RACCONTO
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Giovedì, 14 Luglio 2005

In Australia in kayak

Racconto del nostro viaggio di sette giorni in kayak in completa autonomia nelle Whitsunday Islands, in Queensland - Australia

ARTICOLO DI

Vagabondo0


Vogliamo ringraziare innanzitutto Scott che ha insistito per farci fare questa splendida esperienza in kayak, quindi la Ferrino e la Crispi per l'aiuto fornito.
Oggi abbiamo scoperto i SOT, il migliore kayak che esista per il campeggio nautico (trovate tutte le informazioni in fondo all'articolo) e vogliamo ringraziare Gioanni per la scoperta e dove li abbiamo acquistati, per la gentilezza e la disponibilità.

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La nostra esplorazione del Continente Rosso continua, questa volta nella fascia tropicale, e più precisamente Northern Territories e Queensland. Dopo aver ammirato le sconfinate meraviglie del Kakadu National Park, coi suoi immensi spazi e gli altrettanto immensi coccodrilli, dopo aver affrontato le difficoltà dell'attraversamento della foresta tropicale pluviale di Cape Tribulation, dove la foresta si tuffa direttamente nel blu dell'oceano in una sorta di avamposto della "umana civiltà" insinuata nella natura rigogliosa e ancora poco domata, dopo il lungo viaggio in autostop che ci ha condotti a Cairns e alle meraviglie inaspettate del coloratissimo mondo subacqueo della Great Barrier Reef, dopo tutto questo e tanto altro ancora, i protagonisti di questa avventura, Matteo, Maurilio e Mihai, come moderni moschettieri, si uniscono al quarto membro del gruppo, il prode Nicola, direttamente giunto dalla Grande Mela per l'ultima sfida, la più dura: una visita a un parco nazionale.
Quindi Uno per tutti e tutti per uno!!!!

C'è da dire, però, che non tutti sono sopravvissuti a queste prove: la nostra prode e coraggiosa macchinetta fotografica, compagna di mille avventure, è precipitata in una cascata mentre Maurilio la passava a Mihai che voleva fare una foto da appeso ad una liana... La macchinetta usa e getta comprata a Cairns per sostituire quella rotta non fa miracoli e le foto che vedrete non sono sicuramente all'altezza del luogo...

Arrivati ad Airlie Beach, la prima cosa che facciamo è guardarci in giro e raccogliere informazioni, la nostra meta è il parco delle Whitsunday Islands, ma tutte le offerte che ci vengono fatte non ci soddisfano minimamente, e poi in realtà già sappiamo cosa vogliamo, quindi continuiamo a girare finchè non incontriamo ciò che fa per noi, l'unico, il grande Salty Dog.

E qui occorre fare una precisazione....
Il parco è costituito da un arcipelago di 74 isole tutte molto ravvicinate tra loro di cui 71 assolutamente intatte e disabitate! (due delle tre rimanenti ospitano esclusivi villaggi turistici mentre sulla terza c'è di tutto).
Tutto l'arcipelago si trova all'interno della Barriera Corallina (che qui dista quasi 70 km dalla costa) che crea una specie di "effetto mediterraneo": niente onde mostruose o squali.

La nostra idea per visitare il parco consiste nel farlo utilizzando il kayak come mezzo per un percorso di sei giorni e Salty Dog è un tipo fichissimo che come lavoro affitta kayak da mare (oltre ad essere fichissimo credo che sia anche l'unico da queste parti...).
Prima di contattare Salty Dog, però, abbiamo fatto una visita alla stazione locale dei ranger del parco, dato che è necessario pagare una prenotazione giornaliera per la visita all'arcipelago delle Whitsunday Islands pianificando le tappe giorno per giorno.
Comunque recarci dai Ranger è stato utile non solo perchè abbiamo passato piacevolmente un po' di tempo insieme ad altri ragazzi che cercavano informazioni sul parco, ma anche perchè grazie alle loro informazioni abbiamo potuto buttar giù un tracciato del nostro percorso e decidere le mete più interessanti e i luoghi più belli da vedere, senza contare che la ragazza che ci ha accolto era veramente molto carina!
Quando ci siamo presentati da Salty Dog pensavamo si sarebbe meravigliato nel momento in cui gli avremmo proposto di voler affittare i kayak per 6 giorni (immaginate di andare in spiaggia dal bagnino a chiedere un kayak e quando lui vi chiede per quante ore voi gli rispondete "sei giorni, grazie"), invece ci ha sorpresi lui quando, senza batter ciglio, ci ha risposto: "ma non sapete dell'offerta? Con sei giorni di affitto avete il settimo in omaggio!".

