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Venerdì, 6 Aprile 2007

Dal Po al Volga - Russia e Repubbliche Baltiche 2005

Sono 9 gli equipaggi che si apprestano ad affrontare il viaggio autogestito in Russia, programma ed itinerario sono stati meticolosamente preparati con largo anticipo...

ARTICOLO DI

Vagabondo0

3 agosto 2005, autostrada A 23, area di servizio "Fella Est". Sono 9 gli equipaggi che si apprestano ad affrontare il viaggio autogestito in Russia e che qui si sono dati appuntamento..

Programma ed itinerario sono stati meticolosamente preparati con largo anticipo al fine di presentare per tempo le documentazioni richieste, ottenere la tutt'altro che indifferente quantità di visti, prenotazioni, permessi assortiti ed infine allacciare gli indispensabili contatti, senza i quali non sarebbe possibile intraprendere un simile viaggio

Non pochi dubbi e timori iniziali aleggiano, anche se non dichiaratamente, in tutti quanti e particolarmente in chi, come mia moglie ed io, si trovano ad affrontare un viaggio in carovana dopo ben 24 anni di solitarie migrazioni. La convivenza, di notevole durata temporale, fra persone con abitudini, interessi ed esigenze sicuramente disomogenee, che si sono conosciute a mezzo di un'inserzione su Plein Air, lascia spazio ad interrogativi cui solo il tempo saprà dare risposta!



Pronti
Via si parte!

Si lascia l'Italia al valico di Tarvisio. Accompagnati dalla pioggia, attraversiamo velocemente l'Austria sulla direttrice Graz–Vienna. Abbandonata l'autostrada si segue la E 461 e si entra in Rep. Ceka. Dopo Brno, si segue la E 462 A sera, troviamo ottima sistemazione nel parcheggio del Mammel Motel poco prima di Olomuc

In un panorama di boschi e campi coltivati, punteggiato di rari villaggi, la strada, con fondo non sempre in buone condizioni, ci porta al valico di frontiera polacco di Ceski Tesin. Si percorre la E 75, i "koleiny", profondi e pericolosi solchi lasciati sull'asfalto dalle ruote dei pesanti TIR, rallentano ulteriormente la marcia, gia di per se lenta causa la pioggia che cade uggiosa. Attraversiamo Czestochowa e Lòdž In serata approdiamo a Varsavia, dove pernottiamo presso il centrale Camping N° 123.

?Di buon mattino lasciamo la capitale polacca. Si segue la E 30, strada non sempre in condizioni ottimali. Pur se accompagnati dall'incessante pioggia, si procede abbastanza speditamente. Alle 11,50 siamo alla frontiera di Terespol. La coda di auto e TIR è impressionante. Con impudente nonchalamment superiamo tutta la colonna ed andiamo a piazzarci proprio di fronte alle garitte doganali. Non appena fermati, siamo avvicinati da un italiano che viaggia in auto e posizionato in una fila parallela, stupito, chiede come ci sia stato possibile arrivare direttamente sul posto, mentre lui si trova in coda da ben quattro ore. Con candida ignoranza pensiamo si tratti dell'imbranato di turno... noi si che siamo stati bravi ! Ci illudiamo, inoltre, di poter disporre di armi pesanti al servizio della nostra causa: l'irlandese Carmel assolutamente bilingue, l'altoatesina Gherda di madre lingua tedesca e Gian Luigi che dispone di un ottimo francese. Occorre però ben poco tempo per renderci conto che la salda botte di ferro in cui tanto ingenuamente si pensava di stare al riparo, si stia rivelando, invece, un'irta botte di Attilio Regolo. Nessun idioma diverso dal russo è parlato (o almeno tentato di capire) dal personale di polizia e dogana. Inizia qui l'impari lotta, senza esclusione di colpi, contro l'elefantiaca ed imperscrutabile burocrazia bielorussa.

Non starò qui a descrivere l'estenuante saltabeccare da un ufficio all'altro, cui siamo costretti sotto l'insistente pioggia che infradicia i tanti moduli (rigorosamente in cirillico) da compilare. L'arroganza dei funzionari in divisa che, non sapendo come rendere nota la propria esistenza, si sentono realizzati rompendo le scatole al prossimo. I balzelli abusivi cui sottostare, quali l'ulteriore tassa di transito che pure avevamo, a tempo debito, pagato in Italia contemporaneamente agli altri visti e permessi. Il cazziatone taglia XXL che si becca Giorgio per aver imprudentemente estratto la telecamera. L'improvvisa sospensione lavorativa per cambio di turno del personale ed altre simili amenità. Dirò solamente che, ad un certo punto, iniziamo a dubitare di poter mai raggiungere la nostra mèta al pari dei marinai di Colombo che non credevano di giungere mai alle Indie. Ma dopo ogni temporale, per impietoso che sia, torna pur sempre il sereno ed alle 19,40 dopo circa 8 estenuanti ore, possiamo rimetterci in movimento e raggiungere Brest dove ci sistemiamo nell'affollato piazzale di una stazione di rifornimento e qui trascorriamo la notte, nel corso della quale i nostri sonni sono popolati da timbri, fotocopie e musi arcigni.


