RACCONTO
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Domenica, 19 Gennaio 2014

Un'altra alba a Marrakech

Resoconto di una piccola spesa al levare del sole

ARTICOLO DI

Giampaolo.KABKA3

A Marrakech ci sono ventiquattro ore di punta. Il traffico intorno alla medina è costante lungo tutto il corso della giornata, più vitale di buona parte dei serpenti esibiti nella piazza Jemaa el Fnaa scivola lungo le mura di terra cruda, si spezza e ricompone agli incastri inermi e perfetti dei pedoni, all'attraversamento berbero di caffetani e pacchi di merci indistinte. A movimentarlo sono un'infinità di macchine e taxi, autobus e pulmini di ogni misura e fattezza, scooter, biciclette e qualche calèche con i suoi cavalli al tiro. Il marrakhsi alla guida di un'opzione qualsiasi di queste elencate tesaurizza appena può anche un solo istante, sfrecciando nei pochi metri liberi che gli si parano di colpo davanti per poi riaggrovigliarsi ed interrompere la corsa con i lunghi tratti a velocità misera. Dall'alto della mia stanza d'albergo osservo il formicolio tre o quattro piani più in basso, ancora pochi minuti ed anche io non sarò che una macchia di colore tra le tante, una variabile minima a non influire sull'andamento di un'altra alba a Marrakech.
La GARE ROUTIERE VOYAGEURS MARRAKECH si snoda di fronte a me in tutta la sua anonimità, un edificio squadrato e moderno né brutto né bello, del tipo di colore che più passa inosservato in città: argilla cruda. Strutturata per la funzionalità va colta senza troppo pensarci, come una buona decisione al momento giusto. Fu nell'82 lo stesso re del Marocco Hasan II ad inaugurarla, dieci anni dopo aver scampato ad un'attentato e diciassette prima della sua effettiva scomparsa. Da allora senza sosta smista ogni movimento verso tutto il resto del Marocco. Di qui passa chi va a Tangeri, per bagnare i piedi nel Mediterraneo, di qui chi raggiunge un paesino sperduto dell'Alto Atlante o si sposta verso quel campo minato del Western Sahara. Trenta anni di viavai su questi marciapiedi, su queste strisce sbiadite e sul volto delle persone oggi come ieri e i piccoli taxi che accostano, lasciano il loro carico di polline e ripartono. Sul piazzale antistante solo pochi vendono qualche pacchetto di sigarette, qualcosa da bere o qualche agrume... ma così una certa parte delle persone ferme ad aspettare è lì per commercio, non per lasciare la città: vende le proprie abilità alla giornata, le ottime conoscenze in idraulica, gli anni passati a imbiancare, il perfetto funzionamento degli attrezzi ereditati ma usati ancora mediocremente del padre elettricista. Se domandi in giro tutti sanno tutto, "Cosa serve? Vai da lui, no, non quello basso con la giacchetta, l'altro in maniche di camicia". Poi ci sono file di motorini e di carretti che qui fuori dalla Bab Doukkala aspettano le merci da infilare nei più remoti recessi della città, un paio di sacchi e il motorino sparisce dietro le mura. Questo quando c'è un motore, quando a faticare non sono le cosce di un asino rinsecchito o le braccia di chi il carretto se lo smuove da se. Tutto è organizzato a perfezione come una pièce teatrale che si ripete senza sosta da poco meno di mille anni, tutti attori protagonisti, tutti indaffarati con lentezza.
Il primo adhan richiama all'ordine, ero uscito per prendere un po' di frutta ma sono uscito fuori tema. Tra la gare e le mura c'è una fila di banchi ancora chiusi, giusto quelli che offrono la colazione sono attivi nel servire msemen farciti e thé agli avventori assonnati mentre in altri qualche fagotto di coperte si tiene stretto agli ultimi brandelli di notte. Se l'orario è insolito per qualcuno di loro così deve sembrargli anche per lo straniero, camminando una persona che incrocio mi domanda "Mal dormi?" ... "No, mattiniero". Qualche altro intruso in realtà si vede, giusto, è l'ora dei patiti dello jogging... "Oh, non c'è posto come Marrakech per correre all'alba", "Oh, Venice, what a great city to jogging", "Ты должен попробовать, Париж идеально для бегать". Sarà, ma nei loro completini sportivi all'ultimo grido mi sembrano una bestemmia gridata dal muezzin. Penso a Terzani. No, lui era tutt'altra cosa e questa sua abitudine salutare di certo si inseriva perfettamente in qualsiasi contesto. Un casco di piccole banane, un chilo di mandarini e posso rientrare, il preludio alla giornata lo archiviamo come sufficientemente fruttuoso.

Foto rielaborate da Google.maps...

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