RACCONTO
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Mercoledì, 13 Maggio 2009

Rapido Bogota'-Santander

Che bello viaggiare, ma se come diceva McLuhan "il medium è il messaggio" dopo dieci ore di curve e tornanti iniziamo a domandarci se è stata una buona idea andare a trascorrere il nostro weekend a Barichara, Santander.

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Che bello viaggiare, ma se come diceva McLuhan "il medium è il messaggio" dopo dieci ore di curve e tornanti iniziamo a domandarci se è stata una buona idea andare a trascorrere il nostro weekend a Barichara, Santander.

Non è la prima volta che veniamo da queste parti, una tappa obbligatoria per chi vuole conoscere la Colombia. È una delle regioni che vanta forse il più ricco patrimonio storico e una forte identità: Santander come l'eroe dell'indipendenza della Nuova Granada. Importante la storia, ma da non trascurare la geografia: dopo aver scalato montagne si raggiunge questo territorio con rilievi di dimensioni più modeste, riserva idrica perché attraversato da fiumi e torrenti che disegnano il paesaggio da millenni.

Siamo partite da Bogotà sperando di arrivare in serata, ci aspettano un paio di amici in una casa in campagna immersa nella natura: orchidee nel cortile, colibrì e pappagalli sugli alberi...che emozione non vederli in gabbia!

"Tutto tranquillo" ci fa il ragazzo seduto al posto davanti: "questo autobus io lo chiamo El Vomitador. Qui mica è come nel resto del mondo dove ci sono le montagne e ci fanno un buco, qui si scalano le cordigliere!" Che i colombiani avessero senso dell'umorismo mi era già capitato di notarlo in effetti.

Il vicino è simpatico, non ha mai parlato con delle italiane e allora coglie la palla al balzo. Si informa un po' su tutto; anch'io vorrei fare delle domande, ma quello è un fiume in piena e non riesco a fermarlo. Alla fine però la domanda giusta la fa lui:

"Ma allora dove andate di bello?"

"San Gil e poi Barrichara, ci aspettano degli amici"

"Ehmmmm...San Gil l'abbiamo passato da un paio d'ore circa"

Flusso di coscienza. No, ti prego no, non può essere: è mezzanotte e sono partita alle due del pomeriggio. Al terminal di Bogotà ho iniziato una trattativa estenuante coi broker del biglietto d'autobus per farmi vendere il passaggio ad un prezzo onesto, trovare il posto in un weekend di ponte è stato come vincere alla lotteria, l'autobus fa una sosta imprevista di quasi un'ora perché hanno fatto overbooking (ma qui non ti regalano un altro biglietto, ci si siede sul corridoio!) e questo ora mi dice che ho pure mancato la destinazione???????

"Ma scusa, neanche lo annunciano quando arriviamo ad una delle città previste sul percorso?"

Che disonesta sono...devo arrivare in Colombia per pensare che a casa mia le cose funzionino bene!

Basta, vado dall'autista! Ora mi sente. Mica sono di qua io, e poi è buio, che ne so se siamo a San Gil, a Bucaramanga, a Cartagena, o a Caracas! Qui bisogna risolvere la situazione al più presto...l'autista si gira, mi guarda con faccia desolata: il suo aiutante si era addormentato e non ha fatto l'annuncio, comunque ci dice che farà il possibile per risolvere il problema. Ora si ferma e cercherà di trovare un autobus che ci riporti indietro.

"Ovviamente senza pagare un pesos in più"...la mia amica è di una zona tra Genova e la Svizzera!




Siamo fermi in una piazzola di sosta, da qualche parte nella regione di Santander, in Colombia, sul ciglio della strada, noi con gli zaini in mano e l'autista che si sbraccia come un pazzo facendo segni che solo lui sa agli autobus che vanno nella direzione opposta.

Io e la mia amica siamo lì, incerte se ridere o piangere e mentre passano tanti autobus pieni che non si fermano, un signore scende e si avvicina "Sarà difficile ragazze, è il venerdì di un fine settimana lungo, la gente torna a casa e i pullman viaggiano pieni! Io vado a Cucuta, là vive la mia famiglia".