Fieri quindi del nostro percorso di 7 giorni, che ci avrebbe permesso praticamente di visitare la maggior parte del parco, ci siamo dati da fare con la lista dei viveri, dato che avremmo dovuto viaggiare in totale autonomia (non solo sulle isole deserte non ci sono negozi di alimentari, ma su queste non c'erano neanche delle sorgenti d'acqua dolce :)
E' così cominciato il nostro viaggio, e calcolando le bellezze annunciate dai Ranger, unite al fatto che nessuno di noi aveva mai prima di allora passato così tanto tempo in balia dei flutti e di una pagaia, le premesse perchè fosse una vera avventura c'erano davvero tutte...




1°GIORNO
Abbiamo appuntamento a mezzogiorno con Salty Dog per levare le ancore, quindi di buon ora ci precipitiamo al supermercato che si trova poco fuori Harley Beach per acquistare le nostre provviste. Riusciamo comunque a fare tardi all'appuntamento, ma siamo troppo euforici perchè qualcuno dia peso a questo dettaglio! Salty Dog si informa del nostro percorso, dandoci dei consigli e imbastendoci di alcuni rudimenti per riuscire a godere appieno della nostra vacanza a pelo d'acqua, poi, finalmente, veniamo presentati al cospetto dei nostri potenti mezzi.
Sono bellissimi, e quasi mi commuovo, specialmente quando penso a quanto sarà faticoso, e di nuovo mi torna alla mente la frase che tante e tante volte mi sono posto di fronte ad ogni sconsiderata azione che mi è capitato di intraprendere: "ma chi me lo fa fare!". Ma come al solito, prima di realizzare che quello è il momento propizio per fuggire, vengo distratto dalle provviste da dividere, l'acqua da immagazzinare e i bagagli da stivare nei gavoni stagni del kayak, per cui prima ancora di rendermene conto mi ritrovo a fendere le onde in sella al mio destriero arancione. Yuppiiiii!!!!!
Puntiamo South Molle, una piccola spiaggia dall'altra parte della baia e siamo in un tratto di mare molto ampio. Il mare ci dondola coi suoi cavalloni, il sole ci bacia coi suoi raggi, il vento ci conforta col suo fresco alito. E' la prima volta che salgo su un kayak da mare, ma comincio a prenderci confidenza e a sentirmi a mio agio, muovo il timone coi pedali e quello docile risponde, pagaio a destra e a sinistra e il kayak fila che è un piacere, e mentalmente ripasso i consigli di Salty Dog e rivedo la scena di noi che ascoltiamo rapiti quell'uomo che parla, e come pulcini intorno alla chioccia ci sentiamo protetti dalle sue parole:"Mi raccomando ragazzi, ci sono solo due cose che mi sento di dovervi dire: la prima è che non si gira di notte con il kayak in mare, le coste sono buie perchè disabitate e non capireste dove state andando, la notte usatela per riposare. La seconda riguarda le balene. Potreste avere la fortuna di incontrarle, ma state all'erta. Sono animali pacifici ma sono anche MOLTO grandi. Quando ne vedete una non precipitatevi per vederla da vicino: rimanete ad osservarla da una certa distanza, quando si immergono per voi potrebbe essere pericoloso..." e noi che assolutamente consci della verità di queste sagge parole ci guardiamo e in cenno d'assenso facciamo dondolare le nostre testoline come quattro scolaretti coscienziosi.

Mi desto perchè scorgo qualcosa davanti a noi:"Guardate lì, c'è un tronco gigantesco in mezzo all'acqua!" "Ma no, è troppo grosso, dev'essere uno scoglio" "No... oscilla con le onde... è qualcosa che galleggia..."
Poi è successo. Lo scoglio a forma d'albero ha sbuffato e noi siamo stati sopraffatti da un impulso, un istinto primordiale che ci ha magnetizzato all'istante e che ha polarizzato i nostri esseri verso l'origine stessa della parola "felicità". Le nostre pagaie sono scattate all'unisono al grido di:"la baleenaaaaaa...!!!!!!" come se quella fosse l'unica cosa possibile da fare, attratti dalla meraviglia e vinti da una forza sconosciuta che da quella magica prima volta non siamo più riusciti a contrastare. Per l'emozione, nelle foto, insieme alla balena ho immortalato il mio dito.

