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Martedì, 1 Febbraio 2005

Un figlio in Inghilterra...

Come recuperare proprio figlio in Inghilterra (e vivere felici)!

ARTICOLO DI

Vagabondo0

Sono stato titubante se aggiungere anche questo scritto, metafora della (non) avventura, alle piccole schegge che, con mio grande serotonico piacere, “Vagabondo” ospita. Lo scrivere, va detto, è nelle mie scale del piacere, un momento di voluttà, quasi fisica. Non che non ci sia nulla di meglio, o di “oltre”...Mi scopro, da sempre, di interessi onnivori, che considero una sorta di superficialità sapientemente drappeggiata, e che gli altri, bontà loro, hanno sempre equivocato con plasticità intellettuale od olismo speculativo. Ma va bene così! Contenti tutti...io per primo. E poi...e poi, questa, chiamiamola, dislessia esplorativa verso il “molto” (od il molteplice), mi fa vivere una sorta di elevazione a potenza, degli eventi ( talvolta esili esili), che mi attraversano. Quando sto dentro una cosa (...e questo è già un viaggio, e può essere molto di più di un viaggio) mi dico: ”.... registra tutto quello che vedi, percepisci; odori, volti, battute surreali, slittamenti e declinazioni degli eventi... registra tutto con maniacale osservatività...sarà oggetto di un tuo “scrittino corsaro” poi...” E giù! Da li parto...e magia, leggo (pazzo...ma io sono pazzo) tutto quello che accade come “realtà romanzesca”, come realtà cinematografica, come realtà letteraria. Scippo le battute agli astanti, rubo con gli occhi le vacuità delle intelligenze, le posture grossolane ed improbabili, le giacche troppo strette le scarpe troppo nuove, le voci in falsetto, che non danno dignità alla tragedia...la commedia non prevista, ma che si forma in un attimo, come uno scroscio improvviso di pioggia che bagna ogni cosa. Sottraggo (e catalogo) imbarazzanti silenzi ed epiloghi voudevilliani, vigliaccherie paludate da perbenismo, od eroismi attoniti, dei quali non ci si credeva capaci. Io vivo, insomma, gli accadimenti che mi attraversano, con un interesse letterario, come di chi poi li vuole raccontare. Questo fa della realtà che mi circonda (viaggio massimo, quello della vita), un costante laboratorio “in progress”, sorta di Tao (ricorderete lo Yin e lo Yang in costante cannibalismo tra loro),dove il mio scrivere, quasi induce gli eventi a prodursi, e gli eventi, scollacciatamente e senza pudore si manifestano, quasi consapevoli e compiaciuti di essere scritti.

