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Lunedì, 18 Maggio 2009

Kibera

Lascio il paradiso di Angie, la mama del Milimani Backpackers, che mi ha accolto nelle mie prime notti keniote con le premure e le apprensioni di una mamma. Il Milimani Backpackers dove chi ci sta da' l'impressione di essere li' da sempre e di essere parte della famiglia "backpackers"...

Concorso Storie Vagabonde

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Lascio il paradiso di Angie, la mama del Milimani Backpackers, che mi ha accolto nelle mie prime notti keniote con le premure e le apprensioni di una mamma. Il Milimani Backpackers dove chi ci sta da’ l’impressione di essere li’ da sempre e di essere parte della famiglia "backpackers"; dove a pochi passi dal caos e dallo smog del centro di Nairobi, trovi ristoro; quiete di natura, piante ed aria pulita; un focolare; musica tanzaniana e birra.

Lascio il Milimani backpackars e sono catapultata nella casa della famiglia che mi avrebbe ospitato per un mese (vitto e alloggio per 7000 scellini kenioti... 70 euri!) nella zona chiamata Olympic. Kibera.

E’ buio e vedo solo casino... Una baraccopoli, strade inesistenti o completamente dissestate, pozze di acqua o di piscio, spazzatura ammucchiata in grossi cumuli o sparsa per strada e sui marciapiedi. Polvere... Baracche di lamiera o legno; gente che strilla; fumo; odore di carne e di fritto; bambine con vestiti elegantissimi - un tempo – con balze di tulle zozze e logore, gente che mi squadra lentamente nel buio, mi viene incontro, mi urta incurante...

Attraversiamo vari vicoli sudici e sconquassti, galline e cani girano per strada mangiando spazzatura...

Finalmente arrivo a casa di Marvin e della sua famiglia...

A prima vista un angolo di paradiso dopo l'inferno attraversato per raggiungerla: trovo luce e silenzio.

Mi accorgo presto che e' ancora peggio... La mamma di Marvin ci accompagna nel salotto: cinque poltrone accostate al muro a ferro di cavallo, con al centro un tavolinetto. Le poltrone sono squadrate, hanno dei cuscini durissimi e sono foderate con una stoffa marrone sdrucita dal tempo. Sui cuscini, i braccioli e gli schienali dei merletti candidi e ben stirati ad imbellire il mobilio di qualita’ scadente... Una tovaglia di merletto sul piccolo tavolo che scopriro' essere anche tavolo da pranzo... In un angolo della stanza, una tavola rettangolare con un ferro da stiro piccolissimo, ma messo in bella mostra...

La mamma di Marvin e' come molte delle signore di colore che avevo incontrato prima nella mia vita: fianchi, seno e vita abbondanti. Indossa una parrucca di capelli lisci e corti a caschetto. Parla molto lentamente, quasi sospirando. Sorride, ma non troppo. Marvin e’ un bravo ragazzo, gentile e pacato. Ha l'aria stanca... Chiedo dei consigli a Christine che e’ li’ con me (Christine e’ amica di Marvin e intermediaria per la mia sistemazione). Sono stanca dalla dura giornata, dalla camminata, dalla polvere, dal caos di Nairobi, dalla paura di vivere in quel quartiere, dal cambiamento di ambiente...

Rido molto - dal nervosismo - e non riesco a fare una frase corretta in inglese.

Christine mi dice che posso rivolgermi alla mamma di Marvin chiamandola "mama"... Ovviamente - non mi e' stato difficile immaginarlo - non posso fumare, non posso dire che fumo ed ho paura di uscire da quella casa per andare a fumare in mezzo all'inferno... Tutti mi guardano con sospetto: sono bianca, donna, potenzialmente con un sacco di soldi e in piu' fumo (cosa che gia' e' considerata sconveniente per gli uomini)...

La mamma di Marvin ci serve la cena... riso, crauti (almeno mi sembravano crauti), nyama choma (carne) e patate... mangio lentamente. Sono a disagio. L'unica cosa di cui avrei voglia e’ una birra fredda e una sigaretta. Non posso avere nessuna delle due... Avrei anche voglia di fare la cacca... ma un'altra cosa che scopro poco prima della cena e’ che in casa c'e’ pochissima acqua... Per scaricare gia' solo la pipi' bisogna fare una decina di tentative. L'acqua scende poco alla volta e a fatica...

L'acqua a tavola e' servita dentro dei flaconi da 500 ml di plastica colorata... Sopra vi leggo "Aloe Vera": buon modo di riciclare.

I bicchieri sono in acciaio, ma la mama quella sera tira fuori dalla vetrina dei bicchieri di vetro... che pero' puzzano di polvere.

Prima di iniziare a mangiare la mama arriva a tavola con un catino d'acqua ed una brocca di plastica e mi chiede se desidero lavare le mani... Scopriro’ dopo che e’ una cosa abbastanza usuale sia nelle case che nei ristoranti. Dopo questa specie di "rito" d'igiene, mi chiede se sono cristiana. Rispondo di si' e lei, restando in piedi, spegne la tv e inizia a pregare. Io fingo di stare a questo gioco - imbarazzante per me, formalmente Cristiana, ma atea da un pezzo - chiudo gli occhi e tengo le mani congiunte sulle ginocchia. Dico "Amen" alla fine.

