RACCONTO
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Mercoledì, 3 Settembre 2014

Ricordi di viaggio... in ordine sparso.

Un racconto corale fatto dai partecipanti del Mexico Freak Style di agosto 2014... Un gruppo che nel vero spirito freak style, coglieva ogni imprevvisto come una scusa per farsi due risate!

ARTICOLO DI

pollita

Ricordi di viaggio… in ordine sparso

Ci aspetta un viaggio all’insegna della cultura, dell’arte, dell’archeologia, della natura, della tradizione. Ci aspettano risvegli all’alba, lunghi viaggi in pullman. Notti insonni per il caldo umido e soffocante. Ci aspettano compagni di viaggio e di avventure che in fondo non conosciamo. Ma tutti abbiamo quel pizzico di fantasia e di sana follia che ci consentirà di affrontare tutto questo, e tanta voglia di vivere e condividere un’esperienza che si preannuncia straordinaria.

Questo è il Mexico freak style di Isotta, Stefania, Renata, Pamela, Simone, Matteo, laMari, Francesca, Manlio, Emanuele, Giulia, Federica, Antonio e naturalmente lei, la nostra tour leader Patrizia.

Il ritrovo è alle 4 e mezza a Linate: uno più rintronato dell’altro siamo comunque tutti puntuali, compreso Federica, il cui segno particolare è “ritardataria cronica”. Un buon inizio.

La sorpresa arriva allo scalo di Houston, quando come per magia tre dei nostri sono in lista d’attesa sul volo per Città del Messico; qualche attimo di sana e intensa trepidazione e poi anche Antonio, Manlio e Matteo riescono a partire; a Città del Messico incontriamo Francesca, che in partenza da Roma ha invece accumulato un ritardo di più di qualche ora.

Città del Messico

Il primo impatto con Città del Messico è ... come dire… toccante. In senso letterale, intendo. Fisico. Soprattutto sulla metropolitana affollata, dove “spingitori” esperti e determinati e “spingitrici” generose e prosperose di Vulviana memoria hanno la meglio sul fondoschiena di Patrizia prima e sui “gioielli” di Antonio poi.

La zona di Città del Messico è tanto e tutto e di più; lo Zocalo, il museo di antropologia, la casa di Frida Khalo, i murales di Diego Rivera… e poi Teotihuacanche ha visto tutti noi salire sulla piramide del Sole e tutti tranne me sulla piramide della Luna.

Passiamo una serata in piazza Garibaldi, per una cena alla scoperta dei sapori messicani e al suono della musica dei mariachi; chitarre, violini, trombe e soprattutto volume oltre i decibel consentiti invadono la zona, i volti della gente trasmettono una gamma infinita di espressioni che a seconda del sesso, dell’età e dello stato d’animo sembrano di gioia, incredulità, ansia, felicità, panico, estasi, rapimento, paranoia dura e rassegnazione; le nostre risate e la nostra voglia di scoprire questo Paese rendono la serata indimenticabile.

Lasciamo l’hotel al mattino, ma la partenza per Oaxaca è prevista per la sera; impensabile scorrazzare per la capitale con armi e bagagli al seguito. La soluzione più intelligente è lasciare gli zaini in hotel, ovviamente pagando qualcosa per il disturbo. Qualcosa, appunto. Parte una trattativa estenuante, il receptionist morente ci chiede di telefonare in tarda mattinata e parlare col suo boss per la conferma del prezzo; la nostra Patty richiama, e le viene chiesto di richiamare nel pomeriggio, per avere conferma del prezzo; la nostra Patty richiama nel pomeriggio, e le viene chiesto di… no, stavolta la nostra Tour Leader non ci sta. Persa la partenza, interloquisce con il receptionist in toni moderatamente alterati, è ormai un fiume in piena in procinto di rompere gli argini, e fra una pausa e l’altra dell’incomprensibile monologo capiamo solo “Que no me tome el pelo porque no soy tonta…!!!”…

Tornati in hotel a recuperare i bagagli, troviamo il receptionist che fra un sorriso e l’altro non fa riferimenti all’accaduto e ci consegna gli zaini come nulla fosse successo, accettando la cifra che la nostra Patty aveva proposto non la terza, non la seconda, ma la prima volta. Stranezze da viaggiatori. O da receptionist.

