Mongolia Wild Style
19 Giorni - 18 Notti

5 Luglio 2017

Viaggio passato

Mongolia Wild Style - 5 Luglio

Viaggio Passato: 05 July 2017

Ehy, Vagabondo! Stai guardando un viaggio passato.

5 Luglio 2017    19 Giorni - 18 Notti

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Kal

Kal

:ciao:

Lun 24/07/2017 - 13:15 Collegamento permanente

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_Nur_

_Nur_

Ciao Kal e benvenuto!

Si ancora c'è tempo, non troppo però eh *biggrin*

Dai vediamo di confermare questo viaggio il prima possibile così da cominciare con l'organizzazione di questo stupendo viaggio *yahoo*

Forza che partiamo!

Mongolia

Gio 23/03/2017 - 08:33 Collegamento permanente

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_Nur_

_Nur_

La Gher è l’abitazione tradizionale mongola, affiancata oggi nelle città e nei piccoli centri di provincia da edifici di modello sovietico. Ha una struttura molto particolare ed unica nel suo genere. In occasione del cambio dei pascoli può essere smontata in breve tempo e caricata sui carri tradizionali con ruote di legno trainati solitamente da cammelli, ma negli ultimi anni questo mezzo di trasporto ha ceduto il passo ai più veloci camion. A svolgere questa mansione erano tradizionalmente deputate le donne.

Si può riconoscere una gher stabile da una che viene spostata ai campi stagionali grazie alla piattaforma su cui poggia ed alla base che, nelle dimore fisse, può essere cementata.

Gher

 

L’ossatura della gher è costituita da un intreccio di tralicci di legno, khana, che hanno misure standard e vengono affiancati l’uno all’altro in modo da costituire un recinto circolare. La porta, khalga, fatta di legno decorato, viene rivolta sempre a sud. Al centro della gher si pongono due baghana, i grandi pali portanti che servono per sorreggere la cupola del tetto, il toono, al quale poggiano gli uni, i pali di legno che costituiscono il tetto vero e proprio. Il tutto è poi rivestito di panni di feltro, e, da tempi più recenti, da teli di cotone bianco incerati, che permettono l’apertura di un buco sul tetto, atto a far entrare la luce ed uscire il fumo della stufa. 

Montaggio gher

Montaggio gher

 

Gli spazi all’interno della gher hanno una forte valenza sociale e non ci si deve sedere ovunque si desideri, ma bisogna rispettare una specifica divisione gerarchica che vede il posto d’onore al nord, che è destinato alle divinità, e i posti di minor prestigio distribuiti man mano che ci si avvicina alla porta di casa, posta a sud. Il lato destro entrando è destinato agli uomini, il sinistro alle donne. 

interno gher

interno gher

 

Al centro è posizionata la stufa, che anticamente era soltanto un fuoco contenuto in un braciere, che simboleggia la famiglia e la progenie e il cui fuoco la continuazione genealogica. La custodia della fiamma è affidata al figlio minore, l’Otgon (nome che deriva dalla parola turca per il fuoco), che nella tradizione mongola è generalmente l’erede delle sostanze paterne ed è anche responsabile del reperimento del combustibile, l’argal, ovvero lo sterco degli animali secco, che nel nord del paese, dove sono presenti le foreste, viene affiancato dalla legna. In realtà ad occuparsi del fuoco sono poi le donne, che lo accendono la mattina presto e lo alimentano durante il giorno per cucinare e scaldare l’abitazione.

Anche noi saremo ospiti e alloggeremo in queste stupende costruzioni!

Non vi è aumentata la voglia? *lol*

Gher



Ven 24/03/2017 - 14:39 Collegamento permanente

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_Nur_

_Nur_

La parola nomade deriva dal greco nomas, che significa pastore. Tradizionalmente la popolazione mongola ha sempre vissuto una vita nomadica, ed ancora oggi i pastori mongoli sono quasi un milione, circa un terzo della popolazione, e accudiscono un patrimonio zootecnico stimato in circa venticinque milioni di capi di bestiame, di cui tre milioni sono cavalli; è la concentrazione di animali di allevamento più alta del pianeta.

