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Martedì, 22 Dicembre 2015

4 passi in un luogo assurdo? la Città dei Morti in Egitto

Racconto scritto e vissuto dal Vagabondo Doc Uinsor


ARTICOLO DI

Vagabondo

4 passi in un luogo assurdo? La Città dei Morti in Egitto

Testo e foto di:
Guido Crescentini Anderlini - Vagabondo Doc Uinsor

Sabek ha poco meno di sessant'anni, è sempre gentile e sempre sorridente. Da quando nel '92 il terremoto gli ha portato via la casa e l'intera famiglia ha deciso di venire a vivere qui. Come lui molti altri, rimasti senza casa dopo il terremoto, non avevano altro posto in cui andare se non la tomba di famiglia. Migliaia di persone che si aggiungevano a quelle che già risiedevano stabilmente... nel cimitero monumentale del Cairo.


La città dei morti in Egitto

Al-Karafa, più conosciuto come Città dei Morti, da più di mille anni occupa una vastissima area al centro del Cairo divisa in due sotto aree, quella nord e quella sud, che sono tra di loro separate dalla collina di Al-Khala, la cittadella, che insieme alle piramidi e al museo nazionale, è uno dei luoghi più visitati dai turisti nella capitale Egiziana. 

Al-Karafa è uno dei luoghi più assurdi del mondo, o almeno di quella parte che ho avuto la fortuna di visitare. Il più grande cimitero dell'Egitto è il luogo dove vivono, a fianco dei morti, più di un milione di persone... vive!

Dal centro del Cairo (chiamata anche Parigi sul Nilo per la sua somiglianza, nell'architettura e nella vitalità, con la capitale francese) si può raggiungere il cimitero a piedi, attraversando il cosiddetto Cairo Islamico, ovvero una delle aree più antiche della città, ricca di monumenti, mercati, caos e vita.
Si attraversa, non senza difficoltà, Sharia Salah- Salem, la grande trafficatissima arteria che taglia in due la città collegando l'aeroporto con gli eleganti quartieri meridionali e ci si ritrova in un mondo diverso, pacifico e tranquillo, come si confà ad un cimitero.

  

Com’è la città dei morti?

Incontro Sabek la prima volta in quella che sarà la sede del progetto a cui sto partecipando. Progetto che tenta di salvare quest'area e il suo enorme patrimonio storico, artistico e sociale dagli appetiti immobiliaristi del governo della città e dello stato, cui fa molta gola un'area così vasta al centro di una megalopoli simile. La sede del progetto è in un hosh, una delle tipologie che le tombe assumono da queste partiovvero una specie di villetta ad un piano, a volte anche due, con un cortile interno; sotto il cortile si trova la camera sepolcrale, mentre tutt'attorno ci sono le stanze che dovevano ospitare i parenti del defunto in visita. 

La visita poteva durare anche parecchi giorni ed è per questo che che la tomba doveva essere attrezzata per ospitare una famiglia (vivente) e le sue esigenze, e perché doveva essere sorvegliata da un torabi, appunto, un sorvegliante.
Il torabi fu la prima figura che iniziò a vivere stabilmente nel cimitero. Migliaia di tombe e quindi migliaia di torabi che presto vennero raggiunti dalle famiglie, ma anche da amici o parenti che volevano tentare la fortuna nella grande città. E così il cimitero cominciò a popolarsi. Ai primi residenti si aggiungevano poi spacciatori o piccoli delinquenti che si insediavano nelle tombe abbandonate così da potersi nascondere, e infine i terremotati senza altro luogo dove andare trasformando il cimitero nel più grande slum del Cairo.

Sabek si offre di farci da guida tra i meandri del cimitero che è diventato il suo quartiere.

Camminare nella città dei morti?

Se non sapessi che sotto è pieno di cadaveri sembrerebbe di girare in una città "normale" e per giunta molto bella! Man mano che ci si addentra, la "città" diventa sempre più definita. Passiamo accanto ad importanti moschee come la bellissima Qaitbay, mausolei di "santi"o di figure analoghe contemplate dalla religione islamica, laboratori artigianali in particolare di abilissimi vetrai e ancora negozi (dalle gioiellerie al negozio di telefonia cellulare, pasticcerie e barbieri). 

Poi allontanandosi dalle zone nevralgiche si ripiomba in una tranquillità quasi rurale, coi bambini che giocano mentre le madri stendono i panni su un filo tirato tra due tombe.

