Articolo
racconto icon
Sabato, 5 Aprile 2014

Safari, safari, safari

Un'esperienza e non un viaggio, quella del safari, replicabile in tantissimi paesi del mondo. Per tutti quelli che vorrebbero, ma non sanno da dove cominciare.

ARTICOLO DI

MartiBackpacker

Più che un diario di viaggio è il diario di un’esperienza, il safari, sperando che sia utile a tutti i viaggiatori che non ne hanno mai fatto uno ma vorrebbero. Non c’è bisogno di essere irriducibili amanti delle mete naturalistiche per godere al meglio di questa esperienza, perché può offrire emozioni a chiunque la viva con le giuste aspettative: dall’adrenalina nelle situazioni un po’ più pericolose alla gioia di ogni avvistamento o scoperta.

Prenotato un safari, prima di partire preparatevi a essere risucchiati dal vortice di follia di vestiti color cachi e cappelli assurdi. Io, almeno, ci sono entrata. Già mi immaginavo nei panni - letteralmente nei panni - dell’esploratore tipo che si vede nei film anni Sessanta. Poi però ho preferito mantenere un profilo parecchio più basso, optando per indumenti riutilizzabili anche qualora la prossima festa di Carnevale non avesse avuto per tema Indiana Jones.

In ogni caso chi resta fedele alla divisa di un film d’avventura c’è sempre, quindi sappiate che, se la cosa proprio vi piace, probabilmente non sarete i soli :-)

Tutto dipende dalle caratteristiche del paese che vi attende, ma alcune regole sono applicabili un po’ ovunque.

Sui colori non ci si può sbagliare: devono essere neutri. Niente bianco, niente colori accesi. I verdi, i marroni, alcune tonalità di grigio; la scelta è ampia. Per i pantaloni io preferisco il lungo, ma se non si scende dalla macchina non sono indispensabili. Sempre tessuti leggeri.  Ghette sì o ghette no? Se prevedete di fare safari a piedi io voto per il sì, perché in ogni parte del mondo troverete animaletti potenzialmente molesti. Una soluzione alternativa che ho sperimentato su di me è infilare i pantaloni dentro i calzettoni, con cura, evitando di lasciare pieghe e spazi che potrebbero consentire visite indesiderate. Scarpe da trekking che, se nuove, devono essere utilizzate alcune volte prima di camminarci a lungo, per ammorbidirle. Niente calzettone doppio , bastano i calzettoni da trekking, che sono rinforzati in alcuni punti per proteggere la pelle. Per il sopra, poiché spesso i safari partono presto e si prolungano per il resto della giornata, vestirsi a strati è l’ideale. Se vi sposterete in barca o entrerete nella giungla giacca a vento impermeabile super leggera, da poter infilare sopra al resto  e da appallottolare e infilare nello zaino quando non serve più. Proprio quest’ultimo ha un ruolo importante: zaino leggerissimo e impermeabile con dentro acqua, qualche snack ben sigillato, protezione solare. Infine il cappello, ogni esploratore che si rispetti ne ha uno. L’obiettivo, però, non è quello di fare ombra nel raggio di due metri e per evitare un’insolazione basta anche il semplice cappellino con la visiera; utile questa se vi permetterà di non dover ricorrere agli occhiali da sole, con i quali, tra un’occhiata nel binocolo e una nell’obiettivo, si finisce con un “metti e leva” continuo. Ah, ecco, il binocolo serve sempre!

Dopo aver risolto la questione esce fuori l’altro grande dilemma di chi si appresta a fare il suo primo safari: cosa devo aspettarmi? La consapevolezza che non si tratti di uno zoo divide i visitatori dei parchi in ottimisti che “wow, ho visto una lucertola, che fortuna!” e in pessimisti che “anche con un mese al Kruger non vedrò mai un leopardo”. Io all’inizio passavo dalla frustrazione dell’ennesima ricerca senza successo all’entusiasmo per aver trovato una formica, ma penso di poter dire con un certo margine di sicurezza che la formula migliore per vivere un safari è prendere con gioia ogni avvistamento che viene, senza mai demoralizzarsi e far confronti perché – è bene che siate preparati per questo - incontrerete sempre qualcuno che quel giorno, sulla strada parallela a quella percorsa da voi, ha trovato un branco di leoni a caccia, ha assistito al parto di un leopardo e ha visto un unicorno rosa. Alcune non saranno vere, ma altre sì. Invece di deprimervi cercate di filtrarle per ottenere informazioni utili: se per esempio qualcuno ha visto sbranare un grosso animale, il giorno dopo probabilmente la carcassa ancora attirerà i predatori. E poi gli avvistamenti migliori sono quelli inaspettati, senza altre macchine intorno. Nel Kruger mi è capitato, dopo ore di macchina alla ricerca di un leone decente – quello visto di notte che dormiva a pancia in su come il mio gatto non mi era sembrato all’altezza della sua fama – di non poter più resistere ai litri di acqua mandati giù: accostiamo in una stradina sterrata, scendo e faccio la pipì, ferma lì ho notato a una certa distanza un rinoceronte. Su i pantaloni, prendo il binocolo e la sorpresa è bellissima quando scopro che si tratta di un rinoceronte nero.