Il resto della traversata si è svolta senza altre particolari emozioni, tranne l'incontro con delle gigantesche tartarughe di mare che nuotavano placide e che erano difficilissime da avvicinare, e ci ha visto giungere finalmente al nostro primo approdo per un meritato riposo.
A poca distanza dalla destinazione finale della nostra tappa odierna, la spiaggia di South Molle mi ha meravigliato perchè era costituita esclusivamente da pezzi di corallo bianco dalle mille forme e da gusci di conchiglie consumati dall'acqua: su quella che da lontano sembrava una spiaggia di ciottoli bianchi, in realtà di ciottolo non ce n'era neanche uno!
Ammetto che poi nei giorni successivi tale meraviglia è decisamente scemata, dato che tutte le spiagge erano più o meno fatte così, ma quella prima volta sono rimasto incantato ad ammirare la quantità di forme che i miei piedi calpestavano...

Siamo poi ripartiti verso North Molle, dove finalmente avremmo piantato le nostre tende e trascorso la nostra prima notte nel parco.
La spiaggia di North Molle è un vero incanto, dipinta dal sole del tramonto e con tanti alberi a ridosso della sabbia fina fina. Abbiamo issato i kayak sulla spiaggia e poi abbiamo piantato le tende all'interno, in apposite aree destinate a quello, e dopo aver mangiato ci siamo addormentati accompagnati dal canto di mille animali sconosciuti, dal suono del vento e da un firmamento che sembrava acceso solo per noi.




2°GIORNO
Ci svegliamo di buon ora e ci godiamo un po' l'aria fresca e i primi raggi del sole che filtrano dalle cime degli alberi. Smontiamo le tende e ci prepariamo a celebrare il rito che scandisce ogni entrata ed uscita dall'acqua e che segna i momenti salienti di questa e di tutte le altre giornate a venire, vale a dire sganciare le cinghie, aprire i gavoni, togliere, mettere e sistemare i bagagli, l'acqua e il cibo dentro il kayak, poi chiudere i gavoni e riagganciare le cinghie... Non so quante volte l'ho fatto in quella settimana, ma alla fine ero diventato davvero bravo!
Nel rimettere in mare i kayak notiamo subito quanto qui la marea sia un fenomeno da tenere in seria considerazione, visto che metà della spiaggia che ieri sera avevamo attraversato trascinando a mano i kayak, ora è completamente sommersa. Riteniamo quindi di dover prendere in considerazione il foglietto su cui sono segnati gli orari delle maree che avevamo guardato con noncuranza solo poco tempo fa, quando ce l'avevano dato sia i ranger che Salty Dog, e da quel momento abbandonato in fondo ai bagagli!



Senza neanche voltarci spingiamo a tutta birra, i nostri muscoli si flettono, la brezza ci sospinge e nuovi orizzonti si aprono alla nostra vista, tutto è perfetto! Le coste lungo cui navighiamo si rivelano bellissime, le isole sono dense di vegetazione, strani alberi somiglianti ad abeti ci danno l'impressione di stare in montagna o in un lago del Canada, ed è una sensazione davvero straniante accostata alla vista degli scogli e delle onde che vi si infrangono.
Navighiamo per un lungo tratto: dobbiamo superare l'ampio braccio di mare (una decina di chilometri) che separa la parte principale dell'arcipelago dalle isole più vicine alla costa, e la marea montante si oppone con decisione!

Appena raggiunta Hook Island sbarchiamo su di una piccola spiaggia, ho proprio bisogno di sgranchirmi un pò le gambe, ancora devo un po' farci l'abitudine a lasciarle così immobili dentro lo scafo, Matteo vive la cosa come una vera tortura. La spiaggia è molto bella, vediamo anche le prime mangrovie con le loro radicette che spuntano dal suolo, e poi ne approfittiamo per farci una bella passeggiata lungo gli scogli.
Ripartiamo, fino ad avvistare il canale di Hook Island che attraverseremo per arrivare alla nostra meta di oggi.
Ci attardiamo un pò, ogni cosa è per noi una novità e desta la nostra meraviglia, specialmente quando ci accostiamo ad una grossa baia dove l'acqua è bassa (ora la marea sta calando) e ci accorgiamo che è piena di razze. Sono animali bellissimi che a me fanno venire in mente delle astronavi, sono velocissime e ce ne sono di molto grandi, nell'acqua bassa le inseguiamo sia in kayak che a piedi.
Visto che è già tardi e che sulla spiaggia ci sono delle palme, decidiamo quindi di provare a vedere se ci sono delle noci di cocco e sbarchiamo.
E' cominciato a questo punto una specie di tiro al bersaglio che però non ha prodotto altri risultati se non qualche lussazione e qualche livido, provocati dai famosi proiettili-boomerang e da una mira da migliorare. Siamo passati poi all'accanimento vero. Muniti di una rudimentale scala e di molta incoscienza abbiamo attaccato la palma più bassa della spiaggia finchè non abbiamo divelto due noci di cocco e siamo tornati vittoriosi alle imbarcazioni con i nostri trofei mangerecci. Più tardi avremmo tratto diversi insegnamenti da quei trofei.
Intanto la marea aveva fatto si che per rimettere in mare i kayak i nostri quattro eroi si siano dovuti prodigare in un traino davvero eccessivo, ma necessario.
Dopodichè calò la sera. A quel punto ci siamo resi conto che non avremmo potuto raggiungere in tempo il luogo prefissato per l'accampamento, quindi ci siamo orientati verso un approdo di fortuna dove trascorrere la notte in un campo molto clandestino su una spiaggia nascosta (essendo le Whitsunday Islands un parco, è vietato mettere la tenda in luoghi non espressamente adibiti allo scopo). Si è comunque trattato di un campo molto bello e confortevole.