Si riparte di buon'ora. La strada M 1, dal fondo malamente rattoppato, si alterna a 4 lunghi tratti autostradali alle cui barriere viene richiesto un pedaggio (solo per gli stranieri) che può essere pagato esclusivamente in euro oppure dollari. Il rimanente del tragitto si presenta come un susseguirsi di falsi-piani, più falsi che piani e..... non vorrei essere ripetitivo ma..... piove! A bordo strada molte sono le persone che su improvvisate bancarelle propongono in vendita funghi, frutti di bosco, uova e patate. Si percepisce una dimensione di vita che si usa definire bucolica, ma i bucolici che incontriamo si sentono veramente tali od hanno ben altro cui pensare
O, forse, ambirebbero ad una dimensione di vita meno bucolica
E' il perfido gioco della poesia che viene fuori quando non se ne fa parte! Si prosegue su di un percorso costantemente rettilineo fra fitti boschi di betulle fino a raggiungere Minsk e quindi la frontiera di Jarcevo. Poche le auto, ma numerosissimi i TIR, tutti con targa russa o bielorussa, nessuna speranza quindi di ottenere qualche informazione da autisti internazionali. Giusto il tempo di spegnere i motori ed alcuni giovani si materializzano dalla fitta cortina di pioggia, armati di cartelline porta-documenti, si fiondano all'interno dei camper. Ecco che, anche qui, nessuna lingua è parlata all'infuori del russo ed impieghiamo perciò un certo tempo per capire che si tratta di funzionari dell'agenzia assicurativa presso la quale dobbiamo stipulare la polizza RCA, a copertura della durata di permanenza in Russia, non essendo riconosciuta la validità della carta verde. Terminata l'operazione, Romano si assume l'onere di raccogliere documenti e dichiarazioni di tutti quanti ed espletare le operazioni d'obbligo. Carmel, si offre quale possibile (e purtroppo inutile) interprete; entrambe vengono fagocitati da un buio e freddo ufficio dove rimarranno, fra un timbro e l'altro, rinchiusi per un interminabile lasso di tempo. Intanto si è fatto buio, un paio di volte azzardo di ficcare il naso oltre la porta inesorabilmente chiusa ma, allo sguardo truce dei doganieri mi pare di vedermi dato in pasto ad una torma di famelici mastini, rassegnandomi così all' inerme attesa.

Sono ormai le 01,45 quando, dopo quasi 6 ore, i nostri stoici amici riemergono dal baratro burocratico annunciandoci il via libera! Timorosi di eventuali ripensamenti da parte dei funzionari, avviamo in fretta i motori ed approdiamo alla vicina area di servizio Rosneft che eleggiamo a nostro domicilio notturno.

?E' finalmente smesso di piovere ed anche la strada ci sembra meno ostile

Si raggiunge Smolensk, dove, presso il Motel Fenix, pagando il corrispettivo di un soggiorno in camera e consumando un pasto, otteniamo in cambio la registrazione del visto d'ingresso. Le camere sono pagate, perché non usufruirne
Pensiamo così ad una buona doccia ristoratrice in quei locali da bagno con i sanitari traballanti, che, forse, nemmeno le ciurme di Gengis Khan avrebbero accettato di buon grado.

Arriviamo poi in quella che sino al 1968 era Gzhaatsk per diventare, a far tempo da allora, Gagarin in onore del concittadino autore del primo viaggio spaziale umano a bordo della navicella Vostok. All'immediata periferia, in un singolare mercato semi-ambulante viene posta in vendita un'incredibile quantità di pesce prevalentemente essiccato o affumicato. Ripreso il cammino, attraversiamo alcuni centri minori che risultano talmente uguali fra di loro come solo i birilli del bowling possono esserlo, al punto di renderne difficile il riconoscimento.





L'esperienza di viaggiare in Russia non è agevole ne, tantomeno, rilassante, ma se possedete uno spiccato sense of humor potete affrontare fondi stradali sconnessi, farraginosi rifornimenti di carburante ed acqua, respirare i miasmi emanati dagli scappamenti di camion ed autobus che sembrano riesumati dal giurassico dell'automibilismo e che non ci pare azzardato pensare alimentati a carbon fossile, la tutt'altro che remota possibilità di sbagliare direzione per non essere riusciti a decrittare con sufficiente rapidità il cirillico e, non ultime, le fantasiose indicazioni fornite dai russi.

Quando mancano poco meno di un centinaio di Km per raggiungere Mosca, ci fermiamo per la notte in un'area di sosta per TIR, custodita ed a pagamento.