Il grande classico dei safari è quello in automobile, che nei grandi parchi è diffuso un po’ in tutto il mondo. Si possono coprire distanze lunghe e non è necessario essere super avventurosi. È il safari adatto a tutti!

Se però siete amanti del self drive probabilmente avete valutato la possibilità di non affidarvi a una guida. Resistere al richiamo del fai-da-te è difficile, ma alcune volte bisogna accettare che non c’è una valida alternativa. Altre volte sì.

 Gli avvistamenti dipendono in parte dalla fortuna del trovarsi al momento giusto nel posto giusto, ma le  probabilità di riuscire a trovarsi proprio lì aumentano notevolmente quando si conoscono bene il territorio e le abitudini della fauna e, soprattutto, quando l’occhio è molto allenato.

Il primo fattore che quindi potrebbe portarvi a escludere il self drive è il tempo: se il tempo a disposizione è quello di una toccata e fuga o poco più allora meglio affidarsi a una guida. Se invece avete più giorni da dedicare al parco e potete integrare il self drive con altre attività o comunque dedicare una certa dose di tempo allo studio della geografia e della fauna del posto, potete pensare al self drive. Inoltre se la vegetazione del parco è particolarmente rigogliosa, o lo è nel periodo in cui andrete a visitarlo, mettetevi l’anima in pace: la guida vi servirà.

Il secondo fattore da valutare è: ne sapete abbastanza sugli animali e in generale sul parco che andrete a vedere o avete voglia di prepararvi su questi? Avvistare gli animali senza aumentare le proprie conoscenze sulle loro abitudini e caratteristiche significa perdere parte del divertimento e del fascino di questa esperienza. La guida in questo è sempre una valida risorsa.

La decisione finale, però, è rimessa all’organizzazione del parco. Molte riserve sono più che adatte alla guida con macchina a nolo. Nel Kruger, per esempio, non serve neppure il 4x4. Ci sono punti sosta per mangiare e andare al bagno, strade sicure e campi non troppo distanti tra loro in caso di necessità , così come tanti ranger e visitatori in giro per le strade del parco. Ci sono indicazioni e buone mappe. Nei campi potrete scambiare informazioni con ranger e visitatori per capire meglio come muovervi. Insomma se rispettate le regole difficilmente vi troverete nei guai e avrete modo di risparmiare un bel po’ di soldini. Infine, in questo particolare parco, moltissimi animali si avvicinano alle strade principali e secondarie, molte pozze e altre fonti d’acqua sono raggiungibili e gli avvistamenti sono, di conseguenza, semplici. Non è così per tanti altri parchi percorribili in auto. Altro parco famosissimo, in Africa, è il Serengeti e l’anno scorso, sull’onda d’entusiasmo post-Kruger, ho pensato alla possibilità di visitare il Serengeti in self drive. Meglio di no. Almeno per il mio livello di esperienza. Ho letto i racconti di alcuni – giusto un paio a dir la verità - che lo hanno fatto e ho chiesto qualche informazione. I campi all’interno del Serengeti (non le riserve private, le strutture allestite dall’ente parco, se così lo si può definire) sono pochi e poco sicuri, tanto che c’è chi preferisce dormire in macchina. Le indicazioni sono spesso assenti e bisogna far affidamento solo sul gps. Ah, qui il 4x4 è d’obbligo (e quando il 4x4 è davvero necessario significa che non ci si limiterà a percorrere la stradina sterrata con qualche buca più profonda, bisogna saperlo guidare). In conclusione nel Serengeti è più facile trovarsi nei guai e, soprattutto, è più difficile uscirne.

L’altra opzione, molto popolare nelle foreste fluviali, è quella della barca. È rilassante, divertente e adatta a tutti. E a prescindere dagli avvistamenti fatti – io l’ho fatto in Malesia, in alcuni casi è stato fruttuoso, in altri meno – è una bel tipo di escursione.

Ultimo tipo di safari tra quelli che ho fatto è il più emozionante, quello a piedi. Sconsigliato però a chi ha paura di insetti, serpenti ecc. Sconsigliato anche a chi non può resistere senza parlare per più di dieci minuti. La prima regola è il silenzio. Vivere la savana o la giungla da dentro è tutta un’altra storia. Gli avvistamenti sono diversi, più lontani e per alcune specie più veloci, ma sono compensati dall’emozione di  acquisire tante nuove conoscenze sulla flora, sui segni lasciati dagli animali che abitano quella zona, sull’ecosistema che state toccando e odorando. La guida o il ranger, a seconda di dove vi troviate, in questo caso ha un ruolo davvero fondamentale: vi farà da maestro, mettendo al vostro servizio la sua esperienza e, soprattutto, vi affiderete a lui. In caso di emergenza la vostra sicurezza è nelle sue mani. Scegliete bene!

Viaggia con noi

Iscriviti gratuitamente. Conosci i tuoi compagni di viaggio prima della partenza.

Viaggia con noi in tutto il mondo.