L'insegnamento delle noci di cocco: noi, poveri stolti, alla fine del pasto serale avremmo volentieri festeggiato deliziandoci con dell'ottimo latte di cocco più un assaggio della prelibata polpa bianca del frutto. Si è assistito quindi alla scena di quattro persone che prima festanti e felici, poi sempre più affannate si accanivano inutilmente nel vano tentativo di scalfire la superficie esterna della noce di cocco, anche usando nei modi più fantasiosi tutti gli arnesi messi a disposizione dal loro ingegno.
C'è da dire, infatti, che le noci che siamo abituati a vedere al supermercato in realtà sono l'interno della noce di cocco, che viene privata di un rivestimento fibroso di parecchi centimetri.
Alla fine il prode Nicola risolve la situazione con una idea illuminata: cozzare ripetutamente la noce su un masso enorme lanciandola da lontano stile lancio del peso. Al quarto cozzo si è sentita distintamente la rottura della odiata durissima coccia, ma a quel punto l'amara verità si è a noi palesata... Non solo da quella rottura tutto il latte è andato perduto, ma il frutto era talmente acerbo da risultare immangiabile anche per Mihai. I nostri eroi si sono quindi risolti ad andare a dormire sazi, non certamente di cocco ma bensì di insegnamenti.




3°GIORNO
Nuovamente una giornata splendida che ci invoglia a cavalcare le onde e scoprire le nuove meraviglie di questi luoghi. La tappa di oggi non è molto lunga, siamo diretti ad una spiaggia che ci hanno descritto essere molto bella e cerchiamo quindi di arrivarci prima possibile per godercela al meglio.
In effetti quando arriviamo rimaniamo a bocca aperta per lo spettacolo che ci si para davanti, una baia grandissima racchiusa da una scogliera e da verdi montagne che fanno da cornice tutt'intorno e in fondo una spiaggia bianchissima a forma di mezzaluna con un boschetto alle spalle. Due ragazzi californiani che hanno passato la notte lì (sono in kayak anche loro) ci accolgono e si fermano a chiacchierare con noi prima di ripartire, dopodiché rimaniamo gli unici custodi della bellezza di Mackerey Bay.
La baia è piena di coralli, quindi passiamo molto tempo dedicandoci alla esplorazione di quel mondo sommerso. L'unico vantaggio di questa pessima macchinetta fotografica è che è subacquea, quindi eccovi un po' di foto:



Non so dire l'emozione che abbiamo provato quando, mentre eravamo immersi, riuscivamo a sentire il richiamo delle balene che nuotavano all'imboccatura della baia. Per questo motivo poco dopo si è ripetuta la scena della "caccia alla balena" con noi che partivamo dalla spiaggia ogni volta che in lontananza vedevamo gli spruzzi di quei magnifici animali che affioravano all'improvviso. Un'altra bella scoperta di quella baia è stata un ramo laterale che si insinuava verso l'interno completamente avvolto dalle mangrovie: infilandoci con i kayak nell'intrico di radici aeree abbiamo giocato a lungo ai pirati.
Il tramonto ci ha lasciati spettatori di una pace, di un armonia e di una tranquillità davvero commuoventi, la superficie del mare, completamente piatta, rifletteva i colori del cielo rendendoli, se possibile, più belli. In ultimo un regalo ulteriore ci è stato concesso, poichè dal pelo dell'acqua è venuta fuori la pinna di uno squaletto che per circa dieci minuti ha scorrazzato beatamente davanti ai nostri nasi stupefatti che giocavano a indovinare le sue strane traiettorie. Come ci ha spiegato Salty Dog si tratta dei così detti Coral Shark, squali del corallo, assolutamente innocui.
E poi c'è stata la notte, la prima delle notti da ricordare. I ragazzi californiani ci avevano avvisati, ma noi ci siamo resi conto di aver sottovalutato i loro avvertimenti.
Prima sono arrivati dei simpatici topi marsupiali, che hanno bucato da parte a parte la tenda di Mihai e Nicola per curiosarci dentro (per fortuna la mia Ferrino si è salvata), poi sono calati su di noi come un flagello gli sciami dei moscerini mortali, noi non pensavamo di doverne affrontare così tanti e che i loro morsi producessero bolle tanto fastidiose e persistenti... fatto sta che per tutta la notte abbiamo combattuto e che tutti gli attacchi sono stati respinti, anche se i topi, per rappresaglia, ci hanno cacato nelle gavette!