La mia camera e' semplice e confortevole. Finalmente svuoto il mio zaino... Al mattino faccio la doccia. Per lavarsi bisogna prendere l'acqua da fuori (non so dove), metterla in una tanica, svuotarla in un catino e raccoglierla da li' con un piccolo contenitore di plastica per portarla al corpo...

Trovo la cosa affascinante e quasi piacevole.

Per colazione Marvin mi fa trovare chai, la bevanda che tutti i kenioti bevono per colazione (cioe’ te’ bollito con latte e spezie varie), pane in cassetta e margarina. Chiedo a Marvin se ha caffe' o te' perche' non mi piace il latte (dopo un mese in Kenya e diverse colazioni senza troppo imbarazzo della scelta iniziero’ a bere chai abitualmente). Lui allora mette a bollire dell’acqua con un cucchiaino di caffe' in polvere. Mi chiede se va bene perche' non lo ha mai fatto. Me lo chiede quando e' gia' tutto pronto... La brodaglia che ne esce e' disgustosa.

Christine abita vicino casa di Marvin, e' una ragazza bellissima, vispa e indisponente... Casa sua e’ simile a quella di Marvin, anche se apparentemente piu' confortevole... Sempre gli stessi merletti sui divani; soprammobili semplici e logori posti in bella vista come oggetti di gran valore; orologi a muro senza batterie e fermi da un pezzo.

Prendo il mio primo matatu da sola, dopo aver attraversato il quartiere Olympic con una nuova sicurezza, una nuova motivazione a non farmi spaventare dalle apparenze...

I matatu sono dei furgoni scassatissimi, vecchi e rumorosi... Guidano per strada come assassini, la gente ci sta ammucchiata dentro, paga pochi scellini per una corsa e respira polvere e smog dai finestrini aperti...

Il ragazzo che ritira i soldi del biglietto spesso e' attaccato con le mani al tettino e resta in piedi, sporto quasi completamente fuori, mentre il matatu e' in corsa.

In genera strilla alla gente fuori la direzione del matatu e la incita a salire come se stesse vendendo un prodotto al mercato o come se dicesse "sbrigatevi! salite! la citta' sta per esplodere!"... Strilla in swahili cose che non capisco. Spesso i passeggeri salgono mentre il matatu e’ in corsa.

A sera la "mia famiglia" non mi sembra piu’ cosi' triste... La mama mi accoglie calorosamente e dicendosi felice di vedermi ed io, a tale manifestazione d’affetto, reagisco con gioia ed entusiasmo...

Kibera, uno dei piu’ grandi slum in Africa, e’ stata semidisitrutta dalla guerriglia che e' seguita alla contestata elezione di Kibaki a Presidente della Repubblica...

Oltre a cio’ scopro anche che la mamma di Marvin lavora come segretaria per un giudice, in citta'... Cavolo – penso – quindi il suo deve essere uno stipendio medio!

Passo la domenica a fare il bucato, bucato a mano ovviamente. Bucato al sole... quello che ancora e’ in grado di sbiancare i panni – penso scioccamente. Giornata in famiglia e solo quattro/cinque sigarette fumate furtivamente...

C'e' un pannello pubblicitario di circa metri per quattro poco prima dell'entrata di Kibera. E' una pubblicita' della Nivea: ritrae quattro/cinque ochette bianche in minigonna o hot pens che sorridono mostrando cosce e chiappe... Lo slogan e' "goodbye cellulite, hello freedom" e sotto "beauty is freedom". Senza parole.

La mattina attraversare Kibera e' piacevole, c'e' vita... c'e' chi spazza via immondizia, gente che si prepara alla propria attivita', donne che iniziano a cucinare mandazi, altre che si preparano a vendere carbone in piccolo secchielli ed altre ancora che portano con disinvoltura, sulla testa, enormi ceste o sacchi di juta spigolosi e pesantissimi; lustrascarpe, falegnami, uomini che trainano enormi carri arruginiti lungo le strade bitorzolute - su uno di questi, il piu' arrugginito di tutti, c'e' scritto con un pennello "Millennium Transporters" - decine e decine di bambini, in divise blu o in marroni, si dirigono a scuola; musica.

Alla fermata d'autobus Olympic straccioni e storpi, belli e ben vestiti aspettano tutti insieme... La polvere e' ovunque, la terra rossa ti copre le scarpe appena esci di casa e ogni mattina mi chiedo come facciano le camicie di alcuni ad essere sempre cosi’ candide...

Lungo la strada verso citta’ i soliti cumuli di spazzatura, compattati e spianati dal tempo... Tra un cumulo e l'altro, qualche baracca di lamiera con dei ragazzi che aspettano oziosi e pigramente seduti... Su una di esse si legge "Caraibbean car wash".

Chiese ovunque. Il nome di Jesus Christ esaltato come uno spot pubblicitario. Jesus Christ is freedom. But beauty also is freedom... Cristo e l’Occidente si contendono la leadership sul popolo kenyota nella ricerca della felicita'.


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