Prima di lasciare la Capitale ci fermiamo in un comedor che fra una portata e l’altra ci delizia con una musica cui è impossibile resistere… e il nostro bell’Antonio trova il tempo di concupire una giovin signora locale: la fanciulla cede e si concede ai sapienti movimenti di anca e bacino del suo ballerino e chiede di filmare la prestazione con il suo cellulare. In men che non si dica Antonio diventa l’uomo più ambito della serata, è pronto al sacrificio per la soddisfazione di tutte, ma ci aspetta una notte in pullman alla volta di Oaxaca e nonostante l’addio sia straziante il Gruppo Mexico Freak Style non può fermarsi e trascina Antonio via con sé.

Oaxaca

A Oaxaca ci aspettano esperienze straordinarie: le stradine, i mercati; il cibo poi è qualcosa di sorprendente. Il mezcal (con o senza verme!), il formaggio (Stefania docet et Isotta manducat!), le salsicce, il cioccolato e naturalmente… le chapulinas. Molto esotico. Ma sempre cavallette sono. A pranzo, dunque, come in tutti i programmi tv che si rispettino, la prova del cuoco. Anzi no. Nel nostro caso, la prova del fuoco. Si tratta di assaggiarle. Fritte con il limone. Massì dai, si può fare. E lo facciamo. Siamo o non siamo viaggiatori?

I giorni successivi ci portano ad esplorare la zona: Monte Alban, Mitla. A Hierve el Agua qualcuno fa il bagno nelle sorgenti, io scelgo il bagno di sole, Emanuele, Antonio e Manlio assoldano una guida e affrontano stoicamente la discesa che li porterà nelle viscere della cascata calcarea; il loro racconto al rientro da questa impresa titanica è degno di Indiana Jones: i nostri eroi narrano di incontri ravvicinati con serpenti, piante carnivore, sabbie mobili, di pericoli provenienti dal mare cielo e terra, di unicorni e creature mostruose. Forse fra le quesadillas, memelitas, tayudas, fajitas, tacos, refrescos, bebidas e cervesas del pranzo era finito anche qualche fungo di origine non controllata, tant’è che al racconto si aggiungono ogni volta particolari sempre più inquietanti, ma poi qualcuno mangia la foglia e i nostri pseudo eroi tornano a essere i nostri adorabili compagni di viaggio.

Avanti come arieti, non ci ferma nessuno; e partiamo per il Chiapas.

San Cristobal de Las Casas

Buenos dias, tenemos una reserva para 14 personas.

!No me diga esto!”

Ok ok, niente panico. Certo non risulta la prenotazione ma non è il caso di preoccuparsi, giusto?

In fondo siamo reduci da 10 ore di pullman, gli zaini ci rompono le spalle, la vescica urla pietà e lo stomaco reclama ciò che gli è dovuto. Che sarà mai dover cercare un’altra sistemazione in queste condizioni? Dai, su, potrebbe andare peggio. Invece va meglio, e come per miracolo appare la nostra prenotazione. Rendiamo grazie a San Cristoforo; anzi, a San Cristobal, visto che siamo qua.

E proprio a San Cristobal, partendo dal leggendario Revolucion, il gruppo si abbandona a una serata alcolica, che però sembra non lasciare tracce e al mattino dopo tutti in forma e puntuali per la tappa successiva.

Quasi tutti.

Il povero Matteo non ha sentito la sveglia e oltre ad essere assonnato, oltre ad essere in ritardo, oltre a saltare la colazione, si becca una cazziata da Patrizia che, dolce e materna finchè vuoi, quando necessario non esita a tirar fuori la grinta necessaria a fare girare la squadra come un orologio svizzero. Ma Matteo, con il suo sguardo tenero e il suo sorriso dolce, si fa perdonare in un nanosecondo.

Nel frattempo Montezuma ci osserva sornione, e decide di colpire un po’ alla volta. La prima vittima è Antonio, cui si aggiungeranno nell’ordine Simone, Isotta, Francesca, Emanuele.