4°GIORNO
La mattina dopo la battaglia abbiamo riguadagnato il mare aperto aiutati dalla corrente favorevole. Tutto è come sempre bellissimo, tranne la sensazione di prurito che è davvero difficile da vincere. Ma le punture sono ancora poche! Mi faccio distrarre da uno spettacolo insolito, farfalle di tutte le dimensioni che durante la traversata mi svolazzano attorno allegramente anche se siamo ben distanti dalla terraferma. Oltretutto, nonostante mi impegni, sono molto più veloci di me.
Le coste che incontriamo e le spiagge su cui ci fermiamo per riposare sono un vero spettacolo, il colore del mare si carica del verde della vegetazione e bianchi e buffi nuvoloni si offrono da contrasto all'azzurro del cielo.
Ci fermiamo per una piccola pausa ristoratrice in cui godiamo finalmente di un pò d'ombra, poi belli riposati, ripartiamo alla volta di Peter Bay, la nostra meta odierna.
E' una cosa incredibile come sia possibile rimanere affascinato ogni volta di più dai panorami meravigliosi che il mio sguardo si trova ad incrociare, e questa sensazione si presenta nuovamente quando ci affacciamo nella baia. Il sole tramonta alle nostre spalle e tutto ha assunto il color dell'oro.
In mezzo al golfo, in mezzo al mare, si ergono due alberi verdi, come nelle favole dei bambini...
Le mangrovie sono immerse per metà nell'acqua, che però, per effetto della marea, si sta velocemente ritirando. Il livello del mare scende a vista d'occhio, ad una velocità che desta davvero meraviglia e che, a un certo punto, ci permette di fare un giro a piedi fin dove poco prima pagaiavamo gioiosamente.

Ribattezziamo la baia come "baia dei lucertoloni", vista la quantità di impronte che troviamo sulla spiaggia di questi enormi ed innocui rettili, lunghi più di un metro e mezzo. Ci accampiamo e sbrighiamo le nostre faccende finchè non riuscendo più a contrastare l'attacco dei moscerini mortali ci ritiriamo nelle tende per il meritato riposo. Ricordo quella notte con terrore ed angoscia, ripensando alla incredibile sofferenza provocata dalle centinaia di pizzichi che avevo, specialmente sulle gambe, e di come tentassi in ogni modo di vincere il bisogno di grattarmi, e di come invece ogni tanto questa titanica lotta si risolvesse con dei fulminei raptus in cui cedevo senza riserve provando prima un godimento e poi un dolore e una frustrazione grandissimi.
A questo punto qualcuno di voi potrebbe chiedersi: ma non avevate un anti-zanzare? No, perchè nelle tre settimane di viaggio precedenti non c'era nessuna di queste bestiacce!





5° GIORNO
Al nostro risveglio ci sembra di essere stati trasportati in un altro luogo durante la notte, tanto è diverso lo scenario che ci appare da come lo ricordavamo la sera prima. Al posto della baia c'è un enorme distesa di sabbia e coralli con due alberi nel mezzo, e solo al di là della distesa scorgiamo il mare, piatto come una tavola. Ci guardiamo, poi guardiamo i kayak, e veniamo assaliti da una profonda consapevolezza. E' agghiacciante, ma ci toccherà trascinare le nostre imbarcazioni e tutti bagagli per molte centinaia di metri prima di poterle posare in mare. Mi sento un pò come un pesce fuor d'acqua!
E' una calda e assolata mattina d'inverno qui ai tropici e il percorso che ci accingiamo a fare oggi ci porterà ad una delle spiagge più belle e conosciute di tutto l'arcipelago. Il mare è tranquillo e ormai pagaiare è diventato un movimento naturale da compiere per il mio corpo, a tratti mi sento come fossi metà uomo e metà scafo, e gioco con la pagaia fra le onde come se le mie stesse mani vi affondassero.
Solo le gambe soffrono un po', chiuse nel loro stretto spazio: Matteo non ci si è abituato e approfitta del mare calmo per fare un pezzo di tragitto con una gamba di fuori (non ho capito bene come c'è riuscito).

