora sì che i giorni contano. Come domani, ma oggi no, è ancora lunedì e non ci pensiamo.

Siamo su un autobus  al riparo, ma non riusciamo a toglierci il vento dalle ossa. Siamo stati a Cabo da Roca, luogo magico, detto il punto più occidentale d’Europa. Il mare che si schianta sui faraglioni rocciosi e quel faro rosso tronfio e pomposo, messo in alto come a sovrastare la fine del mondo, ne fanno un luogo onirico. Probabilmente anche il punto più battuto dal vento  d’Europa e se non lo è comunque è in lizza per il primato. Ci scaldiamo con le risate, qualcuno con una birra: sono stati tre giorni intensi, perché insomma, questa Lisbona ce la siamo vissuta. Oggi poi è stata una giornata davvero lunga. La mattina era uggiosa, ma nonostante questo ci siam portati il costume. Siamo andati a Sintra e ce la siamo presa comoda deliziandoci con le specialità di questa terra eccezionale anche dal punto di vista culinario. Siamo stati al castello delle fiabe e dopo una ginjinha dolce e deliziosa siamo arrivati al Cabo.

Avevo promesso al gruppo che saremmo andati al mare e anche se ormai è tardi, ci stiamo andando:  l’autobus arriva a Cascais. Cascais  fu il mio primo attracco in  Portogallo ormai sei anni fa. Dei ragazzi russi gestivano  un ostellino,  la cui balconata si affacciava su una caletta che di giorno era molto affollata, ma di notte era completamente deserta. Stavo nel mio letto e potevo sentire il rumore del mare. Oggi l’ostello non c’è più, ma è proprio a quella spiaggia che porto il gruppo. Il paesaggio che abbiamo davanti sembra dipinto  da un pittore surrealista che giocando coi colori della realtà riesce a cristallizzare su tela le sensazioni che la quiete del mare ci scatena nella mente. I profili delle vele punteggiano il cielo roseo che saluta con la mano il giorno appena finito.

Abbiamo  fame. Le stradine sono invase dall’odore di curry dei ristoranti indiani. Ci sono più ristornati indiani qui che a Nuova Delhi. Cascais è una destinazione turistica e sperare di trovare un posto dove si mangi veramente bene è una mezza impresa. Ho cercato posti che fanno cucina tradizionale  prima di partire, ma sono chiusi. Nei ristoranti la  gente è seduta di fuori: forse  fa caldo, ma noi non ce ne accorgiamo. Siamo ancora infreddoliti per via del vento e vorremmo tanto trovare un posto al chiuso. Cerchiamo un locale a cui avevo scritto prima di venire qua, senza ricevere risposta. Scopriamo che il posto purtroppo è  piccolo e non hanno voglia di tenere aperta la cucina a quell’ora per servire ben tredici persone.

A quel punto siamo arresi ad arrenderci a qualsiasi cosa, perché ci permetta di scaldarci e di mangiare. Mentre ci dirigiamo arresi verso i locali turistici del centro, Giulia nota  il fumo che esce da una griglia. Ci avviciniamo, ma sembra quasi si tratti di una casa privata. Andiamo ancora più vicino e vediamo un patio dove effettivamente ci sono delle persone sedute a mangiare e una vecchina sui 70 che griglia di buona lena. Non sono proprio sicura che si tratti di un ristorante: mM’incammino nel patio perché voglio capire meglio. Sbircio all’interno: c’è una sala con un paio di tavolate, ma sono vuote. La gente sta tutta fuori… per noi invece sarebbe l’ideale. Vedo che c’è un menù da consultare. Le foto sono ingiallite, ma  i prezzi sono buoni e offrono carne e pesce. Lo mostro ai vagabondi. L’estetica del menù non è accattivante e mi dicono che se non lo vedevano era meglio. Però qualcuno ha l’occhio clinico, e buttatatolo sulla griglia, incalza la scelta. Entro a chiedere se possiamo accomodarci nella saletta interna. Dentro c’è il marito della signora che griglia, anche lui sulla settantina, che parla solo portoghese. Non è difficile fargli capire cosa voglio. Gli dico che siamo 13. Si rivolge alla povera vecchina sudata,  che si è staccata un attimo dalla griglia per portare altre portate a un tavolo. Fa due gesti spicci con la mano e  capisco che ci sta invitando ad entrare e ad accomodarci nella saletta.