?Si riparte alle prime luci del giorno, sperando di evitare il pesante traffico che sappiamo assediare la capitale. Facciamo il nostro ingresso trionfale in Mosca, il traffico si muove come un gigantesco balletto diretto da un coreografo pazzo o, ancor meglio, sadico. Il personalissimo approccio con il codice stradale da parte dei singoli conducenti deriva dal fatto che un rilevante numero di patenti di guida vengono abusivamente rilasciate dietro pagamento, senza sostenere nessun corso di istruzione ne esame di abilitazione, facile quindi immaginare le conseguenze per il malcapitato straniero che si trova ad affrontare una simile realtà. Sotto un cielo reso opprimente dalle copiose emissioni industriali, approdiamo, sorprendentemente incolumi, all' Izmaylovsky Park, nel vasto parcheggio situato tra gli imponenti alberghi eretti in occasione delle olimpiadi del 1980. Posizionati i mezzi negli spazi preventivamente prenotati, partiamo per una prima presa di contatto con quella che fu la capitale dell'immenso impero sovietico.

Non lontano dal nostro parcheggio si trova il grande centro commerciale "Vernissage" con annesso una sorta di mefistofelico mercatino all'aperto dove le carabattole più disparate convivono in pacifico e creativo disordine ed è qui che rifulgono in tutto il loro splendore le doti spenderecce di Rosy e Lella. Ben presto i venditori del posto, entusiasti del remunerativo incontro, incoronano le nostre eroine "reginette dello shopping", con Simonetta e Clara impegnatissime nel contendere loro la palma delle migliori in campo. Di tutto il viaggio in territorio russo, sarà questo l'unico luogo in cui riceveremo qualche (raro) sorriso, modi sufficientemente garbati e riscontreremo, persino, una piccola vena di arguzia che ammetta i frizzi e lazzi di Quirico.

?Dedichiamo i giorni seguenti all'approfondita visita di Mosca, la tentacolare città dalle mille e mille contraddizioni: modernamente sfavillante e retrogradatamente tetra, ricchissima e miserevole, incantevolmente bella e compassionevolmente squallida, religiosa ed atea .

Nonostante la sterminata popolazione, Mosca è una città assai pulita, le vie sono incessantemente percorse da uno stuolo di anziane donne che, armate di scopacce, spazzano senza soluzione di continuità strade e marciapiedi. E' anche sorprendentemente silenziosa, assai raramente e nonostante il caotico traffico, si sentono clacson strombazzanti e sirene di mezzi di soccorso o forze dell'ordine e mai radio o altoparlanti ad alto volume. Passeggiare per le vie risulta invece uno sport ad alto rischio, le enormi dimensioni delle carreggiate e lo spregiudicato stile di guida degli automobilisti fanno zompare in tutte le direzioni i pedoni come cerbiatti impauriti. Contrariamente ad altre metropoli, Mosca è costruita in larghezza sebbene siano ormai numerosi i grattacieli (oltre i sette storici palazzi gemelli di chiara impronta sovietica) che bucano il piatto panorama, appena mosso dai sette bassi colli su cui sorge la città.

Krasnaya Ploshehad, la Piazza Rossa, luogo simbolo della capitale, si presenta come una smisurata vastità sul cui selciato è passata una grossa parte di storia della vecchia e nuova Russia. Questo luogo fu sanguinoso teatro di battaglia contro i Tatari. Qui i vecchi e nuovi signori del Cremlino hanno, da sempre, riunito la folla per qualsivoglia avvenimento, per punire o celebrare qualcuno sotto gli occhi di tutti. Fu attraversata dalle processioni degli Zar e dalle parate di carri armati e missili con cui i Soviet erano usi mostrare i muscoli in tempo di guerra fredda. Su di uno dei lati maggiori prospettano parte delle mura del Cremlino al cui interno troviamo stupende cattedrali dalle cupole dorate ed il Museo dell'Armeria con meravigliose collezioni d'arte e capolavori d' oreficeria. Non possiamo qui esimerci dal lodare il quattordicenne Tommaso, mascotte del gruppo, che ha eroicamente sopportato la visita e gli interminabili spiegoni della logorroica guida russa, con la conseguente traduzione da parte di Nelly, la nostra accompagnatrice dalle nostalgiche, marcate, reminiscenze sovietiche. Davanti alle rosse mura si erge l'orripilante scatolone marmoreo del mausoleo di Lenin. Sul lato nord-orientale troviamo l'enorme e rutilante centro commerciale GUM, sotto le cui altissime volte vetrate trovano posto, su tre piani, oltre 1000 eleganti (e costosissimi) negozi con dovizia di fontane, bar e ristoranti.

Ai due lati brevi del fascinoso rettangolo sono ubicati l'imponente Museo Storico di Stato e la Cattedrale di San Basilio, l'abbagliante costruzione voluta da Ivan il Terribile, che sembra realizzata con ananas variopinti, marzapane e grandi lecca-lecca.

Un discorso a parte merita la metropolitana, dove si accalcano persone la cui portata quantitativa sfugge ad ogni tentativo di calcolo. Le stazioni, ridondanti marmi pregiati, statue di pregevolissima fattura e lampadari degni di una dimora reale, offrono all'obiettivo di Paolo P. (se al posto della macchina fotografica avesse un mitra in giro non ci sarebbe più nessuno) una strabiliante quantità di stupefacenti meraviglie che vanno a stridere profondamente con i brutti casermoni abitativi che il passato sistema ostentava come funzionali ed, ancor oggi, molti dei quali soggetti al regime di "komunalka", ovvero gli appartamenti collettivi con servizi in comune, occupati da 5 / 6 famiglie in condizioni di evidenti ristrettezze. Di contro, troviamo una privilegiata èlite vestita di prestigiosi abiti griffati, che frequenta lussuosi negozi e locali, raggiunti a bordo di scintillanti auto di grossissima cilindrata, se non, addirittura, smisurate limousine.