I pastori nomadi mongoli interagiscono con il ciclo naturale della vita dei greggi e delle mandrie, tanto che in questa parte del mondo non si è mai adottato l’uso di stalle: piuttosto che modificare le abitudini degli animali l’uomo ha preferito adattarsi alle loro esigenze, seguendoli nelle migrazioni stagionali. Per poter seguire lo spostamento di greggi e mandrie i mongoli hanno concepito una particolare abitazione a base cilindrica, la cui origine risale alla notte dei tempi. Le yurte, il nome con cui sono conosciute in occidente queste abitazioni, qui hanno il nome di gher. Vengono posizionate in modo da non distare più di una decina di chilometri dal luogo di pastura; quando lo spazio tra mandria e tende è tale da richiedere quasi una giornata a cavallo per andare e tornare dall’accampamento alla mandria i pastori smontano il campo di gher e si avvicinano.

nomad

 

In Mongolia non vi sono proprietà o possidenza, ma solo consuetudini che si ripetono nel tempo. Di fatto non esiste la proprietà privata del territorio, tranne in alcune aree, e da millenni equidi, camelidi, bovini ed ovini pascolano allo stato brado seguiti negli spostamenti dagli allevatori che si attengono a regole non scritte che stabiliscono la precedenza di un gruppo rispetto ad un altro.

nomad

nomad

 

Tra i diversi tipi di allevamento quello del cavallo è di gran lunga il preferito ed il più redditizio, di piccola statura (mt.1.33), corto (m.1.45), assai robusto e incredibilmente agile, può percorrere 120 km in un giorno, acclimatandosi agli oltre 45° dell’estate e ai –50°dell’inverno, nutrendosi dei magri pascoli della steppa ora desertica ora ricoperta da una fittissima coltre di neve.

mongol knight

 

Anche nei rapporti sociali l’esteriorizzazione della ricchezza e del benessere è basata sui cavalli: ad esempio, le selle in legno, sempre finemente lavorate e spesso adornate con monili d’argento, rappresentano uno degli oggetti che i mongoli mostrano orgogliosi come segno distintivo di classe e di ceto. Per i cavalieri occidentali sono però ben difficili da utilizzare: infatti le borchie che l’adornano hanno la funzione di massaggiare le gambe dei mongoli, ben abituate a stringere i fianchi del cavallo, ma per chi non è abituato sono decisamente scomode. Secondo una leggenda popolare fu il primo imperatore Manciù a obbligare i mongoli ad inserirle per ridurne la capacità di resistenza in sella e rendere meno facili le razzie a lungo raggio in territorio cinese o le grandi migrazioni delle tribù: ma i tenaci cavalieri hanno invece sviluppato ben adeguati calli!
Il cavallo nello stemma della Mongolia è rappresentato alato, con una forte simbologia sciamanica; infatti nell’arte divinatoria il cavallo guida il vate, cieco, nel suo viaggio ultraterreno e il suo simbolismo figura in corredi e paramenti religiosi. Nel bastone rituale ligneo si trova ad esempio la testa di cavallo scolpita e dipinta in lacca, e il tamburello che viene utilizzato per allontanare il destino infausto e gli spiriti maligni è confezionato con cuoio equino e pendagli di crini. Il cavallo è anche il logo della compagnia aerea nazionale. Naturalmente l’anno del cavallo, nell’oroscopo mongolo, è considerato un anno di grandi soddisfazioni.
Storia, leggende e immaginario collettivo convergono nell’identificare la civiltà mongola con il rapporto di più assoluta necessità e simbiosi tra uomo e cavallo. Recita un millenario adagio: “Il mongolo nasce nella gher e muore a cavallo”.

mongol knight

mongol knight

 

