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Giovedì, 14 Gennaio 2016

Salire sul Monte Fuji: il Giappone visto dall'alto

“Salire una volta il Fuji è da saggi, farlo due volte è da pazzi”: qui la nostra DOC Pici vi racconta la sua prima volta sul Monte Fuji. Ma già pensa alla seconda...

ARTICOLO DI

Vagabondo

Salire sul Monte Fuji: il Giappone visto dall'alto


Testo e foto di:
Lara Bertoia - Vagabonda Doc Pici


2 mesi prima della partenza per il Giappone...
Lei: Dai, saliamo sul monte Fuji. È tradizione! I giapponesi iniziano la scalata all’imbrunire per vedere l’alba dalla sommità e gridare “Banzai”. Facciamolo anche noi!
Lui: Ma sei fuori? È la nostra luna di miele! Gireremo per 3 settimane zaino in spalla… salire anche sul Fuji, di notte... no.

1 settimana prima della partenza per il Giappone
Lui: Sì, saliremo anche sul monte Fuji. È un’esperienza da non perdere assolutamente.
Lei: Ma ne sei proprio convinto? È la nostra luna di miele, gireremo per 3 settimane zaino in spalla…

Da questo scambio di idee, e cambio di opinioni, è scaturita l’idea di affrontare il monte Fuji, uno dei simboli del Giappone, e uno dei luoghi sacri per gli scintoisti.

 

3776 metri, 6 ore di cammino, 1500 metri di dislivello.
Letto così può spaventare, ma è stata una delle esperienze più suggestive che ho avuto nella mia vita.
Fin dalla partenza in bus dalla cittadina di Kawguchiko si respirava un’aria adrenalinica.
Eravamo tutti lì: due italiani, un ragazzo tedesco, un gruppetto di coreani ad ammirare il Fuji che si stagliava possente davanti a noi. Non c’era neve sulla cima ma non per questo era meno fascinoso.
Un tragitto di un’oretta ci ha portati alla 5° stazione di Kawaguchiko, e da lì l’abbiamo ammirato dal basso verso l’alto, ancora più maestoso.
Il sentiero Kawaguchiko-Yoshida-guchi è una delle 4 vie che portano alla bocca del vulcano (le altre sono Gotemba-guchi, Fujinomiya-guchi chiamato anche Mishima-guchi e Subashiri-guchi). È la via tradizionale, ed è anche la più frequentata, ma nonostante questo l’ascesa mantiene intatto il suo fascino.



Salire il Fuji non è fare un semplice trekking.
Salire sul Fuji è:

1. Condividere un’esperienza con persone da tutto il mondo 
Ho incontrato inglesi, tedeschi, coreani, indiani. Ho visto un tedesco “aggiustare” con una fascetta da elettricista lo scarpone di una ragazza inglese che si era aperto a metà (ma non per questo voleva rinunciare alla sua impresa). Ho scambiato informazioni sugli orari dei treni con una famiglia austriaca (figlio stambecco scattante, papà camminatore agile, mamma più da slow foot, ma uno tira l’altro e in cima sono arrivati tutti e tre). Ho dialogato con un giapponese in canotta e pantaloncini da corsa che ha fatto “solo” due volte il Tour de Géants (un super trial che si tiene sulle montagne della Val d’Aosta lunga 330 km e con un dislivello complessivo in salita di 24000 metri), e che mi ha salutato con un “ci vediamo in cima” (poi in cima non l’ho visto… si sarà stufato di aspettarmi).   

2. E' capire un po’ di più la cultura giapponese
I giapponesi sono pragmatici e ipocondriaci, c’è poco da dire. E lo sono anche quando si tratta di vivere la montagna.
All’imbocco del sentiero ci sono due enormi cartelli.
Uno riguarda i “Bullet climbers” coloro cioè che affrontano la salita in notturna. Bene, su questo cartello sono evidenziati i rischi di un’ascesa di questo tipo, e l’incidenza su infortuni, cadute, chiamate di emergenza (lo scorso anno l’11% in più di bullet climbers rispetto agli scalatori diurni si è rotto una gamba, adesso lo sapete anche voi...).
L’altro riguarda le caratteristiche e i rischi che si corrono affrontando la salita. Il Fuji è una montagna di tutto rispetto, e non va presa sottogamba. Si raggiungono i 3776 metri, l’ossigeno è più rarefatto (in ogni rifugio troverete bombolette di ossigeno da comprare e usare all’occorrenza), il clima può cambiare velocemente e può fare molto freddo.
Ed è un vulcano, quindi una montagna viva che potrebbe eruttare in qualsiasi momento.
Per questo c’è una tabella col livello di rischio attuale che ricorda come, in caso di eruzione, non c’è modo di salvarsi. E che state salendo a vostro rischio e pericolo.
Per la cronaca l’ultima eruzione è avvenuta nel 1707, e al momento della mia ascesa il rischio era praticamente “quasi” nullo.