Nel nostro girovagare fra gli innumerevoli luoghi di grande interesse che la capitale sa offrire, ci fermiamo per pranzo nei posti più disparati; accoglienti e moderni fast-food dei grandi centri commerciali, offrono dovizia di cibi che al nostro palato, se non vogliamo azzardare il termine di ottimi, risultano assai più che discreti. Proviamo anche i modesti self-service frequentati dai comuni moscoviti dove vengono serviti mortificanti fagottini di pasta sfoglia ripieni di nulla al sapore di carne o pesce, tanto buoni che (bleah!) speriamo passi un cane randagio così potremo regalarglieli.

Il nostro tempo moscovita è ormai giunto al termine. E' ora di proseguire il viaggio, facciamo la conoscenza di Andrej che sarà, d'ora in poi, il nostro angelo custode. Dirigiamo la prua dei camper in direzione nord-est verso quello che viene definito come l'Anello d'Oro, un insieme di antichi centri che ebbero ad avere rilevante posizione nella vita politica, culturale e religiosa ed oggi notevoli poli d'attrazione grazie ai monasteri che racchiudono preziose icone e notevoli affreschi. Iniziano con Vladimir, la città che rivestì il ruolo di capitale fra il XIII° e XIV° secolo; pur non conservando eclatanti memorie del suo illustre passato, alcune vestigia e cattedrali meritano sicuramente la visita. Per la notte ci accoglie il tranquillo parcheggio custodito (all'anima del lucchetto!) del vetusto Hotel Vladimir.

Raggiungiamo la vicina Suzdal con il notevole cremlino ed innumerevoli, bellissime chiese, in atmosfere stupefacentemente fuori dal tempo. Il locale monastero, dal 1943 al 1946, venne adibito a campo di concentramento, contraddistinto dal N° 160, dove furono internati gli ufficiali dell'ARMIR catturati dall'Armata Rossa; fra gli altri un mio caro conoscente al quale corre commosso il pensiero. Dopo i lunghi anni di inaccessibilità assoluta ad ogni presenza straniera, la visita di questi territori è oggi consentita. In uno dei locali del tristo luogo di prigionia, è stata allestita, a cura dei sopravvissuti, una piccola (e per gli insipienti, altamente istruttiva) mostra che ospita documenti a testimonianza dei tragici eventi Nell'annesso cimitero una lapide di marmo ricorda i numerosi italiani che qui trovarono la morte, causata da inenarrabili condizioni di vita, vessazioni fisiche e psicologiche, del tremendo gelo, dagli stenti disumani e dalle epidemie di tifo petecchiale.

A sera torniamo a Vladimir nel parcheggio dell'Hotel. Nell'annesso ristorante abbiamo un nuovo incontro ravvicinato con la raffinata gastronomia locale che ci permette di gustare una braciola di maiale fritta nell'olio dove già era stato, evidentemente, fritto del pesce!

Ci inoltriamo nel piatto panorama su strade deserte dal fondo che potremmo definire dissodato. Sul percorso troviamo una stazione di servizio dall'aspetto talmente precario-pericolante da risultare persino divertente. Siamo qui costretti alla sosta di rifornimento in quanto il camper ubriacone di Giuliano esige assai frequenti approvvigionamenti. Superata Iyri Plosky si prosegue per Pereslavl Zalesskij, incantevolmente situata sul lago Plešcevo. Costante comune a tutti questi centri minori risulta l'asfaltatura (approssimativa) dell'arteria principale, mentre le laterali hanno il fondo in terra battuta. E' ormai pomeriggio quando ci fermiamo nel luogo di culto più importante di tutta la Russia; a Sergey Posad si trova una concentrazione tale di chiese che hanno meritato alla città l'appellativo di Vaticano Russo. Nel corso della visita Andrej ci fa notare la grande religiosità del popolo russo, a lungo soffocata dal regime comunista ed ora tornata alla possibilità di esprimersi liberamente. Per il nostro amico come per molti altri esponenti delle nuove generazioni questa ritrovata libertà rappresenta la più ambita delle conquiste. Per la notte, troviamo buona sistemazione nel parcheggio custodito di fronte alla Chiesa dei SS. Pietro e Paolo.

Nell'interminabile vastità pianeggiante della taiga principalmente boscosa, con infinite betulle dai bianchi tronchi a chiazze nere, si può viaggiare per centinaia di Km. senza incontrare mai un rilievo che sia alto più di pochi metri: qui è come volare sul versante buio della luna, non si attraversano paesi, non si vedono fattorie o stabilimenti industriali. Nulla, si corre nel vuoto verso il vuoto. Le condizioni della pavimentazione stradale, se possibile, peggiorano ulteriormente. In questa zona, più che altrove è evidente l'affiorare delle pesanti rughe lasciate dal passato regime sul volto della nuova Russia, sottoposto ad energico maquillage. A sera, raggiunta Valday, troviamo ottima sistemazione nel parcheggio del monastero che sorge sulla riva del tranquillo e romantico lago, colorato da uno sfolgorante tramonto che il solo Augusto non riesce a godersi, impegnato com'è nel consueto rito serale di orientamento della parabola per poter captare il telegiornale..