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Tutto questo per introdurre (come da titolo) un evento apparentemente non “viaggioso”, ma che viaggioso poi è stato, in termini di emozioni, di distanze emotive, e se volete ancora, viaggioso per il dover gestire un ritorno ”strumentale”, con atterraggio morbido, (il più morbido che un padre può offrire al proprio figlio). Ma andiamo con ordine. Il luogo dove si consuma l'evento è dentro una vacanza di studio di mio figlio in Inghilterra. La “perfida Albione” offre su depliant patinati, distribuiti in classe, ammiccanti stages estivi in falansteri universitari dalle fattezze gotiche o Tudor. Srlurp...proprio come nei film di “Henry Potter”! Si promette, nella locandina, molto inglese, molto sport, molta disciplina. (Per precedenti esperienze, vi comunico che migliora notevolmente anche il dialetto romanesco e l'uso del biliardo giocato con la stecca), (ma vabbè...valore aggiunto compreso nel prezzo). Glisso sulla preparazione della valigia. Essa comunque prevedeva abiti, per eventuali escursioni della temperatura, da più 50° a -50°, per tutti i tipi di pioggia (inglese), per molti i tipi di sport, anche se il collegio non li forniva. Al tutto si aggiungevano doverosamente i cambi di biancheria (nel numero dei giorni di permanenza), le medicine (sempre abbondanti), sacca beauty (tralascio), libri (inutili), Game boy e relativi giochi (utilissimi). La valigia era intrasportabile! Chi trasporta una valigia intrasportabile fino alla macchina e la trascina all'interno dell'aeroporto fino a quando la bocca di un provvidenziale Check-in non la trangugia? Il padre. Appena l'infante si riconosce nel gruppo, il genitore diventa superfluo; anzi fastidioso. Ma le procedure sono brevi e presto la transumanza si avvia verso il metal detector, che trilla come credo non abbia mai fatto. Quando è finito il tutto sono appena le sette di mattina! Due giorni dopo vengo svegliato, da cellulare precaricato per resistere a due settimane di colloqui triangolari: lui-la madre/lui-me, (dove dice a tutti e due le stesse cose), da una frase che non scorderò mai, e che nella sua semplicità suonava così: “papà ho 39° di febbre!” Con la madre minimizziamo telefonicamente, ma immediatamente cominciamo a telefonare “dietro le quinte” per costruirgli un cordone sanitario. Cordone costruito! A quel punto, dal nostro affaccio mediterraneo cominciamo a fare molte cose, quasi tutte in conflitto tra loro. A): declinare tutte le possibili malattie compatibili con tale febbre, B) telefonare più volte al giorno ai responsabili del collegio per chiedere chiarezza sullo stato di salute di Filippo, B1) telefonare più volte al giorno a Filippo per chiedere chiarezza sull'efficienza dello staff organizzativo che vegliava sulla sua salute, C)chiamare l'amico medico di famiglia e chiedergli luce consegnandogli sintomi telematici (di seconda mano), C1) chiedere la visita del medico inglese, che in inglese ci faceva dire che” aveva la febbre”. Instauriamo un ritmo telefonico “al calor bianco”. Dentro di noi, quella speranza, quel tipo di speranza, di sentirlo una mattina dire, (dopo una bella sudata, come direbbe Flaubert nel suo “dizionario dei luoghi comuni”): ”Tuttok!...sono sfebbrato...mi faccio una colazione al triplo burro...e...e via nella pazza folla!” Macché...equatorializzato pure lui. 39° il secondo, il terzo, il quarto, Il quinto giorno. Cominciamo a considerare il suo rientro... Una cosa però ho dimenticato di dirvi; che per rendere più complessa la cosa, il collegio da noi prescelto trovavasi nel Galles, che detto cosi può voler dire poco, ma se vi comincio a dire che è a sei ore di macchina da Londra (Roma Milano insomma), la notazione acquista valore. A questo va aggiunta una sorta di incomprensibile inerzia dell' ”organizzazione” a rimandarvelo vivo. “Ma perché ha deciso di farlo tornare ?...