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Martedì, 23 Settembre 2014

New York, un attimo di silenzio

New York, il massimo dei simboli dell'america style, città da vedere "almeno una volta nella vita", ma c'è altro oltre le luci di Times Square...

ARTICOLO DI

AntoCitro

New York, un attimo di silenzio

Scrivere qualcosa su New York e di New York… credo tutti abbiano detto di più. E allora partiamo dall’inizio:

Squilla il cellulare e mi appare Roby Vagabondo. “Uè bella gioia!” “Ciao Anto, tutto bene? Senti, avevo bisogno di chiederti: non è che settimana prossima puoi andare a New York?” ….realizzo in due nanosecondi che non ci arriva il Frecciarossa, sistemo mentalmente nell’ordine il pappagallo, i gatti, la figlia, il lavoro arretrato, l’acqua alle piante e schiaccio ON

Che bello, ritorno a New York!

Del resto già la parola partire mi mette una fibrillazione positiva e New York è sempre nuova, è la mia 4° volta a NY e ogni volta mi è sembrato di vedere qualcosa di nuovo, di aggiungere un pezzo, di uscire dal turisdotto e di ritrovare posto già visti con quel senso di quasi familiarità. E poi dipende da come si viaggia; per lavoro sembrerebbe più facile, ti portano nei bei ristoranti e stai nell’albergone sulla 5. Ma continuo ad avere l’animo del backpacker.

Inizio a conoscere il mio team, eh sì perché un viaggio free style diventi un team leader più che tour leader, perché siamo un gruppo e ognuno fa qualcosa. Mi aspetta un bel gruppo, 12 vagabondi assetati di immagini che vogliono concretizzare. Li capisco, si aspettano la New York dei grattacieli, del traffico assordante, delle luci di Times Square, la casa di Friends, i negozi da Sex&theCity, Abercrombie….

E già dal primo giorno ci costruiamo delle piccole abitudini. La mattina quelle mega colazioni che ci facevano sentire come “una mamma per amica” con Luke che ti continua a versare caffè, il supermercato di fronte che ci fa la tessera per lo sconto (!) e la subway che ha più segreti.

Ma una giornata è stata particolarmente toccante, per tutti. La giornata parte in allegria, obiettivo Ellis Island con gita in battello e le fotografie alla statua della Libertà. Ellis Island va gustata in solitaria, io in realtà metto le cuffie che ti offrono non per ascoltare le spiegazioni, ma per isolarmi dalla folla…. E allora ti guardi tutte quelle foto di tante famiglie con il fagotto in mano, quelle facce di tante razze ma tutte con quella patina di tristezza, gente fuggita dalla povertà, tanti da guerre o persecuzioni. Ellis Island è un must, qui inizia “la Merica” e se oggi siamo gli Italiani  meno di un secolo fa eravamo feccia della città, salvo poi diventarne sindaci. E tutto quello cha hai letto o visto nei film ti risale dentro. Attacco l’ipod e mi ascolto DallamericaCaruso e penso a tutti i “citro” che saranno sparsi per gli States

Proseguiamo verso Wall Street, siamo in downtown. E quindi d’ordinanza nel nostro giro c’è anche Ground Zero. Chiaro, non poteva mancare. L’ultima volta che sono passata era ancora un cantiere, quasi inaccessibile e neanche io mi aspettavo quello sgomento che mi ha stretto stomaco e cuore nel vedere le due enormi fontane al posto dei buchi lasciati dalle torri. Due fontane che vanno al contrario… e finiscono in un enorme buco nero di cui non vedi il fondo…e ho provato la stessa sensazione di profonda tristezza che ho provato al Memoriale degli Ebrei a Berlino. Tutti i nomi incisi sul bordo. Silenzio.

Nine eleven: come lo chiamo gli americani. Una tragedia che ha cambiato le vite di tutti. Pensate agli ormai consueti controlli a cui ci siamo abituati ma che ancora a volte ci sembrano esagerati!! Alla diffidenza che si è creata nei confronti del mondo arabo, nei confronti di chiunque sia un po’ troppo scuro (io vengo sempre fermata per esempio…). Ognuno di noi si ricorda perfettamente cosa stava facendo quando è successo. Ho provato a chiederlo ad un paio di persone: quella giornata si è fermata nella memoria di molti.

Sono caduti i grattacieli portandosi via quella patina di arroganza diciamolo, un po’ tutta occidentale, ma che ha rinforzato l’idea di nazione. La loro paura era la nostra paura, e ora? Dove colpiranno? Chi colpiranno? Ma nel bene o nel male hanno reagito.

Vi ricordate la pubblicità “I’m american” ? mille facce così diverse tra loro, ma progenie di destini simili.

 Sonia, allegra e solare compagna di viaggio, mi scrive:

“Sai che penso spesso al viaggio a NY, è stato davvero fantastico e sto già pensando di tornarci prima possibile E' davvero una città dai mille volti e ti da l'idea che se ti lasci andare ti porta con se in mille mondi diversi, tutti da scoprire  
Per ground zero hai usato la parola giusta: sgomento.
E' quello che ho provato anch'io, e tanta tanta tristezza. E' vero, mi ha colpito molto, mi sono ammutolita e commossa di fronte a quello che rappresenta la fine spaventosa di tante vite e dei loro sogni. Mi ricordo di aver passato la mano sul bordo di marmo sfiorando i nomi, come ad accarezzarle....
E tanta solennità stride poi con quelli li intorno che cercano di venderti libri mostrandoti la foto delle torri mentre vengono colpite.  
Di sicuro rimarrà un forte ricordo di NY, qualcosa che non si può e non si deve dimenticare”

 La mia mamma avrebbe aggiunto “Fa bene e scorda, fa male e piensaci”

Ecco, il nostro attimo di silenzio a New York . 

Antonella

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