Questa straordinaria simbiosi tra il popolo della steppa ed i cavalli non solo ha storicamente contraddistinto l’espansione militare dei Mongoli, ma inalterata continua a reiterarsi nello stile di vita di autentico nomadismo, nella ricchezza delle tradizioni, nell’incredibile fascino delle leggende, tra queste, la storia d’amore che si ascolta con la musica del Morinn (cavallo) Khuur (viola), il tradizionale strumento a due corde sul cui manico sono scolpite teste equine. Sulle sue note si narra che la giovane sposa di un valoroso cavaliere, gelosa dell’amore del marito per il suo prode amico cavallo, decise di uccidere l’animale somministrandogli nel fieno una pozione velenosa. Inutili i soccorsi, le lacrime e le amorose parole del cavaliere che per quattro giorni ininterrottamente veglia il defunto destriero. Il quinto giorno, desiderando tenerlo per sempre vicino a sé, il cavaliere scuoia l’animale e ne appende ad asciugare al sole il vello biondo irrorato dal pianto. Alzatosi d’improvviso, il vento inizia a sfiorare il cuoio e, soffiando aliti di carezze sulla criniera e sulla coda, suona la più soave delle melodie.....

eagleman

mongolian musician

Con quest'ultima foto vi lascio a fantasticare su come sarà il nostro viaggio.....alla prossima!





Lun 27/03/2017 - 14:30 Collegamento permanente

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_Nur_

_Nur_

Non è ancora comparso ma abbiamo il terzo iscritto!*clapping**drinks*

Ancora poco alla conferma di questo splendido viaggio!!Forza!

Lun 27/03/2017 - 21:04 Collegamento permanente

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Kal

Kal

:ciao:

Lun 24/07/2017 - 13:17 Collegamento permanente

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_Nur_

_Nur_

Evviva!*yahoo**clapping**drinks* Il viaggio è Confermato!!!

Dai che partiamo!!!!*yahoo**clapping*

A breve posterò un altro articolo sulla cucina mongola!

A presto!!

Gio 30/03/2017 - 11:48 Collegamento permanente

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_Nur_

_Nur_

Mangiare del montone grasso bollito senza neppure un po’ di sale e ritrovare quest’ultimo invece nel tè col latte può apparirci quantomeno singolare: la civiltà mongola è realmente differente dalla nostra, e solo se ci spogliamo dal nostro eurocentrismo potremo apprezzare, almeno in parte, questa cucina per noi esotica, ma il cui ricordo fa illanguidire gli occhi dei mongoli lontani da casa.

E’ importante considerare che, nonostante la poca varietà degli alimenti che si trovano, in Mongolia il cibo è più che un semplice nutrimento, ma un vero e proprio codice sociale simbolico. E’ di rigore l’uso di un unico coltello per la suddivisione dei pezzi e la distribuzione di questi rispetta le gerarchie familiari o il grado d’importanze dell’ospite al quale verranno servite le parti migliori e riservata la possibilità di servirsi per primo.

E’ fatto divieto di rifiutare il cibo che viene offerto, anche se l’offerente è un proprio nemico; come nel caso del padre di Gengis Khan morto avvelenato dopo che, durante un viaggio, era stato invitato dai suoi acerrimi nemici a banchettare con loro. La sacralità del cibo si riscontra anche sugli altari domestici e dei monasteri, dove viene offerto agli dei protettori. A parte dall’eventuale cacciagione, i mongoli traggono il loro nutrimento quasi completamente dai cinque tipi di animali che allevano: il cavallo, il montone, la capra, il cammello ed i bovini. Frutta e verdura sono quasi inesistenti, si trovano poche farine e zucchero, il pesce è quasi sconosciuto, ma si utilizzano le spezie.

Gli alimenti vengono divisi in due grandi categorie: gli alimenti grigi, cioè le carni, consumate principalmente durante l’inverno, e gli alimenti bianchi, derivati dal latte, consumati perlopiù d’estate.

Le carni sono quasi sempre bollite, siano esse fresche o seccate, in lamelle o in polvere, insaporite con spezie varie e, nonostante una certa monotonia nel metodo di cottura, i mongoli riescono a dar vita ad un buon numero di piatti differenti.