è un vero peccato...sta' cosi bene qui...vedrà che domani starà bene...ricordi che comunque le spese per il rientro sono tutte a carico suo...” A cinque giorni dall'inizio della sua malattia, variamo l'operazione rientro. Stato delle cose. Lui ha sempre 39° di febbre, dista cinque ore di non so che cosa da Londra, non è in condizione assoluta di prendere un aereo, a meno che l'aereo non decida di investirlo...insomma partitaccia! Decidiamo con la madre di andare a prenderlo...Un inglese (lingua) in due (io ho preferito perfezionare il francese), molta difficoltà nell'immaginare la qualità delle nostre vite nelle successive ventiquattro ore, una generica (fondata) preoccupazione per come arrivare al collegio di “Henry Potter” nel Galles. Ma un dio pagano attraversa all'ultimo secondo la strada che di li a poco mi avrebbe condotto a comperare il biglietto/i, gesto irrevocabile che mi/ci avrebbe lanciato a breve nei gorghi di questa indesiderata avventura. Vestiva (il dio di questa informazione), i panni mercuriali di un comandante Alitalia (essendolo),ed alle mie piagnucolose esternazioni...con un fare che hanno tutti quelli che “sanno”, esordì dicendo: “ma perché non lo fai rientrare con la Sala Amica?”...”Prego?” credo di aver detto io...”Con la Sala Amica, un servizio della nostra Compagnia (ma credo di tutte le Compagnie n.d.r) attiva, su richiesta in tutti gli aeroporti del mondo dove atterra Alitalia...circostanzi il tuo caso, prosegue, spieghi bene le tue coordinate operative: numero del biglietto prepagato, orario e giorno del volo, codice del volo, ed una sorridente hostess (vero sembra) aspetterà tuo figlio al check Alitalia, per prenderlo in carico, condurlo a bordo e consegnartelo....ancora caldo (sigh!), dopo poco a Roma”. Non mi faccio dire altro! Agenzia per “electronic ticket”...meglio del prepagato, costa meno e si può emettere in qualsiasi ora del giorno e della notte, ed appare immediatamente in terminale, (il prepagato non può essere emesso dopo le 16 o giù di li, ed è più lento ad essere riconosciuto). Unica prescrizione per il biglietto elettronico, le coordinate di un documento esibibile di chi lo va a ritirare (sembra facile, ma il passaporto viaggia sempre con il proprietario). Per avere i numero da dare in agenzia, ho dovuto faticare molto. Il passaporto ai ragazzi viene ritirato e conservato in un armadio chiuso. La chiave ce la ha una certa signora che al momento è assente. Far cercare la signora spiegando l'urgenza. La signora arriva quando sarebbe comunque arrivata, non immaginando che per te anche il minuto è prezioso, perché al seguito del numero del passaporto, a caduta devi riconfermare tutto con l'orario del volo, che poi tra Londra e Roma scopro non essere poi tanti. Morale: sempre una fotocopia del passaporto di chi viaggia, a casa. Ma vabbè, pure questo riusciamo a metterlo insieme. Alitalia tramite Sala Amica ( sentivo, ogni volta che chiamavo : “è quel signore con il figlio in Inghilterra...” em...momenti di gloria) mi chiedeva il nome ed un eventuale documento del responsabile che lo avrebbe dovuto consegnare. Fino al nome arrivo, per il documento chiedo di soprassedere. Ma comunque va bene! Mi piace. Sala Amica tratta il trasporto come un “collo assicurato”. Carico e scarico con firma. E ne vogliamo parlare del trasferimento Galles-Londra? In taxi...in taxi... All'ultimora mi comunicano che null'altro se non un taxi (non macchina a noleggio...taxi) avrebbe potuto portare l'accompagnatore e l'accompagnato a Londra. Dedico ancora una telefonata spiegando a mio figlio le procedure, e raccomandandogli almeno, di guardare con attenzione il paesaggio (per ammortizzare il costo del passaggio). Il resto è invece tutto fantasticamente tranquillo. Scambio dell'ostaggio al banco Alitalia dell'aeroporto di Londra (con verifica dei dati in loro possesso). L'angelicata hostess risolve con maestria le procedure a terra e lo porta (in macchina) in aereo. Che dire, l'erede vola in prima classe (grazie Alitalia!). ha il tempo, nonostante la febbre, di fare amicizia, non so con chi, di trangugiare un sontuoso pasto (ne parlerà per qualche giorno), e di vedere la televisione incassata nello schienale davanti (ne parlerà per molti giorni). Roma, Fiumicino, sera. L'aereo stà atterrando, c'è poca gente, io e la madre stiamo aspettando che esca dal gate. Macchè, per ritirare il “pacco”, servono ancora due firmette. Le mettiamo velocemente per riguadagnare la strada di casa.
Tutto questo “ambaradam” (e relative conseguenze), si può avere telefonando ad Alitalia 06-65631 chiedendo di SALA AMICA assistenza YOUNG e spiegando molto bene il caso. Il servizio è gratuito e perfetto (e amorevole), e fino ai 16 anni. Mi risulta poi, che può essere esteso comunque a qualunque età nei casi in cui viaggi sola, una persona con documentati impedimenti od in condizioni di salute difficili, (sempre spiegando molto bene).
Ah! Dimenticavo... la valigia intrasportabile? Al padre.


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