...La paletta che solca l'aria pronta a rituffarsi nel mare lascia andare l'acqua rimasta sulla sua superficie in docili e lucenti gocce, colpo dopo colpo mi lascio alle spalle tutti quei posti su cui in precedenza il mio sguardo si era posato e dei quali avevo considerato la grande distanza, solo la prua colorata del mio kayak rimane l'unica cosa che non raggiungo mai.
Ripenso alla spiaggia verso cui siamo diretti, Whiteheaven Beach e rivedo le immagini prese dall'alto viste sulle cartoline e sui libri di foto patinate.
La distesa bianca ed infinita si inoltra formando un canale sinuoso verso l'interno dell'isola: sarebbe bello poterlo risalire per vedere fin dove arriva.
Una cosa poi mi ha davvero colpito di quelle immagini, i colori incredibili che dipingono quei luoghi, e sono davvero curioso di verificare quanto di vero c'è in quelle foto...

Ecco i link ad alcune foto aeree (che non possiamo pubblicare per motivi di copyright) che danno l'idea di questo luogo incredibile:
Foto 1 (bassa marea)    Foto 2 (la marea sale)    Foto 3 (alta marea)
Per avere idea delle dimensioni calcolate che la vegetazione intorno è una foresta con grandi alberi, non cespugli come si potrebbe pensare :)

Superato un promontorio cominciamo a scorgere qualcosa di nuovo a cui non eravamo proprio abituati nei giorni scorsi, vale a dire varie imbarcazioni di ogni genere ed un sacco di gente che cammina, corre e gioca sulla spiaggia, anche se vistane l'enormità, non si può certo dire che sia affollata (diciamo che se fossimo in Italia diremmo "...la spiaggia era quasi deserta..."), ma quello che colpiscedi più è la bellezza del luogo.
L'acqua verde-blu è assolutamente trasparente e sembra emanare una propria luminosità grazie alla bianchissima e finissima sabbia di silice che è caratteristica di questo posto. La spiaggia è enorme, e talmente bianca da sembrare una distesa innevata. E' uno spettacolo davvero meraviglioso.

Ci riposiamo un pò e ci diamo una occhiata intorno, poi decidiamo che non si può assolutamente proseguire oltre senza prima aver curiosato nel canale di cui ho parlato prima.
E risalendo il canale ci passeremo gran parte del resto della giornata. Sotto di noi centinaia di razze e pesci giganteschi sfrecciano noncuranti del nostro passaggio e la corrente della marea che sale e che ci sospinge è talmente forte che basta timonare per andare avanti. E' per effetto della marea che si è creato tutto questo e percorrendolo così, a pelo d'acqua, ci si sente partecipi della perfezione della natura che questo posto esprime in maniera così evidente.
Migliaia di granchietti tondi, grandi come un oliva migrano su piccole dune di sabbia sempre più alte man mano che l'acqua sale, quando ci avviciniamo si coricano su un fianco e iniziano a girare... in pochi istanti si "avvitano" nella sabbia e spariscono.
Per pranzare scegliamo delle rocce piatte abbastanza alte da rimanere fuori dalla marea, Matteo non si arrende e continua da solo l'esplorazione del canale per un altro tratto portandosi il kayak al guinzaglio.

Il ritorno è un pò più faticoso perchè si va contro-corrente (la marea sta ancora salendo, ma non possiamo fermarci oltre ad aspettare che scenda, mancano ancora due ore), ma la fatica viene mitigata dalla soddisfazione di trovarsi in un posto tanto bello e quando si è concentrati ad inseguire le razze gialle e nere non si pensa alla stanchezza.

Ci dirigiamo poi verso il posto dove fare campo che si trova all'altro estremo di Whiteheaven beach, a circa 6 Km di distanza. La gente sulle poche barche ormeggiate nella baia ci saluta con le mani.
E' stato qui che per la prima volta ho cominciato a sentire una stanchezza nuova, le mani doloranti e la smania di smontare dal seggiolino e muovere le gambe, riuscendo a faticare più in quei 6 km che in tutto il resto della giornata... Mihai e Nicola erano chilometri avanti, mentre io e Matteo ci lanciavamo sguardi sconsolati ogni volta che, guardandoci intorno, sembrava di essere sempre nello stesso posto. Ma piano piano ce l'abbiamo fatta e anche questa volta lo spettacolo della baia al tramonto è servito a ristorarmi e rinfrancarmi.








6° GIORNO
La mattina ero un pò stanco a causa del prurito dei malefici moscerini che certo non concilia il sonno, avrei voluto riposarmi per bene ma non potevamo indugiare più di tanto...
Mentre smontiamo una tenda un grosso corvo salta fra i nostri bagagli dove avevamo fatto colazione. Arrabbiato perchè non trova nulla di interessante (il cibo lo avevamo già tolto, ha assaggiato le candele ma non gli sono piaciute) prende il rotolo della carta igienica e vola su un ramo a 5 metri d'altezza; quindi, con sguardo furbetto e godendo di tutte le nostre inutili proteste, trasforma tutto il rotolo in coriandoli e se ne va con il tubo di cartone.