Attraversiamo minuscoli villaggi composti da poche povere isbe che necessiterebbero di immediata ed approfondita manutenzione. Piove forte, ai bordi della strada si presentano ai nostri occhi quadretti di vita arcaica di un fascino unico, uno spicchio di mondo che sembra fuori dal tempo. Numerose figure infreddolite, infagottate in pesanti e scoloriti abiti, vendono tè bollente spillato da fumanti samovar dalle bellissime forme, un poco ammaccati, allineati in lunga fila come vecchi soldati dalle mille battaglie. Scompaiono i boschi di betulla ed il percorso si snoda fra fitte pinete. Dirigiamo verso Novgorod, l'antica città (a dispetto del nome) si presenta divisa in due dal fiume Volkhov lungo il quale si estendono le mura del notevole cremlino oggi in parte parco ed in parte museo. Poi Staraya Russa la città in cui Dostoevskij scrisse gran parte del suo I Fratelli Karamazov. Sul percorso troviamo una quasi incredibile quantità di autotreni variamente incidentati i cui autisti, per segnalare il pericolo, piazzano la ruota di scorta in mezzo alla carreggiata!!! Numerose sono anche le torrette di controllo della polizia dove ai cittadini russi viene verificata la regolarità del passaporto interno, per noi stranieri è sufficiente la fermata al semaforo rosso, attendere il verde e riprendere il cammino. Queste soste risultano provvidenziali a Paolo B. alla continua, disperata, ricerca di rifornimento idrico. L' operazione può essere effettuata a mezzo di vecchie pompe azionate a mano che, per noi, costituiscono anche un rilassante e persino divertente intermezzo alle lunghe ore di guida.

Facciamo infine il nostro ingresso in San Pietroburgo; peregriniamo a lungo nell'intenso e disordinato traffico ricco di sensi unici che ci impediscono il raggiungimento del parcheggio a ridosso della cattedrale di Nostra Signora di Kazan, di cui abbiamo notizia. Troviamo, infine, ottima sistemazione in un parcheggio custodito a pagamento antistante le scuderie imperiali, a pochi passi dalla stupenda Chiesa sul Sangue Versato.

Di buon mattino (e se qualcuno tarda ci pensa Erminia a richiamarlo perentoriamente all'ordine), ci avviamo alla scoperta della città che ci si presenta con tutte le sue eclatanti bellezze e stridenti contrapposizioni. Nelle belle vie pedonali del centro, ammiccanti vetrine dall'ostentata opulenza sono l'antitesi di piccoli market collocati in seminterrati umidi e scarsamente illuminati. Grandi palazzi dall'evidente nobile passato, hanno stupende facciate il cui recente restauro non impedisce all'occhio attento di vedere i cortili interni dal dimesso se non fatiscente aspetto. Dvortsovaya Ploshchad, la meravigliosa Piazza del Palazzo con al centro la monolitica colonna di Alessandro, può esibire il grandioso emiciclo dell'antico Stato Maggiore e, sul lato opposto, l'immensa, seducente facciata barocca del Palazzo d'Inverno. Queste eccezionalmente rare bellezze non possono però nascondere, nelle immediate vicinanze, i minacciosi furgoni cellulari della polizia su cui vengono caricati a forza ubriachi ed accattoni affinché non deturpino il panorama.

Pietroburgo è la seconda città della Russia come dimensioni ma non certo per i motivi di interesse che può offrire al visitatore. Al contrario di una Mosca, più tipicamente russa e di vago sapore già orientale, l'ex Leningrado mostra tutta la raffinata eleganza, quasi europea, di un'aristocratica città sorta sull'acqua, con i suoi oltre 600 ponti a scavalcare i bei canali che a qualcuno hanno suggerito l'azzardato accostamento a Venezia. E' città relativamente giovane ma può vantare una tradizione letteraria, musicale e soprattutto di balletto profondamente radicate che la pongono in posizione dominante a livello mondiale. Come tacere poi dell'Ermitage lo stupendo scrigno colmo di meraviglie ospitato nel sontuoso Palazzo d'Inverno dove le sette lunghe ore di visita sono state compensate dall'impareggiabile vista delle stupende opere d'arte antiche e moderne particolarmente apprezzate dalla competenza di Mariangela.

La fortezza di Pietro e Paolo con l'omonima cattedrale a specchio sulla Neva, le cupole dorate e policrome delle notevoli chiese, l'imponente Ammiragliato, sono solamente alcune della quantità di palazzi, parchi e monumenti che solo il tempo tiranno ci impedisce di scoprire nella totalità. Nottetempo ci viene infine regalato lo spettacolo dell'apertura dei ponti illuminati che scavalcano i canali navigabili lasciando in noi visioni indimenticabilmente fatate.