Menzione speciale per il Normix al quale siamo diventati devoti: ogni 16 agosto faremo un pellegrinaggio in suo onore.

Io invece passo inosservata. Anche da Montezuma. E vabbè, il viaggio non è ancora finito.

Dedichiamo una giornata alle comunità indigene.

- San Andrés Larrainzar

- Oventik.

- San Juan Chamula, la cui spettacolare chiesta mi ha suggerito di rivolgermi allo sciamano e chiedere un rito propiziatorio per il sistema gastrointestinale, poi la ragione ha avuto la meglio!.

- San Lorenzo Zinacantàn : Antonio ed Emanuele attendono pazientemente nella piazza del paese il termine del campionato degli acquisti a cui partecipano le compagne di viaggio. Improvvisamente vengono avvicinati da un personaggio in costume e con un turbante rosso che si presenta come il  guardiano della chiesa. La sua domanda è pronta e precisa:” De donde eres ?” Antonio risponde: "De Italia". Gli occhi del guardiano si illuminano di gioia come se volessero esprimere una certezza: questa la so! ”Italia cerca de California !” (Italia vicino alla California).

Prima di lasciare Il Chiapas ci concediamo un’ultima passeggiata nel centro della cittadina e diventiamo protagonisti di un incontro quanto meno particolare: un bipede dalle sembianze umane, vestito come un vaccaro appena uscito dal ranch e biascicante una lingua che ricorda vagamente l’italiano si avvicina e tenta un contatto verbale.

A gesti e a fatica riusciamo a comunicare e scopriamo che si tratta di un giovane bresciano che ha lasciato l’Italia e il suo lavoro di radiologo per trasferirsi in Messico in cerca di fortuna. Vive a San Cristobal da qualche anno e sta per iniziare la sua attività di produzione in proprio di formaggio: con le sue tre caprette è ora pronto al grande salto! Sempre più basiti, è solo quando il soggetto menziona uso e abuso e distribuzione di churros, altrimenti dette “sigarette truccate”, che capiamo molte cose…!!!

Copriamo la tappa San Cristobal – Palenque con una notte di pullman; per non perdere tempo prezioso e godere qualche ora in più delle meraviglie locali decidiamo di lasciare i bagagli presso il deposito alla stazione... già dai primi segnali avremmo dovuto capire tanto: le valigie nere sono registrate come "amarilla" ma non ci poniamo il problema, sarà una svista... ma eccoci dopo due ore: 7 pesos/h, 2 ore 14 pesos, 14 pesos per 14 valigie = 196 pesos.. ma oltre al daltonismo capiamo che il nostro uomo non è nemmeno un genio in matematica e nemmeno con l'ordenator! una valigia alla volta, un pagamento alla volta, un resto alla volta... se continua cosi perderemo il pullman! ma qui arriva in soccorso San Cristobal, che manda un uragano sul nostro pullman in arrivo cosi da farlo ritardare 3 ore, il nostro uomo si rilassa e noi riabbracciamo le nostre valigie. E, sebbene in ritardo, partiamo per la meta successiva.

Palenque

Arriviamo a Palenque dopo essere stati in una sorta di Paradiso Terrestre: le cascate di Agua Azul sono uno spettacolo della Natura. E lo è anche la tempesta che ci coglie mentre siamo fermi a pranzo: profondamente assorti nella lettura del menu non ci rendiamo conto che nel giro di un niente il cielo cambia colore e si scatena l’ira di Dio. Uno spettacolo inquietante e meraviglioso al contempo. L’acquazzone rende torbida l’acqua della cascata di Misol-ha, quindi niente bagno. Nessun problema, recupereremo!

Palenque è un luogo magico.

Il sito archeologico. La giungla. Il silenzio.

E l’assenza. Di Internet.

Ok siamo nella giungla ma due giorni sono un’eternità. Due giorni interi senza internet hanno messo a dura prova la salute mentale di Isotta, Manlio e della sottoscritta. Certo siamo sopravvissuti, ma è stata dura. Non siamo Internet-dipendenti, no no. E’ che ci piace!

Ceniamo in un locale nei pressi della nostra posada: parlottando del più e del meno, i nostri atleti Giulia e Simone si sfidano a nuoto. Al mare vincerà il migliore.

