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Mercoledì, 10 Settembre 2014

LUPI DI ...TERRA (!)

GRUPPO DI PIRLA BOLOGNESI SCOMPARE TRA LE ONDE DELL' ADRIATICO. Gia' me lo vedo il titolo e mi pare di sentire i commenti degli amici.

ARTICOLO DI

alberto angelici

Lo sloop misura circa 35 piedi,quasi undici metri fuori tutta, proprieta' di amici di un amico, gente che personalmente non conosco. Mi hanno invitato all' ultimo momento perche' ieri uno ha dato forfait. Arrivo appena in tempo per salire a bordo con la mia piccola sacca. Un frettoloso saluto a chi resta e gia' molliamo gli ormeggi. Sono circa le dieci di sera e non ho mai navigato col buio. Mi guardo intorno e cerco di familiarizzarmi con la barca. Tanta confusione, ordini che volano da ogni angolo, facce un po' a disagio. Sbircio i personaggi. Poco piu' in la', accoccolate sullo spigolo della tuga, due figure in blu confabulano sotto voce. Sulla ventina, bionde, sofisticate, mi sembrano poco socievoli, due che "se la tirano". Una cambia posizione e ho la visione fuggevole di oro ad entrambi i polsi e alle dita. Comincio a sentirmi pensieroso, anche un po' inquieto, ma magari non vuol dire.

Un gavone chiuso col lucchetto attira la mia attenzione. Chiedo. Mi dicono che li' ci stanno i giubbetti di salvataggio.

Inizio a preoccuparmi.

Chiedo ancora e una voce un po' seccata risponde che la chiave e' di sicuro da qualche parte.

Adesso la preoccupazione e' aumentata.

E' un fatto che io sia un preciso; una vergine, per quanto influenzata da un ascendente leone non puo' non esserlo, ma e' anche un fatto che se si va per mare, precisi bisogna diventarlo, pena qualche brutta sorpresa, prima o poi.

Come un gatto che esplora nuovi territori, allargo man mano i cerchi. Mi spingo fino a prua, scendo sottocoperta. Poco ordine anche li'. Sulla cuccetta di sinistra una bella Samsonite rigida (!). A terra un paio di mocassini firmati. Sulla dinette pantaloni e magliette in ordine sparso. Ovunque vedo cose fuori posto.

Non significa niente, dai - mi dico - sai com'e', la partenza... ancora non hanno avuto il tempo di sistemare...

In una scansia, al di sopra del tavolo di carteggio, alcuni Portolani e due torce elettriche. Una proprio non va, l' altra balugina un attimo poi si spegne. Meno male che c'e' la mia Technisub nella sacca. Piccola, subacquea, potente e...funzionante.

Il mio stato d' animo e' di pensosa, ragionata inquietudine con tendenza ad aumentare.

Arrivo al locale prodiero, ingombro di sacchi di vele, dove penso di sistemare le mie cose. Da li', attraverso un passauomo trasparente mi ritrovo accanto allo strallo di prua. Il mare davanti a me sembra nafta pesante e piccole creste bianche ne scalfiscono appena l' oleosa superficie. Il vento parla sommesso tra la randa e il fiocco e scrolla le drizze che crepitano sopra di me.

Mi siedo sul guscio della zattera autogonfiabile. Gli occhi mi cadono sulla targhetta del costruttore: e' scaduta da un anno abbondante!

Mi sa tanto che se sale a bordo la Guardia Costiera sono dolori per l' armatore.

Se invece sale la bora sono dolori per tutti e c'e' la possibilita' che si finisca sul Carlino: GRUPPO DI PIRLA BOLOGNESI SCOMPARE TRA LE ONDE DELL' ADRIATICO. Gia' me lo vedo il titolo e mi pare di sentire i commenti degli amici.

Per farla breve, a bordo sono piu' le cose che non vanno di quelle funzionanti. Altre ancora mancano proprio, ma se anche ci fossero mi viene da pensare che, probabilmente sarebbero guaste. Perfino l' apparato radio e' in difficolta' e solo il CB sui 27 mhtz e' operativo. Ciliegina sulla torta, qualcuno racconta che il proprietario-skipper si e' ritrovato questa barca per un credito che non rientrava e a quel punto l' unica era prendersi lo sloop. No comment.