Abbandonata San Pietroburgo copriamo i pochi Km. che ci separano da Puskin, dove alla nostra vista si offre l'abbagliante azzurro del Palazzo di Caterina che si specchia nel romantico lago immerso in un lussureggiante parco. Anche in questo luogo, come ogni altra volta ci si sia trovati a sostare in siti non sorvegliati, uno di noi, a turno, deve rimanere prudentemente a guardia dei camper in quanto risulta assai rischioso l'abbandonare i mezzi incustoditi in strada. Raggiungiamo, infine, Peterhof, diventata Petrodvoretz nel 1944; una sorta di Versailles o Schonbrunn di matrice russa che presenta una fastosa scenografia, su terrazzamenti degradanti verso il Baltico, con 140 fontane ridondanti di statue dorate, che non ci pare esagerato il definire unica al mondo.

A sera, nel grande parcheggio custodito a pagamento che ci ospita, diamo la stura all'allegria. Complici un buon numero di bottiglie sinora gelosamente conservate, non si tarda a contare le prime vittime che si ritirano in cuccia, fidando in un sonno riparatore. I poveri illusi si trovano ben presto frullati dal violento scrollare dei camper ad opera di chi proprio non cede alle lusinghe di Morfeo, suscitando le reazioni a suon di gavettoni, che conferiscono a Rosy il poco invidiabile primato di miglior alluvionata.

Al risveglio, scatta la trappola delle finte multe, nottetempo ideata e messa in atto da Romano, Hermes e Rossella. Nella rete finiscono a piè pari Augusto e Giorgio che, dopo aver violentemente apostrofato l'esterrefatto ed incolpevole parcheggiatore, vengono sepolti dalle risate degli altri componenti il gruppo.

Raggiungiamo ora la frontiera di Ivangorod, dove le ormai attese, temute e reiterate lungaggini burocratiche, che ci costringono a sei ore di estenuante trafila per lasciare alle spalle il territorio russo, non ci impressionano più di tanto. Ormai la parte più importante del viaggio è stata brillantemente compiuta, inoltre sappiamo, per acquisita esperienza, che in questi luoghi è inutile portarsi dietro la fretta, meglio lasciarla a casa, qui è solo utopia e fonte di ineliminabili quanto sterili arrabbiature. A gruppetti di due camper per volta passiamo attraverso le maglie di quella sorta di fitto crivello e, confessiamolo pure, tirando un certo qual sospiro di sollievo, ricomposta la colonna ci dirigiamo verso l'Estonia.

Al bivio di Narva sei equipaggi imboccano la via più breve per il ritorno a casa mentre gli altri tre si avviano, in ordine sparso, lungo la strada costiera, alla scoperta delle Repubbliche Baltiche.

Queste nazioni, distinte ed indipendenti, sono abitualmente immaginate come un'unica identità e nulla risulta più sbagliato, in quanto differiscono in modo assai evidente. L'unico segno distintivo che le accomuna deriva dal notevolissimo consumo procapite di alcool e dall'essere state vittime di un comune processo storico, quando furono brutalmente sottomesse al giogo sovietico e comunistizzate forzatamente, assumendo così modi di vita e aspetto, vigente in tutto l' immenso territorio che era andato formando l'URSS Nel 1991, poterono riappropriarsi della loro sovranità nazionale e le peculiarità etniche, economiche e culturali tornarono a differirsi, pur se la notevole presenza di popolazione russa rimasta sui territori, conservi notevole influenza contribuendo al difficoltoso rapportarsi con le genti autoctone, memori delle pesanti repressioni del passato.

Contrariamente a quanto ci si attendeva, la strada non corre mai litoranea, attraversando fittissime pinete con il mare poco distante ma nascosto alla nostra vista. Raggiungiamo Tallin in serata, dove troviamo un'ottima sistemazione per la notte nel prato destinato a terminal dei traghetti che conducono alla vicina Finlandia.

La piccola capitale estone racchiude fra le sue mura medievali una quantità invero notevole di apprezzabili edifici dalla felice collocazione capace di affascinare il visitatore proiettandolo in atmosfere d'altri tempi. Ripreso il cammino, la strada abbandona la costa, il paesaggio non cambia, la presenza umana totalmente assente o, forse, inghiottita dalle fitte foreste. Si raggiunge Happsalu con la fortezza vescovile dall'arcano fascino derivante dall'inquietante leggenda della giovane donna che, per poter incontrare il prete di cui era innamorata, nottetempo si introduceva furtivamente nel castello travestita da ragazzo del coro. Quando la tresca venne scoperta la giovane fu murata viva nelle pareti del maniero e, da allora, nelle notti di luna piena d'agosto il fantasma della dama bianca misteriosamente appare fra le rovine. La strada, con alterni tratti fra costa ed entroterra, ci porta a Virtsu,. Immersi in un infuocato tramonto, ci posizioniamo per la sosta notturna sulla tranquilla banchina dell'isolato porto dove attraccano i traghetti da e per la prospiciente isola di Saarema. E' questo il luogo che, a sera, ci vede sostenere una strenua battaglia contro l'orda di zanzare che hanno scelto questo sito per celebrare il loro raduno nazionale (quando si dice, a volte, la fortuna!).