 

I giapponesi hanno anche un modo tutto loro di abbigliarsi per affrontare nel migliore dei modi la salita ed evitare di abbronzarsi. 
La tenuta tipo è così composta: leggings tecnici neri, bermuda colorati sopra, t-shirt tecnica a maniche lunghe nera, maglietta colorata sopra, guantini, cappello con retina per proteggere la nuca, calzettoni spessi da sci, fazzoletto che copre la bocca. Talvolta anche una maschera da sci (sì sì, proprio quella grande di plastica che protegge occhi e naso). 

Anche in luglio.

 

Ma i giapponesi sono anche molto tecnologici.
Anche nella gestione di un rifugio di montagna a 3400 metri. Le prenotazioni? Meglio se vengono fatte attraverso il sito internet, dopotutto il gestore ha il wi-fi. E organizzare pernottamenti e pasti è semplice: c’è il tablet dove automaticamente vengono segnalati i posti letto occupati, e quelli liberi, i turni dei pasti, e il tipo di menu scelto (continentale o giapponese). Io per la mia prenotazione ho fatto una telefonata: l’hanno accettata solo dopo che ho spiegato che usare internet in quel momento mi era un po’ scomodo. Poi quando ho raggiunto il rifugio ho capito tutto.
 

3. È mettersi alla prova con se stessi
Arrivare sulla sommità del Fuji non è propriamente una passeggiata. Si cammina su terreno lavico, non ci sono alberi e si è costantemente sotto il sole.
La prima parte, fino alla stazione n°7, è abbastanza agevole. Da qui comincia la parte più impegnativa e ripida. Spesso è necessario “metter giù le mani” e arrampicare (non per questo i giapponesi previdenti consigliano i guantini), e, com’è capitato a me, troverete il vento che soffierà forte, e costantemente contro. Alcune raffiche erano talmente forti che mi destabilizzavano. La soluzione? Fermarsi, abbassarsi e aspettare il momento opportuno per ripartire. Un po’ svilente, un po’ stancante. Ma quando si arriva al torii posto a pochi metri dalla cima la soddisfazione è davvero tanta. E salendo è bello guardare la pianura a perdita d’occhio. Così come è fantastico svegliarsi alle 4 e contemplare l’alba di un nuovo giorno.
La discesa non è meno impegnativa della salita: sono circa 3 di sentiero ghiaioso che mette a dura prova le ginocchia, e l’equilibrio (ho visto gente scendere col sedere o camminando all’indietro per cercare di evitare cadute e scivolate).

Un detto giapponese afferma che “salire una volta il Fuji è da saggi, farlo due volte è da pazzi”. Io sono una pazza, sul Fuji un’altra volta ci salirei.

 

Questa storia è stata scritta e vissuta dalla Vagabonda Doc Pici. 
Lara da piccola faceva scorrere l'indice sul mappamondo chiedendosi chi vivesse e come su quelle macchie colorate sparse in un mare blu. E poi ha iniziato a girarlo quel mondo... Oggi, quando non viaggia (e non sogna) si occupa di marketing e comunicazione in quel di Udine: un posto strategico per raggiungere il mare, le montagne, fare trekking su Alpi e carso ed espatriare rapidamente quando la voglia di viaggio la assale.
Se volete scriverle, qui trovate il suo profilo: https://www.www.vagabondo.net/it/viaggiatore/pici

Risposte

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ARTICOLO DI

pikappa

pikappa

Interessante! Serve qualche preparazione specifica a livello fisico?

Mar 02/01/2018 - 14:02 Collegamento permanente

ARTICOLO DI

Pici

Pici

Ciao pikappa!

È opportuno avere buona dimestichezza con l'ambiente montano, ed essere allenati. È un sentiero lungo, sono 6 ore di cammino in salita: fino a metà circa è molto facile, poi si fa più ripido con alcuni tratti dove occorre "metter giù le mani" alias arrampicare un pochino, e il vento spesso è molto forte. È comunque un'esperienza che vale la pena fare: per la scalata in sé e anche per le persone che incontri.

Se vuoi altre informazioni scrivimi pure ;)

Lara (pici)

Mar 02/01/2018 - 21:53 Collegamento permanente

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