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Giovedì, 9 Ottobre 2014

Le gambe rosa

In un viaggio di gruppo spesso ci sono dei "tormentoni", una canzone, una battuta, una frase... che ricorre per tutto il viaggio. Lara ci racconta la storia del tormentone del suo gruppo in Marocco.

ARTICOLO DI

Pici

LE GAMBE ROSA – STORIA DI UN TORMENTONE


Qual è stato il filo conduttore di una vacanza in Marocco di 12 baldi giovani?

Qual è quella cosa a che ancora oggi ci viene alla mente quando ripensiamo al nostro viaggio?

Qual è quella cosa che ha dato il nome anche al nostro gruppo What’s up?

Le tajine per le quali prendevano (e lo stiamo facendo tutt’ora) amabilmente in giro il nostro compagno vegetariano? No.

La birra flag compagna di lunghi discorsi tutti in cerchio prima di addormentarsi? No.

La sabbia che si è insinuata ovunque, passo dopo passo? No.

Sono state “le gambe rosa”!

Abbiamo coinvolto il nostro autista, le guide che ci hanno accompagnato nelle varie città, i camerieri dei ristoranti… In lungo e in largo girando il Marocco avevamo un unico pensiero: le gambe rosa.

Ma cosa sono l”e gambe rosa”?

Naturalmente non sono un riferimento ad una parte anatomica del corpo… sarebbe troppo facile, no?

Come direbbe il Trio Medusa “le gambe rosa” è una canzone travisata”.

Tutto è cominciato una sera a Ourzazate, quando abbiamo avuto la fortuna di assistere ad un festival di musica berbera. Beh, a dire il vero non era un festival qualunque ma una delle rassegne più importanti del Paese. E la kasbah di Taourirt si è prestata magnificamente a questo evento come scenografia, illuminata da luci soffuse.
Sul palco si sono intervallate centinaia di persone. Infatti, non dovete immaginarvi tastiere, chitarre o batterie. Solo qualche tamburo a fare da intermezzo tra un canto e l’altro. Il resto, anche se di resto non si può parlare visto che in realtà era la parte principale, erano decine e decine di cantanti. Tutti rigorosamente uomini, tutti rigorosamente abbigliati con le vesti tipiche, tutti (o quasi) insieme a cantare. Già, perché più che singoli cantanti, si sono esibiti dei cori, senza musica, solo voci che all’unisono (o al massimo divise in due sottogruppi) intonavano canzoni, accompagnate ritmicamente da gesti delle mani, o dal battere dei piedi. Un ritmo intenso, che ci ha subito catturato. Una canzone in particolare l’abbiamo subito fatta nostra, la famosa “le gambe rosa”. Ci ha conquistato subito e, pur non capendone le parole, abbiamo iniziato a muoverci seguendone gesti e ritmo. Il tutto non per i 3 minuti canonici delle canzoni che siamo soliti sentire…. Ma per almeno una decina di minuti! È questa, infatti, la durata media di una composizione berbera.
Il mattino dopo, la prima cosa che abbiamo fatto quando abbiamo incontrato il nostro autista Abdel è stato intonargli la melodia sentita la sera prima, naturalmente cantando “le gambe rosaaaaa”. Inutile dire che il nostro tentativo è risultato infruttuoso. E che ci è costato tre ore di tragitto di musica berbera (anche in questo caso è servito a poco perché, nonostante aguzzassimo le orecchie, niente gambe rosa). E risultati pari a zero anche con guide e camerieri (forse dovuto anche al fatto che nessuno di noi era particolarmente intonato…). Con le pive nel sacco ci siamo rassegnati all’idea di non scoprirne mai il titolo (Shazam e altre app non sono riuscite ad individuarlo). Rassegnati ma felici di avere una canzone tutta nostra, un nostro motto che ci ha unito durante il viaggio, e anche dopo.

E in una sera di settembre, uno dei ragazzi del gruppo in auto si sintonizza su Radio2: in diretta da Parigi c’è un evento eccezionale, un concerto di musica berbera! E che canzone stanno trasmettendo? La nostra “le gambe rosa”! Un rapido giro di messaggi, un altrettanto rapida sintonizzazione su Radio2, con le dita che scorrono lo schermo e lanciano Shazam. Sembra fatta, fra poco scopriremo il titolo originale della nostra canzone! E invece no. La canzone è sul finire, l’audio non è preciso, il segnale disturbato. “Le gambe rosa” ha resistito! È ancora lei il nostro motto!

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