Il tratto che affrontiamo oggi è battuto da correnti più forti e le acque sono più movimentate che nei giorni scorsi, cominciamo così a fare le prime vere e proprie cavalcate sulle onde, riuscendo a tratti anche a surfare col kayak!
Ad un certo punto vediamo davanti a noi una famigliola di balene e anche stavolta non possiamo esimerci dall'osservarle da vicino, anche perchè stavolta sono proprio a portata di mano!
Solo che l'impegno necessario è maggiore rispetto alle altre volte: le balene sembrano essere un tantino più a loro agio nel muoversi nel mare agitato rispetto a noi e questo si evidenzia ancora di più quando per poco non mi scatafascio sugli scogli.
Degno di nota è anche il momento in cui siamo stati immortalati da decine di macchine fotografiche impugnate da altrettanti turisti giapponesi: nel pieno del loro tour di whale-watching a bordo di una nave, si sono visti spuntare da dietro un gruppo di scogli un gruppo di balene inseguite ad una cinquantina di metri di distanza da un gruppo di deficienti in kayak (noi, nella fattispecie).
Alla fine le quattro balene, raggiunto un isolotto, spariscono sott'acqua per invertire la direzione come fanno i nuotatori in piscina: intuita la cosa, solo Matteo e Mihai fanno in tempo a spostarsi lateralmente, mentre il nostro Nicola si vede sorgere dall'acqua due colline/balene a meno di 5 metri dal suo kayak! Ma non c'è problema: alla teoria "la balena può essere pericolosa" abbiamo ormai da tempo sostituito quella "la balena è morbida e senza spigoli", quindi non può succederci nulla di male!

Per la pausa pranzo odierna scegliamo di fermarci su una deliziosa spiaggetta protetta dalla corrente e piena di palme da cocco.
Facciamo finta di niente per un pò ma poi finiamo per unirci a Matteo in un nuovo assalto alle noci, quando capiamo che ce ne sono di ben mature e che potrebbero rimpinguare le nostre provviste e contribuire a variarne un pò i sapori.
Dopo alcuni tentativi di scalata decisamente non all'altezza delle performance dei maori che si vedono nei documentari, passiamo a tecniche più vicine al nostro background culturale: una gragnola di sassate ben assestate, e questa volta riusciamo ad ottenere dei risultati più che soddisfacenti collezionando alla fine un bel mucchietto di noci di cocco mature.
La tecnica del prode Nicola di percuotere rudemente i gusci protettivi delle noci con dei mostruosi sassi non sortisce nessunissimo tipo di effetto sui cocchi maturi: lo spesso rivestimento fibroso esterno che protegge il guscio quando si secca diventa antiatomico!
Le popolazioni del Pacifico usano il machete, pratico strumento che però noi italiani son siamo soliti portarci dietro quando andiamo al mare... Per scalfirli e riuscire ad aprirci un varco verso il guscio vero e proprio dovremo usare i nostri coltelli e una buona dose di pazienza e di forza bruta. Aprire le noci di cocco è così diventata una vera e propria attività sportiva di gruppo dove ognuno interveniva a sostegno dell'altro per il bene collettivo. La ricompensa: il cocco più buono che io abbia mai mangiato.
Affiniamo la tecnica e per l'apertura dell'ultima noce impieghiamo meno di 10 minuti!!
Rinfrancati nel corpo e nello spirito e con i gavoni pieni di cocco partiamo diretti a Henning Island, incrociando in lontananza con lo sguardo anche dei delfini. Un forte vento si alza soffiando alle nostre spalle, e questo, unito alla corrente, ci fa raggiungere l'isola in pochissimo tempo. Prendiamo possesso quindi di quel territorio tanto ospitale, ricchissimo di piante stranissime e alberi di specie sconosciute, battuto da forti venti e pieno di piccoli animali dalla lunga coda, non bene identificati. Il vento è prezioso per non avere a che fare con il nostro incubo peggiore: di moscerini mortali neanche l'ombra, così prima di addormentarmi mi fermo un pò a godermi lo spettacolo delle stelle che appaiono e scompaiono tra le nuvole che giocano a rincorrersi.