Sopra gli edifici sono costruite delle specie di torri in legno per l'allevamento dei piccioni. Il piccione è il piatto nazionale dell'Egitto e anche gli abitanti di città dei morti non se ne privano. Al tramonto i piccioni che volano in libertà durante il giorno, vengono richiamati alle loro "case" con delle bandiere colorate che dei ragazzini sventolano dall'alto delle torri. É uno degli spettacoli più suggestivi a cui assisto in questo luogo incredibile. 

Impressioni sulla città dei morti

Nonostante si possa pensare a situazioni di degrado estremo là dove si è costretti a vivere fianco a fianco coi defunti, la città dei morti è una specie di oasi all'interno della megalopoli. Tutto è relativamente tranquillo e l'aria è più respirabile che altrove. 

Sabek ci porta a mangiare un kebab in un piccolo negozietto ricavato in una tomba probabilmente abbandonata, su cui sono stati edificati precariamente altri tre o quattro piani per ospitare una famiglia più numerosa. Di fronte, un giovane sarto lavora nel suo atelier sotto una foto sbiadita di Nasser, il padre dell'Egitto moderno.

Vivere un matrmonio in un cimitero

Dopo qualche giorno si comincia a prendere confidenza col quartiere, a conoscere i percorsi, a sapere dove trovare cosa, a capire come approciarsi ai suoi abitanti, a riconoscerli e salutarli per strada. Non abbiamo il permesso (dallo stato che mal tollera la nostra presenza, volendo rompergli " le uova nel paniere") di dormire all'interno del cimitero, quando arriva il buio dobbiamo sloggiare e rituffarci nel caos del Cairo; ma stasera no, stasera parteciperemo a una festa di matrimonio, un matrimonio in un cimitero. Una strada fiancheggiata da hosh è la sede della festa. Al nostro arrivo è già piena di gente. Ci sono dei tavoli a cui siedono le donne, bevendo coca cola e commentando chi passa. Gli uomini più giovani e i bambini ballano sulle note di un dj che suona pop arabo. Chiude la strada, sul fondo, un palchetto su cui sono piazzati due troni sui quali siedono gli sposi, che osservano la loro festa da lontano. Un gruppo di anziane sorveglia il palchetto, si occupa di vagliare  e riporre i regali, compreso il nostro, e di far da tramite con la nuova coppia. 

Li salutiamo, ci presentiamo e ci tuffiamo nella mischia. É ovvio che non passiamo inosservati, veniamo coinvolti in ogni tipo di danza e siamo il soggetto di una spropositata quantità di fotografie.
Altra particolarità: provate a chiedere a un tassista di portarvi qui, o raccontate a un cairota che ci siete stati o avete intenzione di farlo... Vi prenderanno per matti, o per soggetti poco raccomandabili. Qui ci vivono i reitti del Cairo.
Eppure la percezione da dentro è diversa. Il cimitero è un quartiere come gli altri, e la vicinanza ai defunti ci ricorda che non siamo immortali.

Come in ogni quartiere normale ci sono feste, mercati, giostre, negozi, luoghi di culto, luoghi di svago. Ci si può assuefare a tutto, anche a una cosa come questa.
I volti degli invitati alla festa sono sereni e distesi; i bambini sono bambini qui come altrove.
I problemi sono comunque tanti, ma stasera sono lontani.


Sono lontani anche i 20 o 25milioni di rumorosi abitanti della più grande città dell'Africa e del mondo arabo, che sembrano spostarsi tutti contemporaneamente in macchina suonando il clacson all'unisono sulle arterie intasate. Però non vengono da queste parti. La città dei morti è un luogo off limits, pericoloso, insidioso, e soprattutto è qualcosa a cui non si vuole pensare, un'onta, una grave defaillance nella costruzione della moderna società Egiziana.
Nell'opinione pubblica, la Città dei Morti è qualcosa di cui disfarsi.

 


Questa storia è stata scritta e vissuta dal Vagabondo Doc Uinsor.
Architetto nella vita di tutti i giorni e vagabondo nel tempo libero. Oggi potete trovarlo a progettare residenze sociali in Portogallo, a recuperare antichi cimiteri in Egitto, a progettare moschee in Senegal o a pianificare circuiti ecoturistici in Etiopia, ovunque il suo lavoro possa conciliarsi con la conoscenza di nuovi luoghi.
Se volete scrivergli, qui trovate il suo profilo: https://www.www.vagabondo.net/it/viaggiatore/uinsor

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