Con la farina di frumento mischiata solo ad acqua vengono preparate una sorta di tagliatelle che si accompagnano alle carni nelle zuppe, o una sfoglia sottile che serve ad avvolgere carne sminuzzata e cipolla dando luogo a ottimi grossi ravioli, i buuz, cotti a vapore oppure preparati in modo simile ai panzerotti (khuurshuur) fritti in grasso animale. I ravioli ed i panzerotti sono cibo per le feste, come d’altra parte la carne ancora attaccata all’osso; per i pasti di tutti i giorni la carne, e spesso anche solo le interiora, vengono presentate già disossate o polverizzate in una zuppa.
Ad una festa o in presenza di un ospite importante viene generalmente preparato il montone bollito, i cui pezzi, ancora attaccati all’osso, vengono offerti a seconda dell’importanza del commensale, e sta proprio all’abilità del padrone di casa scegliere il pezzo giusto per la giusta persona. Questo non è impegno da poco perché in Mongolia, come in ogni altra civiltà nomadica, il peso delle regole nelle relazioni sociali è molto importante. Alle donne ed ai bambini restano solo gli avanzi o le interiora, ma quest’usanza non porti a credere ad una inferiorità sociale della donna nei confronti dell’uomo o al fatto che i bambini siano poco amati, è vero invece il contrario, ma essendo l’uomo preposto al mantenimento dei rapporti sociali, lo simbolizza con questa occasionale “prevaricazione”.

Buuz

khuurshuur

 

Tutti gli alimenti bianchi sono derivati del latte di cui i mongoli fanno grande uso, specialmente nei mesi estivi. E’ necessario ricordare che gli alimenti bianchi (tsagaan ide) hanno una grande importanza anche nei cerimoniali di visita, essendo il bianco colore di buon augurio e simbolo del rinnovamento.
I mongoli allevano cinque animali da latte e questi sono tradizionalmente divisi in due gruppi: i “musi caldi”, cioè i cavalli ed i montoni, animali favoriti, ed i “musi freddi”, capre, bovini e cammelli.
Il latte non viene mai bevuto puro, poiché viene considerato malsano, concordando così con le opinioni di molti moderni alimentaristi, ma viene usato per formare molti tipi di derivati.

I preparati più importanti sono questi:

Aarts – formaggio bianco, che viene ottenuto con i resti del latte, generalmente di bovino, usato per la fabbricazione dello Tsagaan Arkhi, l’alcool di latte. Il formaggio bianco, cagliato, può essere mischiato con uvetta o frutti di bosco.

Arul – formaggio secco, che si ottiene facendo sgocciolare il formaggio bianco, aggiungendovi latte fresco, sgocciolando nuovamente in una garza, e viene quindi tagliato a pezzettini e posto a seccare in vassoi di legno posizionati sul tetto della gher.

Biaslak – formaggio ottenuto da latte caldo al quale viene aggiunto dello yogurt per farlo cagliare, quindi chiuso strettamente in un telo viene pressato con pietre piatte.

Shar tos – burro giallo, cotto e chiarificato raccogliendone solo la superficie e lasciandolo nuovamente solidificare. Oltre che per l’alimentazione questo burro è anche bruciato sacralmente nei templi.

Airak – Latte fermentato, meglio conosciuto in occidente con il nome di kumiss, è la bevanda per eccellenza dei mongoli. Si ottiene battendo frequentemente del latte fresco di giumenta posto in un otre di pelle all’interno della gher. I germi contenuti nell’otre ed il mescolio producono una fermentazione alcolica che può raggiungere i 3-5 gradi. I mongoli ne bevono in ogni occasione fino a parecchi litri al giorno, sostenendo che sia un valido rimedio per molti mali, tubercolosi compresa. Viene preparato per la prima volta ogni anno dopo l’inverno, a giugno, ed in questa occasione viene celebrata una festa.

Arkhi – alcool di latte, ottenuto a partire dal latte fermentato con parecchi passaggi di cottura e distillazione fino ad ottenerne un alcool biancastro.

Tarak – yogurt; è assieme al tè col latte ed all’airak una delle tre bevande bianche (gurvan tsagaan) ritualmente consacrate alle divinità.

Oerem - è l’alimento bianco più onorifico che può essere offerto ad un ospite, si tratta della pelle del latte lasciata raffreddare e riposare e quindi ripiegata come una omelette con la parte cremosa all’interno.


Alla prossima!*lol**biggrin*






Ven 31/03/2017 - 11:22 Collegamento permanente

Salve a tutti.

Iscrizione fatta.Comincio a preparare psicologicamente il mio stomaco ad un brindisi con dell'Arkhi.

Salutoni.

Camilla

Ven 31/03/2017 - 14:38 Collegamento permanente

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