RACCONTO
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Giovedì, 9 Ottobre 2014

Nandan Kanan Express

Le emozioni di un viaggio su un treno indiano raccontate da Giampaolo.

ARTICOLO DI

Giampaolo.KABKA3

Il treno scivola lungo il binario verso Nuova Delhi, lento ma costante attraverso gli sterminati campi dell'Uttar Pradesh. Grano e riso, canna da zucchero, lenticchie ed altre granaglie dominano il paesaggio fino all'orizzonte inframezzati da sporadici alberi e dai grossi bufali acquatici gonfi come otri. Come un giardino immenso, per la cura e la regolarità degli appezzamenti e il gradevole colore che ne viene, la campagna ordinata è tutta rivolta al sole, le colture ne assorbono i raggi e pure così, nell'enormità degli spazi, nella possibilità dell'occhio di spaziare indisturbato, l'entropia è palpabile: le montagne di dal, le vagonate di thali e tutte queste materie prime non fanno strano soltanto se rapportate ad abitanti e percentuale di vegetariani nella nazione; in più sparsi lungo tutto il viaggio con una buona frequenza si intravedono persone sole o piccoli gruppi intenti a lavorare, come spesso sorpresi senza alcuna apparente reazione a riconsegnare alla natura quanto assimilato. Tutta una rete di piccoli sentieri risponde all'eventuale domanda sulla provenienza di qualcuno lì nel mezzo del nulla, o forse sul lato opposto del binario che non vedo c'è uno di quei piccoli abitati che costeggiano la ferrovia, con i muri in terra su cui sono schiacciate ad essiccare le pizze di sterco da combustione e il passaggio a livello, già con una fila di mezzi di ogni genere in coda per l'attraversamento.

Gari samosa Gari samosa, annuncia ad intermittenza uno dei venditori lungo il corridoio. La classe è la più economica, e delle tre cuccette sovrapposte la centrale è abbassata a quest'ora, funge da schienale per tutti seduti sulla più bassa. Gli uomini sono la maggioranza accanto a me, una volta saliti si spogliano e restano in cannottiera per non sporcare i vestiti nel caldo opprimente del vagone, i più rispettati sono due fratelli sulla cinquantina tozzi e tondi, viaggiano per business, poi c'è un padre con il figlio che direi mossi più per questioni mediche. Le donne sono tre, tre generazioni per una famiglia, accompagnate da un ragazzo giovane. Nei discorsi concitati non entrano, parlano di rado e per questioni pratiche, ma ogni cosa detta dalla più anziana è legge. In vista delle ore di viaggio, alla fine sarà poco meno di un giorno sano, si crea subito una cooperazione totale. Borse e valigie vengono smistate tutte insieme, in più casi biscotti e vivande condivisi e quando sorge un qualsiasi intoppo si crea subito un discorso per trovarvi risoluzione.

Adesso la sfilata ininterrota dei campi è spezzata dalle ciminiere di qualche mattonificio, belle nella loro imponenza spoglia e così tetre anche per le condizioni di sfruttamento che sempre si muovono al disotto di queste. Non ne vedo nessuna fumare, per oggi i lavori sono fermi o ad altre fasi del processo, l'estrazione dell'argilla e la preparazione di questa, la prima asciugatura al sole dei mattoni. Anche nelle piantagioni non c'è gran fermento, non è certo periodo di raccolta, solo le gopi accompagnano gli armenti tra l'erba con le vesti colorate ed un sottile frustino alla mano. Penso subito ai dipinti del mito, con Krishna circondato di donne nel pieno della campagna che al suono del suo flauto traverso le conquista e fa sue. Ogni villa, ogni borgo, ogni paese é testimon di sue donnesche imprese... il don Giovanni del pantheon indiano. Una vampata di profumo dolciastro e fastidioso come un arbre magique mi trascina improvvisamente indietro, al posto 57 della carrozza S8: mentre ero perso all'esterno, lontano dal corridoio centrale, deve essere passato il venditore di paan tascabile. Tabacco ed aromi in bustina, senza il laborioso incarto nella foglia tipico dei banchetti. Padre, figlio ed uno dei fratelli ruminano e il loro parlare si fa incespicante, incomprensibile ora anche ai connazionali. Le bocche piene di quella saliva rossa che un po' dovunque segna i marciapiedi nelle città.

Ogni popolo ha i suoi stupidi vizi. Mi volto ancora agli armenti, oltre a mucche, capre e bufale capita di veder pascolare qualche maiale. I compagni di viaggio mi dicono che chi pascola gli animali ne mangia anche la carne e se il tempo fosse sufficiente varrebbe davvero la pena di approfondire ed assaggiare la cosa.

Nel viaggio interminabile in treno all'estero le difficoltà comunicative e il quantitativo ridotto di argomenti trattabili spingono continuamente a grandi riflessioni. Non poche e poco buone. Un pensiero mi porta a rivedere ogni parametro preso fino a questo momento: il livello di civiltà di un paese potrebbe non dipendere dall'igiene e dalle comodità. Potrebbe essere dato piuttosto dalla libertà nel movimento lasciata a chi si sposta all'interno dei propri confini: l'India si classifica così ad una delle posizioni più alte se è permesso salire sul tetto di un autobus o sul carico di un camion, o attaccarsi in piedi dietro un tuk-tuk per lunghi tragitti, come la porta d'accesso al treno sempre aperta sui binari in corsa. Questo è progresso, mentre trenitalia sigilla i propri finestrini. Seduto sul vuoto o dritto sullo strapiombo, è proprio qui che a più riprese passo buona parte delle ore, fino a farmi pizzicare gli occhi, e i bagni malmessi sono presto sostituiti dalle pietre della ferrovia, quando il treno riprende lentamente il suo cammino è un attimo raggiungerlo per risalire. Nella sfilata del corridio, per ogni viaggio nella classe più bassa, c'è l'usuale passaggio degli hijira, la casta dei transgender. L'atmosfera si anima, se alle donne augurano fertilità con gli uomini non vanno per il sottile, mettendoli in imbarazzo verbalmente e fisicamente per spingerli ad offrire qualche rupia. Con piacere lascio qualcosa, conoscendo abbastanza la situazione svantaggiata in cui ancora stagnano nella società, e ricevo un complimento inaspettato a cui rispondo un you too, in maniera forse non del tutto sincera ma over polite come è giusto che sia.

Cala la sera e le campagne si fanno pian piano indistinte mentre nelle case raggiunte dall'elettricità si accendono le luci. Il treno mi rivela allora un'altro suo punto forte. Se la strada in genere passa dove è l'ingresso delle abitazioni o la parte commerciale, il binario limita più spesso qualche proprietà sul lato opposto, quello più privato ed intimo. Si svelano così scene di vita rubate, famiglie che mangiano, bambini che giocano, lavati in una tinozza, donne che rassettano. Il mio viaggiare lo ammetto, a momenti si fa perverso. Eccomi qua, viaggiatore e vouyeur.

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