Al risveglio un fitta ed inaspettata nebbia ci avvolge ed accompagna un buon tratto della strada che conduce al confine con la Lettonia. Superata la frontiera con poche formalità, si avverte finalmente, lungo il percorso, qualche presenza umana, piccoli centri abitati dall'aspetto abbastanza curato ci introducono alle atmosfere assai occidentali di Riga, animata città dove si nota un tenore di vita sorprendentemente alto. Non senza difficoltà troviamo sistemazione in un buon parcheggio accanto al grande ponte che unisce le rive della Daugava.





Anche in epoca sovietica Riga ha sempre rivestito notevole importanza sotto l'aspetto turistico ma soprattutto sotto il punto di vista politico e commerciale, qui hanno sede molte realtà economiche europee che oggigiorno intrattengono rapporti con la Russia come già in precedenza con l'URSS e questo si riflette in misura assai evidente sulle condizioni economiche degli abitanti che vediamo frequentare notevoli locali pubblici e fornitissimi negozi, esibendo potenti auto ed elegante abbigliamento. Lasciata la capitale, proseguiamo sulla strada costiera, dopo non molti Km avverto un certo malfunzionamento dell'impianto frenante che, via via, va peggiorando. Ci dirigiamo verso Capo Kolka, la punta estrema della nazione lettone battuta da un forte vento. Ogni tanto interrompiamo la grande monotonia di un percorso costantemente uguale, con brevi deviazioni nel folto della pineta che ci portano su spiagge sabbiose bagnate da un mare assolutamente immobile dove non si avverte nessuna forma di vita. Nessuna conchiglia e nessuna presenza umana, solo puzzolenti alghe scure. La strada diventa sterrata e tale rimarrà per 52 interminabili Km che ci vedono costretti a velocità non superiori ai 30 Km/ora e, a giudicare dalle apparenze, è proprio qui che è stata inventata la polvere. Ci consoliamo pensando a miserevole stato dei nostri freni, che ormai non hanno più alcuna efficacia, ma tanto a queste velocità basta ben poco per fermarsi. In qualche modo raggiungiamo Ventspils dove un cortese meccanico, in un paio d'ore, ci sistema alla meno peggio l'impianto frenante permettendoci di riprendere il cammino; anche se d'ora in poi dovremo attenerci ad uno stile di guida che preveda una certa qual prudenza. Nella ricerca di un luogo idoneo per la sosta notturna abbiamo la possibilità di ammirare le bellissime e coreografiche aiole fiorite che abbelliscono questa cittadina che vanta il ben poco invidiabile primato di centro più inquinato di tutto quanto il Baltico. Troviamo ospitalità sulla banchina del canale dove attraccano i traghetti da e per la Svezia.

Seguendo il corso del fiume Venta raggiungiamo Kuldiga, cittadina con edifici di epoche e stili assai differenti ma che ben si armonizzano a formare un insieme davvero pittoresco. Un ulteriore notevole motivo d'interesse è la grande cascata che pur con un modesto salto, presenta un fronte di eccezionale larghezza. Tornati sulla costa (il mare si presenta costantemente con l'ormai abituale mortificante aspetto di irreale immobilità) superiamo Liepäja raggiungendo il confine. Anche qui basta una veloce occhiata ai passaporti, uno sguardo all'interno del camper e (sogno o son desto?) con un sorriso ed un augurio di buon viaggio, abbiamo il via libera per l'ingresso in Lituania. Nel tardo pomeriggio siamo a Palanga, principale centro di produzione e commercializzazione dell'ambra, la pregiata resina fossile dai bei riflessi dorati. Questa frequentatissima località balneare presenta notevoli offerte turistiche, facendoci nel contempo riflettere sulle nostre lamentazioni nei confronti di nostrani siti marittimi osservando con quale inconsapevole (ma sarà poi vero ?) felicità queste genti si tuffano in un mare che presumiamo dal tasso di inquinamento spaventoso.

Ci dirigiamo nuovamente verso l'interno per raggiungere Šiauliai, in periodo sovietico importante sede di installazioni militari ma oggi nota soprattutto per la località detta Kryžiu Kalnas la "collina delle croci". Il luogo fu, da sempre, emblema della resistenza lituana, prima in occasione delle rivolte antizariste, in seguito contro l'oppressione sovietica, la quale, non tollerando questo luogo simbolico, lo demoliva con sistematica frequenza per vederlo immancabilmente risorgere ogni volta. Ancor oggi questo sito è frequentatissima meta di pellegrinaggi che contribuiscono all'aumentare costante delle decine di migliaia di croci di ogni forma e materiale, affastellate le une sulle altre, che vanno a conferire un inquietante aspetto al luogo, particolarmente irreale se visto in una uggiosa giornata di pioggia come a noi capitato. Si discende verso Kaunas, città che per un ventennio ricoprì il ruolo di capitale ed oggi conserva un discreto impianto urbanistico di impronta medievale meritevole di una veloce visita. Approdiamo infine a Vilnius, la città un poco blasfemamente accostata a Roma per i sette colli su cui sorge, il fiume che l'attraversa ed il gran numero di chiese. Il centro urbano mostra evidenti i grandi sforzi compiuti dal governo per farla riemergere dalla soffocante passata presenza sovietica; si trovano, infatti, ovunque in atto grandi lavori pubblici non disgiunti da interventi privati. Buona opportunità di sosta notturna ci viene offerta dal parcheggio del Museo Nazionale sul lungofiume.