7° GIORNO
E' l'ultimo giorno per noi qui al parco, e non posso fare a meno di pensarci. Mi dispiacerà staccarmi dalla mia metà a forma di scafo, mi mancheranno tutti i gesti ormai così familiari che hanno caratterizzato i giorni andati, e sento che, nonostante la fatica, le mani anchilosate, i muscoli doloranti, le gambe rattrappite e la voglia di mangiarmi un gelato, avrò nostalgia di questi giorni passati nelle Whitsunday Islands.
Il tempo oggi è un pò peggiorato, c'è vento, è nuvoloso e il cielo diventa sempre più grigio. Pagaiando rimaniamo sottocosta finchè possiamo, a tratti faticando un pò per le alte onde da superare.
Decidiamo ormai di puntare diretti a Shute Harbour, il tempo sembra peggiorare sempre di più e non vogliamo ritrovarci a dover affrontare un temporale nel bel mezzo del canale principale.
Questa volta però marea ed onde sono dalla nostra parte e lo traversiamo quasi senza accorgercene.
Sbarchiamo su un minuscolo isolotto, non per mangiare (eccetto altre sei o sette noci di cocco non c'è rimasto proprio più nulla), quanto per prenderci un pò di riposo prima di approdare alla fine del viaggio, ma ripartiamo quasi subito e poco dopo le due approdiamo nello stesso posto che una settimana prima ci aveva visto partire alla scoperta delle meraviglie del parco.

Scritto da Maurilio con qualche intrusione di Matteo

  • Il sito di Salty Dog, per chi vuole ripetere la nostra esperienza.
    Quando Maurilio dice "un tipo fichissimo" non sbaglia: Salty Dog è simpatico e disponibile, ci ha prestato pinne, maschere ed una tenda (si era aggiunto Nicola e noi avevamo solo una Ferrino da 3) per il viaggio e ci ha dotato di una mappetta fatta da lui con tutti i posti più belli, le zone di barriera corallina ecc.



La scoperta-rivelazione dei kayak Sit-On-Top (SOT)

Il campeggio nautico in kayak è un'attività bellissima, penso che sia il modo più bello per vivere la natura del mare e della costa: sfreccia veloce e manovrabile anche su fondali bassissimi permettendo di esplorare tutti gli anfratti, le grotte ed i più segreti recessi della costa, non inquina e non fa rumore, ti permette di viaggiare in completa autonomia per molti giorni, non teme il mare mosso anche quando è molto mosso ed è facile da issare a terra per farlo sparire se si campeggia abusivamente ;-)
...Insomma, ci sarebbe da chiedersi perchè, dopo un'esperienza come quella che vi abbiamo raccontato, non siamo subito corsi a comprarcene uno per ciascuno.
La risposta è facile: la scomodità!
Le gambe sono imprigionate dentro un sarcofago umidiccio dove non possono muoversi e per farle uscire bisogna sbarcare a terra, inoltre se il mare è mosso bisogna avere l'eskimo, quell'affare di neoprene che ti unifica alla canoa, che tiene un caldo mostruoso oltre a provocare una decisamente poco estetica abbronzatura metà nero (sopra) e metà bianco (sotto).
Ma poi è arrivata la soluzione finale proprio da un vecchio amico di Vagabondo: Gioanni!
Gioanni ci ha fatto scoprire i kayak Sit-On-Top o "SOT": sono kayak da mare in tutto e per tutto, con gavoni stagni per i bagagli e tutti gli orpelli necessari al turismo nautico spinto, ma hanno una depressione su cui sedersi anziché un buco in cui infilarsi, e questo cambia tutto!!!
Le gambe sono libere di sgranchirsi quanto si vuole, si può scendere a fare un bagno e risalire anche in mezzo al mare e anche l'abbronzatura ci guadagna decisamente, il tutto mantenendo tutti, ma proprio tutti, i vantaggi del kayak!!
Bene, noi ne abbiamo appena comprati due e questa estate li sperimenteremo e vi sapremo dire come va, intanto eccovi un po' di indirizzi utili:

  • Le nostre due barche le abbiamo comperate qui a Roma da GYM-SPORT che ci ha fatto un prezzo veramente ottimo:
    GYM-SPORT
    Via Michele Amari 43 - Roma
    Tel. 06.78.34.53.02

    Presto avrà un sito web e vi metterò il link.

  • Questo è il sito di Gioanni, che non solo ha fatto scoprire questa barca a noi, ma possiamo dire che sia quello che ha portato in Italia la filosofia del SOT.

  • Questo, invece è il sito della comunità italiana dei SOTtari.

  • Dopo una lunga ricerca di mercato, anche con l'aiuto di Gioanni, abbiamo scelto il Prowler 15 della Ocean Kayaks, comunque nel suddetto sito dei SOTtari trovate tutti i modelli possibili e immaginabili (molti dei quali purtroppo assolutamente irreperibili in Italia).


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