Emanuele inizia a raccogliere le puntate

Via alle scommesse; Giulia: 1  - Simone: 0.

Colpo di scena: 2-1 per Simone, occhio alla rimonta… ma poi si torna in pareggio.

Azzz, doppietta di Giulia, Simone sprofonda negli abissi più profondi.

Siamo tutti in ansia, il cuore batte all’impazzata, Simone non crede ai propri occhi, il suo compagno di stanza vota la sua avversaria ma in questa gara senza esclusione di colpi non c’è posto per i sentimentalismi, in palio c’è una pinacolada.

Si accorciano le distanze e dopo il voto di Renata che sostiene Simone, Giulia si ritrova ad una sola posizione di vantaggio.

E’ fatta. E’ deciso; Emanuele controllerà la gara e Federica controllerà che Emanuele controlli la gara.

E sempre a Palenque il nostro bell’Antonio e la nostra tour leader Patrizia scatenano la Febbre del Sabato Sera coinvolgendo tutto il gruppo in un momento danzante. Solo il ricordo mi fa venire caldo. Ebbene sì, il caldo, che fino a quel momento era stato gradevole, a Palenque inizia a diventare torrido e asfissiante. Ma il bello deve ancora arrivare: ci aspetta Mahahual.

Pronti a partire, Federica si distrae un attimo di troppo e sale sul pullmino per ultima: grave errore. Ormai solo posto in piedi. Senza perdersi d’animo e con la giusta dose di ironia, la nostra compagna di viaggio si appoggia alla massa informe di bagagli, assumendo la “posizione della barca” come uno yogi consumato.

Tulum

Dopo una giornata pigra al mare di Mahahual partiamo per Tulum. C’è molta gente in giro, molto traffico. Non sulle strade. Sul nostro bus. Dovremmo essere in 14: ci contiamo, siamo 16. Qualcosa non quadra. Ah giusto, l’autista. E fanno 15. E allora? non sarà per caso che….???

Partiamo, e ci rendiamo conto che in effetti “è per caso che”. L’intruso è il secondo autista. Bisogna viaggiare in sicurezza. Ergo, sul bus da 14 posti sono stipate 14 persone + 14 bagagli + borse e borsette varie + il secondo autista che però è costretto a stare in piedi per tutto il tragitto perché non c’è più nemmeno un centimetro libero. Certo è un po’ scomodo ma si sa, la sicurezza prima di tutto!

Dopo alcune ore di viaggio, i prodi vagabondi raggiungono Tulum, nel Quintana Roo, che ci accoglie in un caldo abbraccio. Non si tratta di metafora: il caldo è davvero soffocante.

Probabilmente la mia pressione raggiunge i minimi storici e in quel momento, in preda allo sconforto, decido che il prossimo viaggio sarà in Antartide.

Prendiamo possesso degli alloggi a noi riservati: i più fortunati possono godere di una bucolica e bollente cabaña modello “forno” accessoriata di tavolo e ventilatore, gli altri devono accontentarsi della versionebase. Si tratta di sistemazioni spartane, buie, con una piccola e inutile finestra che assomiglia più a un quadro che a una via di aereazione. Letti circondati da zanzariere antivento, ma perfette per mantenere alti e costanti temperatura e disagio, garantiscono un’espiazione lenta e carica di sofferenza. Stefania e Isotta, per i loro trascorsi, devono purtroppo scontare una penitenza più severa: in uno stato alterato di coscienza dovranno interloquire con l’oracolo di Tulum, per tale motivo e per alcuni giorni saranno private del ventilatore. La pulizia generale del villaggio è occasionale e nei cestini dei bagni crescono piante autoctone di una rara specie: Merdarium Tulumnensis, il cui odore acre inebria anche gli insetti. Mentre nelle docce, rane-guardone formato mignon, scrutano i vagabondi appese alla parete. E non disdegnano nemmeno di fare capolino dal buco del lavabo, fissando con i loro occhietti neri da Alien chi prova a lavarsi i denti in santa pace: impossibile! 