Un paio ore dopo, inizia la bora e il mare muta in in schiuma di birra in zero attimi e io detesto la schiuma della birra. Le due ragazze in blu spariscono sotto coperta perche' hanno freddo. Risultato: venti minuti dopo e' impossibile scendere per il puzzo di vomito che regna sovrano. Io e altri rimaniamo in pozzetto tutta la notte e meno male che la mia cerata e' di spessore adeguato e ho tutto cio' che mi serve per stare al caldo. Per restare sveglio ricorro invece a un paio di capsule di guarana' che quando viaggio porto sempre con me.

In un modo o nell' altro trascorre la notte che schiarisce in un cielo grigio tra squarci di azzurro.

Mattinata senza storia. Le fanciulle sono tornate a prua e confabulano. La cera non e' quella della partenza, c'e' pallore sul loro viso, ma confabulano. Ogni tanto guardano in qua. Intorno a me vedo facce disfatte ma neppure la mia dev'essere un sole. Tre gabbiani calano su di noi , lenti come aquiloni. Vedo i becchi aprirsi ma il vento ne porta via il verso. Per un attimo ci fissano con sguardo sorpreso: abbiamo proprio un' aria cosi' da sfigati?

Mollo il timone a un altro e m' azzardo a scendere di sotto. Qualcuno ha dato aria alla tuga e l' atmosfera e' respirabile. Meno male. Mi ficco in cambusa e preparo un tegame di te' fortissimo che sembra catrame. Ma va bene. Dev'essere cosi', dopo una notte del genere.

All'imboccatura del canale di Lussino, le alte sponde rocciose limitano parecchio la possibilita' di procedere con la sola velatura. Propongo di accendere il motore, un Aifo monocilindrico. Due colpi, uno sputo e il motore tace. Nonostante i molti tentativi, il risultato e' sempre il medesimo: siamo senza motore. Ci voleva solo questo! Sgomento, costernazione, madonne in vari dialetti, molto nervosismo e incredulita'.

-Ma se ho fatto controllare il motore a Rimini! - dice lo skipper. - olio nuovo , filtro nuovo, tutto nuovo!-

Apriamo il contenitore e troviamo il ... vuoto! Devono aver tolto il filtro vecchio dimenticandosi di metterne uno nuovo. Con quel mare il contenuto del serbatoio deve essersi ben rimescolato e al primo tentativo di messa in moto chissa' quanta schifezza e' arrivata all' iniettore.

Qualcuno suggerisce di filare a poppa l' ancora galleggiante. E' una buona idea. Alla bassa velocita' che riusciamo a tenere con fiocco e randa, ci conferira' un minimo di stabilita'.

- Lo so io dov'e', lo so io dov'e'!!!- grida uno. Corrono via in due e in un attimo ritornano in tre, spintonandosi l' un l' altro. Vedo volare qualcosa a poppa, oltre il pozzetto.: speriamo non sia uno dei tre!

Ho appena il tempo di pensare che sembra bella grande, poi m' accorgo che nessuno ha pensato di assicurare l' altra estremita' della cima a una galloccia. Per un momento scorgo il sacco galleggiare la' in fondo, poi piu' niente. Neanche pensarci di virare per tentare un recupero, non con quell' equipaggio e in quelle condizioni di scarsa manovrabilita', cosi' andiamo avanti, con le vele che sbattono sgonfie e il timone che quasi non si sente, pericolosamente vicini agli scogli. Alziamo anche il fiocco 2 e la velocita' aumenta di un decimo di nodo (!)

Per fortuna, come Dio vuole, arriviamo in prossimita' del porto.

Non vi dico cos' e' stato ormeggiare a vela in tripla fila, davanti a una banchina stipata di barche di ogni misura. Nonostante avessimo messo giu' piu' parabordi di una corazzata, abbiamo scatenato l' ira di almeno meta' del naviglio presente.

Il giorno dopo, quando stiamo per partire in direzione delle isole Incoronate, mentre sono in un negozio del porto sento parlare italiano. E' una simpatica coppia di milanesi appena arrivati da soli dall' Italia sul loro 52 piedi. Navigatori appassionati, lui molte esperienze di regate. Entrambi sorridenti e aperti. M' ispirano subito. Parliamo di tante cose e di nulla. Cosi', d' impulso chiedo loro se a hanno bisogno di un aiuto a bordo.

"No - fa lui sorridendo - ma di un simpatico cuoco si'. Quando si unisce a noi? -

Cosi' recupero la mia sacca e saluto la compagnia, per nulla rammaricato di aver perso l' occasione per finire sulla cronaca del Resto del Carlino!

 

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