Entriamo  e ci distribuiamo su due tavolate. La sala non è molto grande ed è cinta di azulejos colorati. Probabilmente d’estate non la usano molto per i clienti e diventa un piccolo deposito per la famiglia: su un mobile sono appoggiate delle uova di pasqua ancora incartate (siamo a giugno) e altri oggetti che appartengono  probabilmente ai nipotini dei due proprietari. La signora ci apparecchia la tavola prendendo le posate da una credenza vecchio stile. Un quadretto  di azulejos alla parete ci fa  sapere che il posto in cui ci troviamo è davvero un ristorante e si chiama A Antiguinha. Ci mettiamo a cercare su Tripadvisor se questo posto esiste: ci saranno giusto due o tre recensioni e scopriamo da una di queste che la signora si chiama Urbina, mentre lui si chiama Saul.

La signora Urbina ci parla in portoghese ,  incurante del fatto che non capiamo quasi una cicca. Davide però non si scoraggia e comincia a parlarle in padovano. Immaginatevi una gatto che miagola a un canarino, e il canarino che risponde cinguettando come se si intendessero a perfezione.

Per ordinare facciamo una gran caciara, ma Urbina non si scompone e non sbaglia nulla. Una ragazza non mangia pesce e non può proprio mangiarlo. Dobbiamo cercare di chiedere ad Urbina se per carne e pesce usa la stessa griglia e per quanto l’impresa possa sembrare complicata, Urbina capisce sempre al volo. Probabilmente è abituata ad avere a che fare con persone che non parlano  la sua lingua, ma anziché scoraggiarsi utilizza la lingua internazionale, che non è l’esperanto, ma il sorriso.

Nonostante siamo tanti e nonostante a mandare avanti la baracca siano solo Urbina e Saul i piatti arrivano in fretta. Gli spiedini in realtà sono degli spiedoni. Il pesce è fantastico. A ‘sto posto non gli avremmo dato due lire, invece è il migliore in assoluto. Senza contare che siamo a Cascais, che non è proprio  dove pensi di trovare un posto così autentico e d’altri tempi.

Ordiniamo  altro vino, siamo troppo contenti che la serata abbia preso questa piega. Tra i fumi dell’alcol qualcuno comincia a parlar di Fado. Appena Urbina sente la parola Fado, chiama  Saul che  entra nella saletta e prende uno sgabello. Ci sale su per arrivare allo stereo anni ’90 che sta sopra alla credenza. Gli da due botte, perché non è proprio super-funzionante . Scena super tenera: Saul ci mette su il Fado, una lagna tremenda, ma Urbina ci tiene a farci sapere che quella che ha messo su è una cantante molto famosa di Fado.

Dopo un po’ Saul ritorna, riprende lo sgabello e sale di nuovo  a cambiare CD. Insomma, ci tengono proprio a farci sentire il fado migliore.

Arriva il momento del dessert. Davide si riemette a parlare in padovano stretto per far capire ad Urbina che vorremmo delle ciliegie, tutte in un piatto solo. Abbiamo la pancia  piena e si è fatto tardi. Davide vorrebbe ordinare un’altra bottiglia di vino, ma si vede che Urbina, per quanto in gamba e sorridente,  è davvero stanca e cerco di convincerlo a desistere. Questi due vecchiettini sono stati così  dolci ed ospitali che meritano finalmente di poter riposare.

Chiedo il conto a Urbina. Lei e Saul si mettono con penna matita e blocchetto a fare i conti. Urbina ci porta il conto e io le faccio segno di darlo a me perché pagheremo con la cassa comune. A quel punto Davide, in padovano le dice una cosa tipo: “Vede com’è al giorno d’oggi?  Pagano le ragazze non pagano più gli uomini.” e si capisce chiaramente  che Urbina in portoghese gli risponde: “ Che tempi! Le cose son cambiate. Oggi pagano le ragazze!”. Questa è la chiara dimostrazione che le barriere linguistiche esistono solo nella nostra testa.

Ci alziamo per andare  e salutiamo tutti la coppia con il cuore in mano. Prima di andar via Davide abbraccia Urbina e si fa fare una foto. La sensazione di essere in un luogo familiare è stata una delle esperienza più belle di questo viaggio. Sentirti come a casa, dalla tua nonna… in un paese straniero è una bellissima sensazione.

Ed ora ci aspetta un treno di notte per Lisbona.

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