Superato l'arduo confronto con la flora e la fauna locali, ai vagabondi non resta che affrontare l'ultima prova, ovvero la toilette by night. L'accesso è consentito solo con la torcia tra i denti, nel buio pesto dello sgabuzzino WC. Intanto, inspiegabilmente, le lampadine del locale docce illuminano a giorno la notte di Tulum... Usanza locale? Bizzarrie messicane?

Ai prossimi viaggiatori l’ardua sentenza.

Affrontiamo le avversità con grande coraggio. La giornata a Chichen Itza è stupenda, il sito leggermente ventilato, nell’aria una magia che trasuda storia, e fascino, e mistero.

Il Gran Cenote, con la sua acqua fresca e cristallina, i pesciolini, le tartarughe, le grotte e ahimè i pipistrelli rimangono uno spettacolo fuori dal tempo.

Una sera al pueblo un gruppo di vagabondi si attarda presso il Khalua dove, catturato dagli incalzanti e sensuali ritmi latini, incantato dai costumi e dalla chincaglieria di alcune drag queens, apprende il motivo che, ripetuto nella forma del canone estemporaneo, diventerà il tormentone degli ultimi giorni: “Para che non llore dale el biberon, dale el biberon, dale el biberon”. Nel frattempo due vagabonde vengono abbordate da un omone giamaicano, che decanta loro le doti salutari del “Big Bamboo” e da alcuni Pedro messicani, ma … la paura ha la meglio e l’abbordaggio sfuma.

E dopo un paio di giorni di meritato relax, dopo qualche sera nella quale ci convinciamo che “Devorame Otra Vez” non è un’istigazione all’antropofagia, è quasi arrivato il momento di tornare a casa.

Giulia e Simone non hanno disputato la gara, quindi non sapremo mai chi avrebbe vinto la pinacolada… un duro colpo per gli scommettitori e per l’allibratore, ma un aperitivo a base di margarita ha aiutato a superare il triste momento.

A Oaxaca si era aperta la gara all’acquisto sfrenato: a Tulum si tirano le somme. La lotta agli ultimi pesos è fra una donna e un uomo; Pamela si difende con le unghie e con i denti, ma la palma del vincitore spetta a lui, a Manlio, che sale sul podio grazie all’enorme quantità di materiale rigorosamente inutile con cui caricherà lo zaino. E… sarà perché schifati o quantomeno intimiditi dalle bestiacce a 8 zampe, ma Manlio merita la palma d’oro non solo dell’acquisto ma anche del coraggio per aver maneggiato – unico fra tutti noi – un orrendo e gigantesco aracnide in the jungle!!!

Menzione speciale anche agli innumerevoli selfie del mitico Simone: si vocifera ammontino a 2.843.675. Ma alla fine il nostro eroe è stato umiliato da un selfie a 14 ... Non fatto da lui!

 

Partiamo da Cancun, dove la felicità decrescente lascia spazio ad un pianto interiore che, come un canto monodico privo di armonia, risuona come un mantra: dale, dale, dale el biberon, dale el biberon, dale el biberon. Se acabò la vacaciones.

Ma siamo positivi, e si sa: “l'anima vola sempre da sola"... verso nuove mete !!

 

Arriviamo ad Atlanta. Poi ad Amsterdam. Francesca è partita qualche ora prima di noi, di notte. Ad Amsterdam salutiamo Emanuele che prenderà il volo per Roma. Il nostro pizzico di fantasia e di sana follia, la nostra voglia di vivere e condividere questa esperienza lascia ora il posto ai saluti finali. Ci separiamo a Linate. A breve ognuno di noi tornerà alla vita frenetica di sempre. Ma nel nostro cuore e nei nostri ricordi c’è e ci sarà sempre un po’ di spazio per questo viaggio nella terra dalle mille sfaccettature, dalle mille contraddizioni. Suoni, silenzi, rumori, canti, grida, voci, vibrazioni… e colori, tinte, luci, ombre, forme… e odori, profumi, aromi, e gusti e sapori.

Questo è il Messico.

Questo è il nostro Mexico Freak Style.

 

laMari con Antonio Ema Fede Francesca Giulia Iso Manlio Matteo Pam Patty Renata Simone Stefy

- 4 / 21 agosto 2014 –


 

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