A Cucuta, l'ultima città che si incontra uscendo da nord-est, dopo c'è il Venezuela. Quindi il signore è ancora a metà strada e invece di arrabbiarsi con le turiste sprovvedute sta lì a farci compagnia e a elencarci le meraviglie del posto.

"Gente tosta i santandereani. Da qui è partita l'insurrezione dei Comuneros che poi ha coinvolto tutta la Colombia. Da qui è partita la marcia che poi è arrivata a Bogotà!". Già i comuneros...questa storia ce l'avevano già raccontata i nostri amici.

In certi posti pare che il tempo si sia fermato. Guardo il signore con indosso la sua ruana (un mantello di lana di fattura indigena che da secoli gli abitanti della regione andina della Colombia usano per proteggersi dal freddo) e quasi me l'immagino questi contadini che si ribellano al vicerè di turno che imponeva il monopolio sulla produzione del tabacco e dell'aguardiente (il liquore nazionale dal retrogusto di anice) per finanziare le guerre europee dei Borbone. Fu proprio la rivoluzione dei Comuneros a gettare le basi del movimento nazionale d'indipendenza dagli spagnoli.

Mentre la mente spazia richiamando alla memoria le vicende del Virreynato de Nueva Granada, l'autista ci comunica che il piano è cambiato: inutile restare ad aspettare, ha contattato al telefono un collega che sta facendo lo stesso percorso nella direzione opposta e, non si sa come, quando lo incontreremo per strada effettueremo lo "scambio dei passeggeri".




Saliamo a bordo, ma ormai non c'è fretta, la compagnia è piacevole e realizziamo che il viaggio vero e proprio è cominciato dopo l'imprevisto. Ci fanno rimanere davanti, così il trasbordo sarà più rapido e nel frattempo i pochi che riuscivano a dormire si sono svegliati. Noi siamo un po' in imbarazzo, abbiamo tenuto fermo un autobus per circa mezzora e il disagio ancora non è finito.

Per fortuna la gente più che preoccupata sembra incuriosita...La Lonely Planet ci serve solo per prendere appunti: posti da vedere, ristoranti di parenti, misure da prendere per evitare di essere divorate dagli insetti, ecc...abbiamo avuto fortuna a mancare la fermata!

All'improvviso, però, un dubbio serpeggia nella platea: "Tra due settimane è Natale, non lo passate con la vostra famiglia?". Tranquillizziamo i nostri interlocutori, dicendo che l'attenzione alla tradizione non è certo una prerogativa colombiana e la conversazione prosegue.

"Non potete perdervi il Parque del Gallineral". Quando mi parlavano di piante parassite che pendevano dai rami degli alberi, avevo in mente l'edera e non certo queste piante maestose con le barbe bianche, i cammini di pietra e i ponti coloniali che avremmo visto nei giorni a seguire.

"Se avete tempo andate anche alla Cascata di Juan Curì". Un po' di tempo in effetti ci vuole a camminare nell'intricato bosco umido. Si arriva alla prima cascata, ci si arrampica sulle rocce seguendo il corso del fiume fino ad arrivare alla cascata maggiore. Un salto di 80 metri, le pareti di roccia e una vegetazione fitta: il sole riesce a passare solo dalle undici all'una.

I discorsi vanno avanti, la conversazione si arresta solo quando incrociamo altri autobus e poi riprende. Alla fine l'autista accende i lampeggianti e si ferma e capiamo che è ora di scendere: finalmente questa gente potrà proseguire il viaggio senza intoppi.



Salutiamo questi sconosciuti con auguri, ringraziamenti e strette di mano. Il signore con la ruana, forse sapendo della fama di cui gode il suo paese, ci dice: "Buona fortuna e non vi preoccupate, noi colombiani siamo brava gente".

Carichiamo gli zaini e attraversiamo la strada, qualcuno ci saluta ancora dal finestrino. Penso al disagio che abbiamo provocato ai nostri compagni di viaggio, penso alla stessa situazione con altre persone e a una diversa latitudine...saliamo sull'altro autobus e scopro di sentirmi commossa nell'intimo...avevo perso l'abitudine all'umanità!


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