Completiamo la visita della capitale salendo alla boscosa collina che sovrasta la città vecchia dove si trovano le rovine del castello del secolo XIII. Il tempo di attraversare la penisola situata fra bei laghi che ci porta alla visita del bel castello di Trakai e ci dirigiamo verso Marijanpolé sulla strada che ci condurrà in Polonia. Ridotte all'osso le formalità doganali dove l'attenzione dei funzionari è quasi esclusivamente rivolta al numero di persone a bordo onde evitare l'ingresso di clandestini. Dirigiamo su Suwalky per approdare, a sera, a Lomža squallida, buia e semideserta cittadina che ci offre un tranquillo parcheggio in zona centrale.

Pur con la costante insidia dei profondi solchi longitudinali sul manto stradale, raggiungiamo rapidamente Varsavia.. Una breve sosta al Santuario di Czestochowa ed a sera ci fermiamo in un' area di rifornimento in località Jerzmanovice, dove trascorreremo la notte allietati dal furioso, incessante, latrare di due brutti cagnacci pelosi.

Superata Cracovia raggiungiamo la confinante Rep. Slovacca alla frontiera di Trstena. Su strade che troviamo in condizioni decisamente migliori di quanto consegnatoci dal ricordo di un precedente viaggio, imbocchiamo l'autostrada per Bratislava. Si entra in Austria ed avvertiamo l'improbabile sensazione di essere ormai a casa. Superata anche Vienna ci fermiamo ad Alland presso una bellissima stazione di servizio autostradale.





Non ci rimane ora che la lunga galoppata sul tristo ed affollato nastro nero, chiamato autostrada, che ci riporta in Italia al valico di Sillian / Dobbiaco ed infine, quand'è ormai tarda sera, a casa.


Il viaggio è così terminato, già si affollano nella mente i ricordi di quelle che non sono certo fra le mete turistiche più ambite da vacanzieri gaudenti e modaioli ma permettono a chi si considera viaggiatore (ed ovviamente per chi viaggia in camper do per scontata la differenza fra turista e viaggiatore), di vedere quanto è andato per vedere senza essere costretto a trucidare almeno un migliaio di minuscoli giapponesi, che si accalcano lì davanti.

Attraversare quei paesi significa attraversare il tempo, accostandosi a modelli di vita non sempre facili da metabolizzare, con ritmi, pensieri ed azioni sovente sconcertanti in una realtà enormemente lontana, complessa ed astrusa, tanto difficile se non impossibile da sincronizzare con quella di cui siamo ineliminabili portatori.

Una nota particolare la merita l'atmosfera che caratterizza quei luoghi avvolti in un'arcana realtà che nasconde passati splendori e tragici eventi: Si avverte la sensazione di trovarsi in un ambiente alieno, ovattato, formalmente solenne e perennemente serioso. Non siamo ben riusciti a capire se questo sia conseguenza del clima dai lunghi, gelidi e bui inverni, dalla inimmaginabile piattezza senza fine del territorio, o frutto della machiavellica psiche dei russi, assolutamente impermeabile al nostro pensiero corrente.

Da quanto sopra esposto si può evincere un quadro d'insieme che giustifica il rimpianto che si prova per la fine di una simile esperienza, ricca di forti sensazioni ed indimenticabili visioni, non disgiunte dalla scoperta di un ulteriore motivo di interesse derivato dalla piacevole convivenza (dopo tanti anni di viaggi individuali) con un gruppo di persone al cui interno si sono trovati personaggi con i quali assai più marcato è stato il feeling che non con altri (com'è umano che sia) ma, senza tema di smentita, possiamo affermare di essere stati un vero, grande gruppo. Un gruppo dove, a parte sporadiche, inevitabili alchimie caratteriali, non ci sono state prime-donne ne coadiutori, dove ciascuno, consapevole delle proprie capacità e dei propri limiti, ha giocato la sua parte senza conflitti ne prevaricazioni. Un gruppo che, da subito, ha voluto e saputo trovare un'unità d'intenti, un senso di collaborazione che ha trascinato tutti verso la méta. Uniti dalla stessa passione del viaggiare e dalla stessa determinazione di far ben riuscire il viaggio, un viaggio che se dovessi definire facile e comodo, come un novello Pinocchio bucherei con il naso il foglio su cui vado scrivendo. E' stato però un viaggio che ci ha fatto riflettere sulla nostra continua corsa dietro chimere materiali, sul nostro dimenticare l'essenziale, i valori dell'esistenza e la frenesia esistenziale che contraddistingue il nostro quotidiano.


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